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6 «IN VITA MIXTA SEQUITARANNO CHRISTO» LE PRIME COSTITUZIONI CAPPUCCINE (1536-1537)

7. COME UN NUOVO SAULO LA CONVERSIONE CAPPUCCINA DI GIOVANN

DA FANO E LA RISCRITTURA DEL

D

IALOGO DE LA SALUTE (1536)

a) Un controversista all’avanguardia. L’Incendio de zizanie lutherane (1532)

Giovanni da Fano era uno dei riformati marchigiani che nel dicembre 1533 avevano scritto al procuratore di corte dei frati minori osservanti, Onorio Caiani, chiedendo l’immediata revoca della sospensione della bolla In suprema e l’istituzione – o il ripristino nelle province dove la riforma era già stata avviata – dei conventi riservati ai quei «poverelli boni frati li quali desiderano far la volontà de Dio, e observar la Regola promessa quanto è possibile secondo la mente e intenzione del nostro padre san Francesco»1. Da ministro provinciale delle Marche, nella seconda metà degli anni ’20 il Pili si era battuto con vigore per contrastare i tentativi secessionisti dei primi cappuccini e di quei gruppi che intendevano staccarsi dalla grande famiglia dell’Osservanza ritenendo che al suo interno, a causa della miriade di privilegi che avevano allargato il vivere regolare, fosse ormai impossibile osservare serenamente la regola ad litteram, senza glosse e secondo il senso spirituale indicato da Francesco nel Testamento.

Per convincere i confratelli più agitati della necessità che i frati zelanti e onesti restassero nei conventi dell’Osservanza per promuoverne la riforma dall’interno, aveva composto e pubblicato ad Ancona nel 1527 il Dialogo de la salute, in cui si era scagliato con una certa virulenza contro coloro che pensavano di «far riforme, massime per via di separazione, parendoli che non bisognasse, praesertim quella delli cappuccini, persuadendosi etiam che non fusse cosa durabile per lo esempio di molte altre ch’hanno fatto il simile»2. Nonostante le forti opposizioni dei vertici dell’osservanza e di una parte della curia romana, invece, tra la fine degli anni ’20 e la prima parte del decennio seguente la riforma dei cappuccini era cresciuta e aveva iniziato ad espandersi in tutta la penisola. La riforma interna all’Osservanza, di cui lo stesso Giovanni da Fano era diventato uno dei promotori nel 1533 al fianco di Eusebio d’Ancona, Francesco da Iesi e Bernardino d’Asti, era al contrario stata soffocata sul nascere dalle resistenze interne e dall’ingovernabilità sostanziale di un ordine ipertrofico nella struttura e pesantemente condizionato dallo stretto legame instaurato con i centri del potere politico, tanto a livello centrale quanto nelle singole province. Di questo stato di cose, Giovanni da Fano come molti altri riformati e futuri cappuccini si rese conto in prima persona proprio tra la fine del 1533 e i primi mesi del 1534, quando divenne chiaro che le istanze espresse dagli zelanti nella citata lettera al Caiani non avrebbero trovato accoglienza nel breve

1 La lettera di Giovanni da Fano a Onorio Caiani del 17 dicembre 1533 è ora in FC II, pp. 77-80.

2 Così lo stesso Giovanni da Fano nella seconda versione del Dialogo de la salute, scritta tra il 1534 e il 1536.

termine e sarebbero diventate oggetto di discussione soltanto nel capitolo generale da celebrarsi nel 1535.

