• Non ci sono risultati.

Relazioni di sangue. Il dono del Cordone Ombelicale tra rappresentazioni e retoriche ufficiali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Relazioni di sangue. Il dono del Cordone Ombelicale tra rappresentazioni e retoriche ufficiali"

Copied!
308
0
0

Testo completo

(1)

1

INDICE

PREFAZIONE………pag. 4

PARTE PRIMA

Capitolo I

Staminali: hESCs, ASCs, IPSCs. Nel labirintico alfabeto della biopolitica contemporanea………...pag. 9

Capitolo II

Il dono: dall’Oceania all’Occidente contemporaneo...pag. 39

II.1. Il sistema delle prestazioni totali………pag. 40

II.2. La reciprocità………pag. 51

II.3. Il dono moderno………pag. 61

II.4. Nobiltà e perdita………pag. 85

II. 5. Etnografia dell’occidente………...pag. 92

(2)

2

Un’ipotesi di lavoro………pag. 117

PARTE SECONDA

Capitolo IV

Emanuele Ginori, ovvero un cuore per l’organismo……….pag. 127

Capitolo V

Strani malati: mamme donatrici, presenza e società……….pag. 178

Capitolo VI

La dottoressa e l’antropologo: un dialogo tra biopotere e misura delle

performance………...pag. 218

CONCLUSIONI………pag. 267

APPENDIE FOTOGRAFICA………...pag. 293

BIBLIOGRAFIA………...pag. 302

(3)
(4)

4

PREFAZIONE

Il presente lavoro è volto all’analisi antropologica di un fenomeno che, negli ultimi anni, ha assunto, in Italia, dimensioni sociali più che significative: il dono del sangue del cordone ombelicale (SCO). Relazionarsi a tale fenomeno con occhio antropologico significa, innanzi tutto, definire in maniera specifica in cosa consista il dono del SCO, tracciarne una breve storia, comprendere la sua importanza all’interno del contesto sociale italiano e le motivazioni scientifiche e culturali alla base della sua emergenza come pratica di dono. Parlando di “pratica di dono”, sarà necessario soffermarsi, utilizzando la letteratura antropologica e filosofica già esistente, sul concetto di dono: fare ciò implica ripercorrere la strada tracciata da Mauss nel celebre Saggio sul dono, analizzare la categoria della reciprocità ideata da Lévi-Strauss, soffermarsi sulla dépense di Bataille, prendere in considerazione il concetto di altruismo

generalizzato utilizzato dagli studiosi del Movimento Anti-Utilitarista nelle

Scienze Sociali (MAUSS). Dopo essersi interrogati sulla possibile adeguatezza di queste categorie, sarà indispensabile fare riferimento ad un caso di specie quanto mai simile a quello preso in esame, ovvero considerare le convergenze e possibili divergenze rispetto alla pratica del

(5)

5

dono del sangue, fenomeno che riceve da molti anni l’attenzione degli scienziati sociali e su cui è stata prodotta una consistente letteratura.

Al termine di tale studio che non può che essere definito comparativo, verrà formulata un’ipotesi di lavoro, un’ipotesi che tenga presente tutte le analisi preliminari, che garantisca uno sguardo complessivo sul fenomeno, un’ipotesi che tenti di non procedere a riduzioni di complessità, di non appiattire una pratica evidentemente polimorfa, di non dipanare possibili apparenti contraddizioni bensì un’ipotesi che si sforzi di tematizzarle.

Si procederà dunque al momento di verifica e di raccolta di dati empirici, ovvero alla ricerca sul campo: intervistando madri, gestanti, volontari, medici, dunque tutti gli attori sociali coinvolti in questa pratica, si moltiplicheranno le prospettive possibili da cui osservare il fenomeno.

Introduzione teorica, ricerca sul campo ed infine analisi complessiva del fenomeno: si riprenderà in considerazione l’ipotesi iniziale, la si affiancherà ad un’ermeneutica dei dati raccolti durante la ricerca e si potrà stabilire se, da tale lavoro, sia emerso un taglio interpretativo nuovo della categoria del dono, una qualche frattura che porti a dover ripensare alcuni concetti ben stratificati nel pensiero antropologico, oppure se le intuizioni che verranno proposte nell’ipotesi siano da rigettare in toto o in parte.

(6)
(7)

7

(8)
(9)

9

CAP. I

Staminali: hESCs, ASCs, iPSCs. Nel labirintico alfabeto della biopolitica contemporanea

“Ecco, il bambino sta per nascere, fuori, il primo vagito, la gioia della mamma, la soddisfazione dell'equipe medica. Che prima di porgere il neonato alla mamma, provvede a recidere e eliminare l'ormai inutile cordone ombelicale. Ma oggi questa scena potrebbe avere un finale leggermente diverso. Perché il cordone ombelicale, che normalmente viene gettato, contiene sangue ricco di cellule staminali, le stesse del midollo osseo. È una donna che decide di donare quel sangue offre a tante persone

malate una speranza in più di guarire e tornare alla vita”1

.

Questo l’incipit presente sul sito di ADISCO (Associazione Donatrici Italiane Sangue Cordone Ombelicale). La storia ormai ventennale della donazione del SCO si concretizza in queste poche righe: il cordone

ombelicale, che provvisoriamente definiremo “prodotto di scarto”2

in considerazione del fatto che “normalmente viene gettato” ha assunto, in

1

http://www.adisco.it/

2

Sarà di decisiva importanza ritornare su questa peculiarità del SCO la quale, a mio parere, diventa uno dei pilastri intorno al quale può muoversi una critica delle categorie classiche della letteratura tanto antropologica quanto filosofica rispetto al concetto di “dono”

(10)

10

forza del suo alto contenuto di cellule staminali emopoietiche3 un immenso

valore terapeutico, umanitario, economico, dunque sociale.

Ritengo qui necessario, per chiarire il campo all’interno del quale ci si muove, delineare un breve profilo storico della ricerca sulle cellule staminali e soffermarsi successivamente sui concetti scientifici basilari che aiutino a comprendere l’oggetto di “scambio” presente nella pratica di “donazione di SCO” ed infine affrontare, seppure en passant, i dibattiti etici e politici che hanno informato la strutturazione di tale fenomeno di dono, fenomeno che è l’oggetto del presente lavoro.

Arianne Dröscher scrive: “ The history of stem cell research is normally considered a recent one. Several ‘birthdays’ are indicated, especially 22 February 1997, the day of the public announcement in «Nature» of the first successfully cloned animal (although Dolly the sheep had already been born on 5 July 1996) or 6 November 1998, when James Thomson and his coworkers at the University of Wisconsin-Madison reported in «Science» that they had succeeded for the first time to isolate and cultivate in vitro

human embryonic stem cell lines.”4

.

3 Si specificherà a breve cosa si intenda per cellule staminali e, restringendo ulteriormente il campo, per

cellule staminali emopoietiche

4

A. Dröscher, Where does stem cell research stem from? A terminological analysis of the first ninety

years, in Differing routes to stem cell researche: Germany and Italy, R.G. Mazzolini e H.-J. Rheinberger (a

(11)

11

Quanto poi scritto dalla Dröscher evidenzia che, al di là delle apparenze e delle date epocali evidentemente recenti, la ricerca sulle cellule staminali ha una storia ben più remota e confusa.

Procederò, di seguito ad elencare, in maniera schematica, i fatti salienti e le date che dimostrano come la storia della ricerca sulle cellule staminali si dipani nell’arco di ben centocinquant’anni:

1868-1909: E. Haeckel, scienziato di formazione darwiniana, nel suo

libro Natürliche Schöfungsgeschichte, introduce il termine

Stammzelle, riferendosi a “cellule primordiali” che connettono, a

livello teorico, sistemi ontogenici a sistemi filogenici, teorie cellulari a teorie evoluzioniste; ai suoi studi seguono quelli di Weismann,

Boveri, Roux, Pappenheim5;

1909: Viene realizzato e pubblicato da A. Maximow il lavoro “The

lymphocyte as a stem cell, common to different blood elements in

embryonic development and during the post-fetal life of mammals”6.

