Continuando l’analisi del prototesto, il traduttore non può esimersi dal prendere in considerazione altri elementi: la continua presenza di rimandi ai vari protagonisti, il vasto utilizzo dei nomi propri nonché le invocazioni ai diversi personaggi. Invocare i nomi è del resto una modalità espressiva funzionale a estremizzare l’enfasi ed il dramma delle scene, di conseguenza è impensabile risolvere tale nodo traduttologico semplicemente sostituendo i nomi propri con dei pronomi personali.
Per favorire la comprensione dell’audience, una prima soluzione può essere trovata nell’impiego di nomi italiani che richiamino il significato del nome originale: questo metodo è lo stesso di cui si sono serviti alcuni traduttori quando hanno reso il titolo del libro di Oscar Wilde The Importance of Being Earnest con L’importanza di chiamarsi Franco; tale criterio, però, va applicato qualora vi sia una carica semantica insita nel nome d’origine e questo non è il nostro caso. Si potrebbe pensare ad una traduzione per assonanza, servendosi della quale il personaggio Obasi assumerebbe presumibilmente il nome di Ubaldo: ritengo, tuttavia, che tale scelta sia completamente errata ed inopportuna in quanto un elemento troppo vicino alla cultura del lettore modello stonerebbe e addirittura sarebbe fonte di ilarità se venisse posto
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all’interno di un’opera rappresentata con i costumi e le musiche tipicamente orientali. A mio avviso, il procedimento più corretto parrebbe la trascrizione, cioè la “trasmissione di suoni di una lingua straniera (solitamente nome proprio, denominazione geografica, termine scientifico) usando le lettere dell'alfabeto della cultura ricevente”.53 Ne consegue che i nomi dei personaggi, in riferimento alla lingua mongola, assumano tali trascrizioni: Obasi (渥巴锡), Sereng (舍愣), Nuranqoa (娜仁高娃) e Aypeley54 (艾培雷). Gli altri nomi propri quali Turgut, imperatore Qianlong e imperatore Kangxi possedevano già una dicitura italiana che è stata mantenuta.
Un altro elemento interessante che appare spesso nei testi cinesi è l’uso di apposizioni indicanti un grado di parentela (gege 哥哥 fratello, meimei 妹妹 sorella) vicino ad un nome proprio: esse rivelano la confidenza che intercorre tra i personaggi, ma non rispecchiano un reale legame familiare. Nell’opera in questione questo è stato un problema facilmente risolvibile in quanto, sebbene i protagonisti tra di loro abbiano legami puramente affettivi, essi appartengono ad una stessa tribù ed è noto che in tali circostanze sia normale reputarsi “fratelli”.
Ho approfittato di questi forti rapporti tra conterranei anche nella traduzione del dialogo tra Aypeley e Nuranqoa; in tale occasione l’uomo si rivolge alla ragazza con “haizi, haizi!” “孩子, 孩子!”, che ho reso con “figliola, figliola!”, appellativo presente nella LA in situazioni in cui ci sia un grande divario generazionale tra gli interlocutori. Per evitare ripetizioni o per rispettare le esigenze musicali, in alcuni versi ho preferito sostituire tali appellativi con i semplici aggettivi “cara” o “caro”, come avviene nel secondo atto, quando Obasi, rivolgendosi a Nuranqoa, dice:
娜仁高娃妹妹 你千万要小心 Nuranqoa, cara, presta attenzion 53
Bruno Osimo, http://courses.logos.it/IT/3_36.html
54 Aypeley non e' un nome mongolo ma tuvino, lingua turca siberiana. Un gruppo di tuvini (i cosiddetti Jungar Tuvini) vive
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I Toponimi
In alcuni testi La sconfinata prateria viene indicato anche come il “famoso ritorno ad Est della tribù dei Turgut”; essendo il viaggio la trama dell’opera, c’è da aspettarsi che durante la rappresentazione possano essere citati luoghi ben precisi, mete o punti di partenza. Nello specifico, i toponimi presenti all’interno dell’opera sono Tianshan 天山, Nuogai Caoyuan 诺 盖草原, Aoqin Shan 奥琴山 e Fuerjia He 伏尔加河.
Il primo luogo è la meta dei Turgut, la loro terra natale: esistendo già nella topografia italiana la trascrizione di tale catena montuosa, ho deciso di mantenere la suddetta trascrizione, Tian Shan; questa, tuttavia non è una località molto conosciuta al pubblico e dunque, al fine di raggiungere chiarezza espositiva, ho inserito tale denominazione all’interno del glossario, spiegandone il collocamento e l’importanza per il popolo Turgut. Nuogai Caoyuan, invece, non ha un equivalente preciso in nessuna lingua; esso indica il luogo dove solitamente risiedeva la popolazione Nogai, stirpe di cultura russa; proporre una parafrasi o una spiegazione dettagliata ogniqualvolta occorresse tale termine avrebbe reso il verso troppo lungo e quindi incompatibile con la melodia. Ho optato per una traduzione parziale, rendendo caoyuan con “steppa” e mantenendo il nome proprio dell’etnia che vi risiedeva; il risultato finale è dunque “steppa Nogai”, nominativo di facile memorizzazione per il pubblico, semplice dal punto di vista della pronuncia per agevolare una potenziale compagnia teatrale nella messinscena dell’opera, e favorevole anche dal punto di vista metrico, perché contiene lo stesso numero di sillabe presenti nel LP. .
Per quanto riguarda Aoqin Shan, è necessaria una riflessione ben più profonda: dopo una lunga ricerca sia su testi paralleli che all’interno del web, ho potuto riscontrare che tale termine è presente solo in quanto correlato con il prototesto; sembra proprio che il nominativo di tale monte sia stato formulato ad hoc per l’opera. Da alcune fonti storiche risulta, tuttavia, che il popolo dei Turgut, inseguito dai Cosacchi, abbia dovuto affrontare la catena montuosa degli Urali. Ciò mi fa presupporre che vi sia una correlazione tra il monte Aoqin e la catena degli Urali, o meglio, ogni informazione sulla storia della tribù mongola indica che le due località corrispondono. Al fine di rendere l’opera ancora più realistica e vicina alle conoscenze del pubblico, la mia scelta è stata orientata verso l’adozione del termine europeo: come nel caso della steppa Nogai, tale decisione sembra essere conveniente e comoda in quanto non scombina la sillabazione.
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