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LE ORIGINI DEI CAPPUCCINI TRA AGIOGRAFIA E STORIA MATTEO DA BASCIO E LUDOVICO DA FOSSOMBRONE (1525-1527)

I «F RATI M INORI DELLA VITA HEREMITICA »

2. LE ORIGINI DEI CAPPUCCINI TRA AGIOGRAFIA E STORIA MATTEO DA BASCIO E LUDOVICO DA FOSSOMBRONE (1525-1527)

a) Una strana coppia: Matteo da Bascio e Ludovico da Fossombrone (1525)

Dopo le aperture del Quiñones, negli anni di governo del Pisotti (1526-1533) si assistette a una progressiva riduzione degli spazi di manovra concessi ai frati desiderosi di tornare a un’osservanza ad litteram et sine glossa della Regola1. Ciò contribuì a incrinare la fiducia dei gruppi rigoristi nei confronti delle contraddittorie strategie adottate nei loro riguardi da parte dei vertici dell’Osservanza. Di questo tenace fronte riformatore faceva parte anche l’osservante marchigiano Matteo da Bascio2, iniziatore della riforma cappuccina3. Figlio di una terra da sempre «focolaio di una forte tradizione mistica e integralista»4, era nato sul finire del Quattrocento in un paesino dell’alto Montefeltro. Entrato nel convento di Montefortino intorno al 1510, rimase tra gli osservanti fino all’inizio del 1525, quando abbandonò il romitorio di Montefalcone per recarsi a Roma5, dove ottenne oralmente da Clemente VII il permesso di condurre vita eremitica, indossare l’abito col cappuccio aguzzo alla maniera di San Francesco6 e dedicarsi liberamente alla predicazione itinerante7.

1 Commissario per conto del Quiñones dal 1526, Paolo Pisotti fu eletto generale nel 1529 e restò alla guida dell’Osservanza cismontana fino al 1533. La politica ostruzionistica del Pisotti fu verosibilmente uno dei fattori contingenti che favorirono il passaggio di molti frati osservanti alla nascente congregazione cappuccina. Vedi infra, capitolo 4.

2 Su di lui, oltre alla voce in Lexicon capuccinum, coll. 1075 sgg. e a quella più recente voce di M.G

OTOR

in DBI, LXXII, 2009, pp. 219-223, cfr. G. ABATE, Fra’ Matteo da Bascio e gli inizi dell’ordine

cappuccino, in «Collectanea Franciscana», XXX, 1960, pp. 31-77; M.GOTOR, Duelli di memoria: il culto

veneziano di Matteo da Bascio e l’attività dell’Inquisizione romana (1552-1634), in «Studi

Montefeltrani», XXIV, 2003, pp. 101-114; FC, ad nomen; MELCHIORRE DA POBLADURA, La «Severa

riprensione» di Fra Matteo da Bascio (1495?-1552), in «Archivio Italiano per la Storia della Pietà», III,

1961, pp. 281-309; MICCOLI, Problemi e aspetti, cit.; TOGNETTI, Note sul profetismo, cit.; URBANELLI,

Storia, I, ad nomen; C.CARGNONI, La figura e l’opera del beato Matteo da Bascio (fine XV secolo-1552), in «Studi Montefeltrani», XXIII, 2002, pp. 67-90; MERLO, Matteo da Bascio, cit. Tra le fonti inedite, va segnalato P.A.GUERRIERI, La Carpegna abbellita e il Montefeltro illustrato, III, cap. IV, di cui esiste una copia in APC Ancona.

3 La figura di Matteo da Bascio è esaltata in maniera particolare dal quarto cronista dell’ordine, Paolo Vitelleschi da Foligno. Cfr. FOLIGNO, MHOMC VII, pp. 3-37, 78-152. Sul Vitelleschi e sui committenti della sua cronaca, cfr. GOTOR, «Un paradosso», cit., p. 218.

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FC I, p. 16. Dalla Marca d’Ancona avevano preso le mosse nei secoli precedenti alcuni dei movimenti francescani più radicali e intransigenti, quali i celestini, i clareni e gli stessi osservanti.

5 È quanto riferirì Mario da Mercato Saraceno sulla base della testimonianza dello stesso Matteo da Bascio. Cfr. SARACENO, MHOMC I, p. 7.

