P REMESSA : DA B ÖHME A S EEL
2.4 P RASSI A RTISTICA E P RASSI E STETICA
La posizione di Seel nasce dall’esigenza di mediare tra un modello chiuso di Estetico (quello proposto da Karl Heinz Bohrer) ed uno aperto (quello di Welsch e Böhme). Seel fa notare come entrambi i modelli, nonostante le differenze, riconoscano all’Estetico una qualità sovversiva, senza però chiarire come questa possa essere concettualmente esplicitata. Il modello ‘purista’ di Bohrer (quello per cui l’estetico ha a che fare solo ed esclusivamente con l’arte) non è plausibile per Seel perché, a suo avviso, genererebbe un impoverimento della nostra prassi abituale, per la quale invece gli elementi estetici giocano un ruolo importante. Il modello ‘aperto’ di Welsch e Böhme, invece (quello per cui l’estetico non ha a che fare solo con l’arte, ma con tutto ciò che riguarda l’aisthesis in generale) secondo Seel, non riesce a salvaguardare lo specifico artistico, rischiando così o di metterlo in ombra – nella migliore delle ipotesi – o di obliarlo del tutto.
I due fronti della contesa sono dunque tanto chiari quanto parziali: laddove Bohrer non vede nient’altro che arte, Welsch e Böhme trascurano la specificità
dell’arte. Per superare queste due forme di unilateralità Seel propone di considerare la «prassi estetica» come una parte della «prassi umana in generale» e la «prassi artistica», a sua volta, come una parte della «prassi estetica in generale». Così come l’estetica è una parte dell’etica,54 la filosofia dell’arte è solo una parte dell’estetica. La «prassi estetica
in generale»
è quella parte della prassi umana che presenta due caratteristiche: quella di una sensibilità riferita a se stessa [einer selbstbezüglichen Sinnlichkeit] e quella di una temporalità orientata all’esecuzione [einer vollzugsorientierten Zeitlichkeit].55
La prassi estetica è dunque ciò che ha a che fare con la percezione sensibile momentanea di un qualcosa, un oggetto o un evento, indipendentemente da questo qualcosa, e l’unica forma di temporalità che la riguarda è quella interna a se stessa, ossia quella relativa alla momentaneità e simultaneità del processo di percezione.
All’interno della «prassi estetica in generale» Seel distingue tre forme particolari di prassi estetica: quella della corrispondenza, quella della contemplazione e quella dell’immaginazione. Tra queste, solo la terza, può essere considerata propriamente artistica, in quanto è l’unica che permette di dare una definizione completa di opera d’arte.
Le prime due prassi estetiche si contrappongono l’una all’altra. La prima pone l’accento sul modo in cui si formano, per mezzo dei sensi, delle corrispondenze tra il percepire e l’oggetto percepito; la seconda invece, prendendo le distanze dai sensi (è in questo senso che Seel intende la contemplazione), pone l’accento sul modo in cui si forma il significato. La prassi dell’immaginazione, dal canto suo, media tra la prassi della corrispondenza e quella della contemplazione. L’immaginazione è quella prassi che non ha la pretesa di dire quale sia il significato ed il fine ultimo della percezione, ma si limita soltanto a rivelare i diversi modi in cui, attraverso i sensi, si può vedere. L’immaginazione è cioè quella prassi per cui ci allontaniamo dalla prassi della corrispondenza senza perderci in quella della contemplazione.
Ora, poiché l’opera d’arte è un segno (mondano) percepibile con i sensi che rimanda ad un significato (trascendente) che non può essere percepito, la prassi estetica dell’immaginazione è, tra le tre prassi estetiche distinte, quella che può essere
54 Cfr. sopra, nota 10.
considerata come la prassi estetica propria dell’arte. Un’opera d’arte infatti non è soltanto un mero oggetto che sta nel mondo, come gli altri oggetti cui si rivolge la prassi estetica della corrispondenza, né soltanto qualcosa che rimanda a qualcosa che sta al di là di esso, come gli oggetti cui si rivolge la prassi estetica della contemplazione, ma è tutte e due le cose, o meglio, in una formula semplificata: una presentazione [Darbietung] di differenti modi di vedere il mondo [Sichtweisen der Welt].56
L’estetica deve dunque essere considerata come la teoria della «prassi estetica in generale», e poiché la «prassi artistica» rientra tra le «prassi estetiche», una parte dell’estetica dovrà essere necessariamente «teoria dell’arte». La «teoria dell’arte» che l’estetica comprende si differenzia dalle «teorie dell’arte» che altre discipline forniscono:
L’estetica filosofica cerca di dire cosa possono le opere d’arte, mentre la critica d’arte stabilisce quali opere possano essere considerate d’arte.57
Il compito dell’estetica filosofica contemporanea consiste secondo Seel in definitiva nella descrizione delle possibilità dell’arte. Tutta la costruzione concettuale che si dipana lungo le pagine delle sue opere tende all’unico obiettivo di difendere l’esperienza artistica. Attraverso le distinzioni compiute all’interno del concetto di
Apparire, Seel cerca infatti di fornire una definizione delle opere d’arte più esaustiva di
quella che altri sistemi teorici offrono. Da Duchamp in poi, prevale nelle teorie dell’arte – in particolare in quella di Artur Danto, l’obiettivo polemico dichiarato di Seel – un orientamento concettualista che tende a minimizzare il valore della materialità e della sensibilità delle opere d’arte. Secondo Seel invece «la sensualità e l’intellettualità delle opere d’arte sono una cosa sola»58. L’opera d’arte infatti è
sicuramente un oggetto che rimanda continuamente ad un «altro Apparire» ma esso rimane pur sempre un «ciò-che-appare». Anche nei casi in cui le opere d’arte si allontanano completamente dalla materialità e dal visibile, rimangano pur sempre oggetti dell’Apparire, configurazioni di apparenze che rimandano ad un contenuto 56 Per ulteriori approffondimenti sull’uso della nozione di Darbietung si rimanda a M. SEEL, Ästhetik des
Erscheinens, cit., pp. 179-186, e, per la nozione di Sichtweisen der Welt, a M.SEEL, Zur Ästhetischen Praxis der Kunst,
cit., pp. 408-411.
57 M.SEEL, Ästhetik des Erscheinens, cit., p. 180. Per ulteriori approffondimenti sui rapporti tra estetica e critica, si rimanda al terzo capitolo di M.SEEL, Die Kunst der Entzweiung. Zum Begriff der ästhetischen Rationalität, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1985, pp. 180-277.
spirituale. Come ha insegnato Hegel, l’opera d’arte è un’apparenza che significa qualcosa, l’incarnazione sensibile dell’idea, e come ha ripetuto Heidegger, essa è l’insieme di Terra e Mondo, un territorio di confine in cui al tempo stesso si dischiude una Terra vergine e si riflette un Mondo culturale. Ancora una volta, Seel si riallaccia quindi alla tradizione estetologica moderna, per ribadire che non è necessaria l’introduzione di una Nuova Estetica, sia essa l’Anestetica o l’Aisthetik, per difendere il valore e la posizione che questa disciplina all’interno delle discipline filosofiche da sempre ha.