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L A NOZIONE DI COMPENSAZIONE

1.3 L O S CETTICISMO ESISTENZIALISTA

1.3.1 L A NOZIONE DI COMPENSAZIONE

Alla base dell’interesse di Marquard per questo concetto ci sono due fattori: le lezioni del suo maestro e le «difficoltà con la filosofia della storia».56

Nei suoi corsi sull’estetica tenuti nel 1948, Ritter aveva analizzato la relazione tra la reificazione del mondo moderno e la nascita dell’estetica. Quest’ultima rappresenta la sede in cui la soggettività, esclusa dalla ragione sperimentale, si sviluppa. È da questa analisi di Ritter sulla nascita dell’estetica che Marquard trae una prima ispirazione per la sua teoria della compensazione.

Contemporanea alla nascita dell’estetica è quella del senso storico, il quale, insieme al senso estetico, compensa il disincanto del mondo, che espresso in termini hegeliani equivale alla riduzione del bosco sacro a legname. Il concetto di compensazione si contrappone alla filosofia della storia: laddove quest’ultima è monomitica, quello è polimitico. Per chi come Marquard non crede né alla possibilità della Redenzione che viene da Dio, né alla Liberazione in direzione della quale la Storia procede, la teoria della compensazione offre un modello alternativo per comprendere l’evoluzione storica, e, paradossalmente, un modo di compensare le secche in cui il modello teleologico (che teologia e filosofia della storia hanno in comune) si arena.

Marquard quindi, profondamente convinto dell’attualità e della pregnanza filosofica del concetto di compensazione, tra il 1975 e il 1977 si dedica ad una prima analisi storico-concettuale di esso, i cui risultati, confluiti nell’articolo redatto per la voce «Compensazione» del dizionario filosofico curato da Ritter, sono stati

55 Anche le pubblicazioni più recenti confermano l’orientamento che abbiamo qui definito “scettico esistenzialista” e possono essere considerate a buon diritto delle variazioni stilistiche sui soliti temi (scetticismo, compensazione, finitudine), che hanno sicuramente il pregio di essere polimitiche, ma che corrono anche il rischio di essere monotone. Cfr. O.MARQUARD, Zukunft braucht Herkunft. Philosophische Essays, Reclam, Stuttgart 2003 (pubblicata in occasione del suo settantacinquesimo compleanno); O. MARQUARD, Individuum und

Gewaltenteilung. Philosophische Studien, Reclam, Stuttgart 2004 (raccolta di saggi scritti tra il 1984 e il 2003)

progressivamente integrati in una serie di saggi. Analizziamo qui di seguito il saggio confluito nella raccolta Estetica e Anestetica.57

Del concetto di compensazione sono stati fatti diversi usi: economico (risarcimento); giuridico (normativa relativa al risarcimento); filosofico (Leibniz); psicologico (Adler); antropologico (Plessner e Gehlen).

Nei dizionari filosofici, sotto la voce «compensazione» (ad eccezione naturalmente di quella scritta da Marquard per il dizionario curato da Ritter) non sono contemplati tutti gli usi sopra indicati e la paternità del concetto viene attribuita ad Adler, il quale ritiene che i «complessi di inferiorità» obblighino a compiere atti psichici «compensatori» che possono o riuscire o portare alla nevrosi. Marquard è stato il primo a mostrare che la genealogia psicologica del concetto è falsa.

Il primissimo uso del concetto lo si ritrova nel II secolo dopo Cristo nel diritto romano ed è quello economico-giuridico: «compensazione» indicava da un lato la remunerazione economica di un danno, e dall’altro la regolamentazione giuridica della remunerazione stessa. Quando Tertulliano scrive che Dio redime l’uomo dal peccato «tramite una compensazione: quella del suo sangue»,58 è evidente che il

concetto viene usato metaforicamente in rapporto al significato economico-giuridico: il peccato (il danno cui riparare) è remunerato dalla morte di Cristo in croce e la giustizia (la Redenzione) è assicurata da questa «compensazione».

Il ruolo di compensatore del peccato spetta sino alla Riforma soltanto a Dio e alla sua Grazia, e il significato di compensazione viene del tutto a coincidere con quello di Redenzione. Nel momento in cui però viene rivalutato il ruolo delle opere umane per la Salvezza e messa in discussione la capacità di Dio di compensare il male fisico e quello morale, sorgono calvinismo prima e teodicea dopo.