6 La forma quadrata o piramidale del cappuccio era ispirata all’originario abito francescano, che già gli Spirituali tra la fine del XIV e i primi decenni del XVI secolo avevano ottenuto l’autorizzazione di adottare, imitati nel 1496 dagli Scalzi di Spagna, detti infatti anche «frati del cappuccio» o, in gergo, «capuchos». Cfr. FC I, p. 21.

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La storicità di questo episodio, narrato dagli annalisti cappuccini secondo uno schema agiografico che presenta analogie sorprendenti con il racconto delle vicende di san Francesco e della prima approvazione dell’ordine francescano nel XIII secolo, non è supportato da alcuna evidenza documentaria, ma sappiamo che già negli anni ’30 del Cinquecento i cappuccini e i loro sostenitori affermavano pubblicamente che

Sotto il profilo giuridico, abbandonando il convento di Montefalcone senza autorizzazioni Matteo da Bascio si era reso responsabile di un grave gesto di insubordinazione8. Il caso della sua fuga non doveva apparire agli occhi dei superiori differente da quello dei tanti frati indisciplinati che, come noterà con disappunto il vescovo teatino Gian Pietro Carafa nel memoriale a Clemente VII del 15329, uscivano impunemente dai conventi per periodi più o meno prolungati, offrendo un pessimo esempio ai confratelli meno motivati e inasprendo al contempo l’irrequietezza degli zelanti, costretti a dividere il chiostro con individui giudicati indegni di vestire l’abito francescano10.

era stato «un fra Matteo, sanctissimo uomo, che cominciò questa reforma»: iniziatore della riforma cappuccina, ma non fondatore, perché, secondo l’asserzione vagamente gioachimitica imbeccata a Vittoria Colonna da Bernardino Ochino o da un altro dei frati definitori del 1536, «san Francesco è il fundator lui». Nella nota lettera scritta nel 1536 dalla marchesa di Pescara al cardinale Gasparo Contarini in difesa dei cappuccini, si legge infatti: «Sancto Augustino e tutte le religioni hanno fatto reforma. Or che maraveglia è che san Francesco voglio che doi volte se sieno reformati li soi, l’una prima mediocremente [si riferisce all’Osservanza], quest’altra perfectamente; e che’l suo sancto abito, la sua evangelica Regola sine glosa se observi ad tempi nostri; e che ne abbia exclusa ogni prosumpzione di fundatore e di frasche. Che benchè fusse un fra Matteo, sanctissimo uomo, che cominciò questa riforma, il quale vive ogge e sta tra questi patri, e non curando di ambizione, andava predicando quando se fece la bolla de la sancta memoria di Clemente [allude alla Religionis zelus del 1528], pur dico che san Francesco è il fundator lui, né questi hanno altra guida, né caminano con altro lume». Originale in ASV, Concilio di

Trento, XXXVII, ff. 175r-181r. Edizione in B. FONTANA, Documenti vaticani di Vittoria Colonna

marchesa di Pescara per la difesa dei cappuccini, estratto dall’«Archivio della Società Romana di Storia

Patria», IX, 1886, pp. 16-25; V.COLONNA, Carteggio, a cura di E. Ferrero e G. Müller, Torino, Loescher, 1892, pp. 110-122; EDOARDO DA ALENÇON, Tribulationes Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum

primis annis pontificatus Pauli III (1534-1541), Roma, Istituto Storico Cappuccino, 1914, pp. 31-36;

BENEDETTO DA ALATRI, Vigorosa apologia. Lettera di Vittoria Colonna al card. Contarini, in «Italia Francescana», XXII, 1947, pp. 107-112 e ora FC II, pp. 214-227, da cui si cita. Non furono dunque i cronisti del secondo Cinquecento a plasmare dal nulla, per motivi controversistici, la versione che assegna spiritualmente a san Francesco il ruolo di fondatore dell’ordine, identificando in Matteo da Bascio il provvidenziale iniziatore della riforma dei frati minori della vita eremitica. Semmai ci si può interrogare su quanto, già nel 1536, gli stessi cappuccini vollero esaltare il ruolo del selvaggio predicatore itinerante per mettere in ombra la figura di Ludovico da Fossombrone, che con la seconda generazione di frati risultata predominante tra il 1535 e il 1536, aveva avuto un duro scontro ideologico sulla forma di vita da dare alla riforma cappuccina, fino ad essere esautorato da ogni ruolo di governo nel doppio capitolo romano di Sant’Eufemia del 1535.

