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Segue: la prospettiva economica unitaria del gruppo e la

4. La fattispecie ex 2497, I comma, c.c.: responsabilità per

4.4. Segue: la prospettiva economica unitaria del gruppo e la

Nella trattazione sinora svolta si sono affermati i seguenti punti:

Mengoni, I, p. 220 Milano quando sostiene che al fine di evitare i fraintendimenti che le

etichette “responsabilità contrattuale ed extracontrattuale” possono generare sarebbe da preferire parlare di responsabilità da lesione di diritti da un lato e responsabilità da violazione di obblighi dall’altro.

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(i) l’esistenza di un obbligo in capo alla controllante circa il rispetto di standard di corretta gestione societaria ed imprenditoriale;

(ii) l’individuazione della fonte di tale obbligo nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, in conformità allo schema generale delle fonti dell’obbligazione previsto dall’art. 1173 c.c.;

(iii) la conseguente qualificazione della responsabilità alla stregua di una responsabilità per inadempimento.

Si è, inoltre, cercato di rispondere all’argomentazione di coloro che negano tale natura affermando che legittimata attiva per l’azione di responsabilità debba essere la società controllata e non i soci e i creditori della stessa: si è risposto, infatti, che, assumendo la prospettiva contrattuale, sarebbe già ammissibile tale legittimazione in capo alla controllata e che la funzione della norma in analisi sia proprio quella di colmare una lacuna legislativa per garantire tutela a soggetti che ordinariamente rimarrebbero privi di tale legittimazione.

Tali conclusioni contrastano con la prospettiva di analisi del gruppo di società che, partendo dal dato economico, assume l’unicità giuridica dell’impresa, sebbene frazionata in diversi centri di imputazione56. Siffatta ricostruzione, secondo i suoi sostenitori, viene

56 Cfr. L. BENEDETTI, La responsabilità “aggiuntiva”, cit., p. 34; P. ABBADESSA, La

responsabilità, cit., p. 284; C.ANGELICI, Introduzione alla riforma delle società di capitali, in

Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G. F. Campobasso, diretto da P.ABBADESSA e G.B.PORTALE, 1, Torino, 2006, p. 23; M.ROSSI, Responsabilità e organizzazione dell’esercizio

dell’impresa di gruppo, in Riv. dir. comm., 2007, 1, p. 641; per un’opinione contraria v. G.

C.RIVOLTA, Ragioni dell’impresa e principio di conservazione nel nuovo diritto societario, in

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adottata in quanto l’unica in grado di giustificare la configurazione di una relazione obbligatoria diretta tra soci e capogruppo, come difatti avviene ai sensi del 2497, I comma. In sostanza, tali autori assumono un’ottica di analisi della disciplina dei gruppi di tipo funzionale: in base a tale impostazione occorrerebbe dare rilevanza al rapporto tra chi è titolare del potere (la società controllante) e coloro su cui si ripercuotono in ultima istanza i risultati dell’attività del gruppo (creditori e soci delle controllate). Inoltre, l’interesse della società, evidenziano costoro, non coinciderebbe con quello dei singoli soci legittimati all’azione: infatti, posto che nella maggioranza dei casi l’attività di direzione e coordinamento si fonda su un controllo di tipo partecipativo, la maggioranza degli stessi troverebbe soddisfazione all’esterno della società controllata in una logica di gruppo57. In altre

parole, molto spesso è coerente con l’interesse dei soci di maggioranza danneggiare la singola società controllata in un’ottica più generale di gruppo.

Da tali considerazioni di ordine sostanziale deriverebbe, tra l’altro, anche l’esclusione a priori della configurabilità della legittimazione attiva della società controllata per l’esercizio dell’azione di responsabilità contro la controllante58.

Pare opportuno, tuttavia, tenere in conto alcune considerazioni che potrebbero ridimensionare l’attrattività di siffatta prospettazione. Innanzitutto, se si accogliesse la teoria che enfatizza il dato sostanziale

57 «Il rifiuto della prospettiva soggettiva consente di sollevare il “velo” costituito dalla

società eterodiretta, che occulta quelli che sono i soggetti realmente interessati ad una direzione conforme ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Sulla società controllata, infatti, non si appunta un interesse comune di tutti i soci, posto che taluni perseguono i loro interessi economici in una singola società del gruppo, mentre altri lo soddisfano al suo esterno, tramite la gestione unitaria», L. BENEDETTI, La

responsabilità “aggiuntiva”, cit., p. 35.