Dalla delusione di non veder riconosciute le proprie aspirazioni a un francescanesimo più autentico e fedele all’ideale pauperistico ed evangelico delle origini, scattò la molla che spinse Giovanni da Fano a entrare nei cappuccini insieme al compagno Eusebio d’Ancona3, diventando accanto a Bernardino d’Asti e a Ochino uno dei protagonisti della metamorfosi culturale che, come si è visto, avrebbe portato nel 1535-1536 all’espulsione di Ludovico da Fossombrone, alla redazione delle prime costituzioni e a una nuova importante fase di espansione dell’ordine in tutta Italia. Proprio negli anni di maggiore coinvolgimento nella questione della riforma dell’Osservanza, quando dopo aver terminato l’incarico di ministro provinciale era potuto tornare a dedicarsi a tempo pieno alla predicazione apostolica, Giovanni da Fano aveva instaurato una certa forma di collaborazione con Giampiero Carafa e con gli ambienti dei frati zelanti orbitanti intorno al famoso convento veneziano di San Francesco della Vigna4. Al vescovo teatino, nel corso del 1532 l’esperto predicatore marchigiano si era rivolto per il tramite del confratello Bonaventura de Centi per ottenere l’imprimatur di un volume in cui aveva raccolto i testi dei sermoni pronunciati nelle sue predicazioni, richieste ormai anche fuori d’Italia5. A tal fine, il Pili era giunto a ottenere addirittura l’invio di un breve pontificio, privo di data ma spedito probabilmente nel febbraio 15326, in cui al Carafa veniva richiesto di far esaminare le prediche del Pili e di concedere, «si eas canonicas et ab Ecclesia probatas, editionemque dignas repereris», l’autorizzazione alla stampa. In una lettera di poco successiva, Giovanni da Fano aveva assicurato al suo autorevole referente di aver ricontrollato personalmente l’opera due volte «de verbum

3 S

ARACENO, MHOMC I, p. 291. Secondo Bernardino da Colpetrazzo, Giovanni da Fano sarebbe stato ricevuto nell’ordine cappuccino a Roma, nel convento di Sant’Eufemia, da Ludovico di Fossombrone. COLPETRAZZO,MHOMC II, p. 163. Mario da Mercato Saraceno così narra questo episodio: «Vestito che fu, innanzi al p. fra Lodovico inginocchiato in presenza di tutti i frati in publico refettorio, piangendo, con la corda al collo, disse la colpa sua; primieramente dell’offesa che egli havea fatta a Dio et a san Francesco, e poi a lui, cioè all’istesso fra Lodovico, et anco a tutta la congregatione, havendola perseguitata così acerbamente; aggiungendo però che per ignoranza come era vero) egli avea operato; dicendo che’l suo era stato zelo, ma zelo stolto e senza scienza, e che di tutto quello che contra lui e la congregatione havea fatto n’era grandemente pentito e ne diceva a Dio et a tutti i frati la colpa sua e ne domandava il perdone e la penitenza, promettendo che, essendo egli stato Saulo, voleva per l’avvenire in favore et aiuto della Religione esser veramente Paolo, non dandosi a sparagno alcuno. E bene il mostrò con gli effetti, perciochè esso padre fu quello che primieramente pigliò i luoghi in Lombardia». SARACENO, MHOMC I, pp. 292-293.

4 Cfr. A. F

OSCARI –M.TAFURI, L’armonia e i conflitti. La chiesa di San Francesco della Vigna nella

Venezia del ’500, Torino, Einaudi, 1983.

5 Cfr. B.R

ODE, Documenti francescani di Ragusa, in «Miscellanea Francescana», XV, 1914, pp. 79-83, 111-114, 177-180; XVI, 1915, pp. 44-52, 149-152.

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ASV, Minute di brevi di Clemente VII, Arm. XL, vol. 41, n. 85, an. 9. Edito in ALENÇON, De primordiis, cit., pp. 120-121, insieme a una lettera del Pili al Carafa, anch’essa senza data ma riferibile al medesimo periodo. Di questa lettera si è ricontrollato l’originale, conservato in BAV, Barb. Lat. 5697, c. 175r, senza trarne ulteriori informazioni sulla datazione.

ad verbum». Inoltre, il manoscritto era stato esaminato per commissione del generale Pisotti anche da «un nostro frate dottissimo, che ha studiato in Parisi», il quale aveva impiegato un anno nella revisione. Anche i due più colti e influenti minori veneti, il teologo cabalista Francesco Zorzi e l’ex provinciale Girolamo Malipiero autore nel 1533 di una Expositione de la Regula di frati menori molto apprezzata tra i frati riformati7, avevano letto l’opera, trovando «le cose securissime». Nonostante le garanzie fornite dal Pili, non si ha notizia di un’edizione a stampa delle sue prediche.