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Tale era la procedura indicata dai brevi In suprema di Leone X (8 gennaio 1516) e Dudum felicis

recordationis di Clemente VII (11 marzo 1525), pubblicato pochi mesi dopo la fuga di Matteo da Bascio.

Per il testo dei due documenti pontifici, cfr. WADDING, Annales, XVI, pp. 553-556 e 667-669. 9 Sulla figura di Gian Pietro Carafa, il futuro Paolo IV (1555-1559), si vedano A.A

UBERT, Alle origini

della Controriforma: studi e problemi su Paolo IV, in «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», XXII,

1986, pp. 303-355; IDEM, Paolo IV. Politica, Inquisizione e storiografia, Firenze, Le Lettere, 1999 (I ed. Città di Castello 1990); IDEM, Paolo IV, in Enciclopedia dei papi, 3 voll., Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2000, III, pp. 128-142. Sulle idee di riforma del vescovo teatino, inquisitore e poi papa dal 1555 al 1559 con il nome di Paolo IV, cfr. ALENÇON, Gian Pietro Carafa, cit.; G.M.MONTI,

Ricerche su Papa Paolo IV Carafa, Benevento, Cooperativa Tipografica Chiostro S. Sofia, 1923; F.

MAZZIA, Aspetti della riforma pretridentina e Giampietro Carafa, in «Regnum Dei», XXXIV, 1978, pp. 3-52; A.VANNI, «Fare diligente inquisitione». Gian Pietro Carafa e le origini dei chierici regolari

teatini, Roma, Viella, 2010.

10 Nelle fonti francescane esisteva in realtà una giustificazione alla disobbedienza ai superiori che frenavano il desiderio dei frati di osservare spiritualmente la Regola: «L’atto di insubordinazione, secondo la mentalità di questi riformatori e di quelli del passato, si doveva ritenere conforme alle

Quando dunque alla fine di aprile del 1525 Matteo da Bascio si recò a Iesi per fare atto di sottomissione al riconfermato ministro Giovanni Pili da Fano11, questi prese atto della mancanza di un documento scritto che attestasse le concessioni ricevute da Clemente VII e decise di punire l’anarchico predicatore recludendolo nel convento di Forano12. Secondo le prime cronache cappuccine, è in questo frangente che fa la sua comparsa nelle vicende dell’ordine la vigorosa figura di Caterina Cibo13. La duchessa di Camerino, che era rimasta colpita dal servizio agli appestati prestato da Matteo da Bascio nel 152314, si adoperò con successo per la sua liberazione15, scrivendo a Giovanni da Fano una lettera in sua difesa16. Negli anni successivi, mossa da sentimento religioso e da intendimenti di natura politica, la Cibo diventerà insieme a Vittoria Colonna la principale protettrice della riforma cappuccina, oltre che un esponente di

intenzioni stesse di san Francesco, come era dato rilevare da alcuni episodi della vita del santo, tramandati dagli scritti degli spirituali. Si ha, infatti, da queste fonti che Francesco avrebbe concesso a un “Mastro Nicolò Tedesco” la facoltà di abbandonare l’Ordine, qualora i frati si fossero allontanati dalla pura osservanza della Regola. Sempre secondo le stesse fonti, […] se i ministri non avessero accolto le loro richieste, i frati potevano ugualmente godere della libertà di seguire le loro aspirazioni», quando queste fossero volte all’osservanza spirituale della Regola. URBANELLI, Storia, I, pp. 172-173. Le fonti a cui si riferisce l’autore, note anche a Giovanni da Fano nel suo Dialogo de la salute del 1527, sono l’Expositio

Regulae Fratrum Minorum e il Chronicon seu Historia septem tribolationum Ordinis Minorum di Angelo

Clareno, le S. Francisci Legendae veteris fragmenta quaedam e il Liber Conformitatis di Bartolomeo da Pisa. Cfr. J.-X.LALO, Les recueils des sources juridiques franciscaines (1502-1535). Description et

analyse, in «Archivum Franciscanum Historicum», LXXIII-LXXIV, 1980-1981, pp. 146-230.

