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Il “nuovo” diritto di comunicazione al pubblico e di messa a disposizione.

L’INFLUENZA DELLA RIVOLUZIONE DIGITALE SUL DIRITTO D’AUTORE.

2.6. Il “nuovo” diritto di comunicazione al pubblico e di messa a disposizione.

La forma abituale di sfruttamento economico dell’opera, ovvero la pubblicazione, è stata superata da altre forme di utilizzazione che attualmente rivestono rilevanza sociale ed economica maggiori, come la comunicazione dell’opera al pubblico.

Il diritto di comunicazione al pubblico dell’opera è da sempre facoltà riconosciuta per legge all’interno del novero dei diritti patrimoniali dell’autore (L. 633/1941) ed ha subito un mutamento sostanziale in seguito al processo di adeguamento che ha avuto inizio con l’affermarsi dell’era digitale. Quest’ultimo ha messo in luce la differenza tra quella che era la c.d. push technology70 e la più attuale pull technology71, dove la prima sta

ad indicare la trasmissione di contenuti da parte di una fonte trasmittente agli utenti, che ne ricevono passivamente il contenuto nel momento in cui la fonte trasmittente stessa lo inoltra; mentre, la seconda, tipica del mondo di Internet, è caratterizzata dal fatto che la fonte si limita a mettere a

69 Shultz M. F., Reconciling social norms and copyright law: stretegies for

persuading people to pay for recorded music, in Journal of Intellectual Property Law, vol.17, n.1, 2009, p. 61.

70 Il termine inglese “push” dà l’idea di qualcosa che viene “spinto” verso

qualcuno.

71 Il termine inglese “pull” dà, al contrario, l’idea di qualcuno che “tiri” verso di

disposizione i contenuti agli utenti, ponendoli in uno spazio da loro liberamente accessibile nel momento e nel luogo da loro prescelti. Quindi, nonostante il testo originario autorizzasse già atti di comunicazione dell’opera ad un pubblico distante, poiché esso già era concepito per disciplinare le trasmissioni attraverso le tecnologie radio-televisive, questa evoluzione del concetto di comunicazione al pubblico si è tuttavia resa necessaria per poter includere al suo interno anche la “messa a disposizione del pubblico”72, comprendendo qualsiasi trasmissione (anche quella

su richiesta, c.d. on-demand) di opere protette dal diritto d’autore e di altri materiali protetti dai diritti connessi.

Il processo di riforma, di cui sopra, avvenuto con la Direttiva 2001/29/CE (d’ora in poi Direttiva Infosoc), ha dunque ridisciplinato il diritto di comunicazione al pubblico al suo articolo 3, il quale garantisce ad autori, artisti, produttori, e organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico delle opere protette, “compresa la messa a disposizione del pubblico delle opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso nel luogo e nel momento scelti individualmente”.

Prima di proseguire con l’individuazione delle attività che possono essere ricomprese nel “nuovo” concetto di comunicazione al pubblico, occorre precisare cosa si intenda per “pubblico” e, più specificatamente, se, per farlo, si debba ricorrere al criterio presente all’art. 15 L.d.A.73 che discrimina tra

pubblico e privato. Al riguardo, vi sono due scuole di pensiero,

72 Bottero N., Le nuove prerogative d’autore nell’era di Internet, in riv.

Giurisprudenza Italiana, Utet, Milano, Agosto/Settembre 2011, p. 1957.

