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3. Prove di innovazione sociale nel Casalasco

3.5. Legami a confronto

3.5.1. Oltre la burocrazia

Questo grande disegno di intervento sociale non trova un completo riscontro da parte degli operatori. Il mutamento del sistema di welfare ampiamente de-

scritto sopra fa emergere una certa difficoltà da parte dei professionisti a par- tecipare a questo nuovo tipo di lavoro e divenire così operatori dell’innovazione. Sono coloro che lavorano sul territorio ad essere esposti in prima linea ai problemi sociali e a lavorare in situazione di sovraccarico cer- cando di mediare tra due fuochi: da una parte un progressivo taglio ai fondi pubblici per i servizi sociali, dall’altra l’inasprirsi delle problematiche e l’acuirsi della stratificazione sociale. All’operatore si stanno forzatamente attribuendo maggiori responsabilità che variano su diversi campi d’azione, ciò contribuisce all’ampliamento delle sue risorse personali certo, ma senza un adeguato sup- porto. Le richieste sempre più diversificate e la necessità di attivare risorse il più efficaci ed economicamente sostenibili, non godono di un impianto gestio- nale e informativo di supporto al professionista, il quale subisce un sovracca- rico di mansioni e impegni da adempiere contando sulle sue singole forze. In questo contesto le isole dei servizi sociali territoriali paiono sempre più lonta- ne dalla propria capitale dirigenziale mentre si amplia la percezione di un co- stante isolamento lavorativo di fronte l’incombere del mare e alla perdita delle proprie barriere coralline.

Di conseguenza alla proposta di nuovi progetti sociali sul distretto vi sono di- verse reazioni da parte degli operatori i quali possono accogliere il cambia- mento come un tanto sperato sollievo dalle molte richieste della cittadinanza, oppure come un ulteriore sovraccarico che non supporta il proprio operato sul territorio ma anzi lo complica, introducendo ulteriore burocrazia e obblighi. Il professionista deve sì mantenersi sempre aperto a nuove possibilità di miglio- ramento nel lavoro sociale, ma d’altra parte risulta pure fondamentale un maggiore tutoraggio da parte del livello centrale per una migliore comprensio- ne delle risorse messe in campo.

Fondamentalmente il rapporto tra operatori all’interno di un’organizzazione deve proprio toccare i temi studiati dalla teoria delle organizzazioni. Infatti il sistema dei servizi sociali è ancora da collocare oggi nel complesso apparato burocratico statale e gli operatori sono ancora definibili dei burocrati. Nono- stante la peculiarità della relazione come primo strumento di lavoro, i profes- sionisti del sociale devono fare i conti con tutti quegli aspetti formali riguardan- ti la relazione tra cittadino e apparato statale. Se il sistema di welfare deve essere mosso da principi e valori che spingano alla condivisione e al lavoro di

comunità, va anche riconosciuto che può funzionare solamente se supportato da un forte struttura burocratica che gli permetta di proseguire il proprio ope- rato. Favorire la progettazione partecipata, l’iniziativa dal basso e l’approccio di comunità vuol dire anche promuovere lo snellimento delle procedure istitu- zionali, ma non un loro totale smantellamento. Senza un sistema chiaro di re- gole e forme procedurali non può esserci progettazione, sperimentazione so- ciale e riproduzione delle innovazioni introdotte.

Riconoscere l’importanza della burocrazia non vuol dire però burocratizzare ancora di più il lavoro sociale, ma anzi, aprirlo e renderlo più flessibile per av- vicinarlo al cittadino e alle sue richieste. Bisogna andare oltre la visione pes- simistica di Merton che colloca il burocrate in una posizione superiore e im- personale rispetto i cittadini136. Un operatore sociale competente in questa vi- sione innovativa di partecipazione ai servizi, deve sapersi muovere dalla pro- pria scrivania e scendere in campo per poter relazionarsi con le persone.

“La vulnerabilità non sta negli uffici, ma fuori da essi” cit. supervisore (dal diario etnografico)

In questo senso l’operatore sociale non deve uscire dal proprio ruolo profes- sionale scadendo in comportamenti inopportuni, ma deve sapersi avvicinare alle persone per attuare una reale comprensione e un loro vero coinvolgimen- to nel proprio processo d’aiuto. Non si tratta di dover rischiare la sindrome da

burn out forzando un attaccamento emotivo tra professionista e persona-

utente, ma sostenere un approccio più umano sia ai problemi che alle risorse sociali smettendo di ragionare per numeri, bilanci e bonus sociali e prendendo in mano la possibilità di lavorare con le persone e la comunità in rete.

L’operatore si deve quindi aprire a questo nuovo approccio meno burocratico, ma al contempo deve godere del sostegno dell’istituzione di cui fa parte per poter lavorare nel pieno delle proprie possibilità. Ad operatori disponibili nei confronti di nuovi strumenti di aiuto alla collettività si contrappongono spesso amministrazioni o dirigenze più rigide. Il timore dello spreco di risorse sempre più scarse non deve frenare l’innovazione sociale.

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Legami di Terra e FareLegami stanno tracciando la via per far sconfinare gli

operatori dai classici ruoli in cui sono spesso inquadrati per rispondere al me- glio alle esigenze fatte emergere dalla comunità. Non vi è più, come riporta Ferrari, un lavoro sommerso dell’operatore mantenuto celato agli occhi dell’organizzazione137, ma anzi è la stessa progettazione che spinge i suoi di- pendenti verso un approccio innovativo alle richieste sociali. Queste innova- zioni spingono i servizi stessi a sconfinare e a lavorare a fianco degli utenti. È con i patti gener-attivi che gli operatori devono saper conoscere e riconoscere le potenzialità della persona confrontandosi con essa direttamente sul campo. Se il patto venisse ideato intorno un tavolo narrando solamente delle sue po- tenzialità, non si capirà mai quali possono essere le strategie migliori da met- tere in atto. Così come il laboratorio de La Bottega dei Legami ha mostrato come solamente partecipando al processo di scelta dei prodotti da acquistare presso l’emporio si possa andare oltre la logica assistenzialista ed interagire concretamente con le persone-utenti e i volontari verso una risposta efficace.