Secondo Leibniz, «l’autore della natura ha compensato i mali e i difetti tramite innumerevoli vantaggi».59 Con questa affermazione, il concetto di compensazione,

derivato dalla giurisprudenza e utilizzato dalla teologia, diventa per la prima volta rilevante in ambito filosofico. Ma se nella tradizione teologica esso coincideva con la

57 O.MARQUARD, Kompensation, in Aesthetica und Aenesthetica, cit., pp. 64-81, tr. it. cit, pp. 127-166. 58 Citato in O.MARQUARD, Kompensation, in Aesthetica und Aenesthetica, cit., p. 72, trad. it. cit., p. 138.

59 W.LEIBNIZ, Essais de Théodicée (1710) citato in O.MARQUARD, Kompensation, in Aesthetica und Anaesthetica. cit., p. 71, trad. it. cit., p. 137.

Redenzione ed aveva la funzione di affrancare gli uomini dal peccato, nella teodicea esso ha la funzione di discolpare Dio.

Non appena – ecco il destino della teodicea – si rafforzò l’impressione che i mali vengano troppo poco compensati da Dio, la teodicea «ottimistica» finì con l’impigliarsi in contraddizioni. Perciò là dove sembra venire meno la funzione di compensazione di Dio, la filosofia va alla ricerca di un surrogato compensativo. […] Allora, a pareggiare i mali e le mancanze, compensando le perdite all’interno del suo dominio, non è più l’economia provvidenziale di Dio, bensì l’economia della natura.60

Ma poiché l’unico modo in cui la natura riesce a compensare i mali è, per dirlo con una battuta, quello di allungare una gamba quando ne ha creato una troppo corta, i filosofi progressisti della storia preferirono non fidarsi di essa, ma riporre tutte le speranze nell’uomo, il solo che può affrontare i mali. Egli li eliminerà attraverso la rivoluzione. Quando, a loro volta anche i concetti della filosofia della storia non reggono più, la nozione di compensazione fa il suo ritorno: poiché una compensazione globale (l’instaurazione del regno delle libertà attraverso la rivoluzione del proletariato) non è né possibile, né – dopo lo stalinismo sovietico – auspicabile, i processi storici non potranno più essere intesi come le tappe successive di una Storia che si realizza, ma come «integrazioni senza intero». È in seguito alla crisi della filosofia della storia che la compensazione diventa una categoria centrale. Riassumendo:

Compensazione – ecco in sintesi la mia tesi – è una categoria fondata nella teologia, cresciuta nella teodicea e per questo trasmigrata nella filosofia della storia e qui confinata entro precisi limiti; proprio per questo essa è allora predestinata a diventare, dal punto di vista di una tarda filosofia della storia o addirittura all’indomani della filosofia della storia, ciò che io ho affermato al suo riguardo: una categoria essenziale per la comprensione di una forma di svolgimento dei processi storici moderni. Dapprima chi compensava era Dio, poi fu la natura, alla fine è l’uomo stesso in quanto responsabile di un’unica storia dell’emancipazione. Tuttavia, è soltanto là dove quest’unica storia dell’emancipazione diventa problematica e per questo ritornano in onore le storie, e in luogo dell’unico processo giudicante, i molti processi giudicati, che la categoria di compensazione – che nei suoi precedenti impieghi tradizionali aveva malgrado tutto soltanto un significato marginale – si offre all’attenzione di coloro che creano o 60 Ibidem.

studiano gli svolgimenti, voluti o tollerati, della storia moderna.61

Quando l’antropologia fa del concetto di compensazione una delle sue categorie chiave, essa lo intende non come «rivalsa» o «sanzione», ma come «indennizzo» o «risarcimento»: il filosofo della storia è colui che si sforza di compensare il male morale (la mancanza della libertà) con delle punizioni per coloro che ritiene essere corresponsabili di essa, l’antropologo invece, consapevole dell’esistenza del male fisico e di quello metafisico (l’esistenza del dolore e l’«essere per la morte»), sa che ogni tentativo di rivalsa è destinato al fallimento e anziché lottare contro di essi, cerca di lenire la ferita metafisica e il dolore fisico con degli indennizzi, compensazioni declinate positivamente.

Secondo Plessner, è vero che l’uomo è – malum – eccentrico, ma compensa ciò – bonum attraverso malum – attraverso tecnica, espressività e trascendenza; e secondo Gehlen è vero che l’uomo è – malum – un essere mancante, ma compensa ciò – bonum attraverso malum – attraverso l’elaborazione della cultura esonerante delle istituzioni.62

Dei diversi usi della nozione di compensazione, quello antropologico è sicuramente quello più vicino alla recente «filosofia dell’invece che» elaborata da Marquard.