• Non ci sono risultati.

Dopo aver spiegato gli elementi essenziali per un’adeguata conoscenza dell’opera, si entra nel cuore di questo progetto per capire come è nata l’idea della prima rappresentazione in tempi moderni de La Scuola de’ Gelosi.

Come si è ricordato precedentemente, la Fondazione Culturale Antonio Salieri ha iniziato da tempo un percorso volto alla riscoperta del compositore legnaghese, quindi l’idea di riportare in luce un’opera che ne determinò un grande successo si inserisce perfettamente in questo contesto. Il progetto artistico è stato da subito curato dal Teatro Salieri che, attraverso la figura del suo direttore artistico, aiutato da regista e direttore d’orchestra, ha iniziato a pianificare tutti gli aspetti organizzativi, artistici e tecnici affinché questa ambiziosa operazione risultasse fattibile e sostenibile.

Si può dire che il lavoro procede in modo consequenziale: dapprima l’operazione fondamentale del recupero e della trascrittura della partitura, quindi la nascita del libretto, lavoro preliminare sul quale si basa secondariamente tutta l’operazione di messa in scena, intrapresa dal regista e dall’intero team professionale.

La trascrizione della partitura, che riporta in basso anche il testo del libretto, è un lavoro complesso, che richiede tempo, sforzi interpretativi importanti e soprattutto presuppone la capacità di operare scelte sulla base di ciò che si ritiene filologicamente, ma anche artisticamente corretto. Si cerca dunque di mantenersi coerenti da un punto di vista linguistico, senza però dimenticare le esigenze della messa in scena, quindi è necessario possedere entrambe le competenze per dare il giusto taglio al libretto.

Il libretto di Caterino Mazzolà, che Salieri gli commissionò per la prima rappresentazione de La Scuola de’ Gelosi il 27 dicembre 1778, non rimase immutato per tutti i successivi spettacoli. All’epoca non esisteva una legge sui diritti d’autore, quindi spesso i libretti erano liberamente rimaneggiati e modificati, senza chiedere alcun permesso. Questo accadde anche al libretto de La Scuola de’ Gelosi al quale Lorenzo Da Ponte aggiunse due arie, ossia l’aria di Blasio “Adagio, allor potrei” e l’aria della Contessa “Ah sia già dei miei sospiri” nel secondo atto. Questa operazione fu condotta in vista della rappresentazione del 1783 al Burgtheatre di Vienna, occasione piuttosto importante dal momento che sanciva il ritorno della compagnia d’Opera italiana.

35 Le copie manoscritte di quest’opera sono molteplici e si deve ringraziare Salieri stesso se ancora oggi possono essere consultate poiché, spinto da ordine e precisione, alla sua morte ordinò che tutti i suoi autografi fossero custoditi in quella che oggi è la Biblioteca Nazionale d’Austria.56 La possibilità di accedere direttamente all’originale veneziano del

1778 è certamente un gran privilegio oltre che probabilmente l’operazione più corretta dal punto di vista filologico. Chi si è occupato della trascrizione ha preferito però basarsi sulla versione viennese del 1783, dal momento che lo stesso Salieri la richiese per un’occasione ritenuta importante, per una messa in scena che doveva risultare perfetta. Il lavoro certosino è stato portato avanti dal trascrittore Jacopo Cacco, con l’aiuto del direttore d’orchestra Giovan Battista Rigon, che hanno da subito apprezzato la possibilità di lavorare su un autografo, proprio per restituire la verità dell’opera. Questo pur essendo uno dei più grandi vantaggi, cela tuttavia qualche difficoltà legata alla comprensione del testo, che ha reso necessario cercare di interpretare abbreviazioni, lacune, mancanze e prestare attenzione alle più piccole peculiarità, come il cambiamento d’inchiostro che denota le parti dapontiane, aggiunte in tempi posteriori.

La partitura e il libretto hanno un ruolo centrale dal momento che fungono da punto di partenza per il lavoro del regista. Questi infatti, seppur conoscendo le vicende narrate, decide quale impronta e quali sviluppi dovrà assumere il proprio lavoro basandosi proprio su questi strumenti. Dopo una prima lettura il regista si confronta con il direttore d’orchestra, in primo luogo sulla necessità di tagliare ed omettere alcune battute superflue per lo svolgimento dell’azione. Infatti nelle partiture settecentesche parte dei recitativi erano appositamente pensati dal compositore come liberi ed aperti a varie interpretazioni, erano dunque parti molto duttili. In tempi moderni però, per rendere la fruizione appropriata al pubblico, si preferisce proporre dei tagli, suggeriti dal regista Italo Nunziata ed aggiustati dal direttore d’orchestra Giovanni Battista Rigon. Una prima lettura del libretto è stata determinante per il regista Italo Nunziata che, avendo ravvisato uno sviluppo molto fluido e frizzante dell’azione, abbinato ad una certa eleganza, ha da subito pensato di ambientare l’opera all’inizio del Novecento. Questa sua scelta naturalmente è stata al centro di un fitto dialogo, in particolare con le figure dello scenografo e della costumista, per capire attraverso quali mezzi ed accorgimenti fosse

36 possibile spostare l’azione in un tempo posteriore, senza far perdere di credibilità all’opera.

A tutto ciò si aggiunge poi il rapporto che la parte scenica deve instaurare con la parte musicale. Spesso infatti il dialogo tra regista e direttore d’orchestra non è di semplice gestione, soprattutto perché accade di frequente che il primo tenda ad eccedere nel protagonismo, considerando la musica come mero accompagnamento e non come il centro propulsore ed il filo conduttore di tutta l’azione. In questo specifico caso la collaborazione ed il rispetto tra le due figure hanno permesso una realizzazione equilibrata dell’opera: il regista considera il ruolo centrale della musica ed anche sulla base di essa costruisce il proprio lavoro, il direttore d’orchestra dal canto suo cerca di mostrarsi malleabile ed asseconda le esigenze sceniche.

Appare subito chiaro quindi quanto l’interazione tra le diverse figure professionali sia fondamentale ai fini della messa in scena e di questo si parlerà in modo approfondito in seguito, presentando i professionisti dello spettacolo e chiarendo le scelte che hanno condotto il lavoro di ciascuno, quindi il lavoro della squadra nel suo complesso.