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2. L’art 2497, II comma, c.c.: la responsabilità di “chi abbia

2.5. Il regresso

Dal combinato disposto del primo e del secondo comma dell’art. 2497, c.c. risulta che la responsabile diretta del danno causato

102 Come nota L. BENEDETTI, La responsabilità, cit. p. 73, si tratta del medesimo

meccanismo che caratterizza l’art. 2055, c.c. rispetto al quale vale il principio di equivalenza dei criteri di imputazione: in base a quest’ultimo, infatti, riferendosi al fatto dannoso si ricomprendono «tutte le circostanze e situazioni previste da ciascuna delle fattispecie di responsabilità concretamente applicabili», M. ORLANDI, La

responsabilità solidale: profili delle obbligazioni solidali risarcitorie, Milano, 1993, pp. 420 ss.

103 Se, dunque, i criteri di imputazione soggettiva sono quelli generali l’ulteriore

conseguenza a cui si addiviene è quella per cui possano rientrare all’interno dello schema di partecipazione del terzo all’inadempimento contrattuale anche i casi di responsabilità oggettiva,L.BENEDETTI, La responsabilità, cit. p. 74 nt. 83.

104 Posto che la condotta partecipativa integri il presupposto oggettivo, quello

soggettivo dovrà essere valutato alla stregua delle singole fattispecie di responsabilità che varieranno a seconda della qualifica o del ruolo rivestito dal soggetto agente. Con riferimento alla figura generale del concorso nell’inadempimento, la dottrina individua dei casi in cui per le peculiarità del contesto normativo in cui si innesta la partecipazione del terzo sia richiesto espressamente il dolo. Questo avviene, ad esempio, in tema di doppia alienazione immobiliare (cfr. C.CASTRONOVO, La nuova

responsabilità, cit., pp. 134 ss.) o di induzione all’inadempimento (cfr. F.ZICCARDI,

L’induzione, cit., pp. 133 ss.).

105 Residuale, da intendersi nel senso che si applichi tale criterio qualora non ne siano

previsti espressamente di altri, conformemente a quanto avviene, appunto, nello schema generale dell’illecito civile.

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dall’eterodirezione abusiva sia la holding che, quindi, risponde con il proprio patrimonio sociale. Questa essendo, tuttavia, un ente, non è in grado di compiere materialmente l’atto illecito: la capogruppo, come tutte le società, opera attraverso altri soggetti persone fisiche, in primis, attraverso i propri amministratori106. Alla stregua di tali premesse, si

potrebbe allora ipotizzare che ad un illecito imputabile in capo alla holding corrisponderebbe sempre un soggetto materiale che ha posto in essere la violazione e che, dunque, verrebbe sanzionato attraverso la fattispecie di cui all’art 2497, II comma107.

Orbene, da siffatte considerazioni deriverebbero, due corollari:

(i) Astrattamente e in teoria è sempre configurabile una

responsabilità accessoria ex art. 2497, II comma, prima parte, c.c. quantomeno dal punto di vista oggettivo. Si tratterebbe, dunque, non di una responsabilità eventuale, ma connaturata alla fattispecie di illecito cui si riferisce.

(ii) Con la norma in questione vengono bilanciati gli interessi dei creditori e soci della controllata con quelli dei creditori e soci della controllante: il regime di responsabilità solidale, infatti, consentendo il regresso, ha come effetto quello di far ricadere il peso economico del danno, almeno parzialmente, su soggetti diversi dalla società capogruppo.108

106 Cfr. GUERRERA, I regolamenti di gruppo, cit., 1599 s. il quale nota efficacemente che

«le relazioni infragruppo […] sono sempre mediate dall’autonomia soggettiva degli enti al quale l’azione degli organi sociali si riferisce».

107 Il discorso della responsabilità concorrente degli amministratori con quella della

società che servono viene ripreso e approfondito in II.2.6.