73 L’art. 15 L.d.A. 2° comma esenta le attività di esecuzione, recitazione e

rappresentazione dall’esclusiva, se realizzate nell’ambito della “cerchia ordinaria della famiglia, del convitto, della scuola o dell’istituto di ricovero,

l’una che propende per una visione del concetto di comunicazione al pubblico in senso generale, mentre l’altra che tende a distinguere tra la comunicazione effettuata ad un pubblico presente (esecuzione, recitazione e rappresentazione) c.d. diretta, rispetto a quella ad un pubblico distante c.d. indiretta. Non mancano anche posizioni intermedie come quella assunta da Marco Ricolfi74, il quale, sulla base di quanto stabilito

dal Considerando 23 della Direttiva Infosoc, ovvero che l’art. 3 della direttiva stessa non concerne tutte le modalità di sfruttamento immateriale dell’opera, ma solo quelle che si manifestano ad un pubblico posto a distanza, (non sono quindi incluse quelle davanti ad un pubblico presente: rappresentazione, esecuzione e recitazione), afferma che addirittura non abbia senso parlare di comunicazione al pubblico per poi distinguerla in diretta e indiretta, poiché il legislatore europeo tratta solo della comunicazione al pubblico a distanza, quindi di quella indiretta.

Al contrario, Alessandro Cogo75 elenca quelle che sono a

suo parere le ragioni per poter escludere una lettura restrittiva del concetto di “comunicazione al pubblico”. Egli ritiene che le argomentazioni76 apportate dalla Corte di Giustizia dell’UE per

negare che tale diritto abbia portata generale non siano convincenti. Cogo sostiene che sia indiscutibile che il legislatore

74 Ricolfi M., Comunicazione al pubblico e distribuzione, in riv. Annali italiani

del diritto d'autore, della cultura e dello spettacolo (AIDA), Giuffrè, Milano, 2002, p. 58 e ss.

75 Cogo A., L’armonizzazione comunitaria del diritto patrimoniale d’autore, in

riv. Annali italiani del diritto d'autore, della cultura e dello spettacolo (AIDA), Giuffrè, Milano, 2016, p. 418 e ss.

76 La prima argomentazione apportata dalla Corte di Giustizia è che il

Considerando 23 esclude le esecuzioni dirette; mentre la seconda è che i Considerando 2 e 5 fanno dedurre che la Direttiva Infosoc non riguardi le forme tradizionali di comunicazione come la rappresentazione o l’esecuzione diretta di un’opera.

abbia voluto risolvere i problemi legati alla messa a disposizione delle opere online, ma ciò non significa che l’intervento armonizzatore fosse rivolto solo a questo. Oltre a ciò, bisogna tener presente il carattere non vincolante dei Considerando e il carattere tormentato dei lavori preparatori della direttiva, che fanno sorgere dubbi circa le reali intenzioni del legislatore storico. E ancora, sottolinea Cogo, che il Considerando 23 non sembra voler escludere le c.d. comunicazioni al pubblico dirette, piuttosto includere tutte le forme di trasmissione o di ritrasmissione dell’opera. Questa ipotetica limitazione non trova riscontro in nessuna norma della direttiva.

“Non mi pare infatti che si possa dedurre dal Considerando 23 la limitazione del concetto di “comunicazione al pubblico” alle sole utilizzazioni che implichino un elemento di distanza senza contraddire l’indicazione espressa dal Parlamento europeo (peraltro in modo non univoco) di escludere dal campo di armonizzazione le sole comunicazioni al pubblico “dirette”. E’ infatti agevole rilevare che la distinzione tra comunicazioni dirette ed indirette non attiene all’esistenza di un elemento di distanza ma al mezzo utilizzato per rendere l’opera fruibile al pubblico, che nel caso delle comunicazioni dirette è l’attività di artisti interpreti od esecutori e nel caso di quelle indirette è invece costituita da un apparecchio capace di “leggere” un supporto o di ricevere un’emissione radio o radiotelevisiva e di tradurli in suoni ed immagini percepibili dall’uomo”77.

In conclusione, sembra da accogliere la posizione di Cogo per l’ulteriore ragione che l’art. 1 stesso della Direttiva Infosoc afferma che essa “riguarda la tutela giuridica del diritto d’autore

e dei diritti connessi nell’ambito del mercato interno, con particolare riferimento alla società dell’informazione”, lasciando intendere che abbia voluto riferirsi in special modo ma non esclusivamente alle problematiche caratterizzanti la società dell’informazione.

CAPITOLO III