Maximow riesce a dimostrare che i linfociti sono cellule a bassa differenziazione, dunque cellule staminali, poste all’origine della formazione di cellule ematiche;

5 Pappenheim applicò gli strumenti pregressi delle analisi botaniche e citologiche all’ematologia

cercando di dimostrare l’unicità dell’origine delle cellule ematiche. Egli ipotizzò l’esistenza di un’unica origine (la cellula staminale) da cui derivassero tutte le successive linee cellulari

6 A. Maximow, The lymphocyte as a stem cell, common to different blood elements in embryonic

(12)

12

1958: J. Gourdon ed i suoi collaboratori riescono a clonare una rana;

1960: J. Altman e G. Das dimostrano la possibilità di neurogenesi

del sistema nervoso centrale in soggetti adulti (contraddicendo la tesi opposta del 1906 formulata da Cajal);

1963: McCulloch e Till scoprono la presenza di cellule staminali

attive nel midollo osseo di topo;

1968: R.A. Good opera il primo trapianto di midollo osseo tra due

fratelli istocompatibili al fine di curare una rara malattia genetica di immunodeficienza;

1978: Vengono scoperte cellule staminali adulte emopoietiche nel

cordone ombelicale;

1981: M. Evans riesce ad isolare delle cellule staminali embrionali

dalla massa cellulare interna (inner mass cell: IMC) di un topo;

1988: I. Weisman isola, mediante tecniche di separazione cellulare,

delle cellule staminali emopoietiche pure. Nello stesso anno, vengono individuate delle cellule staminali mesenchimali del midollo osseo;

1992: Identificazione di cellule staminali neurali adulte. Nello stesso

(13)

13

mirante alla terapia genica delle malattie ereditarie, usando cellule staminali come vettori per il materiale genetico;

1997: Si scopre che alterazioni delle cellule staminali emopoietiche

sono la causa della leucemia. Nello stesso anno, I. Wilmut e K. Campbell del Roslin Institue dell’Università di Edimburgo annunciano di aver clonato una pecora (Dolly);

1998: J. Thomson ed i suoi collaboratori isolano la prima linea

cellulare di cellule staminali embrionali umane (hESC);

2003: Songtao Shi dell'NIH (National Institute of Health) scopre

una nuova fonte di cellule staminali adulte nei denti da latte dei bambini. Nello stesso anno, viene effettuato con successo un trapianto di mesangioblasti murini per la cura di distrofia muscolare ai cingoli;

2005: Hwang Woo-Suk asserisce di avere creato numerose linee di

hESC da ovociti umani non fertilizzati. Si scopre che le 11 linee cellulari di cui si parla nell’articolo sono solo 2 ed il lavoro, precedentemente pubblicato su «Science», viene ritrattato;

2006: Yamanaka riesce a riprogrammare i fibroblasti creando cellule

(14)

14

2008: Il trattamento con iPSCs risulta efficace in sperimentazioni

murine sul morbo di Parkinson;

2010: Si scopre che le iPSCs ottenute da differenti linee cellulari non

risultano uguali: si formula conseguentemente l’ipotesi di una

“memoria cellulare epigenetica” che persiste dopo la

riprogrammazione.

È da notare che, mentre viene redatto il presente lavoro, sono in atto numerose sperimentazioni, tra le quali il discusso e controverso Metodo

Stamina7, ma, per ovvie ragioni di attuale incompletezza delle informazioni

disponibili, ho preferito utilizzare come anno conclusivo, seppure in via provvisoria, di questa stringata cronologia, il 2010. Delineate le tappe in cui si è articolata storicamente la ricerca sulle cellule staminali è ora

7

Il Metodo Stamina è un progetto di riconversione di staminali mesenchimali in neuroni avviato in Italia da Davide Vannoni. Il Metodo Stamina, soggetto di inchieste parlamentari ed accertamenti giudiziari, ha ricevuto notevoli critiche per delle ambiguità rispetto alla validità scientifica, all’assenza di pubblicazioni di rilievo in giornali scientifici, alla presenza o meno di brevettazione. Così commenta IlSole24ore in un articolo comparso nella versione on-line del quotidiano in data 10 Agosto 2013: “il "metodo" Stamina propone un minimo di cinque inutili infusioni per malato ed ecco che arriviamo a circa quattro miliardi di euro. Un conto per difetto, a cui presumibilmente bisognerebbe aggiungere anche la costruzione di cell-factory dedicate (che richiedono un investimento iniziale, solo per l'allestimento e l'equipaggiamento di svariati milioni di euro), e i costi per il loro mantenimento, oltre alla assunzione e formazione di

personale qualificato.

Costi considerevoli, di cui dovrebbero farsi carico le Regioni, per un "metodo" che non è una cura, mentre i costi del "metodo" sono reali” (http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-08-10/metodo-stamina-cura-costerebbe-165704.shtml?uuid=Abh6u6LI). Continua, ad esempio, Alison Abbot, su

Nature: “Now those scientists want the Italian government to pull out of a €3-million (US$3.9-million)

clinical trial of the therapy that it promised to support in May, after bowing to patient pressure. They allege that Vannoni's method of preparing stem cells is based on flawed data.

And Nature's own investigation suggests that images used in the 2010 patent application, on which Vannoni says his method is based, are duplicated from previous, unrelated papers. The trial is “a waste of money and gives false hope to desperate families”, says Paolo Bianco, a stem-cell researcher at the University of Rome and one of the scientists who says that Vannoni’s 2010 application to the US patent office does not stand up to scrutiny”. (http://www.nature.com/news/italian-stem-cell-trial-based-on-flawed-data-1.13329)

(15)

15

necessario muovere lo sguardo in un campo differente e chiedersi: da un punto di vista strettamente scientifico, come possono essere definite queste cellule staminali che, soprattutto per merito della pervasività e capillarità dell’informazione massificata, sono entrate a far parte di un lessico, se non comune, quanto meno estremamente diffuso?

Scrive Ariane Dröscher: “The English noun ‘stem’, in Old English stemn, derives from the Latin stāmen which means ‘thread’. It denominates something elongated that connects other parts, for example the main ascending axis of a plant or the trunk […]. The more functional meaning of ‘stem’ is contained in its verb form, which is synonymous with ‘growing out’, ‘taking origin’, or ‘descending’. […] Very simlary, the German

stamen is a synonym for “deriving” or “originating” […]. The German Stamzelle was coined in 1868 By Ernst Haeckel (1834-1919), who

connected two hitherto distant terms, ‘cell’ and ‘stem’. […] It was initially translated into English as ‘original cell’ and after about 1900 as ‘stem cell’. Spanish has the expression of célula madre (mother cell), and since 1874 French has used cellule-souche, which stands for ‘stub’, ‘tribe’, origin’, or ‘strain’[…]. Some etymologists trace the Italian staminale from the Latin

stamina, the stamen, other maintain that it had been directly translated from

the English ‘stem’”.8

8

(16)

16

Questa lunga citazione è fondamentale per comprendere quanto, nelle varie lingue europee, il temine “cellula staminale” sia indissolubilmente legato al concetto di “fondazione”, “origine”: cellule primigenie da cui tutte le altre, come, nella araldica, i discendenti da un capo stipite, hanno la loro necessaria conseguenza.

Per allontanarci dall’ambito puramente etimologico e semantico e addentrarci nel campo più strettamente scientifico, possiamo fare riferimento alla definizione di cellula staminale fornita da Maurilio Sampaolesi: “Le cellule staminali sono cellule indifferenziate presenti in tutti gli organismi multicellulari. Sono caratterizzate dalla capacità di rinnovare se stesse attraverso divisioni cellulari mitotiche (self-renewal) e differenziarsi (potency) in una vasta gamma di tipi cellulari specializzati. […] Nei mammiferi esistono due tipi principali di cellule staminali: le cellule staminali embrionali, localizzate nella massa cellulare interna della

blastocisti9 e le cellule staminali adulte che si trovano nei tessuti adulti”10.

