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L’opinione ora detta non può infatti convincere quantomeno per due ragioni483 . (i) Anzitutto i singoli atti del procedimento amministrativo non

Nel documento TESI DI DOTTORATO (pagine 169-172)

hanno sempre e necessariamente “un’efficacia giuridicamente propulsiva” di

quelli successivi, perché al contrario in non poche ipotesi l’amministrazione

è libera di continuare o di non terminare il procedimento: come avviene ad

esempio quando una pubblica amministrazione inizi un procedimento che

preveda un parere obbligatorio, l’organo ad esso deputato non lo renda, e il

responsabile del procedimento amministrativo non eserciti la “facoltà” di

482 GALEOTTI, Contributo alla teoria del procedimento legislativo, cit., 47. In

particolare Galeotti ha ritenuto che non possa esistere un procedimento in ambito privatistico dato che qui “l’avverarsi dei più comportamenti successivi è lasciato generalmente alla molla del privato interesse. Che alla proposta di contratto segua, oppure no, l’accettazione” sono evenienze che “il diritto riguarda con eguale indifferenza, lasciandole tutte su uno stesso piano di liceità (così a pag. 46-47). Diversamente avviene invece secondo Galeotti in ambito pubblicistico: qui infatti la serie degli atti acquista chiaramente i connotati del procedimento, perchè “ogni atto che si inserisce in una serie procedurale […] deve contraddistinguersi per essere dal diritto configurato con l’immancabile effetto di indurre una situazione giuridica nella quale diviene doveroso l’agere, il procedere, ossia l’andare innanzi per il soggetto legittimato al compimento dell’atto successivo” (così a pag. 47-48). Sembra aderire in parte alla tesi di Galeotti anche GATTI, La rappresentanza nel socio dell’assemblea, cit., 49-50, secondo cui è tuttavia

comunque possibile ricostruire in termini di procedimento l’iter volto ad una delibera assembleare, perché qui (a differenza di quanto avviene nella formazione del contratto) “l’agire” delle persone giuridiche “trascende l’interesse dei singoli, rendendo così possibile una necessitazione operante in un susseguirsi di distinti atti tutti cospiranti alla produzione dell’effetto totale deliberativo, che verrà a svolgere l’interesse sociale”; sì che “è tipico del procedimento assembleare il dato che esso è sempre destinato a concludersi con una delibera che dica di «sì» o «no» ad una proposta, e mai si esaurisce in un non liquet”.

483 Hanno criticato la tesi di Galeotti volta ad escludere la configurazione di un procedimento in ambito privatistico anche PERLINGIERI, I negozi sui beni futuri, I, La compravendita di «cosa futura», cit., 100; eRAVAZZONI, La formazione del contratto. Le

procedere (c.d. silenzio endoprocedimentale) arrestando sine die l’attività

amministrativa

484

; oppure quando un soggetto presenti una denuncia

qualificata all’Autorità antitrust ex art. 12 della legge 287/1990 e

quest’ultima rimanga silente e non avvii il procedimento

485

; o ancora

484 Così ad esempio l’art. 16 della legge 241/1990 stabilisce che quando nel corso del procedimento amministrativo sia richiesto un parere obbligatorio da parte di determinati organi consultivi e questo non venga dato entro il termine di 45 giorni “è in facoltà dell’amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere” [corsivo mio]. Sul punto v. in particolare PARISIO, I silenzi della pubblica amministrazione. La rinuncia alla garanzia dell’atto scritto, Giuffrè, Milano, 1996, 219,

secondo cui per non attendere “ad infinitum” il responsabile amministrativo dovrà esercitare la sua facoltà e “prescindere dall’atto consultivo”. V. inoltre G. FALZEA,Alcune figure di comportamento omissivo della Pubblica Amministrazione. Spunti ricostruttivi,

Giuffrè, Milano, 2004, 114 ss., secondo cui il silenzio c.d. procedimentale si caratterizza per essere “una figura che, nell’ambito delle fattispecie omissive, mostra una speciale pericolosità perché già nella fase istruttoria è in grado di paralizzare il procedimento impedendogli di accedere alle fasi successive. Essa opera in modo indiretto, pur se comunque rilevante, sulla emissione del provvedimento conclusivo perché interviene sulla emissione di atti serventi nell’ambito del procedimento. Data la sua collocazione funzionale non può esprimere, neppure attraverso una finzione legislativa, una efficacia surrogatoria (con contenuto positivo o negativo) dell’atto”.

