• Non ci sono risultati.

La visione mitica di Bataille

Vorrei ora passare in rassegna, molto velocemente, l’analisi filosofica di Bataille sul dono, ovvero rileggere la nozione di dépense (molto superficialmente traducibile con dispendio) formulata in correlazione ad una critica del principio utilitarista.

Nel saggio introduttivo de La parte maudite, ovvero La notion de dépense, Bataille non lesina critiche alla società contemporanea definita, immediatamente, “minorenne”: il principio di utilità, che peraltro egli giudica indefinibile in quanto risultano totalmente assenti gli strumenti necessari per definirlo in maniera certa ed univoca, sembra dominare e performare ogni aspetto della vita sociale. E l’incapacità di comprendere quanto il piacere, ovvero la “parte più piacevole della vita”, possa essere un principio di totale dispersione non utilitaristica viene costantemente, a livello conscio, incasellato in modalità temperate, neutre, scialbe. Tutto sembra essere ridotto ad un sistema coerente che pone alla sua base il consumo, sì, ma solamente come garanzia di un meccanismo produttivo instancabile. La razionalità utilitaria risulta essere il principio egemone e ad essa tutto deve essere ricondotto. Peccato, afferma Bataille, che tutto ciò sia solo una visione “superficiale”, appiattita, bidimensionale di un

86

meccanismo decisamente più complesso e basilare, negato e ammutolito, ma non per questo meno ribelle ed efficace: il principio della dépense

improduttiva.

È qui l’innesto, assai infedele, per definirlo col termine utilizzato da Clara

Pasquinelli65, del testo maussiano: è il dono, nel suo essere una pratica

ostensiva e suntuaria, una pratica agonistica, è proprio il potlach degli Indiani Kwakiutl, con la loro “folle” dissipazione di beni di lusso, “ricchezze ostensibilmente offerte con il fine di umiliare, di sfidare e di

obbligare un rivale”66 ad affascinare ed ispirare Bataille, l’iconoclasta antiborghese (sempre per seguire il filone di Pasquinelli).

Il potlach infatti è il segno tangibile che la società umana non è strutturata da un principio di accumulazione e conservazione illimitato. È proprio il consumo cha va analizzato più attentamente in quanto, sotto il termine

consumo, si nascondo due pratiche del tutto differenti: vi sono i piccoli

consumi quotidiani, ovvero quelli legati all’utilizzo delle esigue accumulazioni individualiste, necessarie per garantire la prosecuzione della vita del singolo e vi sono le immense spese che non hanno come scopo ultimo la sopravvivenza bensì il suo opposto, il dispendio e la rovina: “il

65 C. Pasquinelli, La parte maudite: dono, rango e perdita, in Culture del dono, Meltemi, Roma, 2008 66

87

lusso, i lutti, le guerre, i culti, le arti, l’attività sessuale perversa (cioè

deviata dalla finalità genitale)”67.

Alla luce di questa intuizione, vi è tutta la rilettura batailleana del funzionamento sociale, inconscio, direi, visto che la parte conscia si piega, essa inconscia di se stessa, all’illusione utilitaria: ogni attività umana che esuli dalla conservazione individuale, è dispendio: gli esempi dedotti dalla vita “quotidiana” sono l’acquisto di gioielli, in cui la copia non può competere con l’originale, ed il godimento per il possesso dell’originale

passa attraverso la dilapidazione di intere fortune68; il sacrificio vero e

proprio, ovvero lo spargimento, lo “spreco” del sangue della vittima, cui si affida il culto per rendere sacre le cose; le manifestazioni ludico- agonistiche in cui si dissipano ingenti risorse finanziarie e finanche vite umane. Da questa prospettiva, la dialettica tra classi sociali elevati ed i “miserabili” si risolve in un'altra dépense: mentre le classi sociali più abbienti posseggono i capitali necessari per prodursi quotidianamente in attività non-produttive, i miserabili, esclusi per censo da questa possibilità, rivendicano il diritto alla propria dépense in nome dell’unico bene inestimabile accumulato, ovvero il loro stesso sangue da versare: il sacrificio della vita del miserabile, ovvero la Rivoluzione.

67 Id., p. 44 68

Interessante anche, a questo scopo, la rilettura psicanalitica del simbolo-gioiello nell’attività onirica di un individuo: interessante, infatti, è l’accostamento con l’attività escrementizia, accostamento dovuto al fatto che “i gioielli come gli escrementi sono materie maledette che colano da una ferita” e, nel loro carattere ostensibile, recano la traccia di un profondo amore sessuale