11 In seguito fervente cappuccino, Giovanni da Fano fu in questi anni strenuo avversario della riforma. Su di lui cfr. BERNARDINO DA LAPEDONA, P. Giovanni Pili da Fano (1469-1539). Studio biografico, in «L’Italia Francescana», XXXVII-XXXIX, 1962-1964; G.CASTELLANI, Frate Giovanni Pili da Fano, in

Memorie francescane fanesi. Omaggio a S. Francesco d’Assisi nel VII centenario della sua morte, Fano,

Tipografia Sonciniana, 1926, pp. 189-216; DOMINIQUE DE CAYLUS, Le P. Jean de Fano, in «Études Franciscaines», XXXVII, 1925, pp. 273-291, 507-531; OPTAT DE VEGHEL, Jean de Fano, in Dictionnaire

de spiritualité, cit., VIII, coll. 504-509; C. LEONARDI, Le origini francescane del Monte di pietà di

Urbania, in «Picenum Seraphicum», IX, 1972, pp. 130-160.

12 L’accusa rivolta a Matteo da Bascio era quella di «di avere indossato un abito di forma diversa da quella in uso nell’Ordine, contravvenendo così alla disposizione della bolle Ite vos; e di essersi reso colpevole di apostasia per la sua andata a Roma senza lettere obbedenziali». URBANELLI, Storia, I, p. 182. 13 Su Caterina Cibo, ancora fondamentale è la biografia di B.F

ELICIANGELI, Notizie e documenti sulla

vita di Caterina Cibo-Varano duchessa di Camerino, Camerino, Tipografia Savini, 1891, ristampa

anastatica Camerino, La Nuova Stampa, 2005. Cfr. inoltre F.PETRUCCI, Caterina Cibo, in DBI, XXV, 1981, pp. 237-241; R.R.LUPI, Catharina Cybo «mamma» dei “fratini… Scappuccini” (1501-1557), in «Italia Francescana», LXXVII, 2002, pp. 31-42; G.SANTARELLI, Il ritratto di Caterina Cibo nel convento

dei cappuccini a Camerino, in «Studia Picena», LXVII, 2002, pp. 123-145; G.ZARRI, Caterina Cibo

duchessa di Camerino, in Donne di potere nel Rinascimento, a cura di L.ARCANGELI e S.PEYRONEL, Roma, Viella, 2008, pp. 575-593.

14 Sembra che Matteo da Bascio avesse guarito due «gentiluomini» di Caterina Cibo. Il predicatore francescano dovette essere presente a Camerino nell’assistenza agli infermi anche in seguito, in occasione della pestilenza del 1527. Cfr. C.LILII, Istoria della città di Camerino di Camillo Lilii storiografo di

Luigi XIV il Grande, re di Francia, supplita da Filippo Camerini, Camerino, Sarti, 1835 (I ed. 1649-

1652), p. 318; M. SENSI, La peste del 1527 a Camerino: i cappuccini al servizio degli appestati, in

Caterina Cybo duchessa di Camerino (1501-1557). Atti del convegno Camerino, Auditorium di S. Caterina, 28-30 ottobre 2004, a cura di P.MORICONI, Camerino, La Nuova Stampa, 2005, pp. 333-358. 15 Cfr. S

ARACENO, MHOMC I, pp. 86-88; CUTHBERT, I Cappuccini, cit., pp. 26-27; FELICIANGELI,

Notizie e documenti, cit., p. 47.

16 Cfr. S

spicco del movimento degli “Spirituali” vicino al cardinale Reginald Pole e allo spagnolo Juan de Valdés17.

Fu verosibilmente proprio Caterina Cibo, nell’estate del 1525, a presentare a Matteo da Bascio i fratelli Ludovico e Raffaele Tenaglia da Fossombrone18. I due osservanti erano alla ricerca di una via che permettesse loro di seguire l’ideale francescano in uno spirito di continua ascesi e orazione19. Per quanto restino incerte le dinamiche relative al primo incontro tra Matteo da Bascio e gli altri frati osservanti destinati a dare vita alla nuova congregazione cappuccina, possiamo affermare con sicurezza che nell’estate del 1525 o al più tardi nei primi anni del 1526, al predicatore montefeltrino si erano uniti Ludovico e Raffaele Tenaglia da Fossombrone. I due fratelli, rispettivamente sacerdote e fratello laico, erano animati dal desiderio di dar vita a una piccola comunità di frati dediti a un’osservanza integrale e spirituale della Regola: a differenza di Matteo da Bascio, non intendevano dunque vivere il ritorno alla purezza dell’ideale francescano nella dimensione irregolare di una solitudine itinerante, ma tra le mura di un eremo o di un piccolo convento insieme a un gruppo di confratelli similmente motivati20.

