• Non ci sono risultati.

Opportunità e criticità per l’allevamento ovi-caprino in Valle d’Aosta

vamento ovi-caprino

3.3 Opportunità e criticità per l’allevamento ovi-caprino in Valle d’Aosta

Dalle interviste condotte nel corso dell’indagine emerge con estrema evi- denza la dicotomia che caratterizza l’allevamento ovi-caprino in Valle d’Aosta: da un lato, le poche decine di imprese professionali, chiaramente orientate al merca- to e dall’altro le assai più numerose piccole aziende, condotte part-time spesso a livello quasi hobbistico. Queste tipologie aziendali si differenziano non solamente sotto il profilo strutturale, ma anche e soprattutto per gli obiettivi tecnico-econo- mici dalle stesse perseguiti e per le diverse esigenze in termini di sostegno pub- blico di cui necessitano.

Sono soprattutto le imprese professionali a sollecitare l’impegno da par- te dell’Amministrazione regionale affinché siano promosse e fatte conoscere ai consumatori le pregiate produzioni casearie ottenute artigianalmente con il latte

caprino e ovino, nonché le carni di questi animali, fermo restando il fatto che nel caso dei formaggi caprini si tratta di produzioni di nicchia, interamente collocate sul mercato, anche se i prezzi non sempre sono ritenuti adeguati.

Meno soddisfacente, invece, viene ritenuta la remunerazione delle produ- zioni carnee (capretti e agnelli) a ragione dell’elevato costo sostenuto dalle aziende per la macellazione (30 euro per capo). Stante l’impossibilità di dotarsi di macelli aziendali a causa del costo elevato e degli oneri legati al rispetto della normativa sanitaria gli allevatori vedrebbero con favore la possibilità di disporre di piccoli centri di macellazione (due o tre punti di macellazione in tutta la Valle) presso i quali produrre le carni ovi-caprine a costi più contenuti.

Le imprese professionali lamentano inoltre la mancanza di un servizio di as- sistenza tecnica adeguato (veterinari specialisti nella profilassi e cura delle pato- logie che interessano i piccoli ruminanti) e di un servizio di fecondazione artificiale sostenuto dal pubblico. Si evidenzia, inoltre, l’assoluta incapacità degli allevatori di agire sinergicamente allo scopo di promuovere i prodotti in forma associata e, per le imprese che hanno la possibilità di fare vendita diretta, di esitare anche le produzioni di altre aziende.

Le esigenze degli allevatori che detengono capi di razze autoctone, meno produttivi rispetto alle razze specializzate da latte ma adatte per le tradizionali ba- tailles de chèvres, si sovrappongono solo in parte a quelle espresse dagli allevatori professionali. La presenza e la diffusione di piccoli allevamenti ovi-caprini, la cui consistenza è spesso ridotta a pochi capi viene vista con favore da questa tipologia di allevatori in quanto consente di sfalciare e di affienare prati e prato-pascoli di ridotta estensione e di utilizzare le risorse foraggere dei terreni più marginali.

Le necessità espresse da tali allevatori all’Amministrazione regionale ri- guardano il poter acquisire con il sostegno pubblico macchine e attrezzature adat- te all’esercizio delle attività agricole nei territori più acclivi e meno facilmente ac- cessibili, visto che tra gli obiettivi primari di queste aziende è la manutenzione del territorio e la conservazione del paesaggio tradizionale alpino.

Trattandosi di allevamenti tradizionalmente estensivi, che prevedono la monticazione estiva dei capi per lo sfruttamento delle foraggere in quota è indub- bio che alla zootecnia ovi-caprina possa essere attribuita una specifica valenza ambientale di salvaguardia del territorio e di preservazione del paesaggio. Ciò non di meno si segnalano difficoltà da parte degli allevatori nel rinvenire conduttori di

alpeggio disposti a prendere in fida17 le capre durante i mesi estivi, forse anche

perché queste sono selettive nella scelta dei foraggi e, al contrario delle pecore e delle vacche, non utilizzano uniformemente il pascolo.