Ed è proprio la proprietà di potency che conferisce a queste cellule un immenso valore scientifico, terapeutico, economico, etico. Utilizzando le

parole di Nikolas Rose, un biovalore.11 Tra le cellule che anno ricevuto più

9

Per blastocisti si deve intendere lo stato embionale che va dal 4° al 14° giorno. La fase di blastocisti è quella direttamente successiva allo stato di morula, durante il quale si è formata la cosiddetta inner cell

mass ed il trofoblasto (che andrà a costituire il tessuto placentare). Le cellule del trofoblasto iniziano a

secernere un liquido che concorre a creare una cavità nella quale si deposita la inner mass cell. Nel momento in cui questo avviene si può iniziare a parlare di blastocisti.

10 M. Sampaolesi, Le cellule staminali. Tra scienza, etica e usi terapeutici, il Mulino, Bologna, 2011, p.7 11

(17)

17

attenzione scientifica e mediatica, vi sono proprio le cellule emopoietiche, intorno alle quali è incentrata una politica della speranza, fondata sulle

implicazioni e prospettive aperte dalla medicina rigenerativa.12 Scrive Nik

Brown: “Cord blood banking is advertised directly to parents an investment that may, one day, prove to save the life of their newborn child. Potential ‘investors’ are implored to, as banks varyingly express it, ‘put a little something away for a rainy day’; to provide ‘a security blanket for your family’; by ‘saving key components to future medical treatment’; or

‘saving something that may conceivably save his or her life someday’”13

. Prima di procedere oltre, cercherò di esplicitare che cosa siano le cellule

staminali adulte (ASCs) e quale sia il loro funzionamento e la loro

applicabilità. Scrive sempre Sampaolesi: “Le cellule staminali adulte sono cellule indifferenziate, non specializzate, che non hanno ancora acquisito una funzione ben definita e specifica. […] Le cellule staminali sono in grado di creare copie identiche di loro stesse, senza differenziare per lunghi periodi di tempo. […] Inoltre, differenziando, possono dare origine a linee cellulari mature diverse tra loro, che possiedono particolari caratteristiche morfologiche e funzioni specifiche.[…] Altre caratteristiche possedute

12

Sul concetto di politica della speranza e di medicina rigenerativa si tornerà, con maggiore attenzione, in seguito. Per ora, basti dire che la ricerca sulle cellule staminali e sulla loro potenza di differenziazione ha fondato la possibilità di concepire la medicina non solo come curativa su base farmacologica bensì anche come creatrice di tessuti organici in vitro che possano essere trapiantati efficacemente su soggetti malati. Abbattendo le barriere tra medicina e ingegneria biomedica si genera, a livello culturale, una

politica che fa della speranza di totale remissione da affezioni patologiche dei tessuti un principio

irrinunciabile

13 N. Brown e A. Kraft, Blood ties: banking the stem cell promise, Technology Analysis & Strategic

(18)

18

dalle staminali adulte sono la capacità di trasformarsi a seconda del fabbisogno dell’organismo in cui si trovano o in cui sono impiantate e di essere in grado di rigenerare o riparare tessuti danneggiati.[…] Grazie alla capacità di generare i tipi cellulari specializzati del tessuto d’appartenenza, le cellule staminali adulte vengono definite multi potenti (corsivo mio), diversamente dalle embrionali, che sono pluripotenti (corsivo mio), cioè in

grado di differenziare in qualsiasi tipo cellulare”14

. È fondamentale notare che la divisione cellulare può avvenire secondo due modalità differenti: le staminali adulte possono riprodurre se stesse, formando cellule assolutamente identiche, e dunque nuovamente staminali; possono altresì procedere ad un primo livello di differenziazione, producendo una cellula staminale identica a quella iniziale ed una cellula detta progenitrice. Sarà poi la cellula progenitrice a permettere la formazione di linee cellulari mature totalmente differenziate. Di ASCs ne sono state isolate numerose, e di altrettante si è ancora alla ricerca. Sono state già isolate cellule staminali nel cordone ombelicale, nel midollo osseo, nel sangue, nell’epidermide, nel sistema nervoso centrale, nel cuore, nei muscoli scheletrici. Restringendo il

campo alle sole staminali emopoietiche del SCO15 il sistema di prelievo e

conservazione di questa risorsa su cui si imperniano speranze tanto di

14

M. Sampaolesi, Op. cit., p. 41 e ss.

15

È ad ogni modo importante constatare che nel SCO vi è la presenza tanto di staminali adulte

emopoietiche (30 milioni di cellule/cordone) sufficienti per interventi terapeutici su esseri umani fino ad un massimo di 6 kg (dunque inefficaci nelle terapie su pazienti adulti) quanto di cellule progenitrici del sangue, le quali per scarsità quantitativa associata ad un basso livello di potency che, per quanto sia possibile saperene allo stato presente della ricerca, le vincola alla produzione quasi esclusiva di cellule ematiche, risultano essere di poca utilità nei trattamenti curativi

(19)

19

ricerca quanto di guarigione è distribuito in maniera sufficientemente capillare e articolata tanto sul territorio nazionale quanto su quello internazionale.

I numeri di riferimento sono i seguenti: “In tutto il mondo esistono 150 banche, 600 mila donazioni disponibili congelate e sono stati effettuati 30 mila trapianti. L'obiettivo? «Far crescere ancora di più le donazioni, arrivare a un milione e 200 mila donazioni disponibili nel mondo, così ci

sarà un cordone disponibile per tutti»”16

. In Italia, allo stato attuale, vi sono 18 biobanche per la raccolta di SCO e 308 strutture ospedaliere in cui è possibile donare il cordone ombelicale.

La situazione italiana, tanto dal punto di vista legislativo quanto da quello scientifico, sembra apparentemente organica ed incentrata completamente sulla ricerca su questo tipo di cellule. In verità, giungere a questo punto ha comportato, a partire dalla fine degli anni ’90 e per circa un decennio, una serie di durissimi scontri etici e politici, con strumentalizzazioni e mistificazioni varie, distorsioni nel processo informativo e divulgativo, commistioni di saperi differenti, da quello scientifico a quello filosofico, passando attraverso quello teologico, dibattiti all’insegna dell’ideologia laica o religiosa.

16

(20)

20

Come scrive acutamente Luca Marini: “ At the beginning of the 1990s, bioethics in Italy was a mysterious subject restricted to a handful of specialists who could afford the luxury of studying ethical, social and legal issues arising from the progress of biomedicine and biotechnologies without concerning themselves about the repercussions of their research

results in the media and politics”17

. Questa disciplina di nicchia, la

bioetica18, in Italia, è stata a lungo celata agli occhi dell’osservatore

comune, non specializzato, non ha indotto eccessivi fastidi né destato troppe coscienze, si è mossa in un contesto elitario, ben definito, protetto, con pochi o nessun contatto con l’esterno. Ciò che Sheila Jasanoff chiama

civic epistemology19si può dire sia una scoperta abbastanza recente in Italia. SI deve infatti tenere in considerazione il fatto che, mentre nella definizione della Jasanoff i saperi sono utilizzati per garantire la possibilità di una scelta collettiva informata, l’Italia ha spesso fornito esempi di

17

L. Marini, Stem cells: the Italian way to bioethics, in Differing routes to stem cell research: German and

Italy, R.G. Mazzolini e H.-J. Rheinberger (a cura di), Società editrice il Mulino, Bologna, 2012, p. 251