17 Cfr. R.H.B

AINTON, Donne della riforma in Germania, in Italia e in Francia, Torino, Claudiana, 1992, pp. 229-245; G. ZARRI, La spiritualità di Caterina Cybo: indizi e testimonianze, in Caterina Cybo

duchessa di Camerino (1501-1557). Atti del convegno (Camerino, Auditorium di S. Caterina, 28-30 ottobre 2004), a cura di P.MORICONI, Camerino, La Nuova Stampa, 2005, pp. 313-332.

18 Sui fratelli Tenaglia, oltre alla voce in Lexicon cappucinum e all’antologia I frati cappuccini, si vedano URBANELLI, Storia, I, pp. 187-195 e ad nomen; IDEM, Ludovico Tenaglia da Fossombrone e la riforma

cappuccina, in Ludovico da Fossombrone e l’ordine dei cappuccini, cit., pp. 99-147. Nel medesimo

volume, si vedano anche R.SAVELLI, La famiglia Tenaglia e la giovinezza di Lodovico da Fossombrone, pp. 149-174; G. SANTARELLI, Raffaele Tenaglia da Fossombrone primo frate laico cappuccino, in

Ludovico da Fossombrone e l’ordine dei cappuccini, cit., pp. 227-236. Cfr. inoltre F. CANUTI, La

tragedia di un’anima. Frate Lodovico da Fossombrone e gl’inizi dei Minori Cappuccini. Nel IV centenario della fondazione dell’Ordine, Fano, Tipografia Sonciniana, 1929.

19 I fratelli Tenaglia non erano i primi religiosi con i quali Matteo da Bascio venne in contatto dopo esser stato liberato dal carcere di Forano. Secondo quanto ricostruito da Mario da Mercato Saraceno, in seguito ai fatti della primavera del 1525 il «mezzo romito» era tornato a dedicarsi alla predicazione itinerante, scegliendo come luogo di ritiro l’eremo di san Giacomo di Matelica. Un tempo abitato dai clareni, questo modesto romitorio era diventato la dimora di un anziano frate osservante, Francesco da Cartoceto, che colpito da quasi completa cecità vi attendeva in preghiera la chiamata del Signore assistito dal più giovane terziario Pacifico da Fano, futuro cappuccino. Fervente sostenitore di un ritorno allo spirito francescano delle origini, secondo il racconto agiografico dei cronisti Francesco da Cartoceto sarebbe stato avvertito da una visione del passaggio a Matelica di Matteo da Bascio e, quando abbracciandolo constatò che questi portava «il rinnovato habito di San Francesco», avrebbe chiesto al suo compagno fra Pacifico di preparargliene uno simile, desideroso di vivere i suoi ultimi giorni indossando la veste che simboleggiava l’imminente rinnovamento dell’ordine. Sarebbe stato lo stesso Pacifico da Fano, anni dopo, a raccontare al Fabiani della visione di Francesco da Cartoceto e del suo commovente incontro con Matteo da Bascio. Di questo episodio non si conoscono tuttavia altre attestazioni. Cfr. SARACENO, MHOMC I, pp. 33-35, 185 sgg.

20 Non è possibile, sulla base della documentazione oggi disponibile, scandire con esattezza la genesi del pensiero riformatore di Ludovico da Fossombrone: quel che è certo, è che entrato tra gli osservanti nel 1516 nel convento di Forano, detto la Romita, vi aveva potuto conosciuto il beato Giovanni Righi da Fabriano, maestro di ascesi e figura tra le più stimate della riforma sviluppatasi all’interno dell’Osservanza nel primo Cinquecento. Appare inoltre verosimile la versione fornita da Mario da Mercato Saraceno, che nelle sue Relationes racconta dei ripetuti tentativi attuati nella prima parte del

