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Occhio al midollo!

Penco Arturo

Università degli Studi di Trieste

Emma è una bambina di 4 anni che giunge in Pronto Soccorso dopo un viaggio della speranza dalla Macedonia con una diagnosi che sembra fatta: leucemia. Da 4 giorni presenta febbre, tosse e vomiti e non si alimenta. In Macedonia ha effettuato degli esami ematici: Leucociti 56900/mmc con neutrofili 31800/mmc, emoglobina 4.6 g/dL, piastrine 677000/mmc, con LDH aumentato a 1100 U/L e bilirubina totale di 2.9 mg/dL. Visitandola troviamo una bambina visibilmente malata, immobile, pallida, tachicardica con un soffio sistolico. C’è un’epatemegalia di circa 1 cm, mentre la milza non è palpabile, sono palpabili diversi linfonodi di piccole dimensioni in tutte le comuni sedi di repere.

Ripetiamo gli esami ematici che in parte confermano i reperti già noti: leucociti 39400/mmc, emoglobina ridotta ulteriormente a 3.7 g/dL, reticolociti 203000/mmc, piastrine 418000/mmc, LDH 1100U/L, bilirubina totale 2.44 mg/dL di cui indiretta 2.00, aptoglobina consumata con PCR negativa, AST 89 U/L. Ma qualcosa non convince tra gli esami, le piastrine sono troppo alte per una leucemia, così come i reticolociti, il midollo sembra funzionare fin troppo bene… Effettua uno striscio periferico e un’analisi dell’immunofenotipo periferico, che risulteranno poi negativi per blasti, e un test di Coombs diretto e indiretto, che invece risulta fortemente positivo per IgG (anticorpi caldi). Ora la diagnosi è chiara: anemia emolitica autoimmune. Lo stick urine tuttavia è negativo.

Viene avviata la terapia con metilprednisolone a 2 mg/kg inizialmente ogni 6 ore e, vista l’in-stabilità clinica della bambina e il valore di emoglobina inferiore a 5 g/dl, viene effettuata una trasfusione di emazie concentrate in due ore e mezza.

Dopo la trasfusione l’emoglobina risale a 6 g/dL, mantenendosi inizialmente stabile e aumentan-do poi progressivamente, con consensuale calo degli indici di emolisi.

I messaggi che mi porto a casa da questo caso sono tanti: è vero che con due linee interessate all’emocromo è leucemia fino a prova contraria ma ciò non significa sempre leucemia e bisogna ragionare sull’emocromo. Inoltre, in caso di anemia emolitica autoimmune in casi selezionati si può effettuare una trasfusione di emazie (se Hb <5 g/dL e importante sintomatologia), anche se la terapia fondamentale è quella con glucocorticoidi ad alto dosaggio. Infine, se l’emolisi è extravascolare, posso non trovare bilirubinuria.

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Risposta del latte materno alle infezioni attive nel lattante

Chiara Condemi1, Mara Pepe2, Antonietta Curatola3, Piero Valentini1, Clara Di Mario4, Barbara Tolusso4, Stefano Alivernini4,5, Elisa Gremese4,6, Ilaria Lazzareschi1

1Dipartimento di Pediatria, Fondazione Policlinico Universitario "A. Gemelli" IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italy

2Dipartimento di Pediatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italy

3Dipartimento di Pediatria, Fondazione Policlinico Universitario "A. Gemelli" IRCCS, Roma, Italy

4Immunology Research Core Facility, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, IRCCS

5Division of Rheumatology, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, IRCCS

6Division of Clinical Immunology, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, IRCCS

Introduzione

Il latte materno umano fornisce un significativo sistema di supporto immunologico per il neo-nato durante i primi mesi di vita. L’obiettivo principale del nostro studio è indagare e descrivere le variazioni dei fattori immunologici nel latte materno in corso di infezione attiva nel lattante.

Metodi

Uno studio osservazionale prospettico è stato condotto presso il Policlinico Universitario “A.

Gemelli” di Roma, arruolando le madri di neonati allattati esclusivamente al seno di età compre-sa tra 0 e 4 mesi ricoverati a seguito di un’infezione.

Al momento del ricovero (T0) venivano prelevati un campione di latte ed un campione di san-gue della madre, i cui valori laboratoristici venivano confrontati con quelli nei rispettivi campioni dopo 21 giorni dall’infezione (T21), periodo in cui si ipotizza la guarigione clinica del paziente.

L’outcome primario dello studio è valutare le differenze nella conta cellulare (linfociti CD3, CD4 e CD8, linfociti B, Unswitched memory B cells, switched memory B cells, linfociti B doppio ne-gativi, plasmacellule e plasmablasti) tra il latte ed il sangue materno a T0. Gli outcomes secondari dello studio sono:

1. valutare le differenze nella conta cellulare nel latte materno tra il T0 e il T21;

2. valutare le differenze nella conta cellulare nel latte materno al tempo T0 tra le infezioni bat-teriche e le infezioni virali.

Risultati

Abbiamo arruolato 19 lattanti nati a termine, di cui 12 (63.2%) maschi con età media di 54 giorni.

Tra questi 10 (52.6%) erano nati da parto eutocico mentre 9 (47.4%) da parto distocico. Il peso medio alla nascita era pari a 3436.84 ± 389.306 grammi. L’età mediana delle madri arruolate era 33.5 anni (range interquartile (IQR) 27-37) e solo 4 (21.1%) erano di nazionalità straniera. Tutti i neonati arruolati erano allattati esclusivamente al seno e tra questi 15 (78.9%) erano secondo-terzogeniti. Diciotto (94.7%) neonati necessitavano di ricovero ospedaliero, mentre uno (5.3%) era seguito in regime ambulatoriale; inoltre tra tutti i neonati con infezione attiva reclutati, 7 (36.8%) erano affetti da infezione batterica, mentre 12 (63.2%) virale.

Confrontando i campioni di sangue e di latte materno al T0 non sono emerse differenze stati-sticamente significative sul numero di linfociti CD3, CD8 e Switched B cells; sono invece emerse delle differenze statisticamente significative con conta percentuale maggiore nel latte rispetto al plasma per le Unswitched B cells (p= 0.005), Linfociti B doppio negativi (p= 0.005), Plasma-cellule (p= 0.021) ed i Plasmablasti (0.021). Infine sono emerse delle differenze statisticamente

significative con conta percentuale maggiore nel plasma per i linfociti CD4 (p =0.049) e linfociti B (p =0.007).

Procedendo con la valutazione degli outcomes secondari nel confronto tra le percentuali cellu-lari al T0 e al T21 nel latte non sono emerse differenze statisticamente significative per nessun dato analizzato. Allo stesso modo, non sono emerse differenze statisticamente significative per nessun dato analizzato nel confronto delle percentuali cellulari tra infezioni batteriche e virali.

Conclusioni

Nonostante la numerosità campionaria del nostro studio sia ancora bassa, dai risultati preliminari ottenuti finora sono emerse delle modificazioni nella composizione del latte materno rispetto al plasma in risposta alle infezioni attive nel lattante; questo ci spinge ad approfondire e continuare il nostro studio estendendo il campione di lattanti e madri arruolate.

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Quelle strane tumefazioni che non fanno