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Il primo punto, tuttavia, se plausibile in un’ottica oggettiva, ovverosia quella che guarda alla condotta partecipativa, incontra due differenti limitazioni: da un lato, esso deve essere necessariamente bilanciato con la prospettiva soggettiva e, quindi, con i criteri di imputazione. Per integrare i requisiti della fattispecie di cui al II comma e, quindi, per poter prospettare una responsabilità aggiuntiva non è sufficiente la mera partecipazione, ma è necessaria la sussistenza dell’elemento soggettivo: la condotta partecipativa dovrà, dunque, essere connotata in senso colposo o doloso, a seconda della fattispecie soggettiva di riferimento. In assenza di tale connotazione, pertanto, potrà configurarsi solamente una responsabilità principale della holding senza alcuna responsabilità aggiuntiva in capo alle persone fisiche che agiscono per mezzo della stessa.

A tali riflessioni si aggiunga il fatto che, in relazione alla fattispecie di eterodirezione abusiva, in dottrina c’è chi ha posto l’accento sull’attività piuttosto che sul singolo atto contrario ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Ad essere colpita dalla norma di responsabilità, dunque, non è la singola operazione posta in essere dagli amministratori della controllante ma un’attività abusiva imputabile alla società come ente a sé stante che si esplica in una serie di atti ripetuti nel tempo e orientati a risultati pregiudizievoli per la singola società controllata109.

Per quanto concerne il secondo corollario, invece, l’art. 2497, II comma, c.c., nell’optare per un regime di solidarietà tra i responsabili, prospetta implicitamente la possibilità, una volta che la pretesa risarcitoria sia stata soddisfatta, di azionare il meccanismo di regresso

109 Questo, tra l’altro, può essere considerato un altro motivo – oltre al criterio della

c.d. deep pocket – che spiegherebbe perché la responsabilità principale è posta direttamente in capo alla holding e non ai singoli amministratori.

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tra colui che non ha adempiuto e gli altri responsabili. La disposizione, infatti, potendo funzionare anche come norma di regresso, consente di addossare in ultima istanza il peso economico del risarcimento – o quanto meno di ripartirlo – al soggetto che può esserne considerato sostanzialmente il fautore.

L’art 2497, II comma, c.c. può, quindi, svolgere anche una funzione di tutela dei soci e dei creditori della controllante, in quanto in grado di distribuire l’entità del risarcimento in capo a soggetti diversi – qualora ne sia provata la responsabilità – dalla società controllante. Il risarcimento, infatti, incide negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale della controllante, causando un danno che si riflette sui creditori e sui soci della holding110.

Indubbiamente, il tema del regresso si inserisce nel quadro generale e ben più ampio del conflitto di interessi fra creditori di chi ha subito un danno patrimoniale e creditori di colui che ne risponde111: in

tale ottica di conflitto, l’impostazione generale è quella di privilegiare soluzioni che bilancino i due interessi in gioco salva la previsione di norme specifiche che attribuiscano rilevanza all’una o all’altra parte. Nel caso di specie, a tutela dell’interesse dei creditori e dei soci della controllante, possono essere richiamate tutte quelle disposizioni che riconoscono l’integrità del patrimonio sociale come bene meritevole di autonoma protezione (e segnatamente gli artt. 2394, 2497, 2485 e

110 Cfr. L.BENEDETTI, La responsabilità, cit. p. 90. A porre l’attenzione sulla posizione –

poco tutelata – dei creditori e dei soci esterni della holding è G.GUIZZI, Riflessioni su

alcuni problemi irrisolti nella disciplina del gruppo (Fantasia para un Gentilhombre), in Osservatorio del diritto civile e commerciale, 2015, 1, pp. 14 ss.: individuando come

problema di primario interesse nella disciplina dei gruppi il bilanciamento delle diverse classi di soggetti finanziatori e investitori, egli evidenzia come l’unica soluzione auspicabile per una tutela effettiva dei creditori e dei soci esterni della capogruppo sia quella di rafforzarne il diritto di recesso.