È tuttavia certo che un qualche tipo di accordo tra i due fratelli e il predicatore vi fu, perché sappiamo che nella tarda estate del 1525 i tre si diressero insieme a Cingoli, dove seguendo una prassi non insolita a quei tempi, chiesero e ottennero dai conventuali di passare sotto la loro giurisdizione21. Con il consenso del consiglio comunale e con l’avallo dei conventuali, si insediarono nell’eremo di San Michele Arcangelo di Montacuto22, nei pressi di Cingoli, dove furono raggiunti da altri confratelli osservanti desiderosi di unirsi alla neonata fraternità riformata23. La situazione disciplinare tanto di Matteo da Bascio quanto dei fratelli Tenaglia restava tuttavia ancora irrisolta. Il passaggio sotto la protezione dei conventuali non aveva infatti sopito l’avversione del provinciale osservante Giovanni da Fano nei confronti di quelli che, come avrebbe scritto due anni dopo nel suo primo Dialogo de la salute, non considerava altro che «temerari, ignoranti de la Regula et sua professione, vagabundi, superbi, ambitiosi, che desiderano di esser chiamati reformatori de l’Ordine»24.

Il famoso predicatore fanese trovò allora un potente alleato nel generale Francesco Quiñones25. Il ministro cismontano, che come si è visto era fautore della riforma interna

1525 da Ludovico e dal fratello Raffaele per ottenere da Giovanni da Fano la licenza di «riformatamente vivere», insieme ad altri religiosi che avessero manifestato la stessa volontà, «in qualche luogo poverino». Il padre provinciale, tuttavia, aveva adottato con i Tenaglia la stessa condotta esercitata nei confronti di Matteo da Bascio, giungendo anche a far imprigionare per un breve periodo fra Ludovico. Tornati a Fossombrone, nella seconda parte del 1525 avvenne probabilmente il primo incontro tra Ludovico e Raffaele Tenaglia e l’altro fuggiasco, Matteo da Bascio. Poiché questi aveva ricevuto a Roma un indulto di carattere personale, che non gli permetteva di accogliere altri frati, è improbabile che Ludovico da Fossombrone abbia cercato di seguire Matteo da Bascio attirato dalla vita raminga e dall’apostolato itinerante del predicatore. Più credibile, come ha arguito Urbanelli, che Ludovico volesse associare Matteo da Bascio al suo progetto «di dar vita a una piccola fraternità riformata». Cfr. ALESSIO D’ARQUATA, Cronaca della Riformata Provincia de’ Minori nella Marca, Cingoli, Stab. Lucchetti, 1893, pp. 22-23, 252; FC I, p. 23. Su Giovanni Righi si vedano CIRO ORTOLANI DA PESARO, Vita e culto del b.

Giovanni Righi da Fabriano, sacerdote dei Minori, Roma, Tipografia Sallustiana, 1904; N. DEL RE,

Giovanni Righi, in Bibliotheca Sanctorum, VI, Roma, Città Nuova, 1965, pp. 943-944.

21 Anche il guadalupense Giovanni Pasqual, nel 1517, si era posto sotto la protezione dei conventuali prima di avviare il suo progetto di creazione di una nuova congregazione riformata. Cfr. CARGNONI, I

movimenti francescani, cit., p. 161.

22

Cfr. SARACENO, MHOMC I, pp. 56, 207-208; COLPETRAZZO, MHOMC II, p. 153; MHOMC V 109; VII, 164

23 Cfr. B

ERNARDINO DA ORCIANO, Chroniche: “biografie” di cappuccini delle Marche nel primo secolo

della Riforma, a cura di R. R. Lupi, Roma, Istituto Storico Cappuccino, 2004.

24

GIOVANNI DA FANO, Dialogo de la salute 1527, p. 24; URBANELLI, Storia, I, p. 199.

25 Ministro generale degli osservanti dal Capitolo di Burgos del 1523, Francesco Quiñones fu favorito nella sua ascesa da papa Adriano VI, che ne rese possibile la creazione cardinalizia col titolo di Santa Croce. Il suo ideale di vita francescana non si discostava di molto da quello cappuccino, dal momento che anch’gli era uno strenuo assertore della liceità delle case di recollezione e della stretta osservanza. Proprio in questa direzione muoveva la sua intensa azione riformistica svolta in Spagna e nelle altre province ultramontane dell’Osservanza. Timoroso di nuove scissioni, tuttavia, in Italia il Quiñones tentò di frenare l’ascesa dei cappuccini, congregazione che, agli occhi del generale, aveva avuto origine dai gravi atti di disubbidienza di due frati apostati e indisciplinati, Matteo da Bascio e Ludovico da Fossombrone. Cfr. CARGNONI, L’Osservanza francescana, cit., pp. 91-93; C.CARGNONI, Alcuni aspetti del successo della