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La nuova situazione

Nel documento Asilo Politico in Israele (pagine 47-53)

CAPITOLO II: La situazione attuale

2.1 Storia dal 2006 ad oggi

2.1.1 La nuova situazione

La professoressa Judith Shuval1 nel suo articolo Migration to Israel: the Mythology of

“Uniqueness”2 sostiene che già a partire dagli anni Ottanta e Novanta in Israele abbia avuto inizio

un processo di occidentalizzazione che ha portato il Paese ad assumere un atteggiamento più aperto nei confronti non solo di rifugiati e richiedenti asilo, ma anche di lavoratori stranieri, immigrati per ricongiungimento familiare e immigrati della diaspora, avvicinandolo dunque a più di uno Stato occidentale e, al contempo, sfatando il mito di “unicità” che spesso accompagna Israele 1 La professoressa Judith Shuval è docente di sociologia presso la School of Public Health and Community Medicine

dell'Università Ebraica di Gerusalemme; i suoi studi sono rivolti in particolare ai temi di immigrazione e salute pubblica.

2 Shuval, J., T., Migration to Israel: The Mythology of “Uniqueness”, International Migration Vol. 36 (1), 1998.

in proposito all'immigrazione3. Così da rendere possibile ad Israele di essere considerato non solo

una patria etnica per gli ebrei, bensì anche un Paese modellato sui principi tipici delle democrazie occidentali4.

La professoressa Shuval spiega come, negli anni Novanta, i maggiori fattori di spinta delle migrazioni siano stati l'inuguaglianza globale, la crisi dei rifugiati in diverse parti del mondo, l'impiego di forza lavoro straniera a basso costo e la liberalizzazione di uscita dai paesi dell'Europa orientale5.

Nel saggio citato, inoltre, l'autrice riprende la tesi proposta da Della Pergola nel suo The global

context of migration from the former Soviet Union to Israel6, a proposito del fatto che “le

condizioni economiche in Israele sono ciò che stimola o scoraggia immigrazione ed emigrazione – piuttosto che le ideologie”7.

In effetti, per indagare al meglio la questione dell'asilo politico al giorno d'oggi, è opportuno inserire il fenomeno all'interno di un più ampio processo legato all'immigrazione, in particolare a quella di carattere economico. Sia a ragione del fatto che, come ci ricordano diversi studiosi8, e

come puntualizzato in precedenza anche nel presente lavoro, i richiedenti asilo in Israele sono sempre stati soggetti alla legislazione riferita più in generale agli immigrati non ebrei; sia perché, ad un'analisi più approfondita, possiamo constatare come effettivamente non siano pochi quei richiedenti asilo che, spinti da ragioni economiche, giungono in Israele nella speranza di trovare un lavoro o, ad ogni modo, di vedere migliorate le proprie condizioni di vita.

3 ibidem, p.5

4 Afeef, K. F., A promised land for refugees? Asylum and migration in Israel, New issues in Refugee Research, Research

Paper n.183, Ginevra: UNHCR, 2009. http://www.unhcr.org/4b2213a59.html (accesso 13/02/2014), p.4

5 Shuval, cit. nota 2, p. 6

6 Della Pergola, S., The global context of migration from the former Soviet Union to Israel, in Leshem, E. e Shuval, J. T.

(Eds), Immigration to Israel: Sociological Perspectives, Transaction Publishers, New Brunswick, 1998

7 Shuval, cit. nota 2, p.17

8 Fra di loro, citiamo: Afeef, K. F., cit. nota 4; Kritzman-Amir, T., “Otherness” as the Underlying Principle in Israel‘s Asylum Regime, 2010. http://works.bepress.com/tally_kritzman_amir/3. (accesso 20/03/2014); Paz, Y., Ordered Disorder: African Asylum Seekers in Israel and discursive challenges to an emerging refugee regime, New issues in

Refugee Research, Research Paper n. 205, Ginevra: UNHCR, 2011. http://www.unhcr.org/4d7a26ba9.html (accesso 13/02/2014)

A questo proposito, a mio avviso si rivela interessante la lettura del Research Paper a cura di Karin Fathimath Afeef, A promised land for refugees? Asylum and migration in Israel9. La studiosa

sottolinea come sia necessario premettere all'analisi del sistema di asilo politico in Israele una contestualizzazione volta a descrivere il regime migratorio in generale; sia poiché esso influenza le politiche di asilo israeliane, sia poiché gli arrivi di richiedenti asilo degli ultimi anni non possono essere compresi se presi in esame autonomamente, dal momento che sono parte di un processo migratorio più ampio; nel caso israeliano, spiega, “asylum migration” e “labour migration” sono strettamente correlate.

