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2. Epilessia e disturbi psichiatrici

2.5 Psicosi

2.5.1 Aspetti clinici

2.5.1.4 Normalizzazione Forzata

Il concetto di normalizzazione forzata era già noto prima di essere introdotto da Landolt, cui va però il merito di avervi apportato un approccio scientifico ed introdotto le indagini tramite elettroencefalogramma.

Nella letteratura del 19esimo secolo (Schmitz, Trimble, 1992), un certo numero di autori aveva notato che il corso dell’epilessia poteva cambiare improvvisamente e le crisi potevano venir “sostituite” in qualche modo da un disturbo comportamentale. Si parlava allora di “epilessia trasformata” o “equivalenti epilettici”. Alcuni ricercatori tedeschi e francesi hanno scritto la maggior parte dei lavori su questo argomento, in special modo vengono citati Samt (1875; 1876), Fairet (1860; 1861a; 1861b) e Morel (1860).

L’idea secondo cui esisteva un’aumentata associazione fra epilessia e psicopatologia ha subìto un cambiamento all’inizio di questo secolo, periodo in cui molti autori hanno segnalato una bassa frequenza di crisi in pazienti affetti da schizofrenia e solo alcuni casi in cui epilessia e schizofrenia erano in comorbilità. Sulla scia di queste osservazioni, von Meduna (Von Meduna, 1985) ha formulato un’ipotesi secondo cui nell’epilessia vi era un’iperfunzione delle cellule gliali, mentre nella schizofrenia vi era un’ipofunzione. Von Meduna cercò le prove di un rapporto di antagonismo fra i due disturbi e venne in questo incoraggiato dalle osservazioni di Nyiro e Jablonsky (1930), che avevano notato una prognosi migliore nei pazienti schizofrenici affetti da epilessia. Da queste evidenze sono state poste le basi per lo sviluppo della terapia convulsiva di von Meduna (1985). La presentazione clinica della normalizzazione forzata è polimorfica. Nella serie descritta da Wolf (1984) la sintomatologia comprende stati di allucinazioni paranoidi ed ansia. Gli episodi psicotici solitamente si presentano senza compromissione di coscienza e possono venir terminati da una crisi epilettica. La normalizzazione forzata può avvenire sia nelle forme di epilessia generalizzata che focale, anche se negli ultimi anni è apparsa più frequente nel secondo caso,

specialmente a carico del lobo temporale. Purtroppo questo fenomeno, seppur affascinante, è spesso ignorato e/o frainteso.

Anche se l’obiettivo del trattamento è quello di rendere i pazienti liberi da crisi, vi sono chiaramente alcuni pazienti in cui il controllo delle crisi sembra provocare espressioni alternative di disfunzioni a carico del SNC, con preminenza per i disturbi del comportamento. Al momento stanno iniziando ad essere identificati alcuni gruppi di pazienti che possono essere più suscettibili a questo fenomeno. Generalmente si tratta di persone con epilessia cronica, più frequentemente, ma certamente non esclusivamente, epilessia focale del lobo limbico, con una certa predisposizione a sviluppare problemi comportamentali e trattate con farmaci con determinate azioni chimiche. Clinicamente lo sviluppo del disturbo del comportamento può essere annunziato da privazione di sonno ed essere precipitato da un cambiamento sociale (Tellenbach, 1965; Wolf, 1991). Ciò aiuta a riunire insieme gli aspetti psicologici e neurologici del fenomeno di Landolt in un’unità psicobiologica, come effettivamente Landolt, Janz e Tellenbach in primo luogo hanno suggerito (Krishnamoorthy, 1999).

Per quanto riguarda i meccanismi che causano la normalizzazione forzata, sembra che i cambiamenti del SNC che accompagnano lo sviluppo di kindling possano rappresentare un potenziale meccanismo in causa. Inoltre alcuni neurotrasmettitori chiave, associati non solo con l’epilessia e la psicosi ma anche con AEDs, quali glutammato, GABA e dopamina, possono essere collegati con questo processo.

2.5.2 Epidemiologia

La prevalenza di psicosi negli epilettici differisce secondo il campione esaminato. Nella popolazione epilettica generale i disturbi psicotici sono presenti in percentuali pari allo 0.6-7%. Questi valori possono aumentare al 19-27% in ambiti selezionati, per esempio, fra pazienti epilettici che si rivolgono a centri per la cura dell’epilessia (Devinsky & Vazquez, 1993). Nei paesi in via di sviluppo, il tasso delle forme di psicosi schizofrenica può raggiungere il 12-19% in soggetti con epilessia che afferiscono a cliniche neurologiche (Matuja, 1990; Gureje, 1991).

In uno studio prospettico su psicosi ed epilessia, bambini con TLE hanno dimostrato una probabilità del 10% di sviluppare psicosi inter-ictali durante un periodo di follow-up di 30 anni, specialmente quando le crisi sono continuate, attraverso l’adolescenza, in età matura, dato paragonato ad un’incidenza di psicosi nella popolazione generale di circa 0.8% (Lindsay et al., 1979). Ciò suggerisce una particolare vulnerabilità al disturbo durante l’adolescenza, vulnerabilità che può essere collegata con i notevoli cambiamenti dell’attività fisiologica nelle strutture sinaptiche dell’ippocampo e dell’amigdala (Taylor, 1972). Durante questo periodo, scariche del neurone ad alta frequenza, simili a quelle provocate dall’epilessia, si presentano normalmente in zone limitate dell’amigdala, dell’ippocampo, dell’ipotalamo e altri nuclei limbici, durante il rilascio endocrino pulsatile, l’estro, l’ovulazione e l’accoppiamento (Kawakami, Terasawa & Ibuki, 1970; Stevens, 1992). Se eccessive, queste “microconvulsioni” possono indurre la morte excitotossica delle cellule o, come nel kindling, possono provocare una riorganizzazione sinaptica, compresa un’espansione di siti leganti dopaminergici, in cui l’iperattività può scatenare sintomi psicotici (Stevens, 1992; Csernansky et al., 1988). Cluster di crisi intrattabili possono essere molto più nocivi se si presentano prima o durante adolescenza, quando alcuni sistemi, per esempio, la corteccia prefrontale, stanno raggiungendo la maturità funzionale (Umbricht et al., 1995).

Lavori epidemiologici hanno identificato episodi psicotici in circa 7-8% dei pazienti con epilessia (Trimble, 1991) e studi su psicosi croniche in pazienti con TLE farmaco-resistenti (principalmente prima di ricorrere all’intervento neurochirurgico) hanno rilevato tassi di prevalenza variabile da 0 a 16% (Taylor, 1975; Bruton, 1988). Gli studi di incidenza suggeriscono che il rischio di sviluppare psicosi possa essere da 6 a 12 volte maggiore in pazienti con epilessia che nella popolazione generale (McKenna et al., 1985; Stefansson et al., 1998; Torta & Keller, 1999).