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Nota introduttiva

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1983 (pagine 79-82)

E SPAZI A VERDE (4 a parte)

1.1. Nota introduttiva

Nello spettro dei problemi che si devono affrontare all'atto dell'istituzione di un parco naturale, alcuni assumono una rile-vanza particolare. Tra questi si segnalano i seguenti:

a) la definizione degli specifici obiettivi che l'ente promotore si propone di raggiungere istituendo quel dato parco;

b) la perimetrazione dell'area a «parco»; c) i criteri progettuali da adottare nell'or-ganizzazione, nell'assetto e nella attuazio-ne del «parco»;

d) la gestione del «parco», che è problema delicatissimo, riallacciantesi al punto c) precedente e da cui dipende in larga misu-ra la sorte dello stesso parco.

La questione degli insediamenti umani, considerati quale componente contestuale, o di margine, al territorio destinato a par-co, si pone come sottotema all'intorno di ognuno dei problemi enunciati.

Essa, infatti, coinvolge una tal vastità di interessi (patrimoniali, economici, sociali, politico-amministrativi), topograficamente definiti, da non potervi prescindere mai, a cominciare dal momento in cui viene resa manifesta l'intenzione di istituire il parco. Vediamone le ragioni.

Insediamenti e popolamento umani sono facce non disgiungibili del paesaggio antro-pizzato. Nelle epoche passate, ogniqualvol-ta l'uomo occupa un determinato spazio terrestre allo stato di natura o inselvatichi-to per lungo e protratinselvatichi-to abbandono, ne usa a proprio vantaggio per procurarsi in pri-mo luogo quanto occorre per la vita sua e del gruppo cui appartiene. Popolare un territorio è immettervi uomini che ne prendono possesso col fine, appunto, di usarne, di utilizzare le risorse di cui è dota-to, di svolgervi delle attività, tra le quali quella di abitarlo più o meno stabilmente.

Vinsediamento è l'atto che sostanzia dei

contenuti fisici il popolamento. L'uno e l'altro, pertanto, contribuiscono a determi-nare il paesaggio antropizzato.

Quando l'insediamento umano si estrinse-ca con strutture fisse e l'impiego di mate-riali durevoli, esso costituisce un segno in-cidente sulla figuralità del territorio, ma è

anche un investimento, in termini econo-mici ed energetici, trasmissibile nel tempo, e un elemento simbolico carico di signifi-catività culturale, in cui si riconoscono af-fetti e tradizioni familiari di coloro che quelle strutture utilizzano con un minimo di continuità.

Nei territori agricoli gli aspetti culturali-affettivi ricorrono con più frequenza che nelle aree urbane e sono così connaturati nel modo di vivere e di pensare della gente da rappresentare ancora — nonostante i profondi cambiamenti sociali del periodo recente — un valore tra i più emblematici e radicati dei comportamenti locali. Non a caso nella generalità dei territori a parco estesamente antropizzati si alzano più vigorose le contestazioni delle popola-zioni autoctone, che scorgono nell'istituto del parco un nemico temibile nei confronti del libero disporre dei propri beni immobi-liari e, in primis, del patrimonio edilizio di proprietà. Già insofferenti ad ogni legali-smo autoritario, per struttura mentale e in-nata diffidenza, che affondano le radici in plurisecolari disagi e soggezioni, quelle po-polazioni mal sopportano l'imposizione di vincoli, di complicate procedure, di cui non afferrano le ragioni, di divieti ancora meno capiti dei vincoli e delle procedure. Sul versante opposto stanno i protezionisti intransigenti, che ravvisano nelle aree e nei punti insediativi esistenti nel parco, o nelle sue adiacenze, altrettanti focolai di attiva-zione di fenomeni urbanizzativi a catena, capaci di causare lacerazioni, difficilmente sanabili, all'integrità dell'ambiente natura-le oggetto di tutela.

Questi opposti atteggiamenti si ritrovano puntualmente ogni volta che si promuove la formazione di un parco naturale. Anche se l'esistenza di insediamenti umani non è l'unico motivo che contribuisce a determi-narli1, è fuor di dubbio tra i motivi princi-pali, comunque presente nei paesi europei, e, su tutti, in Italia, più di altri intensa-mente e diffusaintensa-mente interessata in ogni sua parte da plurisecolari processi di an-tropizzazione.

