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1.4 Gli approcci allo studio delle politiche pubbliche

1.4.6 Il Neo-istituzionalismo

Il neo-istituzionalismo è una corrente di pensiero che ha la pretesa di incentrare e spiegare le decisioni in ambito istituzionale e pubblico superando le teorie della razionalità e quindi incentrando la propria indagine sulle istituzioni e non sulle preferenze individuali della collettività. Per i neo-istituzionalisti, come per i loro predecessori dell‟Istituzionalismo (in particolare Selznick94 e

la sua famosa ricerca sulla Tennessee Valley Authority degli anni ‟40 del secolo scorso), il punto di partenza per conoscere le dinamiche di quanto succede nel campo delle decisioni collettive sono le istituzioni, non gli individui o le singole azioni pensate come un “agire razionale”. A differenza dei paradigmi precedenti qui il focus centrale non sono né gli individui né i gruppi (come lo erano per i paradigmi dell‟economia del benessere o al contrario per quelli del corporativismo e/o pluralismo). Qui l‟importanza è dettata dall‟analisi delle istituzioni storicamente definite al fine di comprendere i mutamenti sociali.

I principali protagonisti accademici del neo-istituzionalismo sono Powell e di Maggio (nasce dalle ricerche con questo paradigma il riconoscimento dell‟isomorfismo organizzativo che ha reso i due studiosi molto celebri nel campo delle politiche pubbliche e della teoria dell‟organizzazione nonché negli studi sulla burocrazia), “rifiutano di vedere la società come un semplice aggregato di individui orientati a massimizzare le proprie utilità secondo criteri

94

P. Selznick, Institutional Vulnerability in Mass Society, in American Journal of Sociology, n° 56, 1951, pp. 320-31

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di razionalità, seppur limitata”95. Il neo-istituzionalismo, rifiutando

questa concezione individualistica della società e dell‟analisi sulle decisioni collettive, pone al centro del proprio interesse i “condizionamenti di ordine materiale e simbolico che le istituzioni esercitano sui comportamenti umani”.96

Questa concezione che accomuna sia il primo istituzionalismo che quello successivo che qui affrontiamo (neo-istituzionalismo) lascia però successivamente il posto a differenti conseguenze scientifiche. Se per il primo istituzionalismo le organizzazioni che incidevano sui comportamenti umani venivano analizzate come soggettività isolate dall‟ambiente in cui operavano, qui nel neo-istituzionalismo le organizzazioni vengono indagate a partire dalla cornice entro la quale sono presenti, l‟ambiente istituzionale diventa il centro dell‟attenzione, e tutto ciò che viene compiuto della organizzazioni, sia in forma singola che in forma multipla, viene sostanzialmente letto attraverso i condizionamenti dettati dall‟ambiente entro il quale operano. Se per gli istituzionalisti questa cornice esterna rappresentava come una scure che si abbatteva sulle istituzioni condannandole a non riuscire a implementare i propri programmi e quindi obbligandole a compromessi che alla fine risultavano come l‟obbligo di snaturare la proprie finalità, i neo-istituzionalisti invece riconoscono che le istituzioni formano tra loro dei campi organizzativi all‟interno dei quali operano anche al fine di influenzare gli altri campi organizzativi che hanno intorno.

95W. Powell e P. Di Maggio, Il Neoistituzionalismo nell’analisi organizzativa, Torino, Edizioni di Comunità

2000, p. VII

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Per campo organizzativo i neo-istituzionalisti intendono “un insieme di organizzazioni che, considerate complessivamente, costituiscono un‟area riconosciuta di vita istituzionale”97; così concentrare l‟attenzione dell‟analisi sui campi organizzativi permette di concentrare l‟attenzione sugli attori rilevanti nel campo delle decisioni collettive.