88

Necessario ripercorrere la storia diacronica della dépense improduttiva sotto la cui egida Bataille pone i fili della narrazione universale dell’umanità. Tale narrazione ha l’andamento, tutto filosofico, di un’epopea mitica, e si sviluppa partendo dalle alterne vicende di un umanità che da una età aurea di rango e nobiltà è decaduta nell’età del ferro, dominata da una borghesia ottusa ed ideologica, che ha svilito la grandezza dell’attività non-produttiva e dissipatrice opponendole il ridicolo principio di utilità. La decadenza dell’umanità borghese sta nell’ “odio verso la dépense” che risulta essere “la ragion d’essere e la giustificazione della borghesia: nello

stesso tempo esso costituisce il principio della sua spaventosa ipocrisia”69

. L’ultimo passo di questa decadenza è la lotta di classe, la Rivoluzione di cui sopra, dove tutto il meccanismo di produzione apparente è piegato alla necessità dei padroni di distanziarsi quanto più possibile dall’infimo livello di abiezione in cui rantolano i “miserabili”, la classe operaia, salvo una falsa morale umanisticheggiante che lascia che l’ebbrezza violenta, l’ebollizione vitale degli aristocratici sia costantemente abortita. Dal

potlach Nord-americano, dove si costituisce “una proprietà positiva della

perdita – dalla quale discendono la nobiltà, l’onore, il rango nella

gerarchia”70

, in cui la ricchezza materiale è arsa al fuoco del rango del signore, dove l’agone è quello orgiastico della dissipazione di energia, di materia, di possesso, poiché il senso del potere, in ultima analisi, è quello di

69 Id., p. 53 70

89

una non esauribile possibilità di perdita, fino appunto alla rovina; dal

potlach, dicevo, alle inezie esistenziali di una borghesia incosciente,

minuscola, esiziale, stolida. Questo l’épos batailleano del principio della

dépense improduttiva. Dal rango all’ipocrita umanesimo della società

industriale contemporanea; dalle pellicce blasonate del Nord-America ai gioielli dei sinistri industriali e alle pendole dorate dei droghieri: “L’invidia da essere umano a essere umano si libera come tra i selvaggi, con equivalente brutalità: solo la generosità, la nobiltà sono scomparse e, con loro, la contropartita spettacolare che i ricchi ricambiavano ai

miserabili”71. Insomma, dall’ostensione agonistica ad una incorporea

apparenza.

Questa, nelle sue linee essenziali, la visione mitica di Bataille.

È da notare che due questioni, entrambe fondamentali, stridono in tale visione: la teleologia di un’umanità abbrutita e l’esaltazione perversa della perdita in una rilettura stravolta del saggio maussiano.

Non si può negare che la storia tratteggiata da Bataille sia una storia universale che, sebbene rifiuti la lettura di una Ragione che si invera ininterrottamente nella Storia, Ragione del fatto utilitarista, pone al suo fondamento un principio assolutamente equivalente , quello di una Non- Ragione, o una Ragione ancora più vera, quella di un principio dissipativo

71

90

e improduttivo, che lega in una coerenza senza termine la storia di tutti gli uomini. La storia dell’Uomo è la storia di una inarrestabile dépense: “[…]

La parte maudite s’interrompe in quella che è una vera e propria ossessione

di Bataille: la storia universale. Egli ripercorre le tappe della civiltà”72

. È chiaro a questo punto che in una prospettiva strettamente etnologica, l’idea universalista batailleana perda drammaticamente di senso: resta, tuttavia, a mio parere, interessante notare come, al di là di una interpretazione degna di un ragno eccellente che voglia tirare sottili e impalpabili ragnatele all’interno di un’umanità così frammentata e divisa, con le sue proprie ragnatele difficilmente accostabili e sovrapponibili; resta, dicevo, la fascinazione per un’astrazione, quella di dépense improduttiva, che non ha ancora detto la sua ultima parola poiché, per quanto forse di impossibile applicazione nel contesto indigeno da cui Bataille prende spunto, non cela un valore inestimabile nella lettura di alcune pratiche occidentali: la perversione di un sistema economico che si riproduce nella dissipazione.

Molto più grave potrebbe apparire l’infedeltà al dato maussiano. La

dépense è indeterminatamente libera poiché il momento del “ricambiare”

non è che un umano errore contingente. Per poter sostenere ciò, però, il filosofo francese deve procedere ad una pesante ablazione, cosa che Clara Pasquinelli fa intelligentemente notare: il kula, fondamentale nella

72 F. Rella, Lo sguardo ulteriore della bellezza, in La parte maledetta, di G. Bataille, Bollati Boringhieri,

91

costruzione della categoria di “dono” per Mauss, non trova posto nella narrazione de La nozione di dépense. Non potrebbe essere diversamente visto che il kula trova la sua ragion d’essere proprio nel terzo momento

della pratica del dono: è un “circolo virtuoso di reciprocità”73. L’equilibrio

strutturale del “dare-ricevere-ricambiare” che aveva permesso a Lévi- Strauss di sostituire alla categoria di dono quella più generale di scambio, in Bataille è abolita in favore di una totale libertà nel dare, dare smisuratamente, ostentare potere perché si può perdere tutto, libertà che vincola l’avversario ad una lotta in cui, come più volte detto, ciò che è in palio è il rango e la perdita. Si può concludere, dunque, che nella lettura batallieana Mauss scompare ed emerge una umanità solidificata, in cui la vita è ebollizione violenta, delirio parossistico, la potenza è ostentazione, la prodigalità è differenza.

Echi nietzscheiani.

73

92

Documenti correlati