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2. L’art 2497, II comma, c.c.: la responsabilità di “chi abbia

2.1. Il rapporto con l’art 2055 c.c

Al fine di procedere ad un’analisi chiara e precisa dell’istituto della responsabilità accessoria nella disciplina dei gruppi di società è necessario scindere l’esame della fattispecie nei due segmenti tematici che la compongono: la prima parte richiama, infatti, la dimensione del concorso attraverso il concetto di partecipazione causale, la seconda, invece, sembra evocare altri schemi concettuali, quali la categoria dell’arricchimento conseguito in seguito ad un fatto illecito a cui, tuttavia, non si è preso parte.

La presente sezione avrà, pertanto, ad oggetto l’analisi del primo segmento della responsabilità accessoria.

dannoso. Tale principio trova riscontro anche in giurisprudenza, v. infatti Cass., 12 marzo 2010, n. 6041, in Giust. civ. mass., 2010, p. 360; Cass. SS. UU., 15 luglio 2009, n. 16503, in Guida dir., 2009, p. 36.

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Come si è già avuto modo di affermare, la formulazione dell’art. 2497, II comma, prima parte, c.c. sembra richiamare la struttura dell’art. 2055 c.c. nella parte in cui prevede la responsabilità solidale dei soggetti a cui sia imputabile l’effettuazione del danno. Posto che la teoria dell’identità del contenuto delle due norme non convince, occorre ora individuare quale o quali siano gli elementi che differenziano una fattispecie dall’altra.

L’art. 2497, II comma, prima parte, c.c. fa riferimento sia al concetto di contributo causale che a quello di responsabilità solidale: ragion per cui, si potrebbe affermare che la norma è rilevante non solo per la rievocazione del concetto di concorso di più condotte rivolte alla realizzazione del medesimo fatto lesivo ma, soprattutto, al fine di rendere il medesimo fatto ascrivibile75 alla pluralità di soggetti che

hanno posto in essere tali condotte76. Ed è proprio in tale

coimputazione che è da individuare la fonte della solidarietà nell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria77. In altre parole, la

solidarietà trova il proprio fondamento nell’imputabilità del fatto dannoso in capo ai soggetti responsabili: l’imputazione del fatto dannoso a più soggetti, quindi, consente l’applicazione di un regime solidale di responsabilità.

L’art. 2055, c.c., d’altro canto, si limita a indicare una modalità di attuazione dell’obbligazione risarcitoria – quella solidale appunto – qualora il fatto sia imputabile a più soggetti, ma nulla dice sul fondamento di tale ascrizione, che è da rinvenire nei criteri di imputazione previsti dalle singole fattispecie di responsabilità

75 Cfr. P.G.MONATERI, La responsabilità civile, Torino, 2006, p. 189 che sostiene che il

requisito della co-imputabilità da riferirsi al 2055 c.c. sia ad intendersi come ascrivibilità dell’intervento lesivo.

76 Cfr. L.BENEDETTI, La responsabilità, cit., p. 52. 77 Cfr. A.GNAGNI, La responsabilità, cit., p. 46 ss.

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monosoggettiva78. In altri termini, «il 2055 non è di per sé fonte di

responsabilità ma solo e soltanto di solidarietà fra corresponsabili. Essa presuppone risolta a monte la questione dell’attribuzione della responsabilità dei concorrenti»79. Sotto un’altra ottica ancora, l’art.

2055, c.c. non si occupa del profilo dell’ingiustizia del danno – da intendersi come qualificazione normativa di un fatto giuridicamente rilevante – la cui esistenza viene data per presupposta80.

È qui, dunque, che pare debba essere rinvenuta la differenza tra l’art. 2055, c.c. e l’art. 2497, II comma, c.c.: quest’ultimo, infatti, non si limita – come l’art. 2055 – a stabilire una modalità di adempimento dell’obbligazione risarcitoria, ma è dotato di contenuto precettivo ulteriore: è esso stesso a fondare la responsabilità di coloro che prendono parte al fatto dannoso81. L’art. 2497, II comma, c.c. individua,

quindi, una nuova ed autonoma fattispecie di responsabilità, rendendo

78 Cfr. A.GNAGNI, La responsabilità, cit., p. 19; M.ORLANDI, La responsabilità solidale:

profili delle obbligazioni solidali risarcitorie, Milano, 1993, p. 235.

79 L. BENEDETTI, La responsabilità, cit., p. 54. Questo ragionamento porterebbe ad

escludere, come sostiene certa dottrina autorevole, che la responsabilità del terzo complice del debitore nell’inadempimento contrattuale possa fondarsi in via esclusiva sull’art. 2055, c.c., v. P. DI MARTINO, La responsabilità del terzo “complice”

nell’inadempimento contrattuale, in Riv. trim. dir e proc civ., 1975, p. 1383; d’accordo con

l’impostazione assunta in questa sede sono A.GNAGNI, La responsabilità, cit., p. 19; M. ORLANDI, La responsabilità solidale, cit., p. 158.

80 Cfr. A.IANNARELLI, Appunti sul “danno ingiusto” fra il giudice e la legge nell’esperienza

post-moderna, in Questione giustizia, 2018, 1 che effettua un excursus del concetto di

ingiustizia del danno nella responsabilità civile e della sua progressiva affrancazione dal concetto penalistico di antigiuridicità della condotta. Questo processo ha consentito «concreto recupero della cd. “atipicità” alla base dell’art. 2043, c.c., non già nel senso della totale attribuzione al giudice del potere di qualificare di volta in volta il danno in termini di ingiusto, bensì nel senso di affidargli il compito di verificare la sussistenza di una situazione, persino di fatto, sempre che giuridicamente rilevante per l’ordinamento, oggetto della lesione».