Nel settembre dello stesso 1532, tuttavia, usciva a Bologna dai torchi di Giovan Battista Faelli un altro scritto composto da Giovanni da Fano: si tratta della nota, ma poco studiata Opera utilissima vulgare contra le pernitiosissime heresie lutherane per li simplici8, che spicca nel panorama delle pubblicazioni controversistiche del primo Cinquecento per essere il primo trattatello di questo genere composto in lingua volgare italiana e non in latino9. Destinata a una modesta fortuna presso i cappuccini10, dal punto di vista contenutistico l’opera si presenta priva di originalità, rivelandosi poco più di una compilazione degli scritti sulla materia di alcuni dei principali controversisti del

7 B

ARTOLOMEO DELLA BRENDOLA, DETTO IL BRENDOLINO, Expositione de la Regula di frati menori, Venetia, s.e., 1533.

8

L’opera, dedicata al ministro generale dei minori Paolo Pisotti (cc. iv-iir), è preceduta da due lettere, una indirizzata ad Agostino Zanetti, vicario a Bologna del cardinale Lorenzo Campeggi (cc. iirv), l’altra a Leandro Alberti, domenicano e inquisitore di Bologna (iiir). Seguono poi alla c. iiiv due brevi componimenti in versi: il primo è un Erasticon dedicato al Pili da fra Francesco da Gandino, il secondo un poemetto «contra Martin Luthero» composto da fra Giovan Antonio Maiavacca da Busseto. Il titolo completo, come si evince dalla c. 1r, è Opera utilissima volgare chiamata incendio de zizanie lutherane,

cioè contra la pernitiosissima heresia di Martin Luthero. Sono stati consultati gli esemplari conservati

presso ROMA,AGC e VENEZIA,BIBLIOTECA DI SAN FRANCESCO DELLA VIGNA, di cui si riproduce il frontespizio alla Tavola n. 3.

9 Gli unici contributi specifici sono quelli di S

EBASTIANO DA POTENZA PICENA, L’Opera apologetica

“Incendio de Zizanie Lutherane” di Fra Giovanni da Fano (1459 [1569] -1539), in «L’Italia

Francescana», XXXVI, 1961, pp. 188-196, 426-431 e G. L. BETTI, Alcune considerazioni riguardo

all’“Incendio de zizanie lutherane” di Giovanni da Fano pubblicato a Bologna nel 1532, in

«Archiginnasio», LXXXII, 1987, pp. 235-243. Più penetrante però è la sintesi di S.CAVAZZA, «Luthero

fidelissimo inimico de messer Jesu Christo». La polemica contro Lutero nella letteratura religiosa in volgare della prima metà del Cinquecento, in Lutero in Italia, cit., pp. 65-94, spec. pp. 69-73. Cenni

anche in CANTINI, I francescani d’Italia, cit., ad nomen; G. CARAVALE, L’orazione proibita. Censura

ecclesiastica e letteratura devozionale nella prima età moderna, Firenze, Olschki, 2003, pp. 113-114;

IDEM, Sulle tracce dell’eresia, cit., pp. 106-107.

10 Mario da Mercato Saraceno e i frati della sua generazione erano a conoscenza di questa pubblicazione di Giovanni da Fano: «Compose anco un picciolo compendio con gran fondamento, dove mostrò, ragionando, a quel che è tenuto il frate per osservare la santa povertade. Compose parimente (ma questo fu di poi) un libro contra Luterani». SARACENO, MHOMC I, p. 294. Nei decenni seguenti, tuttavia, le