18 Si noterà che, nel presente lavoro, molti termini di uso assolutamente comune sono arricchiti dal

prefisso bio-: bio-etica, bio-valore, bio-banche, bio-capitale, bio-potere. Ciò è evidentemente indicativo, senza che ci sia bisogno di soffermarvisi troppo in questa sede, del mutamento epistemologico avvenuto nelle società occidentali contemporanee La vita, specialmente quella individuale, in modo alquanto inusitato, è divenuto un piano semantico imprescindibile: in prospettiva di tale piano vari saperi si intrecciano, si incontrano, spesso si scontrano, si articolano l’uno sull’altro, producono nuove verità, garantiscono le possibilità di formazione di nuovi discorsi, stabiliscono le condizioni di emersione di nuovi oggetti. Visioni etiche, scientifiche, economiche, filosofiche, morali, religiose (sebbene forse, in quest’ultimo caso, con alcune resistenze) riportano lo sguardo sull’individuo come soggetto di auto-determinazione, e quindi di responsabilità: al di là di qualsiasi nesso causa/effetto, politiche di

soggettivazione e competenza somatica, tecniche di molecolarizzazione ed ottimizzazione, economie di vitalità ci fanno intuire che una frattura epistemologica potrebbe essersi consumata. Questo,

quantomeno, è il parere di N. Rose, a mio avviso in molti aspetti largamente condivisibile. In seguito, si approfondirà più precisamente l’argomento

19

“Civic epistemology refer ‘ to the istituzionalized practices by which members of a given society test and deploy knowledge claims used as a basis for making collective choices’ “. Sheila Jasanoff, Designs on

(21)

21

sistemi tecnocratici che hanno concorso a produrre scelte per la collettività, collettività abbandonata alla disinformazione. Ed infatti, prima del clamore suscitato dalla notizia della clonazione della pecora Dolly e da quella della produzione della prima linea cellulare di hESC, il coinvolgimento civico in questioni di bioetica era fondamentalmente inesistente. La situazione italiana muta velocemente nel biennio 2004/2005 a causa di un evento che porta ad un investimento di mezzi e ad una circolazione di informazioni senza precedenti nel panorama politico e culturale italiano. Nell’anno 2004, infatti, il Parlamento italiano approva la Legge 40/2004 dal titolo "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". Nella presente legge, il Parlamento vara una serie di norme riguardanti non solo la fecondazione assistita ma anche la regolamentazione della ricerca scientifica in materia di cellule staminali. Prima di approfondire, seppur brevemente, la vicenda della ormai famosa (e per molti, famigerata) Legge 40, credo sia fondamentale soffermarsi su un antefatto avvenuto nell’anno 2000: i risultati, con ovvia querelle susseguente, della cosiddetta Commissione Dulbecco (dal nome del Presidente, il premio Nobel Renato Dulbecco). Dopo i già citati eventi della clonazione di Dolly e l’isolamento delle hESC ad opera di Thomson, il Governo italiano decide, nel 2000, di affidarsi ad una commissione nominata appositamente per fornire un parere tecnico e motivato sulle linee guida da adoperare in una successivo disegno

(22)

22

legislativo. La commissione, come già detto presieduta dal Prof. Dulbecco, era composta da diciassette scienziati, quattro filosofi, tre teologi, tra cui un cardinale, un giudice ed un esponente politico. Come scrive Giuseppe Testa, la richiesta formulata alla commissione dall’allora Ministro Veronesi è quella di concentrare il lavoro di analisi sui seguenti quattro temi:

1. il potenziale medico delle cellule staminali;

2. un’indicazione temporale entro cui tale potenziale si possa concretizzare;

3. il tipo di malattie curabili tramite trattamenti ottenuti con l’utilizzo di cellule staminali;

4. quale tipo di cellule staminali (embrionali, adulte, fetali o del cordone ombelicale) sia preferibile tanto dal punto di vista etico quanto da quello scientifico.

Vista la sostanziale eterogeneità della commissione, formata in parte da laici in parte da cattolici, le argomentazioni riguardo il possibile utilizzo di hESC ottenute dagli embrioni eccedenti e non impiantati durante la pratica

di fertilizzazione in vitro (IVF) porta ad una inevitabile spaccatura20.

20

Sui problemi specifici riguardanti le posizioni contrastanti assunte sia dalla politica sia dall’opinione pubblica rispetto alle hESC si ritornerà a breve, trattando della Legge 40 e del referendum abrogativo della stessa avvenuto nell’anno 2005. Per ora, basti dire che, mentre la maggior parte della comunità scientifica non considera un problema eticamente rilevante la ricerca su hESC in quanto tali linee cellulari sono tratte da sistemi cellulari pre-embrionali tanto da non poter parlare, in termini filosofici e scientifici, né di individuo né, a maggior ragione, di persona, una parte minoritaria della comunità scientifica, appoggiata dalla quasi totalità della Chiesa Cattolica e da consistenti porzioni di opinione

(23)

23

Questa fase di stallo induce la commissione a non assumersi eccessivi pesi istituzionali e fa sì che il lavoro deliberativo si riduca ad un unico contributo riguardante la possibilità di utilizzare la cosiddetta clonazione

terapeturica, ovvero la formazione di linee cellulari tramite il trasferimento

di un nucleo di una cellula somatica all’interno di una cellula uovo (SCNT). Così si esprime la commissione: “The term ‘therapeutic cloning’ to indicate SCNT is clearly inappropriate. In fact, an enucleated oocyte reconstructed with an adult somatic cell nucleus cannot be considered a classic zygote, because it dose not derive from the union of two gametes.[…] Finally, the oocyte reconstructed with a somatic cell nucleus is much more similar to a potential form of asexual cellular expansion of the patient, in analogy to what is currently practiced when skin biopsies are amplifies in vitro to produce artificial skin for the treatment of major

burns”21

.

Ad ogni modo, neppure questo modesto suggerimento della Commissione Dulbecco, per altro immediatamente screditato, come scrive sempre Testa,

dalla stampa cattolica22, viene preso particolarmente in considerazione e si

giunge così, in un contesto legislativo dominato da una maggioranza di

pubblica di credo cattolico, si è drasticamente schierata contro qualsiasi forma di sperimentazione di hESC, quale che sia la loro fonte originaria, sostenendo l’intangibilità della persona umana e la formazione della stessa fin dal concepimento, ovvero dalla formazione dello zigote

21

G. Testa, Stem cells and the structuring of the Italian biopolity, in Differing routes to stem cell

researche: Germany and Italy, R.G. Mazzolini e H.-J. Rheinberger (a cura di), Società editrice il Mulino,

Bologna, 2012, p. 227

22

(24)

24

centro-destra, alla formulazione della Legge 40. Si possono riassumere i capisaldi della presente legge nel modo seguente:

 Art.4, 1: Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente

assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico;

 Art.4, 3: È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente

assistita di tipo eterologo;

 Art.5, 1: Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1,

possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi;

 Art. 12, 2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell'articolo 5,

applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro;

(25)

25

 Art.13, 1: È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione

umano.

 Art.13, 2: La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione

umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.

 Art.13, 3: Sono, comunque, vietati:

a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o

comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;

b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti

ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;

c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione

(26)

26

 Art.14, 1: È vietata la crioconservazione e la soppressione di

embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio

1978, n. 19423;

 Art. 14, 2: Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto

dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre;

 Art. 14, 3: Qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni non

risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.