Un’esigenza comune a tutti gli allevatori ovi-caprini riguarda la necessità di vedere attivati da parte dell’Amministrazione regionale cosi di formazione spe- cifici (sull’esempio delle scuole per pastori francesi) attinenti all’allevamento ovi- caprino, alle tecniche di lavorazione del latte e alla produzione della lana. Tuttavia, al fine di suscitare l’interesse di un numero sufficiente di allevatori - e perché tali corsi possano essere effettivamente attivati - si ritiene necessario estendere la possibilità di adesione anche agli agricoltori a tempo parziale e agli hobbisti.

Infine, per quanto concerne specificamente l’allevamento ovino, l’opportu- nità di valorizzare la lana ottenuta dalla razza autoctona Rosset è vista con grande favore e si auspica la prosecuzione del progetto, realizzato dall’AREV, che preve- de la raccolta e la certificazione del prodotto. Di sicuro interesse si ritiene possa essere la promozione di un corso specificamente indirizzato alla formazione di addetti alla tosatura, dopodiché l’AREV potrebbe mettere a disposizione l’attrezza- tura necessaria a che due o più tosatori esperti così formati si impegnino a tosare le pecore allevate in Valle d’Aosta.

17 L’affitto o fida di capi di bestiame per il periodo dell’alpeggio è descritto fra gli “Usi civici della Valle d’Aosta” raccolti dalla Chambre valdôtaine des entreprises et des activités libérales (C.C.I.A.A. Aosta, 2011) segnatamente, al Titolo IV, Capitolo Settimo, Capo C) Affitto di bovine, di ovini e di caprini per il periodo dell’alpeggio), Art. 10 - Disposizioni comuni; Art. 12 - Affitto di ovini – Condizioni dell’affitto; Art. 13 - Affitto di caprini – Condizioni dell’affitto.

I risultati dell’elaborazione delle informazioni tecnico-economiche raccolte attraverso il “campione satellite” RICA nel triennio 2010-2012 attestano, in gene- rale, l’efficienza in termini di produttività e redditività delle aziende agricole della Valle d’Aosta orientate alla coltivazione e trasformazione dell’uva, alla melicol- tura e all’allevamento ovi-caprino. Gli operatori intervistati sottolineano l’atten- zione prestata al fine di ottenere prodotti di elevata qualità e la spiccata tendenza all’innovazione che caratterizza i comparti “minori” dell’agricoltura, pur senza mancare di evidenziare le possibilità di affinare le politiche settoriali allo scopo, specialmente, di mantenere i tradizionalmente estensivi sistemi di coltivazione e di allevamento e di promuovere e valorizzare ulteriormente le produzioni sotto il profilo commerciale.

La vitivinicoltura rappresenta senza dubbio il comparto più dinamico del settore primario regionale. I risultati economici debbono ritenersi soddisfacenti tanto per le numerose aziende, per lo più di piccole e piccolissime dimensioni che producono e vendono l’uva a terzi - conferendola, essenzialmente, alle sei cantine cooperative operanti in Valle - quanto per le imprese che trasformano l’uva e ven- dono il vino non solo sul mercato locale e nazionale ma anche, e in misura sempre maggiore, sui mercati esteri.

L’opportunità concessa alle imprese meglio strutturate, di maggiori dimen- sioni fisiche ed economiche, di vinificare in azienda e commercializzare diretta- mente le proprie produzioni permette di conseguire risultati estremamente po- sitivi: in esse la produttività del lavoro è mediamente pari all’incirca a una volta e mezzo quella delle aziende che conferiscono l’uva alle cooperative, mentre la redditività del lavoro familiare è di un terzo superiore nelle prime rispetto alle seconde.

Tuttavia, gli indici economici risultanti per le aziende la cui attività è limitata alla gestione del vigneto sono comunque positivi e la quota della Produzione ven- dibile che resta all’imprenditore dopo aver sottratto tutte le componenti negative di reddito (vale a dire, l’indice che rappresenta la redditività dei ricavi) vale all’incirca 0,60 a conferma della capacità di queste imprese di conseguire un reddito adegua- to rispetto ai costi sostenuti.