Zizanie lutherane diventarono difficilmente reperibili, al punto che nel 1622 il biografo del Pili, Dionisio

da Montefalco, nella Vita aggiunta alla ristampa dell’Arte d’unirsi con Dio, dovette limitarsi a questo appunto: «Truovo, che egli compose anche un libro contra gli eretici, il qual piacesse al Signore, che mi capitasse alle mani». DIONISIO DA MONTEFALCO, La vita del r. p. f. Giovanni da Fano, in GIOVANNI DA

FANO, L’arte d’unirsi con Dio del r. p. f. Giovanni da Fano predicator capuccino. Ridotta in miglior

forma, accresciuta, e in quattro parti divisa, cioè nella via purgativa, nell’illuminativa, nell’unitiva, e negli esercizi da f. Dionisio da Montefalco del medesimo ordine. Con la Vita dell’autore in fine, dove con occasione, si accenna l’origine della Religione de’ PP. Capuccini, in Roma, per Andrea Fei, ad istanzia

periodo, in particolare Johannes Eck, John Fisher e Ambrogio Catarino11. Sotto questo aspetto, l’apporto di Giovanni da Fano alla difesa dell’autorità della Chiesa di Roma dagli attacchi luterani risulta assai meno significativo di quello di un altro importante predicatore francescano del tempo, fra Tommaso Illirico da Osimo, confratello del Pili nella provincia osservante delle Marche12, il cui ruolo nella formazione intellettuale e

11 L’Incendio de le zizanie lutherane è in effetti il volgarizzamento dell’Enchiridion locorum communium

adversus lutherianos di Johannes Eck, dell’Assertionis lutheranae confutatio e del De veritate corporis et sanguinis Christi in eucarestia adversus Ioannem Oecolampadium di John Fisher e dell’Apologia pro veritate catholicae fidei ac doctrinae adversu impia ac valde pestifera Martini Lutheri dogmata di

Ambrogio Catarino Politi. Gli storici che si sono occupati di questo trattatello, ancora in attesa di una approfondita analisi critica e testuale, sono concordi nel definire le Zizanie lutherane un’opera compilativa. Lo stesso Giovanni da Fano, d’altra parte, lo aveva ammesso nel presentare il suo scritto: «Et però dice Augustino che è espediente che molti scrivano per la christiana verità. Et però non confidandome, ne le mie exigue et debil forze, me ne la gratia de messer Iesu Christo, vengo a questa impresa, non partendome da la Sacra Scrittura, né da li santi dottori, né da quelli che hanno contra li perfidi heretici diffusamente scritto, non attendendo etiam al parlar ornato secondo la mondana sapientia, come l’apostolo insegna in 1 Cor. 4: Non in doctis humanę sapientię verbis, sed in doctrina spiritus, non in le dotte parole de l’humana sapientia, ma in virtù et dottrina del spirito, ne la charità de messer Iesu Christo, cercando la gloria sua et non la propria, et la salute de le anime» (c. 2r).

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Nativo di Vrana in Dalmazia, Tommaso Illirico fu un predicatore apostolico severo e tradizionalista. Diede alle stampe una raccolta di sermoni di carattere morale e dottrinale, in cui cita tra gli altri Agostino, Crisostomo, Girolamo e Gregorio Magno. Sono attestate sue predicazioni in Francia e in Spagna durante uno dei pellegrinaggi che fece a Santiago de Compostela, oltre che a Genova, a Parma, a Rimini, a Pesaro, nel Piceno e a Ragusa, da dove sembra che si recò in Terra Santa. Dal 1516 fu predicatore itinerante nella Francia centro-meridionale, toccando Grenoble, Montauban, Condon, Nérac, Tolosa, Cahors, Villafranca-de-Rouergue, Bordeuax, Arcachon, Foix, Rabastens, Irigny e Lione. Qui, come racconta egli stesso in una delle quattro lettere prefatorie del Clypeus, gli fu impedito dalla popolazione di salire sul pulpito mentre si trovava in compagnia di un Bernardino «Italo predicatore egregio», suo confratello. Lo Sbaraglia (Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci a