485 (i) L’art. 12 co. 1 della legge 287/1990 stabilisce infatti che “l’Autorità, valutati gli elementi comunque in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza da pubbliche amministrazioni o da chiunque vi abbia interesse, ivi comprese le associazioni rappresentative dei consumatori, procede ad istruttoria per verificare l’esistenza di infrazioni ai divieti stabiliti negli articoli 2 e 3”. Secondo l’art. 12 in caso di denunce di terzi o di “titolari di diritti soggettivi nei confronti degli autori della fattispecie antitrust” (c.d. denunce qualificate) l’Autorità antitrust deve “porre” in “essere un’attività minima, volta a verificare se dar corso o meno al procedimento, valutando le informazioni provenienti dall’esterno”, ma non è obbligata “sia all’apertura del procedimento, sia, a maggior ragione, alla conclusione del procedimento stesso in senso conforme alle aspettative dell’istante” (così RAMAJOLI, Attività amministrativa e disciplina antitrust,

Giuffrè, Milano, 1998, 432-433). In senso conforme v. anche BUTTAZZI,Il procedimento davanti all’autorità garante per la concorrenza e il mercato, in Riv. trim dir. e proc. civ.,

2000, 589; ANTONIOLI,Mercato e regolazione, Giuffrè, Milano, 2001, 167 ss.; e BONI,La tutela dei diritti di coloro che denunciano violazioni del diritto antitrust: ordinamento comunitario e italiano a confronto, in Dir. Unione europea, 2003, 73. In giurisprudenza v.

inoltre TAR. Lazio, 10 marzo 2003, n. 1790, in Foro it., Rep. 2003, voce Concorrenza

(disciplina), n. 147. (ii) Le considerazioni ora svolte valgono anche per altri procedimenti

instaurati da Autorità diverse da quella antitrust, come ad esempio l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: sul punto v. recentemente GIOVAGNOLI,I silenzi della Pubblica Amministrazione dopo la legge n. 80/2005, Giuffrè,

Milano, 2005, 90 ss.. (iii) Più limitata è invece la discrezionalità amministrativa nel diritto antitrust comunitario. L’art. 7 co. 1 del regolamento 1/03 stabilisce che se “la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’art. 81 o all’art. 82 del Trattato, può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata”. In base a questa norma la giurisprudenza ha riconosciuto al denunciante il diritto ad una decisione formale di rigetto della domanda, impugnabile se del caso in sede giurisdizionale, ma non ad un provvedimento di merito sull’esistenza di un’infrazione: v. al riguardo la Corte di Giustizia del 17 maggio 2001, n. 449, International

express Carriers Conference c. Commiss. Ce, in Foro it, Rep. 2002, voce Unione Europea e Consiglio d’Europa, n. 1376; e la Corte di Giustizia 25 settembre 2003, n. 170, Schlüsselverlag J.S. Moser GmbH c. Commiss. Ce, in Foro it., Rep. 2005, voce Unione Europea e Consiglio d’Europa, n. 1617. In dottrina v. ex multisBONI,La tutela dei diritti di coloro che denunciano violazioni del diritto antitrust: ordinamento comunitario e italiano a confronto, cit., 49; BELLODI, Le denunce, in Il nuovo diritto europeo della concorrenza. Aspetti procedurali, a cura di TOSATO,BELLODI,Giuffrè, Milano, 2004, 89 ss.;TESAURO,

Diritto comunitario, Cedam, Padova, 2005, 692 ss.; e NEGRI, Giurisdizione e amministrazione nella tutela della concorrenza, Giappichelli, Torino, 2006, 47.

quando gli interessati comunichino una concentrazione ex art. 16 della legge

287/1990, e l’Autorità antitrust avvii l’istruttoria, ma non si pronunci entro i

termini prestabiliti e dia così luogo ad un silenzio che non ha natura

provvedimentale

486

. (ii) In secondo luogo nel diritto privato “la successione

dei vari elementi e della fattispecie” non è sempre e necessariamente

soltanto “eventuale”. Al contrario la legge prevede non pochi procedimenti

privati in cui ad un atto “devono” seguirne necessariamente altri: perché ad

esempio la richiesta rituale di convocazione di assembla di società per azioni

obbliga determinati organi a convocarla, a presiederla, e così via

487

; e la

disciplina di derivazione comunitaria propria del mercato finanziario

stabilisce oggigiorno “obblighi di informazione e di lealtà quali regole

comportamentali procedimentali”

