• Non ci sono risultati.

4. La fattispecie ex 2497, I comma, c.c.: responsabilità per

4.3. Obiezioni a tali riflessioni e relative risposte

Nel precedente paragrafo si è ritenuta preferibile l’impostazione che vuole la responsabilità per eterodirezione abusiva come responsabilità da inadempimento: a siffatta conclusione si è giunti non tanto attraverso l’argomento della partecipazione al contratto sociale – che non convince – quanto piuttosto mediante il ricorso alle categorie concettuali generali del dovere e dell’obbligo.

In dottrina, una delle critiche che viene mossa alla qualificazione della responsabilità per abuso di direzione e coordinamento come contrattuale è quella che prende in considerazione i soggetti legittimati all’esercizio di tale azione: i sostenitori della tesi che ci si accinge ad analizzare affermano, infatti, che la controparte contrattuale della società controllante soggetta al rispetto dei canoni di corretta gestione societaria e imprenditoriale sarebbe individuabile nella società eterodiretta e non nei i soci o nei creditori, che, invece, l’art. 2497, I comma, c.c. indica come legittimati attivi dell’azione di responsabilità. Essi sostengono che, qualora si assumesse una prospettiva contrattuale, i soci e i creditori della

34

controllata si configurerebbero come soggetti terzi e, in quanto tali, non dovrebbero essere legittimati a proporre l’azione di responsabilità contro la holding49.

Orbene, sembrano due le contro obiezioni che possono essere mosse a tale conclusione.

(i) In primo luogo, è stato affermato in dottrina il principio per cui gli obblighi a cui il gestore deve adempiere nell’esercizio delle proprie funzioni possano avere anche rilevanza esterna, potendosi quindi configurare una responsabilità di costoro verso terzi i cui interessi siano coinvolti dalla gestione dell’impresa50.

(ii) In secondo luogo, pare opportuno notare come, se una responsabilità nei confronti della società controllata è già ricavabile in base ai principi generali dell’ordinamento, allora la funzione della disposizione in esame – ossia l’art. 2497, I comma, c.c. – è proprio quella di fornire un dato positivo circa la configurabilità di un obbligo diretto della controllante nei confronti dei soci e dei creditori della controllata, consentendo loro di agire direttamente contro la capogruppo. L’art. 2497, I comma, c.c. fornisce, dunque, uno strumento

49 Secondo G.SBISÀ, Sulla natura della responsabilità da direzione e coordinamento di società,

in Contr. imp., 2009, 4-5, p. 817 «il “rapporto giuridico” che si dovrebbe dedurre dalla formulazione dell’art. 2497, comma 1°, non si instaurerebbe affatto con i soci di minoranza e con i creditori delle società del gruppo, bensì, se mai, con le “società medesime” e cioè con le società coordinate e dirette».

50 Così A.MAZZONI, La responsabilità gestoria per scorretto esercizio dell’impresa priva della

prospettiva di continuità aziendale, in Amministrazione e controllo nel diritto delle società,

35

immediato di tutela a quei soggetti che, date le regole preesistenti dell’ordinamento, rischierebbero di rimanere pregiudicati da un comportamento abusivo della controllante51.

Quest’ultima riflessione può essere ulteriormente sviluppata se si prende in considerazione la fonte dell’obbligazione che grava in capo alla controllante52. Negare la natura contrattuale della responsabilità ex

art. 2497, I comma, c.c. semplicemente sulla base dell’argomento per cui non sarebbe individuabile un contratto sussistente tra i soggetti legittimati all’azione risarcitoria e la controllante pare riduttivo. Come è ormai pacifico in dottrina, infatti, il paradigma della responsabilità contrattuale sarebbe da riferire non solo ai casi di violazione di obblighi aventi fonte nel contratto, quanto piuttosto ogni qual volta vi sia la violazione di una qualsivoglia obbligazione53. In tal senso pare

infatti preferibile l’espressione “responsabilità per inadempimento” in luogo di “responsabilità contrattuale” 54.

51 Ricordiamo, infatti, che se la società eterodiretta è controllata dalla holding che, ad

esempio, si configura come socio di maggioranza nella società abusata; nella prassi sarà altamente improbabile, se non impossibile, che sia la società controllata stessa ad azionare la responsabilità contro la controllante. Tale meccanismo, invero, comporterebbe che a sopportare il peso economico del comportamento abusivo della controllante siano, in ultima istanza, i soci della controllata – che non partecipano dei vantaggi del gruppo nella sua interezza – e i suoi creditori. E’, dunque, per questo motivo che il legislatore prevede la legittimazione attiva diretta dell’azione di responsabilità direttamente in capo a tali soggetti.

52 Cfr.L.BENEDETTI, La responsabilità “aggiuntiva”, cit., pp. 25 ss.

53 Ex multis, v. C.M.BIANCA, La responsabilità, in Diritto civile, V, Milano, 1994, p. 3; L.

MENGONI, voce Responsabilità contrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., Milano, 1988, pp. 1072

ss; P.RESCIGNO, voce Obbligazioni, cit., p. 161.

54 Parimenti, è da preferire l’espressione “responsabilità per fatto illecito” piuttosto che

“responsabilità extracontrattuale” quando ci si riferisce al paradigma di cui all’art. 2043 ss., c.c. D’accordo con quest’impostazione cfr. C.CASTRONOVO, L’obbligazione senza

36

Poste, dunque, tali premesse, occorre chiedersi quale sia la fonte dell’obbligazione prospettabile in capo alla capogruppo. Allora, come si è già anticipato, pare che questa sia da rinvenire proprio nell’art. 2497, c.c.: lo standard di comportamento individuabile in capo alla controllante, dunque, altro non è che il contenuto di una obbligazione avente fonte legale. Non a caso, infatti, l’art. 1173, c.c., avente ad oggetto le fonti dell’obbligazione, prevede che questa possa trovare fondamento in “atti o fatti” idonei a produrla in conformità dell’ordinamento giuridico. Nel caso di specie il fatto da cui scaturisce l’obbligazione consiste nell’esercizio di poteri di direzione e coordinamento idoneo ad incidere non solo su interessi propri della capogruppo ma anche su interessi di altri soggetti, quali la controllata, i suoi soci e i suoi creditori. È possibile, dunque, concludere che sia la legge a sopperire all’inesistenza di una relazione contrattuale intercorrente tra capogruppo e società figlie, individuando in capo alla prima un obbligo di tenuta di uno standard comportamento – consistente nel rispetto dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale – ogniqualvolta agiscano anche nell’interesse delle seconde55.

4.4. Segue: la prospettiva economica unitaria del gruppo e la