Le condizioni attuali della vitivinicoltura valdostana evidenziano molte luci e appena qualche ombra. Negli anni recenti la domanda dei vini a denominazio- ne di origine è stata sostenuta, a fronte di un’offerta quantitativamente limitata che ha raggiunto livelli di qualità molto elevati anche a ragione dell’attenta politica di qualificazione delle produzioni svolta a livello regionale. I produttori-trasformatori (viticulteurs encaveurs) e le cantine cooperative concorrono nel promuovere la dif- fusione di tecniche di coltivazione e di vinificazione atte a garantire l’elevata qualità dei vini, valorizzati in Italia e all’estero anche grazie all’azione dell’Amministrazione regionale.

In misura sempre maggiore viene riconosciuto dalla comunità locale, oltre che dai molti turisti che ogni anno soggiornano in Valle, l’importante ruolo svolto dalla “viticoltura eroica” in termini di salvaguardia del territorio, di conservazione della biodiversità e di tutela del paesaggio. Occorre notare, tuttavia, che sono proprio i vigneti più frammentati e i terrazzamenti tipici della bassa Valle a essere vittima di progressivo abbandono, a ragione delle difficoltà incontrate nella loro coltivazione e nell’insufficiente ricambio generazionale che caratterizza le aziende più marginali.

A differenza di quanto rilevato per la viticoltura la coltivazione del melo, pur essendo parecchio diffusa soprattutto nella Valle centrale, interessa per lo più non imprese agricole specializzate, bensì aziende a orientamento produttivo misto, nel- le quali le coltivazioni permanenti sono associate alle foraggere, all’orticoltura e, talvolta, all’allevamento del bestiame. Dalle informazioni attinte attraverso il “cam- pione satellite” si desume che il Margine lordo della coltivazione del melo si aggira intorno ai 10 mila euro per ettaro: un risultato, questo, tutt’altro che disprezzabile, non di molto discosto dal valore (12.870 euro per ettaro) che lo stesso indice assume a livello nazionale nel triennio 2010-2012 in riferimento alle aziende agricole affe- renti alla RICA.

In effetti, in Valle d’Aosta il melo (Golden e Renetta) fornisce rese produttive inferiori rispetto a quanto osservabile in territori similari, ma i costi di coltivazione sono pure essi contenuti, in virtù delle favorevoli condizioni climatiche che consen- tono, per esempio, di limitare il numero dei trattamenti fitosanitari. Miglioramenti nelle performance reddituali della coltura e delle aziende ad essa interessate sono naturalmente possibili e auspicabili; essi riguardano soprattutto la valorizzazione delle produzioni sotto il profilo commerciale e sono realizzabili incrementando la vendita diretta in azienda e sui mercati al consumo locale, ovvero la fornitura alle scuole e alla ristorazione collettiva.

Un ruolo estremamente importante nella valorizzazione delle produzioni ortofrutticole regionali è rivestito dalla Cofruits di Saint Pierre, cooperativa impe-

gnata nella commercializzazione non soltanto degli ortofrutticoli freschi, ma an- che dei prodotti che vengono conferiti dai soci già trasformati e confezionati per la vendita. In effetti, la necessità di diversificare le produzioni estendendo la gamma di frutta e ortaggi (ma anche cereali e specie officinali) coltivati in Valle d’Aosta è da tempo sostenuta dalla suddetta cooperativa così come da altri operatori del settore e, non ultimo, dal Governo regionale.

La coltivazione della patata, da sempre presente nella regione alpina, viene incoraggiata in quanto l’elevata qualità dei tuberi e la possibilità di segmentare l’offerta (patata di montagna e patata di alta montagna) consentono alle relative produzioni di spuntare prezzi favorevoli, anche sui mercati extraregionali. Infine, buone condizioni di sviluppo paiono sussistere per i piccoli frutti e, pure, per le erbe officinali la cui coltivazione e trasformazione è stata di recente normata a livello regionale.

