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Capitolo I – La portualità e le scelte di politica dei trasporti per il rilancio della

1.6 Notazioni conclusive

Da quanto sin qui svolto e approfondito non resta che riconoscere lo scarso coraggio dimostrato dal nostro legislatore nell’intervenire nella materia che ci riguarda.

La riforma di cui alla legge n. 84/1994 - unica riforma organica intervenuta in questo

settore – come visto, è stata motivata dalla necessità di superare la censura comunitaria

della nota sentenza Siderugica Gabrielli c. Merci Convenzionali Porto di Genova (10

dicembre 1991, C-179/90), sostituendo ai vecchi enti portuali, qualificati come enti

pubblici economici, le attuali Autorità portuali, enti pubblici non economici a

ordinamento speciale.

La natura non economica delle odierne Autorità di Sistema Portuale è stata espressamente dichiarata all’art. 6, comma 5, L. n. 84, come modificata dal D.lgs. n.

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espresso di esercitare direttamente o attraverso la costituzione o la partecipazione in

società, la gestione delle operazioni portuali e di ogni altra attività strettamente

connessa.

Come la migliore dottrina marittimista ha evidenziato, alle Autorità portuali l’ordinamento ha affidato un ruolo nuovo e non iterativo di quelli propri di organi e

soggetti che assicurano tuttora legittimamente l’organizzazione dei porti.

Per legge ciascuna Autorità portuale deve rendere il conto, dopo un decennio, della

propria utilità ed efficacia: ciò esula evidentemente dalla tradizionale logica delle competenze e si spiega proprio con l’obiettivo connesso a questi nuovi soggetti di

trainare ed adattare continuamente l’azione portuale alle dinamiche ed alle mutevoli

esigenze del contesto mondiale dei trasporti marittimi. Per questo generale obiettivo l’Autorità portuale non è naturalmente libera ma funzionalmente autonoma (Greco

Murroni, 1996).

Lo sviluppo della logistica e il fenomeno della globalizzazione nel sistema dei trasporti rende ormai non più procrastinabile l’interrogativo sulla attuale efficienza ed

utilità pratica delle Autorità portuale per come congeniate dal legislatore del 1994, soprattutto nell’ottica, per quanto qui interessa, della promozione della logistica.

Le numerose criticità esposte in questo lavoro, in primis l’eccesso di burocrazia e la frammentazione dell’offerta portuale, impongono una revisione del modello di

gestione portuale.

Secondo certa dottrina marittimista dovrebbe essere accentuato il ruolo neutrale, trasparente ed indipendente di un’Autorità di controllo e regolamentazione, secondo il

modello delle Autorità Amministrative indipendenti. Secondo altri autori, invece, la soluzione è da ricercarsi nel riconoscimento all’Autorità portuale di una piena

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autonomia, non solo contabile e finanziaria, ma anche economico-imprenditoriale,

riaccentrando i poteri di amministrazione attiva in capo allo Stato.

In ogni caso, non deve sfuggire non solo la difficoltà di individuare nel porto un

mercato rilevante, per le ragioni già indicate in questo lavoro, ma anche la complessità

del settore per i molteplici interessi dai quali è attraversato unitamente alla

considerazione della sua dimensione territoriale.

Occorre anche non dimenticare nella elaborazione di una proposta di riforma del settore che traini ed adatti l’azione portuale alle dinamiche e mutevoli esigenze del

contesto mondiale ed europeo del trasporto marittimo l’esigenza di rendere compatibile l’uso collettivo di un bene (demanio marittimo), la cui proprietà è

riservata, con l’uso imprenditoriale.

Nel corpo di questo lavoro si è cercato di proporre come possibile ipotesi di riforma il

modello dei sistemi portuali avanzata dal Piano generale di trasporti del 1986 come

complesso economico-territoriale, costituente un modello organico integrato di trasporti marittimi, stradali, ferroviari, idroviari nell’ambito di un disegno produttivo

di insieme.

Chi scrive è consapevole che tale progetto non può essere riproposto sic et simpliciter nell’attuale contesto economico-istituzionale, dal momento che una rimodulazione

territoriale non può non passare da un accordo con gli enti locali interessati.

Ciò posto, si ritiene anche che costituisce una contraddizione intrinseca qualificare le

AdSP come enti pubblici non economici e, al tempo stesso, attribuire ad esse la

funzione di promozione della logistica, concretamente realizzabile solo attraverso

moduli privatistici. Sembra, quindi, che, nonostante la dichiarazione di intenti, il legislatore non sia riuscito nell’obiettivo di definire la natura e l’identità di tali

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Il richiamo al progetto del sistema portuale in questo lavoro è finalizzato proprio ad

evidenziare la opportunità che al problema della natura ancipite delle AdSP si possa

porre rimedio attraverso un definitivo sdoppiamento istituzionale, prevedendosi, nell’ambito di ciascun sistema portuale, un’amministrazione pura titolare di poteri di

amministrazione attiva e un soggetto pubblico (anche in veste privata) cui affidare il

compito di promuovere e realizzare sistemi logistici attraverso i più snelli ed efficienti

strumenti di diritto privato, stringendo alleanze anche al di fuori del perimetro

strettamente portuale con altri soggetti, pubblici e privati, al fine di attirare nuovi traffici e consolidare l’affidabilità del nostro sistema portuale e logistico.

La recente Autorità dei trasporti potrebbe, invece, operare quale coordinatore della “rete” delle Autorità portuali, adattando, su scala nazionale, il modello delle reti dei

regolatori europei, sul tipo di quello del settore energetico. Ed infatti, non vi è dubbio

che il recupero della competitività e la crescita del sistema portuale non possano che

giovarsi della cooperazione tra le Autorità portuali, della definizione di linee guida

inderogabili per la gestione dei servizi, di regole tecniche uniformi, della soluzione

univoca delle controversie; e, prima ancora, dell’opera di un soggetto che contribuisca

alla formazione della politica nazionale dei trasporti, svolgendo funzioni di raccordo

tra il Governo e le Autorità portuali44.

Ad ogni buon conto, la validità di una soluzione di riforma deve misurarsi al confronto

di tutti gli elementi di complessità del sistema e delle pressioni evolutive agenti sullo

stesso che possono sintetizzarsi nella domanda di un porto integrato nella catena

logistica.

44 F. VETRò, Le prospettive di riforma delle Autorità portuali, in M.R.SPASIANO (a cura di), Il

Sistema portuale italiano tra funzione pubblica, liberalizzazione ed esigenze di sviluppo, Ed. Scientifica, 2013, 189.

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