Non stupisce, pertanto, che nei territori tuttora popolati le difficoltà all'istituzione di parchi siano tanto più grandi quanto più numerosi sono gli insediamenti e gli abi-tanti insediati. Così risulta, almeno, dall'a-nalisi delle esperienze italiane in materia di parchi nazionali. D'altro canto altre esperienze, soprattutto straniere, inducono

a ritenere che talune ostilità preconcette ri-scontrabili nelle popolazioni locali, posso-no essere fortemente attenuate assumendo un concetto di parco che centri la sua at-tenzione, oltre che sulla protezione del-l'ambiente naturale, sulla capacità di crea-re in situ le condizioni per una dignitosa esistenza degli uomini che di quell'ambien-te sono parquell'ambien-te sostanziale. Si tratta, cioè, di passare da un'idea di parco, concepito come momento di mera conservazione na-turalistica, riferita a territori marginali, scarsi di risorse materiali reali e potenziali ma altamente dotati di valori naturali e paesistici, alla cui protezione il parco è fi-nalizzato, ad un'idea di più vasta portata e complessità, che assuma la conservazione

come orientamento dello sviluppo2.

In tale accezione il parco naturale è, con-giuntamente, strumento di conservazione, occasione e veicolo di crescita economica e di promozione sociale delle comunità in esso comprese, luogo di attività plurime che utilizzano le risorse del territorio nel rispetto dei valori ambientali che sono alla base della sua istituzione.

Su questi principi si fonda la formazione dei parchi naturali in Gran Bretagna, Ger-mania Federale e Francia, dove i territori interessati presentano condizioni insediati-ve abbastanza simili a quelle che si rileva-no mediamente in buona parte del territo-rio italiano.

In Gran Bretagna la relazione che precede la legge quadro del 1949 sui parchi Nazio-nali («National Parks and Access to the Countryside Act»), prende atto dell'esi-stenza di insediamenti umani nelle aree dove s'intende istituire i parchi, e propone di assegnare ai relativi abitanti un ruolo importante nella conservazione dei beni da proteggere. Non solo, ma poiché le princi-pali attività nei territori a parco sono l'al-levamento e l'agricoltura e la loro bellezza paesaggistica è per lo più attribuibile pro-prio al lavoro dei pastori e dei contadini, si suggeriscono speciali provvidenze per pro-teggere ed aiutare in tutti i modi possibili l'opera da questi svolta, sempre che sia coerente con i caratteri peculiari del pae-saggio oggetto di tutela. Nella stessa dire-zione è la norma che attribuisce alle muni-cipalità, oltre che all'Autorità che sovrin-tende alla gestione dei singoli parchi, le scelte e le decisioni sulle attrezzature e sui servizi necessari al soddisfacimento dei bi-sogni espressi dagli utenti del parco3.

Fig. t - Le Alpi dall'alta valle Tinée: un paesaggio pre-valentemente naturale, di pascoli e rocce, ove la sal-tuarietà e rarità della presenza umana è coglibile nelle forme, nei colori, nei grandi silenzi dei luoghi tluglio

1976, intorno alle ore 16).

Fig. 2 - Il corso del Po dal ponte della SS 494 tra Va-lenza Po e Torre Beretti (aprile 1983, ore 15): area fit-tamente boscata, inframmezzata da paludi. Il fiume, ampio e rigurgitante d'acque, è l'elemento dominante del paesaggio: in orizzontalità piena, che la quinta dei boschi contribuisce ad evidenziare. Sul fondo il profilo delle colline preappenniniche del Tortonese.

Nella Germania Federale si inizia ad isti-tuire parchi naturali nel 1958, in base ad un programma presentato dal governo nel 19564. Essi hanno vari compiti: protezione «di vaste zone paesistiche, privilegiate, cir-coscritte e note per la loro particolare bel-lezza»; distensione dei cittadini; «azione di vera e propria politica sociale di rilevanza nazionale ed europea»; miglioramento del-l'economica locale5. I parchi naturali, si-tuati in aperta campagna e nelle foreste, comprendono territori prevalentemente boscosi, ma anche zone coltivate, a basso reddito e con spopolamento in atto, quindi villaggi ed insediamenti sparsi. L'istituzio-ne del parco non esclude che vi si possano esercitare attività sportive (invernali, sul-l'acqua), purché non comportino la costru-zione di impianti che rechino danni al-l'ambiente. In tutti i casi, poiché i parchi sorgono soprattutto in regioni ad agricoltu-ra piuttosto poveagricoltu-ra, essi debbono contri-buire ad elevare le condizioni economiche del settore, anche attraverso l'apporto turi-stico e la relativa ricettività, praticata a cura ed a profitto delle popolazioni locali negli antichi villaggi e in apposite strutture (camping, ostelli) predisposte nelle loro adiacenze.