Per quanto concerne l’allevamento caprino, un favorevole apprezzamento sul mercato è ottenuto dalle produzioni lattiero-casearie, mentre qualche difficoltà viene segnalata in relazione alla commercializzazione della carne degli animali giovani, la cui remunerazione non sempre è ritenuta soddisfacente. Si tratta, in ogni caso, di una tipologia di allevamento che nell’ultimo periodo intercensuario è andata incontro a una lieve espansione (la variazione intervenuta nella popola- zione è pari circa a +4%) anche a ragione della partecipazione dei capi di razze autoctone (Valdostana e Alpina Comune) alle tradizionali batailles de chèvres. Un poco più contenuta rispetto alla popolazione caprina è la consistenza degli ovini, ben rappresentati dalla razza autoctona Rosset, oggetto di un importante proget- to di valorizzazione promosso dall’AREV mirato a raccogliere e certificare la lana prodotta in regione.

Assommano a poche decine le imprese ovi-caprine specializzate, nelle qua- li cioè tale tipologia di allevamento rappresenta l’attività agricola predominante; l’analisi dei relativi risultati economici, così come rilevato attraverso il “campione satellite” 2010-2012, mostra che si tratta di imprese efficienti: dalle elaborazioni condotte emerge infatti che il Margine lordo dell’allevamento caprino si aggira in- torno ai 1.400 euro per UBA, quando i Costi variabili incidono nella misura del 27% sulla Produzione lorda complessiva, di poco inferiore a 1.900 euro per UBA.

L’allevamento ovino fornisce ricavi inferiori (il Margine lordo per UBA è infatti pari a 810 euro) ma possono ritenersi comunque soddisfacenti in quanto, anche in questo caso, i Costi variabili incidono per meno di un quarto sulla Pro- duzione complessiva. Le esigenze espresse dagli operatori impegnati nell’alleva- mento ovi-caprino riguardano soprattutto la necessità di poter contare su servizi di

assistenza tecnica e su corsi di formazione adeguati e “personalizzati”, vale a dire specificamente indirizzati a questa tipologia di allevamenti.

Infine, una criticità sollevata dalla quasi totalità degli intervistati riguarda l’eccessiva onerosità dei costi correlati agli adempimenti burocratici e ammini- strativi che inficia notevolmente la competitività delle aziende agricole. L’esigenza di semplificazione è, dunque, assai sentita dagli agricoltori e dagli allevatori valdo- stani così come la necessità di avere tempi certi entro i quali ottenere un riscon- tro alle istanze inoltrate alla pubblica amministrazione e, soprattutto, entro cui vedersi effettivamente erogati i contributi spettanti per l’adesione agli interventi finanziati attraverso la politica agricola comunitaria ovvero sulla base di specifiche normative regionali.

Adamo C., Revel-Chion V. (2010) Evoluzione della viticoltura valdostana negli ultimi decenni, relazione presentata alla III^ Tornata dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, Saint-Vincent (AO), 16 ottobre

Adamo C., Lini U., Tamone L. (2011) I piccoli frutti in Valle d’Aosta, in: L’Informateur Agricole, n. 2, Saint-Christophe (AO)

AREV - Association Régionale Eleveurs Valdôtaines, Vademecum allevamento ovini e caprini, http://www.arev.it/allevatori/index.cfm/vademecum-allevamento- ovini-e-caprini_1-39-900-0.html

Barrel A., Gaeta D., Gaudio R., a cura di (2001) Indagine socioeconomica sulla viti- coltura in Valle d’Aosta e prospettive d’intervento, Industrie Grafiche Musu- meci S.p.a., Quart (AO)

Bassignana M., Madormo F., Bertignono L., Brunet I., Poggio L., Bovio M., Alma A., Busato E., Fasano S. G., Gertosio G., Pavia M. (2010) La biodiversità nei vigneti e nei meleti valdostani, in: L’Informateur Agricole, n. 4, Saint-Chri- stophe (AO)

Borsotto P., Henke R. (2007) Agricoltura mediterranea e multifunzionalità: il caso italiano, in: Politica agricola Internazionale, n. 2007, pp. 29-47

Borsotto P., a cura di (2013) Il costo di produzione del latte bovino in Valle d’Aosta attraverso il campione aziendale costante RICA/UE 2007-2011, Quaderno RICA INEA, Roma