Abbiamo già descritto in che modo sia possibile delineare due differenti approcci all'immigrazione in Israele, opposti fra loro e dipendenti dall'ideologia etnocentrica su cui è fondato il Paese. Chiaramente, così come tutti gli immigrati non ebrei sono lasciati ai margini della società israeliana, non hanno la possibilità di accedere alla cittadinanza e non godono a pieno dei diritti fondamentali, quando non vedono addirittura ostacolato in ogni modo il loro tentativo di entrare nel Paese, anche i richiedenti asilo, in quanto componente del gruppo di immigrati non ebrei, sono destinati a subire lo stesso trattamento.

A prescindere da tale aspetto, inoltre, va precisato come in ogni caso non sia sempre facile distinguere fra richiedente asilo e lavoratore immigrato: può capitare che un soggetto decida di usufruire della possibilità di presentare domanda d'asilo – e che per di più riceva poi una qualche forma di protezione - dopo essere entrato in Israele come lavoratore immigrato ed avervi trascorso del tempo come tale; effettivamente, esistono fra i lavoratori che immigrano in Israele degli individui con i requisiti necessari ad ottenere la protezione internazionale.

Fra di loro, tuttavia, pochi si sono avvalsi di questo loro diritto fino al 2002; il che, scrive la Afeef, può essere spiegato in due modi: innanzitutto, nel corso degli anni Novanta il sistema di asilo israeliano non era né ben definito né molto pubblicizzato; in secondo luogo, le autorità in questo periodo mantenevano per lo più un atteggiamento piuttosto tollerante nei confronti dei lavoratori immigrati e senza documenti. Entrambi i fattori hanno contribuito a scoraggiare i potenziali richiedenti asilo, giunti in Israele come lavoratori immigrati, a presentare domanda per ricevere protezione internazionale. Sebbene dal 2002, a causa dell'attuazione di campagne di deportazione e allo sviluppo di un sistema di asilo interno al Paese, si è registrato un decisivo incremento nelle domande di asilo, persiste ancora su larga scala il fenomeno che vede richiedenti asilo presentare 9 Afeef, K. F., 2010, cit. nota 4

domanda solamente dopo aver trascorso un periodo di tempo in Israele con un permesso di soggiorno per lavoro10.

Accertata dunque la necessità di prendere in considerazione l'immigrazione a carattere economico in Israele, proviamo ora ad analizzarne brevemente i tratti caratteristici e, in particolare, a capire come essa abbia avuto una spinta considerevole negli anni più recenti.

Effettivamente, già agli inizi degli anni Novanta si ha avuto un aumento nel numero di immigrati non ebrei accolti in Israele provenienti da diversi Paesi del mondo, principalmente motivato da ragioni economiche e politiche. Come spiega Adriana Kemp, infatti, l'immigrazione per lavoro in Israele si colloca al centro di una serie di trasformazioni che hanno toccato il Paese negli ultimi anni: cambiamenti all'interno del sistema socio-economico e del conflitto geo-politico, che hanno portato Israele a trasformarsi in uno Stato e in una società di immigrazione11.

Lo studioso Yonathan Paz individua in particolare tre diversi processi, che si sviluppano proprio a partire dagli anni Novanta, che concorrono ad incrementare il fenomeno dell'immigrazione verso Israele:

– l'arrivo di oltre un milione di ebrei e non ebrei provenienti dall'ex Unione Sovietica, spinti principalmente da ragioni economiche;

– la crescente affluenza di immigrati africani;

– l'apertura da parte del governo israeliano ai lavoratori stranieri immigrati, in sostituzione ai lavoratori palestinesi progressivamente respinti12.

A questo proposito, infatti, già a partire dalla Prima Intifada, nel 1987, si è registrato un calo nell'afflusso di lavoratori palestinesi in Israele; ciò è diventato più esplicito nel 1993, con la conclusione dei lavori al muro di separazione fra Israele e i Territori Palestinesi, con il quale è venuto a mancare quasi completamente l'importante rifornimento di forza lavoro a basso costo garantita dai lavoratori palestinesi, a cui, attraverso il divieto di entrare in Israele, è stata negata anche la possibilità di continuare a far parte del suo mercato del lavoro13. In aggiunta a ciò, lo Stato

10 ibidem, pp.4-5

11 Kemp, A., lezione tenuta presso l'Università Ca' Foscari di Venezia in data 20/03/2014 12 Paz, Y., 2011, cit. nota 8, p. 11

israeliano è stato soggetto in quel medesimo periodo ad una forte crescita economica, tale da renderlo meta appetibile per molti immigrati alla ricerca di condizioni di vita migliori14.