La politica italiana, dunque, compie una scelta fondamentale che indirizza in maniera ineluttabile le possibilità di ricerca successiva e definisce limiti della stessa, limiti che perdurano ancora oggi: l’accesso alle pratiche di fecondazione assistita è consentito solo a coppie eterosessuali, i cui membri siano entrambi vivi ed in età fertile; d’altronde, l’impossibilità di utilizzare la fecondazione eterologa implica il divieto d’accesso alle pratiche mediche

23

(27)

27

per genitori omosessuali, eventuali fecondazioni post-mortem, utilizzo di madri surrogate etc etc. Se a ciò si aggiunge che gli embrioni prodotti non devono essere di numero superiore a tre e tutti, per quanto possibile, devono essere impiantati si comprende come tale legge sia stata prevista per regolamentare una pratica terapeutica da concepire, al più, come un’estensione delle capacità naturali di riproduzione di una coppia

eterosessuale24: ciò implica, cosa per altro esplicitamente espressa

nell’articolo 13, comm.1,2,3, l’impossibilità di procedere alla produzione di linee cellulari di hESCs ed una conseguente tutela giuridica dell’embrione. La Legge 40, dunque, stabilisce, con un impianto che si espande ben al di là dei semplici confini giuridici, molto più di ciò che vi scorge Lorenzo Beltrame, il quale considera tale legge come un atto biopolitico in quanto, oltre a regolamentare una molteplicità di pratiche, delimita i confini di

un’etica e di una individualità e personalità (quella dell’embrione)25

. La Legge 40 stabilisce, indirettamente ma inevitabilmente, soprattutto quali debbano essere le linee guida della ricerca sulle cellule staminali: escludendo l’embrione da qualsiasi possibilità di sopravvivenza oltre le esigenze di impianto intrauterino e dunque salvaguardandolo da una sua

24

Si pensi che, paradossalmente, mentre una coppia fertile può operare delle analisi diagnostiche sull’embrione e sul feto ed eventualmente, in caso di determinate patologie, optare per una pratica abortiva, l’analisi preimpianto degli embrioni ottenuti in IVF è proibita dalla Legge 40

25

L. Beltrame, Embedding society in cells: science, ethics and politics in the Italian public debate on stem

cell research, in Differing routes to stem cell researche: Germany and Italy, R.G. Mazzolini e H.-J.

(28)

28

possibile utilizzazione allo scopo di produzione di linee di hESCs, de facto obbliga la comunità scientifica a dirigere la propria attenzione sulle ASCs.

Le reazioni alla Legge 40 sono immediate: una consistente porzione della comunità scientifica italiana, appoggiata dal Partito Radicale, insorge contro gli esiti tanto diretti quanto indiretti di una legge percepita come un atto giuridico profondamente reazionario. A ciò segue la raccolta da parte del Partito Radicale delle necessarie 500.000 firme per la presentazione della richiesta di referendum alla Corte Costituzionale Italiana la quale, verificata la validità delle firme consegnate, indice il referendum da svolgersi in data 12 e 13 Giugno 2005. Non risulta affatto semplice muoversi, a livello socio-antropologico, nelle plaghe in cui si articola il dibattito referendario. È facile affermare che, rispetto a tale questione, ci si trovi di fronte ad un caso di civic epistemology in cui, vari saperi e vari linguaggi, a vari livelli semantici ed epistemologici, si sovrappongono, utilizzando i mezzi forniti dalle reti di informazione, allo scopo di produrre determinate forme di verità. Come giustamente scrive Testa: “Here the question of the scientific merit oh hESC, and implicitly also the ontological and normative questions about the status of embryo, were posed directly to

Italian citizens”.26

26

(29)

29

Il referendum, strumento giuridico volto a restituire ai cittadini italiani la possibilità ultima di pronunciarsi sulla desiderabilità di una legge parlamentare, pone la comunità italiana non solo di fronte alla necessità di un confronto sulla proposizione giuridica presente nella Legge 40 ma la obbliga anche a relazionarsi a temi di carattere politico (la possibilità o meno di garantire spazi di libertà alla ricerca scientifica, etico (la liceità di condurre una ricerca sperimentale su formazioni cellulari di difficile definizione) e filosofico (stabilire, indirettamente, se tali formazioni cellulari siano da considerare, da un punto di vista ontologico, individui, persone, esseri umani, semplici “ammassi di cellule”).

Il dibattito che emerge da questa rara complessità tematica porta a riflettere sulle modalità in cui, come affermava Derrida, la stampa, nelle democrazie moderne, possa informare i fatti e non sui fatti. Se si conduce una breve ricerca sulle posizioni che vengono rappresentate sulle pagine dei principali quotidiani italiani durante i mesi antecedenti alla data prevista per l’espressione cittadina sui quesiti referendari, ci si imbatte immediatamente in una quantità di informazioni fortemente slegate dalla dovuta coincidenza con le informazioni scientifiche pubblicate sulle principali riviste del settore a livello internazionale (come Science o Nature, per limitarsi alle riviste meno specialistiche e maggiormente divulgative, la cui attendibilità, rispetto alla razionalità scientifica occidentale, è indiscutibile), riportanti

(30)

30

notizie troppo spesso non puntuali e conformate ad un modello retorico desunto dall’ideologia di riferimento cui la specifica testata fa riferimento. Si prenda il caso dell’articolo pubblicato su Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, intitolato, in maniera quasi calcistica: “Adulte 58, embrionali 0: tra staminali non c’è partita”. Il pezzo giornalistico, pubblicato sul quotidiano in data 31 Maggio 2005, dunque pochi giorni dal Referendum, si apriva con la seguente notizia: “Se la pesiamo sulla bilancia dei fatti e non su quella della propaganda, le staminali embrionali rivelano un’imbarazzante inferiorità rispetto a quelle adulte. Nei laboratori di tutto il mondo, infatti, dalle staminali adulte sono stati ottenuti benefici – di gradi diversi – per 58 tipi di malattie. E le cellule tratte da embrione, quelle che – prevalessero i «sì» ai referendum – ci farebbero guarire da infermità di ogni tipo, stando ai suggestivi ma ingannevoli slogan della campagna pro-referendum? Allo stato attuale, la loro utilità clinica è pari a zero”. L’articolo poi prosegue: “Lasciando da parte le considerazioni etiche sulla clonazione umana – nell’esperimento sono stati sacrificati più di centro embrioni – resta un punto dolentissimo, vista la necessità di dare un’informazione corretta ai cittadini che devono decidere cosa fare il 12 giugno: il messaggio passato dai media, secondo il quale le terapie con staminali embrionali sarebbero dietro l’angolo. Solo questione di tempo e di un po’ di tentativi. Oltre che essere falso, il concetto permette di aggirare la domanda più pertinente e concreta cui va

(31)

31

data risposta: è ragionevole investire su un tipo di ricerca (quella sulle embrionali) che a fronte di complicazioni etiche gravissime rappresenta ancora una totale incognita per la medicina? O non è forse più ragionevole – dati risorse e fondi per forza di cose limitati – privilegiare la ricerca con le staminali adulte, da cui finora provengono tutti i risultati che hanno acceso tante speranze?”.

Tutta l’argomentazione di impianto dell’articolo si basa su un altro articolo

di un medico americano, David Prentice che, sul sito

www.stemcellresearch.org afferma che nel giro di pochi anni la ricerca sulle staminali adulte ha portato già considerevoli risultati su pazienti affetti da differenti malattie, per un totale di 65 malattie curate e curabili.

È da notare che questa pubblicazione apre un lungo contenzioso tra Prentice e altri tre scienziati, S. Smith, W. Neaves, S. Teitelbuam i quali negano, su un articolo pubblicato su Science nel luglio 2006, la validità di molti dati prodotti da Prentice. Vale la pena riportare per intero quanto detto da Massarenti riguardo al caso Prentice: “Della tanto sbandierata superioritàdelle staminali adulte c’è da dubitare, e non poco. «Science» nel luglio 2006 ha pubblicato un’analisi dettagliata del rapporto di Prentice effettuata da tre scienziati (S. Smith, W. Neaves, S. Teitelbuam) traendone le seguenti conclusioni: «Propagandando la falsità che esistano già trattamenti con cellule staminali adulte per più di 65 malattie, Prentice e

(32)

32

coloro che ne ripetono le affermazioni inducono in errore la gente e ingannano crudelmente i malati». Qualche mese dopo (settembre 2006 l’altrettanto autorevole «New Engalnd Journal of Medecine», in un editoriale firmato da R.S. Schwartz, rincarava la dose: non solo le affermazioni di Prentice «sono palesemente false, ma l’informazione fornita dal web del Family Research Council è mero sensazionalismo di

infima qualità»”27

.