Waddingo, aliisve descriptos, I, Romae, ex Tipographia S. Michaelis, 1806), e dopo di lui il Cantini,

hanno creduto di individuare l’identità di questo francescano in tale Bernardino Romano, delle cui prediche si conserva un frammento manoscritto a FIRENZE,BIBLIOTECA MEDICEA LAURENZIANA, Plut. 76, cod. 72. Ne abbiamo preso visione, senza però cavarne informazioni utili sul contenuto della sua predicazione. Non è peraltro da escludere che si tratti di Bernardino Ochino, che sappiamo si recò in Francia prima di vestire l’abito cappuccino, visitando la grotta della Maddalena a Sainte Baume, vicino Marsiglia, insieme a un compagno. Un’analoga devozione aveva guidato Tommaso Illirico nel 1518 al santuario provenzale di San Massimino, dove insieme ai confratelli Claudio da Pinerolo, Masseo da Frunzasco e Ruffino rese omaggio alla reliquia della testa intatta proprio della Maddalena. Tornando a Tommaso Illirico, va segnalato che il Fontana ha pubblicato un breve di Clemente VII che lo designa nel 1527 inquisitore generale contro luterani e valdesi nei territori del duca di Savoia. Svolse infine la sua attività controversistica anche negli stati tedeschi. Uno studio esauriente sulla figura di Tommaso Illirico da Osimo (1485 ca.-1528) è ancora da fare. Punto di riferimento rimangono i lavori pioneristici di R.M. MAURIAC, Nomenclature et description sommaire des œuvres de Fr. Thomas Illyricus, O. F. M., in «Archivum Franciscanum Historicum», XVIII, 1925, pp. 374-385; IDEM, Un Réformateur catholique.

Thomas Illyricus frère mineur de l’Observance, Paris, Libraire Saint-François d’Assise, 1935, estratto da

«Études Franciscaines», XXIII, 1934; IDEM, Une enquête en vue de la béatification de Fr. Thomas

Illyricus, O. F. M., en 1612, estratto da «Archivum Franciscanum Historicum», XXIV, 1931. Si vedano

inoltre CANTINI, I francescani d’Italia, cit., pp. 50-69, da cui dipende SEBASTIANO DA POTENZA PICENA,

L’Opera apologetica “Incendio de Zizanie Lutherane”, cit., p. 195; B.FONTANA, Documenti vaticani

contro l’eresia luterana in Italia, estratto dall’«Archivio della Società Romana di Storia Patria », XV,

nella maturazione di una salda ecclesiologia cattolico-romana da parte del fanese meriterebbe di essere approfondito13.

L’Incendio de zizanie lutherane presenta tuttavia dei caratteri specifici, che sembra utile segnalare anche nell’ottica di una più precisa ricostruzione della forma mentis del suo autore, destinato di lì a pochi anni ad esercitare un influsso non trascurabile sulla definizione dell’ideale cappuccino fissato nelle costituzioni del 1536. Diviso in dodici capitoli come il Dialogo de la salute, lo scritto controversistico del Pili si struttura secondo il metodo tradizionale dell’esposizione dei passi delle opere incriminate ritenuti erronei e della successiva confutazione, seguendo però una tripartizione singolare, ricavata dalla parabola del grano e della zizzania14. Nello specifico, Giovanni da Fano decide di puntare l’attenzione sugli argomenti della propaganda luterana che la sua esperienza di predicatore gli aveva permesso di identificare come i più penetranti ed efficaci presso le masse15: in questo senso, l’Incendio de le zizanie lutherane può essere

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Un punto di partenza potrebbe essere costituito in questo senso dall’analisi comparata dell’Incendio de le zizanie lutherane e dai due trattati antiluterani pubblicati da Tommaso Illirico nel 1523-1524. Cfr. TOMMASO ILLIRICO DA OSIMO, In lutherianas hereses clipeus Catholicae Ecclesiae... In duo sectus

volumina: quorum primum de Sacramentis pretractat Ecclesiae adversus Lutherii opus De captivitate Babylonica iscriptum. Alterum reliquos eiusdem Martini Lutherii errores perstringit confutatos, Taurini,

Antonius Renatus, 1523; IDEM, Libellus de potestate summi pontificis… qui initiatur Clypeus status

papalis, Torino, Domenico de Frunzascho, 1523 (vedi Tavola n. 3). Per una sintesi di queste opere, cfr. F.