111 Cfr. R.RORDORF, La protezione dei creditori nel fenomeno di gruppo, in Società, 1987, p.

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2486)112. Nondimeno, non vi è ragione di dubitare che al ricorrere di

fattispecie di responsabilità l’interesse prioritario sia quello dei soggetti danneggiati e che il loro interesse non possa essere sacrificato neppure in parte per bilanciare quello dei creditori del danneggiante. Tale ragionamento, se traslato all’ipotesi di responsabilità per eterodirezione abusiva, comporta che l’interesse primario sia quello di ristorare il patrimonio della controllata danneggiata a scapito dei creditori e dei soci di minoranza della controllante danneggiante113.

Non a caso, infatti, uno dei motivi per i quali il legislatore ha optato per configurare la responsabilità primaria direttamente in capo alla holding è proprio quello di garantire il pieno soddisfacimento della pretesa risarcitoria dei soci e dei creditori della controllata, individuando nella controllante – che generalmente dispone di risorse economiche e finanziarie più consistenti del singolo soggetto – il responsabile principale. L’art. 2497, II comma, c.c. prevedendo una responsabilità solidale trai soggetti ritenuti responsabili e un possibile regresso tra gli stessi consente di operare ex post un bilanciamento con gli interessi dei creditori e i soci di minoranza della controllante. Infatti,

112Cfr. L.BENEDETTI, La responsabilità, cit. p. 89.

113 La peculiarità del conflitto di interessi tra creditori nell’ambito dei gruppi di società

è analizzata da M.MIOLA, Il diritto italiano dei gruppi de jure condendo: i gruppi ed i

creditori, in Giur. comm, 1996, 3, pp. 409 ss.: in particolare si evidenzia come «esigenze

specifiche di tutela non si pongono sempre ed indifferenziatamente per qualsiasi creditore di società del gruppo. Infatti, a rigore solo per i creditori di società controllate si rende necessario individuare strumenti […] che consentano di rimediare ai pregiudizi che […] possono derivare dall'influenza esercitata dalla capogruppo […]. Non uguale, come intensità e come tipologia di esigenze, si presenta la situazione per i creditori della società capogruppo. E ciò non perché deve escludersi rispetto a costoro l'eventualità di un pregiudizio, ove si pensi all'ipotesi di operazioni compiute dalla capogruppo a vantaggio di una controllata ed almeno in via immediata depauperative del proprio patrimonio. Piuttosto, perché rispetto a tali operazioni occorre in primo luogo tenere conto dei rimedi offerti a qualsiasi creditore nei confronti del proprio diretto debitore, salvo le peculiarità del caso specifico».

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esso opera solo dopo che l’obbligazione risarcitoria è stata adempiuta e, quindi, dopo il pieno soddisfacimento dei danneggiati.

L’art. 2497, II comma, prima parte, c.c. dunque, non solo facilita l’imputazione della responsabilità in capo a soggetti terzi che abbiano contribuito con la propria condotta alla causazione dell’illecito, ma consente anche di azionare il relativo meccanismo di regresso una volta che il risarcimento del danno è stato corrisposto.

L’art. 2055, II comma, c.c. prevede, infatti, che “colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispetti colpa e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate”. Come si è già avuto modo di precisare l’art. 2497, II comma, c.c. svolge un ruolo ulteriore rispetto all’art. 2055, I comma, c.c., poiché non si limita ad indicare la modalità di adempimento dell’obbligazione risarcitoria nel caso di coimputabilità di più soggetti, ma funge esso stesso da norma di imputazione – oggettiva –. Quindi, se per ipotesi mancasse il secondo comma dell’art. 2497, c.c. non sarebbe possibile affermare direttamente la responsabilità di coloro che hanno posto materialmente in essere il fatto illecito – o che comunque hanno contribuito a causarlo – ma sarebbe necessario ricorrere ad altre fattispecie di responsabilità come ad esempio l’art. 2043, c.c.114. Pertanto, per poter affermare l’esistenza

