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3 INTRODUZIONE

3.15 Obiettivi della tesi

Il rilascio di essudati radicali è considerato un fenomeno che può favorire l’adattamento delle piante a condizioni del suolo sfavorevoli (Badri and Vivanco, 2009). Sebbene non siano ancora chiarite le funzioni di molti dei composti rilasciati dalle radici e un rapporto di causa-effetto tra rilascio e modificazioni dell’ambiente extra-radicale non sempre sia stato riscontrato, è evidente dai numerosi dati sperimentali disponibili in letteratura che gli essudati radicali possono, tra l’altro: favorire le associazioni o le simbiosi con micororganismi benefici (Bais et al., 2008) e accelerare il turn-over della sostanza organica (Nardi et al., 2000), svolgere funzioni allelopatiche (Weir et al., 2006), influenzare i cicli biogeochimici degli elementi aumentando la tolleranza delle piante ad elementi tossici (Ma, 2000) e la capacità delle piante stesse di acquisire i nutrienti (Bolan et al., 1994). Quest’ultima funzione si esplica in particolare nei confronti di quegli elementi, come fosforo e ferro, che sono poco mobili e soggetti a interazioni con le particelle del suolo che li rendono insolubili (Strom, 1997). Piante considerate efficienti per la nutrizione ferrica e fosfatica hanno evoluto meccanismi complessi e coordinati (strategie) che consentono loro di acquisire tali nutrienti in quantità adeguate alle loro esigenze; tali meccanismi includono: a) modificazioni morfologiche dell’apparato radicale con conseguente incremento della zona di suolo esplorato (White et al., 2005); b) conversione di forme non disponibili in forme disponibili del nutriente attraverso il rilascio di rizodeposizioni (Dakora and Philipps, 2002) ; c) elevato assorbimento delle forme solubili del nutriente (Marschner, 1995). E’ ragionevole pensare che le due prime attività siano di gran lunga le più importanti, nelle condizioni reali del suolo, per determinare l’efficienza di acquisizione di fosoforo e ferro.

Numerosi studi hanno messo in evidenza le principali strategie di risposta alla limitata disponibilità di fosforo nel suolo (sviluppo di radici laterali e peli radicali; alterazioni del metabolismo; rilascio di anioni di acidi organici e fenoli protoni ed enzimi; aumento dell’espressione di geni che codificano per proteine coinvolte nell’adattamento alla condizione di carenza, inclusi trasportatori ad alta affinità per lo ione fosfato). E’ stato anche evidenziato come, in alcune piante quali le Proteaceae, le modificazioni morfologiche dell’apparato radicale siano piuttosto drastiche (Lambers

et al., 2011). Oltre alle Proteaceae, altre piante adattate a terreni poco fertili, quali il

lupino bianco, hanno evoluto la capacità di formare specifiche strutture radicali (cluster roots) costituite da radichette laterali densamente appressate e fittamente ricoperte di peli radicali (Lambers et al., 2006). Le modificazioni morfologiche sono poi strettamente associate alle modificazioni fisiologiche responsabili del rilascio di particolari essudati, quali carbossilati e flavonoidi, che possono favorire la mobilizzazione del fosforo. La caratterizzazione fisiologica della sintesi e del rilascio dei carbossilati è stata definita in dettaglio (Massouneau et al., 2001), mentre ancora poco chiare sono le basi molecolari dei meccanismi coinvolti nel processo essudativo. Nonostante sia stato accertato il coinvolgimento di una specifica isoforma dell’H+ -ATPasi della membrana plasmatica delle cellule radicali nel favorire il rilascio dei carbossilati (Tomasi et al., 2009), non sono disponibli informazioni sulla natura molecolare del trasportatore del citrato e sugli aspetti regolativi della sua funzionalità. Ancora meno approfondito è lo studio degli aspetti molecolari e regolativi del rilascio di flavonoidi. Il ruolo fisiologico di questi composti, rilevante ai fini dell’acquisizione del fosforo, è stato attribuito principalmente alla protezione del citrato dalla degradazione microbica (Weisskopf et al., 2006b) e alla mobilizzazione indiretta del fosforo attraverso un’azione complessante sul ferro con il quale è legato in forme minerali insolubili (Tomasi et al., 2008); non è poi da trascurare il ruolo chemio-tattico che questi composti fenolici possono avere nei confronti di specifici micororganismi. Inoltre, il rilascio di carbossilati e flavonoidi dalle radici di lupino è stato spesso studiato in approcci separati, mentre è sempre più evidente come sia rilevante

determinare la dinamica spazio-temporale del loro rilascio ai fini della comprensione del ruolo degli essudati radicali.

Altro aspetto importante è la specificità della risposta alla carenza; è noto infatti che diversi tipi di squilibri nutrizionali possono evocare modificazioni morfologiche e fisiologiche molto simili. Tuttavia, non sono molto diffusi gli studi in cui le risposte alla scarsa disponiblità di fosforo e ferro siano state confrontate dal punto di vista fisiologico e molecolare.

Proteine di membrana in grado potenzialmente di trasportare carbossilati e flavonoidi sono stati identificati; questi appartengono alle famiglie dei trasportatori ABC (ATPbinding cassette transporters) (Lee et al., 2008; Sugiyama et al., 2007) e MATE (Multidrug And Toxic compound Extrusion protein) (Marinova et al., 2009; Meyer et

al., 2009; Zhao and Dixon, 2010). La funzione di molti di questi trasportatori, in

particolare di quelli appartenenti alla famiglia MATE, non è stata ancora chiarita. Obiettivo generale del lavoro di tesi era l’identificazione di proteine coinvolte nel rilascio di carbossilati e flavonoidi in risposta a condizioni di P-carenza.

Utilizzando il lupino bianco come pianta modello è stato dapprima caratterizzato il rilascio di citrato e genisteina (il principale flavonoide rilasciato dalle radici proteoidi in risposta alla P-carenza) da cluster radicali a diverso grado di sviluppo, in relazione alla capacità di assorbire il fosfato.

Successivamente, negli stessi tessuti, è stata analizzata l’espressione di geni che codificano per trasportatori ABC e MATE con l’intento di identificare proteine coinvolte nel rilascio di citrato e genisteina e caratterizzarne la funzionalità, anche utilizzando sistemi di espressione eterologa e piante trasformate per silenziamento genico.

L’analisi delle caratteristiche spazio-temporali del rilascio e dell’espressione genica è stata condotta anche utilizzando piante sottoposte a condizioni di Fe-carenza con l’intento di verificare tratti comuni o distintivi della risposta alle due diverse situazioni di carenza nutrizionale. Il lupino, essendo una dicotiledone adotta la Strategia I di risposta alla carenza del micronutriente, producendo anche in queste condizioni nutrizionali radici proteoidi che rilasciano nella rizosfera citrato e fenoli.

In relazione alla nutrizione ferrica è stato anche valutato in orzo, pianta modello per la Strategia II, la capacità delle piante di utilizzare complessi del Fe formati con il citrato o con i fitosiderofori, molecole queste ultime specificamente prodotte e rilasciate da queste piante in risposta alla carenza di ferro.