81 «Il 2497 II, prima parte fonda autonomamente l’antigiuridicità del fatto da essa

previsto. La norma infatti prevede che la partecipazione all’evento dannoso previsto dal 1 comma è fonte di responsabilità risarcitoria – per di più solidale – per chiunque l’abbia posta in essere», L.BENEDETTI, La responsabilità, cit., p. 55.

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superfluo il ricorso all’art. 2043, c.c. – o qualsiasi altra norma di imputazione – per fondare la responsabilità dei concorrenti. Infatti, qualora mancasse l’art. 2497, II comma, prima parte, c.c. e quindi non vi fosse una norma che fonda la responsabilità del concorrente, l’art. 2055, c.c. sarebbe applicabile solamente laddove la condotta del presunto concorrente ricadesse in una delle fattispecie di responsabilità monosoggettiva. Tale fattispecie di responsabilità, senz’altro, non potrebbe essere identificata con l’art. 2497, I comma, c.c., in quanto la disposizione parla esplicitamente di “società o enti” come soggetti agenti. Rimarrebbe, pertanto, come unica alternativa per fondare l’imputabilità dell’unico fatto dannoso anche in capo ai concorrenti il ricorso al 2043 c.c., con tutte le difficoltà probatorie che tale fattispecie comporta82.

Giunti a questo punto della riflessione, affermata la natura contrattuale della responsabilità di cui al primo comma dell’art. 2497, c.c., l’illecito che fonda la responsabilità dei concorrenti previsto dal

82 Interessante la riflessione di L.BENEDETTI, La responsabilità, cit., p. 59 che individua

all’interno del ragionamento sinora svolto un’ulteriore problematica: in assenza dell’art. 2497, II comma, c.c., anche se fosse integrata la fattispecie del 2043, c.c. rispetto ai singoli concorrenti, il soggetto legittimato all’azione di responsabilità sarebbe la società eterodiretta. Sarebbe, infatti, difficile in via interpretativa far derivare una legittimazione all’azione direttamente in capo ai soci della società controllata, quantomeno in virtù del principio generale per cui il danno cagionato al patrimonio sociale dagli amministratori o da terzi deve essere necessariamente risarcito a favore della società (v. art. 2395, c.c.), cfr. G.SCOGNAMIGLIO, Autonomia e coordinamento nella

disciplina dei gruppi di società, Torino, 1996, p. 153, F.DI GIOVANNI, La responsabilità della

capogruppo dopo la riforma delle società, in Riv. dir. priv., 2004, I, p. 36. «Ne consegue che

in mancanza della specifica statuizione dell’art. 2497, II comma prima parte il danno previsto all’art 2497, I comma sarebbe risultato risarcibile direttamente a favore dei soci [della controllata] da parte della capogruppo [per esplicita previsione del primo comma]: e a favore della società dominata da parte dei concorrenti». A ciò si aggiunga, tra l’altro, l’impossibilità di prevedere un vincolo solidale tra gli stessi, posta la diversità dei soggetti beneficiari dell’azione risarcitoria. Si conferma, allora, ancora una volta l’autonoma portata precettiva dell’art. 2497, II comma, c.c.: siffatta autonomia investe, infatti, il duplice profilo sia dell’ascrivibilità dell’unico fatto dannoso sia della legittimazione attiva dell’azione di responsabilità.

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secondo comma deve essere ricondotto allo schema del concorso nell’inadempimento: con tale locuzione si allude al caso in cui un terzo soggetto intervenga nel rapporto giuridico intercorrente tra debitore/obbligato e creditore attraverso comportamenti che producano o, comunque, contribuiscano all’inattuazione dell’obbligo del debitore83: ovviamente, la condotta del complice

nell’inadempimento diventa rilevante solamente laddove si produca un danno per il creditore e, quindi, mai senza che il debitore non adempia84. L’ammissibilità di tale schema di concorso di responsabilità

è ammessa specificamente anche in materia giuscommercialistica: è stato affermato, infatti, che il concorso tra l’illecito contrattuale della società e quello di qualsiasi soggetto terzo estraneo al rapporto obbligatorio, ivi compreso l’amministratore, ben può avere luogo laddove sia configurabile un comportamento doloso o colposo casualmente efficiente alla realizzazione dell’inadempimento stesso85.

Si può, dunque, affermare che l’ipotesi di cui al 2497, II comma, prima parte ricade perfettamente nell’ambito di tale schema posto che:

(i) le condotte sono causalmente orientate alla realizzazione di un unico fatto dannoso;

83 Cfr. F.GUERRERA, La responsabilità “deliberativa” nelle società di capitali, Torino, 2004,

p. 282.

84 È opportuno precisare che il concorso nell’inadempimento sia fattispecie diversa da

quella di “lesione del credito”: quest’ultima presuppone, infatti, un impedimento di natura esterna frapposta da un terzo tale da impedire l’attuazione del rapporto obbligatorio (cfr. C.CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 117).

85 Cfr. Cass., 3 dicembre 2002, n. 17110, in Giust. civ. mass., 2002, p. 2100. In

giurisprudenza, per la configurabilità della figura del concorso nell’inadempimento come categoria generale v., da ultimo, Cass., 10 ottobre, 2008, n. 25016, in Giust. civ.

mass., 2008, p. 1473. Ad ogni modo, per la responsabilità specifica per concorso degli

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(ii) il fatto dannoso unico è rappresentato dalla violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale: tale condotta abusiva costituisce l’inadempimento della prestazione dovuta al creditore86;

(iii) l’ingiustizia del danno dalla prospettiva dei concorrenti trova fondamento direttamente nel dato normativo che vi ricollega anche il regime di responsabilità solidale87.