La querelle tra Prentice e Smith & Co. continua negli anni successivi, in un botta e risposta che ha portato la comunità scientifica internazionale ad appoggiare, in larga parte, la posizione di Smith; non mi addentro oltre perché, nel presente lavoro, non trova collocazione né utilità una trattazione più approfondita della questione. È utile però ritornare alla stampa italiana. Mentre Avvenire pubblica queste informazioni, la stampa avversa, e dunque favorevole al referendum, propone voci di altrettanti medici e scienziati, tra i quali il già citato Prof. Dulbecco, il quale in una lunga intervista rilasciata al mensile Espresso in data 28 Aprile 2005, riportata lo stesso giorno sull’Unità, afferma: “Sappiamo ben poco di queste cellule. Ma ciò ci indica chiaramente che possono essere la strada per battere i grandi killer del nostro tempo, dall’Alzheimer, al Parkinson al cancro. […] Sappiamo che non c’è paragone fra quanto si può fare con le cellule adulte, e già oggi spesso si fa per fortuna, e quella che si farà con le cellule embrionali”. Il

27

(33)

33

giorno prima, il Corriere della Sera, pubblica un’intervista al Prof. Carlo Alberto Redi, citochimico del DNA all’Università di Pavia, nella quale egli afferma: “Chiariamo subito. Qui parliamo di ricerca e basta su embrioni che non servono più alle coppie. Bisogna capire i meccanismi della staminalità che è ancora un buco nero. Sappiamo usare le cellule adulte, ma in realtà non abbiamo capito nulla dei meccanismi cellulari. Colmare la lacuna è un dovere nei confronti delle generazioni future”.

I fronti opposti continuano ad avversarsi fino al referendum e, strumenti fondamentali in questo agone giuridico, scientifico, etico, politico, risultano essere, oltre all’informazione su carta stampata, le televisioni e le associazioni. Il ruolo cruciale è rivestito dall’informazione televisiva che, per la prima volta nella storia italiana, veicola la creazione di una forma del tutto nuova di comunicazione. Alla base dello scontro, vi è una posizione antitetica sull’ontologia dell’embrione. Il fronte cattolico italiano difende la

personalità non solo dell’embrione ma anche dello zigote. Fin dal principio

del concepimento si deve considerare il nuovo prodotto cellulare un essere

umano dotato di individualità e personalità; questa posizione implica

necessariamente l’impossibilità a procedere alla sperimentazione sulle hESCs il cui ottenimento va a scapito della possibilità di sviluppo dell’embrione per conseguente distruzione dello stesso. Il fronte laico pro-referendum sostiene la non-personalità e non-individualità tanto

(34)

34

dell’embrione quanto della blastocisti e tanto più dello zigote con la conseguente possibilità di utilizzare le hESCs a scopi di ricerca.

Sebbene le posizioni siano intrinsecamente chiare, raramente viene fatto accenno allo statuto ontologico dell’embrione come perno intorno al quale far ruotare la possibilità di informazione e la susseguente capacità decisionale dei cittadini italiani. Tutt’altre strategie vengono scelte ed adoperate per il perseguimento ed eventuale conseguimento degli obiettivi impostisi dai protagonisti del referendum. Se dal lato dei pro-abrogazione della Legge 40, una delle associazioni più attive è l’Associazione Luca Coscioni, che si prodiga nel reperire pareri scientifici che dimostrino l’inconsistenza della legge stessa, sul fronte cattolico, il potere ecclesiale si lega inscindibilmente a quello scientifico, favorendo la costituzione dell’Associazione Scienza & vita, il cui principale esponente è il Prof. Angelo Vescovi, autore di un controverso articolo sulle possibilità

terapeutiche delle cellule staminali adulte28. Il risultato è che tanto il fronte

laico quanto quello cattolico ottengono una investitura da parte del sapere scientifico e tale investitura viene diffusa e propagandata, prevalentemente, attraverso il mezzo televisivo. Al di là delle rilevanze statistiche rispetto alla posizione della comunità scientifica internazionale, il dibattito avviene

28

L’articolo, intitolato “Turning Brain into Blood: A Hematopoietic Fate adepte by Adult Neural Stem Cells in vivo”, pubblicato nel 1999 Science, fu criticato per due aspetti epistemologici: gli standard di evidenza scientifica necessari a poter diffondere la notizia che le cellule staminali adulte possono differenziarsi in cellule geneticamente differenti non erano sufficienti; il fenomeno su cui si basava tale teoria era stato osservato casualmente e, vista la sua invariante rarità, non poteva essere considerato fisiologicamente rilevante. v. G. Testa, Op. cit.

(35)

35

primariamente all’interno di salotti televisivi ove due esponenti, rispettivamente di posizioni differenti, si confrontavano sui temi peculiari dei quesiti referendari. Questa rappresentazione 1 a 1 fa sì che le due posizioni, sebbene non equivalenti a livello internazionale, nel dibattito nazionale appaiano come assolutamente paritarie. Tutto ciò rende possibile di evitare il confronto proprio sul punto fondamentale, ovvero lo statuto ontologico dell’embrione. Mentre all’estero, riconoscendo una serie di peculiarità imprescindibili, ovvero che, come scrive Sampaolesi, “nessun ricercatore attualmente può discriminare in maniera esatta le potenzialità applicative delle due differenti popolazioni di cellule staminali, adulte ed

embrionali”29

e la ricerca sulle cellule staminali, tanto adulte quanto embrionali, è una risorsa inestimabile della biomedicina contemporanea, la discussione sulla possibilità di sperimentazione sulle hESCs è stata condotta, anche qui con durissimi scontri, sullo statuto ontologico dell’embrione, dibattito volto a comprendere anche quali limiti la società contemporanea si sentisse in dovere di porre alla ricerca e con quali diritti giuridici tutelare l’embrione, in Italia, considerando apparentemente superflua tale discussione, la domanda posta è stata, citando nuovamente l’articolo di Avvenire di cui sopra: “è ragionevole investire su un tipo di ricerca (quella sulle embrionali) che a fronte di complicazioni etiche gravissime rappresenta ancora una totale incognita per la medicina? O non

29

(36)

36

è forse più ragionevole – dati risorse e fondi per forza di cose limitati – privilegiare la ricerca con le staminali adulte, da cui finora provengono tutti i risultati che hanno acceso tante speranze?”.

Massarenti si è soffermato in un intero capitolo del suo libro, Staminalia.

Le cellule etiche e i nemici della ricerca, sull’argomento ontologico. Il

capitolo, intitolato “Allora, quando si comincia a vivere? (con tanti auguri di buona gastrulazione)”, percorre le tappe che, attraverso la posizione della filosofa inglese Mary Warnock, presidente del Committee of Inquiry on Human Fertilization and Embriology, quella del sacerdote cattolico della congregazione dei Salesiani, degli ontologi Barry Smith e Jacques Maritaine, hanno creato le condizioni perché ci si pronunciasse in un determinato modo riguardo alla questione del principio della vita umana: ovvero che si potesse parlare di tale inizio solo dal momento della gastrulazione. L’obiettivo di Massarenti è evidentemente quello di mettere in luce come, interrogandosi sul punto peculiare della questione e facendo salve determinate sfaccettature (non ultima, la fondamentale libertà di ricerca degli scienziati), pur affrontando il problema da diverse prospettive (la logica e la consistenza intrinseca di una domanda sulle origini della vita umana, il problema teleologico e l’enigma dell’animazione, la coincidenza tra essere umano e sostanza) la soluzione può essere inclusa in un sistema

(37)

37

coerente che, se non può evadere qualsiasi obiezione e dubbio, quanto meno gode di una notevole consistenza interna.

Non così, nel dibattito italiano in cui, spostare l’asse del problema dalla questione morale e ontologica alla questione dell’oggettività scientifica crea una serie di ambiguità difficilmente risolvibili: si tenta di evitare la domanda morale, che a ben vedere porrebbe meno problemi di quella

scientifica30, per cercare un confronto su un livello paritario, che si avvale

dei medesimi (o presunti tali) strumenti linguistici e non, dal quale emerga una e una sola risposta vera.

