1.3. La Grande Guida all’Università
2.3.3 Gli indicatori sociali
2.3.3.2 La nascita degli indicatori sociali
Per cogliere la poliedricità degli aspetti attinenti gli indicatori sociali, è importante inquadrare questi ultimi nello loro dimensione spaziale e temporale.
Il primo impulso a sostegno di un nuovo approccio allo studio statistico dello stato di una società che approfondisca la conoscenza del sociale, accanto ai più tradizionali settori demografico ed economico, fu dato, nel 1962, dalla NASA allorquando incaricò un gruppo di ricercatori di studiare le conseguenze che i programmi spaziali, nonché le innovazioni tecnologiche indotte da questi, avrebbero prodotto sulla comunità statunitense. In quella occasione, uno dei responsabili della ricerca, Raymond Bauer, avvertì per primo l’inadeguatezza a presentare l’immagine della nazione sia attraverso gli indicatori e sia, più in generale, con le informazioni e i dati quantitativi tradizionali, di natura prevalentemente economica (reddito, investimenti, consumi, etc.). Si afferma così un nuovo obiettivo per l’intero sistema statistico nazionale e, in particolare, per le statistiche sociali: fornire funzioni conoscitive, previsive e valutative (tanto per scopo scientifici, quanto per scopi politico-amministrativi) delle condizioni di vita della popolazione e della ineguaglianza – e quindi del “malessere” – sociale. Gli indicatori rappresentano, perciò, lo strumento di lavoro più adatto a perseguire questi scopi in quanto, stando a Bauer, essi sono “statistiche, serie statistiche ed ogni altra forma di dati che ci mettono in condizione di stimare a che punto siamo e dove stiamo andando relativamente ai nostri valori ed obiettivi, e di valutare specifici programmi e determinarne l’impatto”. In seguito ai risultati dell’esperienza americana, anche altri Paesi hanno manifestato l’esigenza di una più approfondita conoscenza del sociale rilevando, perciò, statistiche sempre più dettagliate in detto campo, nel tentativo di ampliare il quadro e migliorare la qualità delle informazioni per mezzo, ad esempio, di indagini più frequenti che non fossero solo semplici sottoprodotti di altra attività informativa quali le statistiche economiche e demografiche. Nonostante, però, le esperienze acquisite in queste ultime discipline, non si sono potute evitare – nelle rilevazioni delle statistiche sociali – frammentazione di dati, disparità di sviluppo e confusione terminologica. Dalla medesima istanza però scaturirono anche tentativi di concepire Sistemi integrati di statistiche demografiche, sociali ed economiche, di costruire Sistemi di contabilità sociale (Social accounting), di compilare Rapporti e Relazioni sociali (Social Reports), che possono tutti essere riconosciuti quali schemi con cui assegnare una semantica agli indicatori sociali. Queste esperienze tendono, perciò, tutte ad integrare in un solo quadro le statistiche e gli indicatori sociali, apportando indiscutibili
benefici. Si avverte subito, allora, la necessità di moltiplicare gli sforzi per definire un modello, ancor più vasto di quello impegnato nei sistemi dei conti economici nazionale, capace di rappresentare l’intera realtà sociale.72
Un contributo in tale direzione è stato offerto da Stone73 che ipotizza un grande sistema di contabilità socio-demografica per seguire gli individui durante il corso della loro vita: tale sistema consente di raggruppare, attraverso il ricorso a matrici, i dati riguardanti i principali aspetti della vita e delle condizioni sociali della popolazione individuando anche i legami tra condizioni di vita demografica e sociale. Si tratta però di un modello di difficile realizzazione pratica perché, se da un lato diventa agevole costruire il corso di vita a livello individuale, scomposizione e ricomposizione di determinati caratteri socio-demografici a livello aggregato risultano molto limitate. Permane inoltre un certo grado di confusione terminologica e concettuale che non aiuta a spiegare natura e ruolo degli indicatori sociali nell’informazione sullo stato e sull’evoluzione della società.
Molti diversi approcci sono diventati interpretazione di altrettanti studi teorici ed applicazione pratiche tese a risolvere il problema relativo all’uso degli indicatori sociali. Tra questi vogliamo qui dar particolare rilievo all’approccio elaborato da un gruppo di quarantuno scienziati del Department of Health, Education and Welfare in Toward a Social Report74. La definizione riportata in questo lavoro intende l’indicatore come “una statistica
di diretto interesse normativo, che favorisce un giudizio conciso, globale ed equilibrato sullo stato degli aspetti più importanti di una società”. L’indicatore sociale assume quindi il valore di dato quantitativo di sintesi di determinati aspetti della vita sociale. Si tratta però di un tentativo debole di concettualizzazione degli indicatori poiché presume di prescindere da un’illustrazione delle interrelazioni tra fenomeni osservati, limitando la definizione di indicatore sociale a componente di modelli del sistema sociale o di qualche particolare segmento o processo del sistema sociale. Risulta pertanto preferibile, seguendo Land75, intendere il modello sociale come rappresentazione schematica delle relazioni fra le variabili del processo sociale: è poi dal nesso concettualmente stabilito ed empiricamente verificato con un modello del sistema sociale che l’indicatore sociale trae il proprio valore informativo.76
72
Delvecchio F. (1995), Scale di misura e indicatori sociali, Cacucci Editore, Bari, pagg. 61-62.
73 Stone R., (1970), An Integrated System of Demographic, Manpower and Social Statistics and its Links with the System of National Economic Accounts, in “Memorandum E/CN”, United Nations Economic and Social Council UNESCO.
74 U.S. Department of Health, Education and Welfare, Toward a Social Report, 1969.
75 Land K. C. (1971), On the Definition of Social Indicators, The American Sociologist, n. 6, pag. 323.
Molti autori si basano e si sono basati sulla definizione di indicatore sociale elaborata da Land. Tra questi rientra anche Trivellato, che ha ripreso tale definizione nel suo saggio sul sistema scolastico; si tratta di un lavoro che trova immediata equivalenza nel sistema universitario: diventa cioè naturale concepire ed interpretare gli indicatori relativi all’università nel contesto dei modelli di funzionamento del sistema universitario. Inoltre trova conferma anche quanto detto rispetto agli adattamenti che gli indicatori debbono subire: vincoli imposti dalla documentazione statistica disponibile e carenza di una teoria del processo di formazione universitaria operativamente utilizzabile producono necessariamente delle semplificazioni nella struttura degli indicatori utilizzati per valutare l’università.77