488

.Sul piano logico e su quello giuridico,

486 L’art. 16 co. 8 della legge 287/1990 stabilisce infatti che “l’Autorità, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dall’inizio dell’istruttoria di cui al presente articolo, deve dare comunicazione alle imprese interessate ed al Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, delle proprie conclusioni nel merito. Tale termine può essere prorogato nel corso dell’istruttoria per un periodo non superiore a trenta giorni, qualora le imprese non forniscano informazioni e dati a loro richiesti che siano nella loro disponibilità”. Ed al riguardo è stato rilevato come “in assenza di una qualificazione legislativa dell’inattività amministrativa nel senso di silenzio assenso, non è possibile attribuire all’inerzia un significato positivo. Infatti, l’unica fonte abilitata ad introdurre previsioni di silenzio assenso è la legge”, di modo che in questo caso “l’alternativa che si pone all’interprete” è quella di qualificare l’inerzia dell’amministrazione o come silenzio inadempimento o come “decadenza dal potere” (così RAMAJOLI,Attività amministrativa e disciplina antitrust, cit., 386-387). Hanno qualificato l’inerzia dell’amministrazione oltre i

termini dell’art. 16 co. 8 287/1990 come silenzio inadempimento ex multis PARISIO,I silenzi della pubblica amministrazione. La rinuncia alla garanzia dell’atto scritto, cit., 92; e ZITO,

Controllo delle concentrazioni ed inerzia dell’amministrazione, in Dir. proc. amm., 1994, I,

149. Diversamente hanno ritenuto di qualificare il comportamento inerte dell’Autorità antitrust come silenzio decadenzaRAMAJOLI,Attività amministrativa e disciplina antitrust,

cit., 393, secondo cui in caso di “mancato rispetto del termine di chiusura dell’istruttoria […] si avrà la decadenza definitiva dell’Autorità dal potere di intervenire in materia e in particolare dal potere di accertare la lesività di tipo generale della concentrazione e di adottare misure ordinatorie e sanzionatorie”; e ANTONIOLI,Mercato e regolazione, cit., 184,

secondo cui l’inerzia dell’amministrazione darebbe vita ad un silenzio decadenza e dunque ad una “autonoma categoria” non qualificabile né come silenzio inadempimento né tanto meno silenzio assenso o diniego “ove si assiste a due esiti contrapposti di una vicenda strutturalmente unitaria, in cui all’inazione viene attribuito valore decisorio”. Su eventuali ipotesi di silenzio inadempimento ed in generale sul suo valore non provvedimentale v. ex

multis PARISIO,I silenzi della pubblica amministrazione. La rinuncia alla garanzia dell’atto scritto, cit., 67 ss.; e G.FALZEA,Alcune figure di comportamento omissivo della Pubblica Amministrazione. Spunti ricostruttivi, cit., 37 ss..

487 Così infatti l’art. 2367 co. 1 c.c. stabilisce che “gli amministratori o il consiglio di gestione devono convocare senza ritardo l’assemblea quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale o la minore percentuale prevista nello statuto”; ed il co. 2 precisa che “se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure in loro vece i sindaci o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, non provvedono, il tribunale, sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato, ordina con decreto la convocazione dell’assemblea, designando la persona che deve presiederla”. In questo quadro la convocazione dell’assemblea a seguito di formale richiesta da parte di un numero di soci qualificato risulta un “atto dovuto per gli organi sociali indicati dall’art. 2367 c.c.”. E questo obbligo di convocazione ragionevolmente include anche quello di fissazione della conseguente “data per lo svolgimento dell’assemblea”, per evitare che ne risulti “frustrato lo scopo della disposizione” (così SERRA,Il procedimento assembleare,

cit., 45, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti).

488 Così PERLINGIERI,La concezione procedimentale del diritto di Salvatore Romano,

poi, nulla si oppone a che una successione di atti qualificabile come

Nel documento TESI DI DOTTORATO (pagine 169-172)