L’esito referendario, con la vittoria dell’astensionismo ed il non raggiungimento del quorum necessario per dare validità al referendum, comporta la sostanziale inalterabilità della Legge 40, con i conseguenti limiti alla ricerca sulle hESCs.

In questo quadro è da collocare l’ormai ventennale raccolta del SCO, l’implementazione dei centri di raccolta e di bancaggio dello stesso, la nascita di una serie di associazioni di volontariato volte alla diffusione capillare delle informazioni riguardanti l’importanza della donazione di SCO sia ai fini della ricerca sia per finalità terapeutiche.

30

Si consideri il fatto che la risposta data all’interrogativo morale, qualora coerente ad un determinato sistema e ben argomentata, può essere refutabile ma non confutabile; il pensiero scientifico procede in maniera del tutto differente laddove non si possono dare due risposte antitetiche, in forma e contenuto, alla stessa domanda.

(38)

38

Ho voluto tentare questa (spero riuscita) narrazione storica, scientifica,

politica31 per dimostrare che, come sempre, il punto di partenza di un

qualsiasi lavoro socio-antropologico e filosofico, non è una zona densa, prima della quale vi sia il vuoto, partorita ex abrupto dalla Storia, o dall’Uomo, o dalla Ragione: semmai è il prodotto multiplo, sempre sfumato, sfuggente, dai contorni smembrati, di una serie di contingenze, di incontri, l’esercizio costante di varie possibilità storiche, l’emersione di oggetti che prendono forma all’interno di strategie intessute tra poli mobili, mai fermi, mai gli stessi, quasi visibili, sempre intangibili.

31

Da intendersi, questo temine, nella sua più ampia e non conchiusa accezione, ovvero come la sfera in cui la comunità deve inscriversi in reti di significato, trasforma le stesse, si articola all’interno di relazioni di potere, produce delle verità.

(39)

39

CAP.II

Il dono: dall’Oceania all’Occidente contemporaneo.

È ora giunto il momento di addentrarsi nell’analisi delle principali categorie entro cui si è prodotta la letteratura filosofica e antropologica nella disamina delle pratiche di dono. Si tratta di capire quali universi morali siano in gioco, quali sistemi, se quelli dell’io o del noi, si producano e ri-producano, quale sia la funzione sociale cui la pratica di dono sovraintende, quali siano le relazioni tra i rapporti cooperativi e quelli competitivi, fino a che punto questa pratica generi linee di resistenza all’interno di sistemi competitivi, se produca pratiche di soggettivazione o venga prodotta da esse, quali siano i rapporti che intesse con i poteri religiosi e quelli giuridici. Si tratta dunque di scandagliare minuziosamente ciò che viene detto sul dono a partire dal Saggio sul dono di Marcel Mauss e che, ancora oggi in Occidente, desta così tanto interesse antropologico, tanto per le sue connessioni all’etica dominante (o presunta tale) quanto per le sue implicazioni politiche.

(40)

40

1. IL SISTEMA DELLE PRESTAZIONI TOTALI Il “Saggio sul dono” di Marcel Mauss

Parlare di dono significa non poter prescindere dall’opera Saggio sul dono del sociologo francese Marcel Mauss. Parlare di dono, ripartendo costantemente proprio dal saggio maussiano, significa calarsi nello spirito di una domanda sconcertante, ovvero cosa porti gli esseri umani a stabilire tra di essi delle relazioni di scambio non equivalente.

Lo scambio, nel sistema del dono, è chiaramente non equivalente, cosa che lo distingue, in maniera non discutibile, dal sistema di mercato: cosa significa, infatti, che lo scambio è non equivalente? Si parta da un esempio banale desunto dalla quotidianità di ciascuno: ogni giorno ci si deve confrontare con transazioni economiche a scambio equivalente, dove l’equivalenza, non più stabilita da merci, è stabilita per mezzo dal denaro come misura di valore. Il rapporto di equivalenza è unilaterale: nello scambio commerciale è il commerciante che stabilisce un costo-valore per la merce che decide di immettere nel sistema di scambio, basandosi su un criterio di massimizzazione del profitto e sulla regolamentazione che parte dall’analisi di curve di domanda e curve di offerta; l’eventuale compratore può, per mantenerci in una modellizzazione eccessivamente semplificata della transazione commerciale, scegliere se acquistare o meno, in base ad

(41)

41

un suo sistema di valorizzazione della merce. Nel momento in cui decida di acquistare la merce, stabilirà che l’equivalenza di scambio è equa; altrimenti, avrà stabilito che l’equivalenza è iniqua. A questo punto, nell’istante, avverrà la transazione commerciale in cui, alla corresponsione dell’equivalenza stabilita dal commerciante, il compratore otterrà merce e proprietà della stessa.

Al contrario, il dono è uno scambio non equivalente in quanto non è presente questa forma di immediatezza (non-mediatezza, ovvero assenza di termini di mediazione) della transazione: il rapporto non è legato

necessariamente ad un valore di equivalenza stabilito da uno dei due attori

ed eventualmente accettato dal secondo; diversamente, il sistema di dono

nasce da uno scambio libero32, in cui è il secondo attore che stabilisce

un’equivalenza la quale però non è mai assolutamente simmetrica e, spesso, è asimmetrica per eccesso. Dire dunque che il dono stabilisce una equivalenza asimmetrica (per eccesso o, raramente, per difetto) è come dire che il dono instaura un sistema di scambio non equivalente.

Rifarsi all’opera di Mauss implica innanzi tutto comprendere cosa significhi, per lo studioso francese, il concetto di prestazione sociale totale, termini in cui egli definisce la pratica di dono. Scrive Mauss: “[…] tutto, clan, matrimoni, iniziazioni, sedute di sciamanismo e del culto dei grandi

32 Si vedrà a breve come il valore di libertà nella pratica di dono debba essere considerato in modo

(42)

42

dei, dei totem o degli antenati collettivi o individuali del clan, tutto si mescola in un groviglio inestricabile di riti, di prestazioni giuridiche ed economiche, di determinazioni di ranghi politici nella società degli uomini, nella tribù, nelle confederazioni di tribù ed anche sul piano

internazionale”33. Parlare dunque di una prestazione sociale totale significa

parlare di una pratica che assorbe l’individuo in una dinamica sociale all’interno della quale si mescolino in modo non più chiaramente distinguibile la sfera economica, quella politica, quella religiosa, quella giuridica, quella morale. Parlare di prestazione totale significa immaginare olisticamente la realtà in cui il prodotto di un’analisi volta alla comprensione risulta insufficiente se non si opera successivamente una sintesi che dia ragione dell’insieme e non della somma delle “variabili” sociali ottenute smembrando il fatto. Non è questa unicamente una problematica di tipo cognitivo o, ancor meglio, figurativo: l’operazione di sintesi, uno sguardo onnicomprensivo sono necessari in quanto, laddove si percepisca l’esistenza di un fatto sociale totale, si noterà il collasso dei sistemi causali non reversibili; ogni aspetto della pratica implica ed è implicato da tutti gli altri, i confini si affievoliscono fino a dissolversi rendendo le capacità di astrazione, separazione, e definizione così care al pensiero occidentale, impotenti ad abbracciare un fenomeno che non può che sfuggire costantemente ad un occhio impreparato. Ogni sfera si

33

(43)

