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P REMESSA : DA W ELSCH A B ÖHME

1.3 O BIETTIVI DELLA N UOVA E STETICA

1.3.2 C RITICA ESTETICA

La critica rappresenta da sempre uno dei compiti più importanti dell’estetica. La Nuova Estetica però a differenza dell’estetica tradizionale non circoscrive il suo ruolo critico solo all’ambito artistico, ma lo estende anche alle scienze naturali e all’economia. Alla Nuova Estetica non interessa tanto offrire le basi teoriche ai critici d’arte affinché essi possano condurre i loro lavori e i loro affari. Quello che per la Nuova Estetica è fondamentale, è piuttosto contribuire all’educazione estetica in generale, che come tale non può essere ridotta alla mera capacità di esprimere un giudizio estetico, ma ha a che fare con la capacità di utilizzare la propria sensibilità con competenza non solo in rapporto all’arte, ma anche, e soprattutto, in rapporto alla natura e alla società tardocapitalista in cui viviamo.

L’estetica ecologica della natura proposta da Böhme alla fine degli anni Ottanta ha avuto lo scopo di mettere in luce che la scienza non è l’unica via di conoscenza della natura, ma che anche l’estetica ci permette di conoscere la natura offrendocene un’immagine vitalistica, ossia considerandola come un essente vivente e corporeo, che la scienza trascura a vantaggio di una considerazione matematica e fisica di essa.38

Il vero potenziale critico dell’estetica della natura, secondo Böhme, non consiste tanto nel fatto di offrire la natura incontaminata come un paradigma cui orientarsi nelle scelte di tipo politico che riguardano la tutela di essa, quanto piuttosto nel mostrare quali sono i limiti del modo scientifico di considerare la natura.39

Per quanto riguarda la sfera socio-politica, il potenziale critico dell’estetica non può più limitarsi solo a denunciare l’estetizzazione della realtà come un male.

L’estetica deve piuttosto fare i conti con il fatto che in tempi mediatici alla politica appartengono la messa in scena, la creazione di atmosfere e la generazione di un coinvolgimento affettivo nelle masse.40

37 Cfr. Seconda Parte, § 2.1.

38Cfr. G.BÖHME, Für eine ökologische Naturästhetik, cit. 39 Cfr. Seconda Parte, § 2.1.

Alla Nuova Estetica spetta dunque, secondo il punto di vista di Böhme, l’arduo compito di offrire quelle conoscenze necessarie per

criticare i metodi con cui ciò avviene e sottrarre i singoli alla manipolazione dei loro sentimenti per restituirgli la libertà.41

La libertà cui fa riferimento Böhme non è la libertà dai bisogni in generale, ma la libertà dai bisogni indotti dallo sviluppo tardocapitalistico, ovvero quella specie peculiare di bisogni che vanno sotto l’etichetta di Begehrnisse (bramosie) e che si contraddistinguono per il fatto di essere di per sé inappagabili e di generare esponenzialmente bisogni ulteriori.

Infine il potenziale critico della Nuova Estetica si rivolge anche all’arte. Al cospetto degli sviluppi contemporanei dell’arte, le categorie di «buona riuscita» e di autenticità non possono che essere obsolete. Anche il criterio individuato da Habermas per distinguere l’arte da ciò che arte non è, quello dell’«adeguatezza di espressione» [Angemessenheit des Ausdrucks], corre lo stesso rischio.42 Come ha

sostenuto Thierry de Duve, la domanda fondamentale che la critica d’arte si pone non è più quella kantiana “che cosa è bello?” quanto piuttosto quella sollevata da Duchamp, “che cosa è arte?” Qualsiasi risposta a queste domande presenterebbe comunque le stesse caratteristiche formali del giudizio di gusto kantiano, ossia sarebbero declamazioni contenenti una pretesa di universalità destinata a non essere mai soddisfatta. L’arte dunque non è un oggetto che si contraddistingue per determinate caratteristiche formali che fanno di esso un’opera d’arte, ma sarebbe per de Duve soltanto l’oggetto di una declamazione.43 Tuttavia, come fa notare Böhme,

non basta una declamazione a far vendere un oggetto come un’opera d’arte, ma è necessario che tale declamazione venga accettata dal sistema complesso che ruota intorno all’arte e che si compone di gallerie, mercanti e musei.

41 Ibidem.

42 J.HABERMAS, Theorie des kommunikativen Handelns, Suhrkamp, Frankfurt 1982², vol. 1, p. 41; trad. it Teoria

dell’agire comunicativo, Il Mulino, Bologna 1986, p. 76. Traduzione mia. Paola Rinaudo che ha tradotto il volume di

Habermas per il Mulino traduce Angemessenheit des Ausdrucks con «adeguatezza dello standard di valore». 43 T. DE DUVE, Kant nach Duchamp, Boer Verlag, München 1993, pp. 295-298.

Thierry de Duve, nato nel 1944 in Belgio, insegna da più di dieci anni Estetica e Semiologia a Bruxelles. Dal 1982 è inoltre titolare della cattedra di Storia dell’arte moderna e contemporanea e Estetica dell’università di Ottawa e dirige il Collège international de philosophie. Kant nach Duchamp è l’edizione tedesca di due saggi francesi riscritti per questa occasione e che erano stati originariamente pubblicati con i titoli Au nom de l'art e Résonance du

Quindi se da un lato è bene sottolineare che qualsiasi confronto con l’arte debba necessariamente rimane aperto e non possa mai considerarsi concluso una volta per tutte, è possibile dall’altro lato individuare, sebbene in via provvisoria e altamente generica, alcuni criteri che consentano di criticare un’opera d’arte, ossia di riconoscerla come tale. Böhme ne individua due e li definisce Anschlussfähigkeit (capacità di relazione) e Erscheinungswirchlichkeit (realtà effettuale dell’apparenza): un’opera d’arte per essere tale deve poter essere riferibile ad una tradizione riconoscibile, anche quando il riferimento alla tradizione abbia solo valore negativo e polemico, e deve produrre un’atmosfera, ossia deve lasciar apparire una realtà e tematizzare il modo in cui tale realtà potenziale si rapporta alla realtà effettuale.