Non dissimili dai precedenti i criteri ispi-ratori delle leggi francesi sui parchi nazio-nali e regionazio-nali, regolamentati (e pianifica-ti) in modo da conciliare le esigenze di svi-luppo delle comunità territorialmente

inte-ressate con quelle della tutela della natura e della ricreazione ed educazione dei citta-dini. I parchi naturali istituiti in Francia nei passati vent'anni interessano territori i più vari (di montagna, collina, pianura; co-stieri; zone umide; fasce fluviali; isole), un numero molto elevato di comuni6, spesso di ampiezza demografica piccolissima ed i cui territori sono caratterizzati da un pae-saggio accentuatamente agro-silvo-pasto-rale, con spunti di residuali ambienti natu-rali. Le preesistenze insediative, in forma di hameaux7, villaggi e piccoli borghi rura-li, cascine sparse, sono una costante — poco importa se dimensionalmente mode-sta — del paesaggio, e l'elemento su cui quasi sempre si appoggia il sistema orga-nizzativo del parco, sia che si trovino nella fascia protettiva esterna (o preparco), sia che abbiano una collocazione — come ra-ramente accade per i parchi nazionali e sempre per quelli regionali — all'interno di esso8.

Le tre accennate esperienze non si situano di certo nella linea delle correnti culturali di più rigorosa e rigida osservanza prote-zionistica9. Esse dimostrano, tuttavia, che un parco naturale può coesistere anche con esigenze differenti dalla esclusiva difesa della natura, pur senza tradire, con ciò, il principio della salvaguardia ambientale che è fondamento della sua istituzione. È vero che i risultati ottenuti non sono sempre ugualmente soddisfacenti e che

—-Fig. 3 - Le colline dell'entroterra adriatico tra Cattolica e Rimini, in una panoramica da San Marino. La vastità dell'antropizzazione appare dagli insediamenti umani che si distendono e punteggiano i colli ed il piano, dal disegno dei coltivi, dei filari alberati, della rete stradate: un disegno minuto che intesse senza soluzioni di conti-nuità ogni angolo del territorio.

ad esempio — in Francia il preparco è sta-to talora scambiasta-to per un'area di intenso sviluppo funzionale al parco, e come tale utilizzato e sfruttato per nuovi insediamen-ti di seconde residenze; ma è anche vero che, ad assestamento avvenuto dell'istituto «parco» e, soprattutto, in seguito all'entra-ta in vigore degli strumenti di pianificazio-ne urbanistica dell'area ad esso assoggetta-ta (comprensiva del preparco) , molte cose sono decisamente migliorate. Le comunità, prima piuttosto inclini a diffidare degli esi-ti ipoesi-tizzaesi-ti dagli organi promotori, hanno constatato che il parco poteva diventare la carta vincente della loro crisi: nel senso che ben maggiori, in quanto continui, era-no i benefici recati da una corretta integra-zione delle attività tradizionali con altre con queste compatibili, di quelli alimentati da un certo tipo di turismo residenziale, notoriamente improntato alla realizzazio-ne di operazioni immobiliari puramente speculative.

Insomma, superata l'iniziale fase di avvio, che vede di solito prevalere, da un lato le opinioni contrarie alla costituzione del parco e, dall'altro, la tendenza a privilegia-re le valenze fondiarie legate alle privilegia-rendite di posizione afferenti all'area protetta, e toc-cati con mano i vantaggi — diretti ed indi-retti — derivati dal tipo di politica di pro-mozione dello sviluppo innescata dall'isti-tuzione, si è proseguito nell'esperienza sen-za ulteriori intoppi di qualche gravità. Sembra, anzi, che un poco ovunque si deb-ba costatare, localmente, una presa di co-scienza per il parco, da principio impensa-bile, per quel tanto di positivo che esso rappresenta nel contesto dei singoli paesi. L'atteggiamento nei confronti del parco è così diventato, poco a poco, uno dei filoni dell'educazione permanente di chi quoti-dianamente lo vive e di chi lo frequenta, com'è nei voti e nelle attese dei pedagoghi e dei sociologi più attenti alle trasforma-zioni della società contemporanea. Questa nota ottimistica non esime dal ri-cordare che non da per tutto l'obbiettivo della conservazione nello sviluppo è stato raggiunto. È accaduto nelle aree montane più disagiate, già popolate e tornate e

la-sciate deserte nonostante il parco, perché vi erano totalmente assenti le condizioni oggettive per uno sviluppo integrato ma, più ancora, perché trattavasi di territori nei quali il grado di vivibilità, sotto il pro-filo sociale, era tanto basso da impedire qualsiasi permanenza umana che non fosse votata all'eroismo dell'isolamento da ogni altro consesso civile10.

Sono situazioni estreme, ma affatto infre-quenti, purtroppo, anche nel nostro paese.

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1983 (pagine 79-82)