114 Secondo il ragionamento già effettuato nel cap. I, senza il secondo comma,

dall’affermazione di una responsabilità della capogruppo ai sensi del 2497, I comma per violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale occorrerebbe provare gli elementi che integrano la fattispecie del 2043 rispetto al singolo soggetto compartecipe. Qualora tali requisiti fossero sussistenti, si farebbe riferimento all’art. 2055, I comma, c.c. per fondare la responsabilità solidale dei soggetti a cui è coimputato il fatto illecito e all’art. 2055, II comma, c.c. per poter consentire alla capogruppo di agire in regresso nei confronti dei singoli coimputati. Il punto critico di tale sequenza è costituito dalla prova della responsabilità ex 2043, c.c. dei singoli soggetti che hanno contribuito a causare il danno: la difficoltà probatoria che la fattispecie di responsabilità generale comporta si tradurrebbe, di fatto, in un ostacolo per la configurabilità sia di una responsabilità solidale ma soprattutto della possibilità

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di un regresso della holding contro gli amministratori o i soci di maggioranza, il percorso logico da seguire sarebbe indubbiamente più complesso. L’introduzione dell’art. 2497, II comma, c.c. consente, dunque, una semplificazione dell’iter probatorio in quanto, una volta affermata una responsabilità ex art. 2497, I comma, c.c., è sufficiente individuare gli autori materiale e causali – in base all’art. 2497, II comma, c.c. – ed applicare il meccanismo di regresso ex art. 2055, II comma, c.c.

Lo schema che si delinea all’esito dell’analisi compiuta vede una tutela prioritaria e principale per i danneggiati consistente nella responsabilità principale della holding, e una tutela residuale per i soci di minoranza e i creditori della controllante attraverso la previsione di un’azione di regresso nei confronti dei soggetti che abbiano materialmente posto in essere il fatto dannoso o che abbiamo comunque fornito un qualche apporto causale.

L’art. 2497, II comma, c.c. svolge, dunque, la duplice funzione regolatoria del rapporto tra i soggetti coimputabili: dall’ottica esterna dell’obbligazione risarcitoria, esso consente ai legittimati attivi dell’azione di responsabilità di rivolgersi – attraverso la previsione di una responsabilità solidale – indifferentemente sia alla capogruppo che ai soggetti che ne abbiano comunque preso parte; dal lato interno, invece, consente il regresso tra soggetti coimputati, una volta che l’obbligazione risarcitoria sia stata adempiuta.

L’art. 2055, II comma, c.c. è la norma di riferimento che regola il regresso come istituto generale nelle fattispecie di responsabilità e che, dunque, opera anche nel caso in esame. In astratto, si potrebbe quindi configurare un regresso totale della holding nei confronti delle

di regresso della holding nei confronti di quei soggetti che comunque, in qualche modo, hanno contribuito a determinare l’illecito.

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persone fisiche responsabili; nondimeno tale possibilità sarebbe contraria alla logica per cui la fattispecie di responsabilità non vuole tanto andare a colpire “illegittimi desideri di arricchimento personale di chi detiene il potere della capogruppo” quanto piuttosto politiche unitarie di gestione che abbiano arrecato danni alle società figlie115.

In questo senso è opportuno valorizzare l’art. 2055, II comma, c.c. che ammette il regresso “nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate”. Il peso economico, dunque, che dovrà essere sopportato dagli autori materiali o dai concorrenti causali sarà differente di caso in caso, a seconda della consistenza dell’elemento soggettivo e del possibile inserimento di quell’iniziativa pregiudizievole in un’ottica di politica generale più ampia della capogruppo: in tale ultimo caso, sarà prospettabile una maggiore “colpevolezza” della società capogruppo rispetto ai singoli autori materiali che giustificherà la circostanza per cui sarà il patrimonio della società controllante a sopportare la gran parte del peso economico del risarcimento116.