Cosicché il numero di lavoratori immigrati presenti in Israele ha continuato a crescere di anno in anno, fino a far giungere quest'ultimo, nel 2000, al quinto posto per percentuale di lavoratori immigrati sul totale della forza lavoro del Paese; la tabella 1 che segue, infatti, illustra come, a partire dall'inizio degli anni Novanta, tale cifra sia sempre stata in aumento, se si considerano i lavoratori immigrati non palestinesi, fino ad arrivare nel 2000 a toccare l'8,7%15.

Israele si è trovato così progressivamente coinvolto in una serie di processi economici e politici legati alla globalizzazione del mercato del lavoro, fra i quali – come abbiamo visto - rientra anche un'apertura all'immigrazione, regionale e globale, dei richiedenti asilo16.

14 Afeef, K. F., 2010, cit. nota 4, p. 5 15 Kemp, A., cit. nota 11

16 Afeef, K. F., 2010, cit. nota 4, p. 5

Lavoratori immigrati Palestinesi 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 0 2 4 6 8 10 12 14 0,89 1,24 1,39 1,59 3,13 4,65 7,09 6,82 7,49 8,34 8,68 6,67 5,74 6,46 4,49 3,28 3,1 2,65 3,35 3,6 3,73 3,25 Tabella 1: percentuale di lavoratori immigrati e palestinesi nella forza lavoro in Israele, 1990-2000

A questo punto, mi pare giusto puntualizzare come l'incremento degli arrivi di richiedenti asilo in Israele registrato negli ultimi anni non possa evidentemente essere attribuito in maniera esclusiva alle ragioni economiche, geopolitiche e sociali appena descritte. Vi è tutta una serie di altre motivazioni, legate alla peculiarità dei singoli casi, dovuta alla situazione personale dei soggetti e al contesto da cui provengono che influenzano in modo significativo la loro partenza dal proprio Paese di origine. Ritengo, tuttavia, che sia ugualmente utile tenerne conto, in attesa di esaminare in maniera più approfondita nelle pagine seguenti le cause specifiche da cui profughi e richiedenti asilo sono spinti a lasciare i luoghi in cui vivono.

Proviamo adesso ad entrare nel concreto di quanto spiegato finora, analizzando alcuni dati riferiti al numero effettivo di richiedenti asilo e rifugiati presenti oggi in Israele, così da rendere evidente la linea di demarcazione stabilita nell'anno 2006 volta ad indicare un netto cambio quantitativo della loro presenza nello Stato.

Sono molti gli studiosi che prendono come riferimento tale data. Fra loro, compaiono Yonathan Paz, Adriana Kemp, Karin Fathimath Afeef; Tally Kritzman-Amir, invece, anticipa di un anno il fenomeno, constatando come già nel 2005 sia iniziato l'arrivo di massa di richiedenti asilo, principalmente dal confine egiziano17, mentre Haim Yacobi lo colloca al principio del 2007.

Nell'estate di quell'anno, scrive Haim Yacobi, riportando una telefonata con Eithan Schwartz, portavoce della Israeli Coalition for Darfur and Sudan Refugees in Israel, gli ingressi di richiedenti asilo in Israele arrivarono ad essere fra i cinquanta e i cento al giorno18.

Ad oggi, vivono in Israele 64.540 richiedenti asilo, un numero decisamente considerevole, soprattutto se guardato alla luce di questo stesso indicatore negli anni precedenti. In proposito, la tabella 2 rende evidente la crescita esponenziale di tale cifra, che dal 2006 al 2014 è aumentata di sessanta volte.

17 Kritzman-Amir, 2010, cit. nota 8, p. 603

18 Yacobi, H., African Refugees' Influx in Israel from a socio-political perspective, Carim Research Reports 2009/04,

Robert Schuman Centre for Advanced Studies, European University Institute, Firenze.

Tabella 2: numero richiedenti asilo in Israele dal 2006 al 2014 Anno di ingresso Fino a fine 2006 2007 2008 2009 Fino a maggio 2010 2011 Totale fino al 2014 Numero di richiedenti asilo 1,070 5,005 8,698 4,827 5,291 17,000 64,540

Notevole è anche l'aumento registrato negli ultimi anni nella presentazione di domande di asilo: da poche centinaia all'inizio degli anni Duemila, oltrepassano le novemila unità nel 2009 (tabella 3):

Tabella 3: numero domande di asilo in Israele, 2002-200919

Nel documento Asilo Politico in Israele (pagine 47-53)