Bovard D., Henriet E. (2007) Valorizzazione della filiera ovina e caprina, L’Informa- teur Agricole, n. 3, Saint-Christophe (AO)

Cagliero R., Trione S., a cura di (2009) La competitività delle aziende vitivinicole piemontesi, Analisi Regionali INEA, Roma

C.C.I.A.A. Aosta (2011) Usi della Valle d’Aosta 2010, Deliberazione della Giunta ca- merale n. 83 del 13 dicembre, Aosta

Celi S. (2013) È nata VIVAL Associazioni Viticoltori Valle d’Aosta, L’Informateur Agricole, n. 2, Saint-Christophe (AO)

Diemoz M., Barrel I. (2009) Nouvelles variétés de pommes,L’Informateur Agricole, n. 1, Saint-Christophe (AO)

Diemoz M., Barrel I. (2012) Conservazione e valorizzazione di biotipi autoctoni di Renetta,L’Informateur Agricole, n. 1, Saint-Christophe (AO)

Dozio S. (2011) Viticoltura eroica Quale futuro? L’Informatore Agricolo, n. 5, Saint- Christophe (AO)

Galizzi G., Pieri R. (1998) Il sistema agro-alimentare nella Valle d’Aosta: realtà e prospettive, Franco Angeli, Milano

INEA (2000) Linee metodologiche e istruzioni per la gestione dei dati RICA - Con- tinea 7, Roma

Lale Murix H. (2013) L’agricoltura di montagna e gli oneri burocratici, Quaderni della Fondazione Courmayeur, n. 37, Aosta

Lini U. (2011) Approvata la legge sulle piante officinali, in: L’Informateur Agricole, n. 2, Saint-Christophe (AO)

Moriondo G. (1999) Vini e Vitigni Autoctoni della Valle d’Aosta, Institut Agricole Régional, Tipografia Duc, Aosta

Pellissier C. (2014) I viticoltori valdostani esultano “Il vino di qualità batte la crisi”, La Stampa, 21/01/2014, Torino

Schifani C., Chironi G., Agosta I. (1994) Il bilancio aziendale: uno strumento per la conoscenza, INEA, Collana di economia e gestione dell’azienda agraria, Roma

Sorbini M. (2010) La validità economica della viticoltura eroica di montagna, in: Viticulture de Montagne, n. 19, pp. 18-25

accantonamenti: quote annuali stimate che l’impresa accumula per conto del di-

pendente (fondo Trattamento Fine Rapporto -TFR). Altri tipi di accantonamenti per rischi vengono rilevati solo per le società di capitali.

agriturismo: attività complementare nel settore turistico con offerta di ospitalità

e ristorazione. Attività che nasce per sostenere l’agricoltura regolamentata dalla Legge n. 96 del 20 febbraio 2006; In Valle d’Aosta è regolamentata dalla Legge regionale n. 29 del 4 dicembre 2006 “Nuova disciplina dell’agriturismo”. I prodotti offerti devono provenire dall’attività agricola dell’azienda e che deve rimanere l’at- tività principale. Accanto ad essi si sono sviluppate negli ultimi anni altre attività connesse quali le fattorie didattiche, i maneggi e i centri benessere.

alpeggio: Si svolge quindi nei centri aziendali situati ad alta quota in montagna du-

rante i mesi estivi, inizia con la monticazione (inarpa) cioè la salita sull’alpe, che in Valle d’Aosta avviene tra la fine di maggio e la metà di giugno e termina con la de- monticazione (désarpa) cioè la ridiscesa a fondovalle che avviene a fine settembre.

altre spese dirette: spese di trasformazione, commercializzazione, Spese gene-

rali e fondiarie e altre spese sostenute per la produzione.

altre spese: Acquisto di altri prodotti agricoli extra-aziendali.

ammortamenti: quote calcolate secondo il metodo lineare, in base alla durata di

utilizzo dei capitali, oppure applicando una percentuale sul valore da ammortizzare.

attività connesse: attività anche di natura non agricola, ma strettamente connesse

con l’agricoltura (utilizzo delle risorse aziendali) dirette alla manipolazione, con- servazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti. Hanno come oggetto per la maggior parte i prodotti derivanti dalla coltivazione dei fondi agricoli o del bosco o dall’allevamento, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse (linee tagliafuoco), ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e ospitalità in azienda.