43

concatena all’altra senza soluzione di continuità, senza una qualche teleologia razionalista, senza che si possa tentare un approccio che faccia della divisione tra livello strutturale e livelli sovrastrutturali il principio irrinunciabile di una teoria esplicativa della realtà sociologica. Scrive Mauss: “Solo considerando il tutto nel suo insieme, ci è stato possibile cogliere l’essenziale, il movimento del tutto, l’aspetto vivente, l’istante fugace in cui la società, gli uomini acquistano coscienza di se stessi e della

loro situazione rispetto agli altri”.34

Le pratiche di dono principali cui Mauss fa riferimento sono il kula, pratica di dono studiata dall’antropologo inglese Bronsilaw Malinowski nell’arcipelago delle isole Trobriand, ed il potlach, altra pratica studiata dall’antropologo americano Franz Boas presso gli indiani Kwakiutl del continente nordamericano. Pur con le dovute differenze tra il kula, che risulta essere una pratica in cui dei gioielli di particolare importanza vengono scambiati all’interno di un sistema che mette in collegamento le varie isole dell’arcipelago, ed il potlach, pratica agonistica ed ostentativa in cui vengono distrutti i beni di maggior prestigio, leggendo il saggio maussiano si possono evincere, nella sua trattazione ricca di dati etnografici, gli elementi comuni alle varie pratiche di dono, tutte di tipo

agonistico, elementi che consentono di formulare una teoria generale sui

meccanismi del dono. Si possono schematicamente riportare come segue:

34

(44)

44

 Il dono-scambio non è vincolato ad una razionalità economicista in

cui la possibilità di scambio risulti legata ad un principio di equivalenza;

 Come già detto sopra, queste pratiche possono essere considerate

prestazioni sociali totali:

In quanto prestazioni sociali totali, e dunque fortemente intrise di

uno spirito cerimoniale, esse avvengono in una dimensione pubblica e sono demarcate, appunto, da pratiche rituali e cerimoniali;

 La pratica di dono avviene secondo un modello tripartito che prevede

tre momenti distinti: il dare, il ricevere ed il ricambiare.

Detto ciò, per ritornare alla domanda “perche si dona?”, Mauss interpreta la complessità di tali prestazioni come un sistema volto alla produzione di relazioni sociali. La creazione di queste relazioni sociali è garantita, secondo Mauss dalla commistione di due aspetti che influenzano tutto il senso della pratica: un certo grado di libertà iniziale che, pur rimanendo apparentemente inalterato nel corso di tutta la pratica di dono, viene a legarsi ad un alto grado di obbligatorietà. Tale commistione di libertà e obbligatorietà dipende dal fatto che la posta in gioco, in una pratica di dono, è altissima. Utilizzo il testo stesso di Mauss per chiarire questo

(45)

45

punto, visto che la sua analisi è impeccabile e non necessita di ulteriori interpretazioni:

“L’obbligo di dare è l’essenza del potlàc. Un capo deve dare dei potlàc per se stesso, per il figlio, per il genero e per la figlia, per i suoi morti. Egli perde la sua autorità […] se non prova di essere frequentato dagli spiriti e dalla fortuna, di essere posseduto da quest’ultima e di possederla. […] Nel Nord-ovest americano, infatti, perdere il prestigio, è proprio come perdere l’anima: ciò che viene veramente messo in gioco […] è la persona. […]

L’obbligo di ricevere non è meno forte. Non si ha il diritto di respingere un

dono, di rifiutare il potlàc. Agire in questo modo significa ammettere che si ha paura di dover ricambiare […]. Più che trarre beneficio da una cosa o da una festa, si accetta una sfida; e si è potuto accettarlo, perché si ha la certezza di poter ricambiare, di poter dimostrare che non si è inferiori. […]

L’obbligo di ricambiare è tutto il potlàc nella misura in cui non consiste in

una mera distruzione. […] L’obbligo di ricambiare degnamente è imperativo. Si perde la ‹‹faccia›› per sempre, se non si ricambia ciò che si è

ricevuto, o se non si distrugge un valore equivalente”35. Rileggendo questo

passo, si capisce perfettamente il concetto di prestazione sociale totale. Nella pratica del dono si fa confluire tutto ciò che appartiene al sociale, finanche l’autorità, il prestigio personale, il favore delle divinità.

35

(46)

46

Ma Mauss non si ferma qui. Egli è interessato a comprendere cos’è che rende ragione di questa paradossale commistione tra libertà di donare e obbligatorietà di donare. Ed in particolare, egli è interessato a comprendere cosa vi sia alla base del vincolo che “imponendo” il momento del

ricambiare crea antagonismo, reciprocità, legami. Al di fuori di dinamiche

contrattuali, cos’è che garantisce la possibilità, subdolamente obbligatoria, del controdono?

Mauss risponde facendo riferimento ad un’essenza spirituale desunta dal sistema religioso dei Maori della Nuova Zelanda: tale essenza è lo hau, lo spirito del dono, questo principio animistico che una volta distaccato dal luogo d’origine, brama ritornarvi, pena l’annientamento di chi ostacola questo ritorno. “[…] ecco l’idea fondamentale che sembra presiedere […]

alla circolazione obbligatoria delle ricchezze, dei tributi e dei doni”36

. La teoria maussiana sullo hau e lo spirito del dono è valsa al socioantropologo francese molte critiche, tra le quali spiccano quelle dell’allievo di Bronislaw Malinowski, Rymond Firth, e di Lèvi-Strauss. Come ricorda Aria nel suo saggio su la storia diacronica del paradigma del dono, Firth appuntò a Mauss tanto una rilettura inesatta dei dati etnografici in suo possesso quanto una prospettiva “eccessivamente religiosa”. Scrive Aria: “A suo avviso (di Firth, nota di chi scrive) il celebre concetto maori non è riferito allo spirito del donatore, ma a quello della cosa donata e Mauss

36

(47)

47

confonde costantemente i differenti tipi di hau – delle persone, della foresta, dei taonga – che i maori invece distinguono. È proprio questo “mescolare le persone con le cose e le cose con le persone” a indurlo ripetutamente in errore. A differenza di quanto sostiene Mauss, infatti, lo

hau non “si sforza” di tornare al luogo d’origine, né i maori per punire i

reati economici si affidano all’azione autonoma dello hau”37

.

Fu lo stesso Firth che tacciò la spiegazione maussiana di spiritualismo e animismo poiché l’inserimento del termine, all’interno di un discorso fondato su presupposti scientifici, non poteva né ammettere una deriva di tipo metafisico e religioso né sviare dai dovuti riferimenti etnografici. Di differente natura sono invece le critiche di Lévi-Strauss rivolte alle conclusioni sullo hau avanzate da Mauss. Per Lévi-Strauss, a livello epistemologico, l’operazione proposta da Mauss è non solo corretta ma anche arguta. Tenendo ben presente le problematiche che insorgono nell’applicare categorie occidentali a pratiche indigene, Mauss ha sagacemente mantenuto intatta una categoria indigena. Semmai, secondo Lévi-Strauss si può obiettare a Mauss una svista ingenua nel trascurare l’implicita sovrabbondanza di senso che sfugge costantemente all’attore sociale. L’errore non è tanto l’utilizzazione della categoria dello hau bensì il non essere andato al di là della stessa, di non essersi mossi su un piano

37 M. Aria, Dono, hau e reciprocità. Alcune riletture antropologiche di Marcel Mauss, in Culture del dono,

Riferimenti

Documenti correlati

I risultati hanno dimostrato che le colture cellulari da sangue di cordone ombelicale contengono cellule con diversa attività di GGT, e che tale enzima è presente anche

Banca di Roma Umberto I: il dato sulle unità esposte non è indicato poiché 675 unità sono in corso

All’internazionale World Marrow Donor Day del 19 settembre, che noi in Svizzera cele- briamo come Giornata della buona azione, ex pazienti hanno ringraziato in un video le circa

I dati raccolti nella prima fase dello studio, che hanno permesso di identificare l’accoppiamento ideale fra tipo cellulare e composizione delle matrici polimeriche, sono

Trapianto di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale. Il sangue placentare (placental

Le cellule stromali mesenchimali multipotenti, oggi meglio conosciute come cellule staminali mesenchimali (MSC) sono state isolate per la prima volta dal midollo osseo di ratti e

4- controllo sede di inserzione cordone ombelicale 5- cercare lobi placentari accessori (succenturiata)...  Tumore placentare benigno

L’assicurazione del paziente assume tutti i costi per il prelievo ambulatoriale delle cellule staminali del sangue periferiche o per il vostro ricovero in ospedale in caso