I neo-istituzionalisti infatti parlano di istituzioni come di qualcosa che legittima l‟agire, che lo rende stabile e specificato e che permette una interrelazione tra campi organizzativi differenti. Infatti per i neo-istituzionalisti le istituzioni sono il campo centrale di indagine in quanto “legittimano gli attori e offrono loro regole di comportamento coerenti, concezioni della realtà, standard di valutazione, e quindi capacità di azione mirata”98. Così la finalità

delle istituzioni è quella di diminuire (o in caso contrario aumentare) il costo delle transazioni. Questi costi di transazione avvengono in due campi organizzativi: sia quello pubblico, della burocrazia e delle decisioni statali, sia quello privato , delle relazioni di mercato.

Per i neoistituzionalisti una volta create le istituzioni si verifica il principio dell‟isomorfismo organizzativo. Ovvero le istituzioni, condizionate dal campo organizzativo e dalle transazioni con l‟ambiente esterno, tendono ad assomigliarsi per sopravvivere. Se per i primi istituzionalisti il fenomeno di istituzionalizzazione (cioè di indipendenza delle istituzioni dagli individui che operano all‟interno delle istituzioni stesse) era possibile anche per una

97 Idem, p.90

98

J.G March e J.P.Olsen , Institutional perspective on political institutions, in Governance, n°9/3, 1996, pp. 252

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singola organizzazione, per i neo-istituzionalisti il fenomeno della istituzionalizzazione riguarda le forme organizzative non le singole organizzazioni.

Così nel nuovo istituzionalismo, le preferenze degli individui dei gruppi e delle classi, non vengono poste in soffitta, ma vengono considerate all‟interno dei campi organizzativi, in quanto è proprio il campo organizzativo che modella, indirizza e determina le preferenze dei singoli, dei gruppi e delle classi. Sono le regole, le norme e le “abitudini” che definiscono la vita all‟interno di un campo organizzativo. Le regole del gioco (le regole entro le quali si opera e operano le organizzazioni) diventano un parametro di analisi e valutazione delle politiche, in quanto queste regole definiscono le aspettative di chi opera e “influiscono sulle possibilità di realizzazione (delle iniziative)”99

Così, per i neo-istituzionalisti si supera il concetto parsonsiano di agire e si arriva ad un attore post-funzionalista, il quale “non agisce più in base a norme e valori e nemmeno in base a calcoli razionali, ma in base a routine prese per buone, a convenzioni che garantiscono la prevedibilità dell‟interazione quotidiana, al bisogno di conferire senso a situazioni specifiche”100. Come spiega Krasner, “la gamma di opzioni disponibile ad un policy maker in un dato momento storico è funzione delle capacità istituzionali messe in atto in un tempo precedente”101

. Per analizzare le politiche vanno analizzate queste capacità istituzionali.

99 M. Howlett e M. Ramesh, Come studiare le politiche pubbliche, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 32

100 G. Bonazzi , Presentazione, in Powell W. e Di Maggio P. (a cura di), Il Neoistituzionalismo nell’analisi

organizzativa, Torino, Edizioni di Comunità 2000, p. XI

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Il paradigma del neo-istituzionalismo sicuramente introduce rispetto a quelli precedenti un riposizionamento dell‟osservazione verso le politiche pubbliche.

Nei paradigmi di matrice individualista (public choice, economia del benessere) e in quelli di matrice classista o identitaria (come il marxismo, il pluralismo e il corporativismo) le istituzioni erano consegnate ad una posizione secondaria. Nei primi erano l‟esito dell‟agire individuale, nei secondo erano solo il luogo o il teatro in cui i gruppi agivano per affermare le proprie posizioni rispetto a quelle degli altri gruppi concorrenti.

Qui sono le istituzioni a dettare una politica. Questa impostazione è veritiera nel senso che a differenza dei paradigmi individualisti, qui le istituzioni hanno un peso che è inevitabile. Il neo- istituzionalismo però non spiega perché gli attori prendono strade diverse a fronte dello stesso contesto istituzionale. Il neo- istituzionalismo mette in gioco un carattere dimenticato dalle analisi dei paradigmi precedenti ma non risolve il problema del capire perché alcuni attori agiscono in un modo e altri diversamente.