campione satellite: costituito in Valle d’Aosta da aziende agricole selezionate per

stiche strutturali aziendali nonché delle attività produttive agricole peculiari del territorio regionale.

capitale agrario o di esercizio: è l’insieme dei beni dell’azienda che non sono

legati in modo fisso e stabile al fondo, calcolato come la somma di macchine, capi- tale bestiame, rimanenze e capitale di anticipazione.

capitale bestiame: valore medio degli allevamenti da riproduzione e/o da latte di

proprietà aziendale.

capitale di terzi: sono le fonti di finanziamento esterne all’azienda e comprendono

sia i debiti di funzionamento che quelli a medio e lungo termine e il TFR.

capitale fisso: è costituito dal capitale fondiario e dal capitale agrario fisso. In

particolare il Capitale Fondiario è composto dai beni materiali e immateriali con- nessi ai terreni agricoli e forestali, mentre il Capitale Agrario Fisso dal parco mac- chine e dal capitale bestiame.

capitale fondiario: è l’insieme dei beni dell’azienda legati in modo fisso e stabile

al fondo; è rappresentato dal valore dei terreni agricoli e forestali, fabbricati (per i terreni in affitto viene utilizzato il valore di mercato) e manufatti rurali, dagli im- pianti e dalle piantagioni e comprende anche i debiti per l’acquisto del capitale.

capitale investito: è costituito dal totale delle fonti di finanziamento utilizzate

dall’azienda, comprese quindi sia quelle messe a disposizione dalla proprietà (ca- pitale netto) che quelle di finanziatori esterni (fornitori, banche, ecc.).

capitale macchine e attrezzi: valore residuo medio, calcolato a prezzi correnti,

delle macchine e attrezzi di proprietà dell’azienda.

catene di indici: tecnica di scomposizione di un indice in più componenti attraver-

so relazioni aritmetiche (per esempio: Catena del ROE, la Catena del ROI, Catena della redditività del lavoro familiare, Catena della redditività della terra). La serie di rapporti tra i parametri tecnici ed economici moltiplicati tra di loro, danno come risultato il valore dell’indice capofila; ogni elemento della catena ha un preciso significato economico, poiché rappresenta un passaggio logico di uno schema stu- diato al fine di evidenziare alcuni elementi ritenuti essenziali per la valutazione del risultato in esame; esso facilita la scomposizione di un fenomeno gestionale in diverse parti.

classificazione tipologica: a partire dagli indirizzi produttivi delle aziende agrico-

le, consente la determinazione dell’Ordinamento Tecnico Economico (OTE) calco- lato in relazione all’incidenza percentuale del valore delle varie attività produttive

(vegetali e animali) rispetto alla Produzione Standard (o Standard Output - SO) complessivo dell’azienda agricola. La classificazione tipologica delle aziende agri- cole secondo la metodologia comunitaria consente di determinare anche la classe di dimensione economica (espressa in euro) dell’azienda, in relazione alla somma- toria delle produzioni standard delle attività agricole condotte in una determinata annata agraria. La tipologia definita nel Reg. (CE) n. 1242/2008 si applica a decor- rere dal 1/01/2010. Rispetto al passato essa è fondata non solo sull’orientamento tecnico-economico e sulla dimensione economica delle aziende agricole, ma an- che sulla rilevanza delle altre attività lucrative direttamente collegate all’azienda. Inoltre, utilizza le Produzioni Standard – PS (Standard Output – SO) e non più i Redditi Lordi Standard (RLS).

contoterzismo: fornitura di mezzi meccanici e manodopera da parte di ditte e/o

società specializzate nello svolgimento di attività produttive aziendali (aratura, se- mina, raccolta, ecc.).

compenso capitali aziendali: dato dalla somma del beneficio fondiario (ottenuto

moltiplicando il valore del capitale fondiario per un tasso d’interesse) e degli inte- ressi sul capitale agrario o di esercizio.

compenso Lavoro familiare: dato dalle unità di lavoro familiari per il salario me-