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economico a scapito di quello formale si contraddirebbe apertamente il dato normativo, che comunque vuole mantenuta la distinzione soggettiva sotto il profilo giuridico delle società componenti il gruppo. L’obiettivo della disciplina introdotta con la riforma del 2003, infatti, è quello di escludere che il gruppo possa essere considerato come una realtà giuridica unitaria, determinando così la prevalenza della dimensione plurale e riconoscendo autonomia alle singole società del gruppo59.

In secondo luogo, sebbene sia opportuno tenere presente la peculiare declinazione degli interessi nel fenomeno del gruppo, occorre non dimenticare che la società controllata, in quanto ente autonomo sul piano giuridico60, è portatrice di un interesse

indipendente che non può essere fatto coincidere con quello della maggioranza dei soci che la partecipano, quantomeno sul piano formale. In concreto, senza dubbio, ben accade che la società si orienti in punto di scelte imprenditoriali secondo gli interessi degli azionisti di maggioranza, ma questo meccanismo non può spingersi sino al sacrificio e alla negazione programmatica (e non occasionale) della causa lucrativa61. Ragion per cui sembra impreciso voler trovare una

59 Cfr. G.C.RIVOLTA, Ragioni, cit., p. 568 «solo a prezzo di una semplificazione della

realtà economica e di una forzatura del sistema giuridico, è stata configurata in certi casi una unitaria impresa di gruppo; e, in contrasto con la disciplina giuridica basata sulla soggettività di ogni componente, è stata prospettata un’entità soggettiva di gruppo, portatrice di un proprio distinto interesse»

60 Come si vedrà infra in II.2.7 è da rigettare la teoria che vuole instaurato un rapporto

obbligatorio tra controllante e controllata in base al quale in capo alla società controllata gravi un vero e proprio obbligo giuridico di recepimento ed esecuzione delle direttive impartite dalla società controllante.

61 Sia ben chiaro che, nell’ottica di gruppo, sussiste una discrezionalità nella

distribuzione e dei vantaggi economici e delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle scelte di gestione della capogruppo – v. sul punto C.ANGELICI, La riforma delle

società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, Padova, 2006, p. 194 – ma è individuabile,

in capo alla holding, il vincolo negativo del non «pregiudicare la causa lucrativa delle società controllate, escludendo in maniera sistematica e continua qualunque

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giustificazione alla legittimazione attiva in capo ai soci e ai creditori della controllata nella necessità di “scavalcare” l’impedimento rappresentato dalla società controllata. Essa, infatti, non costituisce formalmente alcun ostacolo alla proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti della controllante, in quanto l’interesse alla realizzazione di profitto e alla conservazione del patrimonio sociale in un’ottica generale di lungo termine è parte preminente dell’interesse della società stessa. Il vero ostacolo, semmai, è rappresentato dalla maggioranza degli azionisti – ma solo nel caso in cui costoro partecipino dei vantaggi del gruppo62 – che, influenzando gli esiti delle

deliberazioni assembleari, potrebbe opporsi alla proposizione dell’azione perché contrario al proprio personale interesse (ma non perché contrario a quello della società).

Inoltre, qualora si negasse autonomia alla controllata non sarebbe affatto giustificata la tutela che legge accorda ai soci della stessa ex art. 2497, I comma, c.c. I soci della dominata, infatti, nel prendere parte al contratto sociale non potrebbero vantare alcuna aspettativa rispetto al fatto che la gestione della controllata tenga in conto l’interesse sociale della stessa: l’interesse della controllata si configurerebbe a priori del tutto inesorabilmente sacrificato sull’altare degli interessi del gruppo. Di tale asservimento i soci sarebbero consapevoli al momento della sottoscrizione del contratto sociale e nulla potrebbero pretendere qualora la capogruppo nell’impartire direttive alla controllata privilegiasse sistematicamente l’interesse generale a scapito di quello della singola società. Negando l’autonomia

partecipazione di alcune di esse ai profitti dell’attività di gruppo», S.COVINO,Tutela dei

soci di minoranza e dovere di “resistenza” degli amministratori di una s.pa. eterodiretta nel diritto italiano ed europeo dei gruppi di società, in corso di pubblicazione, p. 32.