LAUCHERT, Die italienischen literarischen gegner Luthers, Nieuwkoop, B. De Graaf, 1972, pp. 245-247 e in D.V.N.BAGCHI, Luther’s Earliest Opponents. Catholic Controversialists (1518-1525), Minneapolis, Fortress Press, 1991, pp. 50, 60, dove a proposito della sua ecclesiologia si afferma: «Certainly he shared with the German Franciscans a certain reluctance to attribute absolute power to the pope. […] Illyricus also departed from the papalist line in according bishops an ordinating power in their own right and in refusing to accept tha the official pronouncements of a heretical pope could be preserved from error». Si sofferma sul contenuto di questi trattati e di altri suoi scritti minori di carattere controversistico anche CANTINI, I francescani d’Italia, cit., pp. 59-69.

14 Nel Prologo, Giovanni da Fano spiega infatti al lettore la parabola narrata in Mt 13: «Per questo homo se intende meser Iesu Christo, el quale nel campo de la santa chiesia seminò el bon seme de la vera utile et saluberrima dottrina. Onde l’homo inimico (cioè el demonio) per le man de li soi servi heresiarchi, ha seminato la zizania de molte heresie. Tra li quali in questi novissimi tempi Martin Luthero, quasi tutte le zizanie et heresie, da li servi fideli de messer Iesu Christo abrusate ha nel campo de la santa chiesia de novo seminato» (cc. 1rv). Da essa il francescano prende spunto per strutturare il suo trattatello controversistico: «Et perché ho premesso la parabola del Salvatore, però convenientemente questa operetta se chiama Incendio de zizanie lutherane. Et nota che dove trovarai queste parole, bono seme, per quelle intende la vera et catholica dottrina. Dove trovarai zizania de falsità intende la falsa opionione de li heretici. Et dove trovarai fuoco de verità, intende la vera confutatione de la heresia» (c. 2r). Sula rielaborazione in ambito inquisitoriale della parabola evangelica del grano e della zizzania, cfr. A. PROSPERI, Il grano e la zizzania. L’eresia nella cittadella cristiana, in L’intolleranza: uguali e diversi

nella storia, a cura di P.C.BORI, Bologna, Il Mulino, 1986, pp. 51-86; M.T.DOLSO, La parabola della

zizzania e il problema ereticale tra XII e XIII secolo, in «Cristianesimo nella Storia», XXVI, 2005, pp.

225-263.

15 Il contatto di Giovanni da Fano con le dottrine protestanti era avvenuto probabilmente durante le sue predicazioni itineranti a Venezia, Brescia e Modena. Meno probabile che potesse aver maturato una coscienza della portata della diffusione delle nuove dottrine presso il popolo e dell’urgenza di porvi rimedio nelle Marche, dove come si è visto fu ripetutamente ministro provinciale degli osservanti nei primi due decenni del Cinquecento. I suoi stretti rapporti con la famiglia Della Rovere e con la corte di Urbino, tuttavia, potrebbero avergli dato l’opportunità di entrare in contatto con gli ambienti colti ed

letto come testimonianza preziosa del tipo di ricezione che le dottrine del riformatore sassone ricevettero nella penisola nella prima fase della propaganda protestante e di quali aspetti della critica dogmatico-sacramentale di Lutero interessarono maggiormente la sensibilità religiosa della popolazione italiana16. Da questa precisa scelta, dettata da un volitivo pragmatismo pastorale che avvicina la mentalità del Pili a quella del Carafa e del Gaetano, derivava la decisione di ricorrere alla lingua volgare17 e di comporre un’operetta «redutta in brevità, per utilità communa de li idioti, et simplici che non intendeno el litterale, acciò da li excomunicati heretici ingannar non se lassino, ma ne la