Autorevole dottrina, prendendo spunto dalle riflessioni in punto di responsabilità degli enti, sostiene, tuttavia, che l’ente risponda esclusivamente nei limiti del vantaggio conseguito: ragion per cui all’art. 2497, II comma, c.c. sarebbe assegnata una funzione di tutela dei creditori e dei soci di minoranza della holding esclusivamente per quella porzione di risarcimento ulteriore rispetto all’indebito

115 B.LIBONATI, Il gruppo insolvente, Firenze, 1983, pp. 200 ss. In questo senso allora,

poter scaricare del tutto il peso economico del risarcimento sull’autore materiale sarebbe contrario alla ratio della riforma, v. L.BENEDETTI, La responsabilità, cit. p. 90;G.

B.PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Riv. soc., 1991, p 86.

116 Per un approfondimento in materia di elemento soggettivo riferibile agli enti cfr.

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vantaggio conseguito dall’ente117. In sostanza, scomponendo il

risarcimento del danno in due porzioni distinte, la holding sarà tenuta a sopportare il peso di quella porzione del risarcimento corrispondente alla locupletazione conseguita, i soggetti di cui all’art. 2497, II comma, c.c. sopporteranno eventualmente il peso di ulteriori ed eventuali conseguenze pregiudizievoli di cui la controllante è, comunque, tenuta a rispondere in prima istanza ex art. 2497, I comma, c.c. Essa potrà riappropriarsi di tali somme eccedenti il vantaggio conseguito attraverso il meccanismo di regresso118.

Una soluzione plausibile che faccia salvo il criterio della colpa come ripartitore del risarcimento può, allora, essere la seguente: il vantaggio economico conseguito dalla società controllante in quanto indebito viene a pesare in ultima istanza sulla controllante. Per l’eventuale ulteriore porzione del risarcimento si potrebbe ricorrere al criterio della colpa ex art. 2055, II comma, c.c.: ragion per cui se il danno subito dalla società figlia si può inserire in una politica abusiva più generale perpetrata dalla capogruppo o dietro pressione diretta dei soci di maggioranza, indubbiamente la colpa degli amministratori è da considerarsi meno rilevante per la distribuzione del peso economico del risarcimento. Questo può avvenire, ad esempio, in contesti in cui la compagine sociale non è frammentata e la maggioranza è in grado

117 Così M.BUSSOLETTI E.LA MARCA, Gruppi e responsabilità da direzione unitaria, in Riv.

dir. commerciale, 2010, 1, p. 130 quando afferma che «è chiaro, inoltre, che se l’abuso ha

determinato un indebito vantaggio della holding l’amministratore negligente di questa potrà da esse essere chiamato a tenere indenne la società non del danno costituito dalla doverosa restituzione del maltolto, ma delle ulteriori conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’aver esposto a tale responsabilità la capogruppo».

118 Cfr. L.BENEDETTI, La responsabilità, cit. p. 92, il quale specifica che non può negarsi

l’illiceità della condotta dell’organo amministrativo della capogruppo, qualora la espongano a responsabilità ex art. 2497, I comma, c.c.: ciò consente alla capogruppo stessa di agire in regresso contro i propri amministratori per la parte di obbligo risarcitorio che eccede il vantaggio indebitamente conseguito.

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di esercitare un’influenza determinante sull’operato degli amministratori. Qualora, invece, l’operazione abusiva sia da considerare in primo luogo come risultato di iniziative autonome o strategicamente errate degli amministratori, allora, essendo configurabile una colpevolezza maggiore in capo agli stessi, si potrebbe giustificare il regresso della società controllante per la porzione di risarcimento ulteriore rispetto al mero vantaggio conseguito119.

È fuor di dubbio che, poi, da un punto di vista pratico sia difficile tracciare i confini di colpevolezza tra l’operato generale dell’ente ed il singolo ed autonomo apporto degli amministratori rispetto all’eterodirezione abusiva: qualora si adottasse la soluzione avanzata in questa sede, risulterebbe, cioè, complesso verificare in concreto il quantum dell’elemento soggettivo in capo ai soggetti responsabili per poter operare un’equa ripartizione del risarcimento del danno.

2.6. I possibili soggetti responsabili ex art. 2497, II comma,