62 Il controllo da cui deriva l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, infatti,

non sempre deriva dalla detenzione di partecipazioni di maggioranza nella società controllata, come avviene nel caso del controllo transitivo o del controllo contrattuale.

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giuridica e la sussistenza di un interesse autonomo in capo alle controllate, o comunque, la loro rilevanza, le società controllate si ridurrebbero, in sostanza, a meri patrimoni separati finalizzati alla realizzazione di specifici affari63.

Infine, se si considerasse prevalente la dimensione economica unitaria del gruppo negando autonomia alle società figlie, non sarebbe prospettabile autonomia decisionale in capo alla controllata: gli amministratori sarebbero meri esecutori delle direttive impartite dalla capogruppo e non potrebbero essere chiamati a rispondere ex art. 2497, II comma, c.c. Non sarebbe, quindi prospettabile alcuna responsabilità in capo a costoro, qualora non si astenessero dal dare seguito a istruzioni abusive di gruppo che siano pregiudizievoli per la società che gestiscono64.

Pare, piuttosto, che la disposizione che legittima i soci e i creditori della controllata ad agire contro la holding debba essere intesa come clausola di salvaguardia rispetto al caso in cui, appunto, la controllata stessa non sia in grado di proporre autonomamente tale azione: è questo il caso in cui si configuri un controllo interno di diritto o di fatto, dove la maggioranza delle azioni della controllata sia detenuta dalla holding o dai suoi soci.

Pertanto, qualora si volesse negare la legittimazione della società controllata alla proposizione dell’azione risarcitoria contro la

63 L’affinità, da un punto di vista imprenditoriale, tra il fenomeno del gruppo di società

e l’istituto dei patrimoni destinati ad uno specifico affare è ben colta da G.GUIZZI,

Patrimoni destinati e gruppi di società. Articolazione dell’impresa e segmentazione del rischio: due tecniche a confronto, in Riv. dir. comm., 2003, pp. 639 ss. ove si nota che entrambe le

soluzioni sono funzionali ad «ottimale gestione del rischio, circoscrivendolo nella maggiore misura possibile e, nel contempo, accrescere la propensione dei terzi al finanziamento dell’impresa».

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holding, non potrebbe assumersi a fondamento l’argomentazione dell’unitarietà economica del gruppo.

Pare preferibile, semmai, giungere a tale risultato per mezzo di altri e diversi percorsi interpretativi. Ad esempio, si potrebbe negare la possibilità per la società figlia di agire contro la società madre in virtù del principio di auto-responsabilità65. Infatti, se si considera

intercorrente un rapporto organico tra gli amministratori e la società, si potrebbe negare alla società stessa di poter agire per danni che ha subito a causa di un proprio comportamento, ovverosia l’aver dato passivamente seguito – per tramite dei propri amministratori – a direttive pregiudizievoli da parte della controllante. Il principio ispiratore di tale argomentazione è quello per cui l’attore non ha il diritto di pretendere il risarcimento del danno causato dal preposto in concorso con un terzo, fattispecie che ben si attaglia al caso di responsabilità per eterodirezione abusiva66: come si avrà modo di

analizzare più compiutamente in seguito, l’amministratore della società controllata, qualora contribuisse al verificarsi del danno eseguendo direttive della controllante pregiudizievoli per la controllata, si configurerebbe come soggetto concorrente responsabile ai sensi del 2497, II comma.

65 Così sostiene L.BENEDETTI, La responsabilità “aggiuntiva”, cit., p. 37 che porta a

sostegno della propria argomentazione la sentenza 7029/2006 delle SS. UU. in forza della quale «nessun diritto risarcitorio per la società può nascere “da un fatto illecito prodotto anche da attività infedele dei suoi rappresentanti”».

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4.5.Conseguenze della qualificazione della responsabilità ex art.