La vitivinicoltura rappresenta, nonostante la limitata superficie investita in termini assoluti, il settore più vitale e dinamico del panorama agricolo valdostano.
Gli operatori intervistati ai fini della realizzazione del presente studio mettono in luce i risultati positivi, in termini di vendite e di valore aggiunto prodotto, frutto di una consolidata politica di qualità avviata da più di un ventennio. Il successo del settore deriva, in particolare, dalla continua evoluzione e dall’affinamento delle tecniche di vinificazione, abbinati al recupero del patrimonio di conoscenza, rela- tivo al territorio e alle caratteristiche delle superfici vocate, custodito dai vecchi vignerons locali.
Il potenziamento delle competenze e l’introduzione di innovazioni tecniche, alla base del processo di crescita del settore, si sono iscritti in una dinamica vir- tuosa caratterizzata dalla già citata sinergia instauratasi tra le aziende specializ- zate, le numerose piccole aziende produttrici di uva e le cooperative vitivinicole. In questo quadro, le cantine cooperative hanno svolto - e continuano a svolgere - un ruolo importante di trasferimento delle competenze e delle esperienze alle piccole realtà produttive.
L’approccio collettivo è determinante in un contesto caratterizzato dalla pre- senza diffusa di piccole e piccolissime aziende part-time. Oltre alla realizzazio- ne di evidenti economie di scala, che discendono dall’utilizzazione di impianti di grandi dimensioni, con attrezzature moderne, il meccanismo cooperativo favorisce la diffusione dell’innovazione e delle buone pratiche. In particolare, si evidenzia l’efficacia dei meccanismi messi in piedi per convertire le produzioni verso uve di qualità, con l’imposizione ai soci conferitori di quantitativi massimi di produzione per ettaro - anche più restrittivi di quanto previsto dai disciplinari della DOC - e la puntuale verifica del rispetto degli stessi. Il coinvolgimento attivo dei soci nelle fasi di trasformazione, attraverso il consolidato sistema delle corvées9 determina,
inoltre, una forte responsabilizzazione dei conferitori, a tutto vantaggio del miglio- ramento della produzione.
Le cantine cooperative svolgono quindi un ruolo centrale nell’ottimizzazio- ne del lavoro delle numerose piccole realtà produttive. Queste aziende, di picco- lissime dimensioni, praticano la viticoltura per lo più come attività secondaria, a integrazione di altri redditi da lavoro o da pensione. Il sistema cooperativo riesce a garantire, per l’uva conferita, un prezzo giudicato generalmente soddisfacente dai soci; le cantine assicurano una buona collocazione del prodotto sul mercato: la produzione ha caratteristiche più costanti nel tempo e, soprattutto, raggiunge, in termini di offerta, una massa critica in grado di meglio soddisfare la domanda.
9 Si tratta della fornitura di lavoro volontario non retribuito da parte dei soci delle cooperative vitivinicole valdostane.
La sopravvivenza, accanto alle aziende vitivinicole specializzate, del fitto re- ticolo di piccole aziende viticole ha un’importante ricaduta ambientale poiché esse partecipano attivamente alla manutenzione del territorio. Si consideri, infatti, che i piccoli viticoltori part-time assicurano, nella maggior parte dei casi, la lavorazione degli appezzamenti più difficilmente meccanizzabili: vigneti di ridottissime dimen- sioni, di difficile accesso, disseminati su versanti scoscesi, in zone spesso terraz- zate con i tradizionali muretti a secco. In questi casi, le condizioni di lavoro sono particolarmente onerose poiché, in ragione della spinta frammentazione e della pendenza, l’utilizzo di macchinari è ridotto o escluso mentre i costi di manodopera e di trasporto sono molto consistenti.
Tutti questi fattori fanno sì che tali vigneti siano, generalmente, poco ap- petibili per le imprese più strutturate, le cui scelte devono attenersi a più stretti criteri di redditività. Nel quadro delle piccole aziende part-time, per le quali il red- dito principale è spesso garantito da altre attività, le scelte sono motivate, al di là dei parametri strettamente economici, dall’attaccamento alla terra tramandata da generazioni, dalla passione per il lavoro agricolo e dalla volontà di mantenere il paesaggio.
Tuttavia, come evidenziato nel capitolo 1.1 si assiste, nel corso degli ultimi decenni, a una progressiva contrazione delle superfici vitate; l’abbandono inte- ressa, in primis, proprio le superfici terrazzate di più difficile lavorazione, gestite dalle piccole realtà produttive, caratterizzate da un’età media molto avanzata dei conduttori10. Gli effetti di tale processo sono particolarmente evidenti: la mancata
regimazione delle acque superficiali induce, in breve tempo, smottamenti con con- seguenti crolli dei caratteristici muretti a secco, la mancata gestione comporta lo sviluppo delle crittogame e dei parassiti che arrecano danni ai vigneti vicini.
Le condizioni climatiche che caratterizzano la Valle d’Aosta favoriscono l’esercizio di una viticoltura rispettosa dell’ambiente: in generale, il numero dei trattamenti fitosanitari è limitato (secondo gli intervistati sono in media 4-6, fino a 8 nelle annate meno favorevoli) e il tradizionale metodo di gestione dei vigneti favorisce il mantenimento della biodiversità vegetale e animale. Considerando che gli interventi di controllo delle malerbe hanno un effetto diretto sulla flora spon- tanea, sull’entomofauna legata a determinate specie vegetali o sulla possibilità di spostamento al suolo degli insetti non alati (Bassignana et al., 2010) paiono sussistere ampi spazi per incrementare gli effetti positivi sull’ambiente attraverso
10 Così come sottolineato da Dozio (2011) il vero problema della “viticoltura eroica”, soprattutto nella Bassa Valle, è la diminuzione della presenza dell’uomo cui consegue l’abbandono dell’attività viticola dei siti storici e vocati.
la promozione del diserbo meccanico (anziché chimico) ovvero della gestione inte- grata delle erbe infestanti (diserbo chimico sotto il filare a quello meccanico tra i filari), senza contare che, a parere di qualcuno, l’eliminazione del diserbo chimico concorrerebbe a dare un aspetto migliore anche dal punto di vista paesaggistico.
Una problematica sollevata in modo trasversale da tutti gli intervistati, in- dipendentemente dal comparto in cui gli stessi si trovano ad operare, riguarda il carico burocratico che affligge le aziende agricole dal che nasce l’esigenza di sem- plificare le procedure amministrative per l’avvio e la gestione delle attività agri- cole, per la richiesta di contributi, ecc. Per quanto concerne le aziende vitivinicole valdostane, da un’indagine recentemente promossa dalla Fondazione Courmayeur e realizzata in collaborazione con l’Institut Agricole Régional di Aosta emerge che i vitivinicoltori dedicano annualmente 17 giornate di lavoro all’adempimento delle pratiche burocratiche sostenendo un costo (comprensivo degli spostamenti e dei servizi esternalizzati) stimato in poco meno di 2.500 euro, che incide nella misura del 2,2% del fatturato aziendale (Lale Murix, 2013).
È opinione diffusa che i prodotti della vitivinicoltura regionale siano molto competitivi sui mercati nazionali e internazionali - siano essi prodotti e commer- cializzati dai viticulteurs encaveurs, ovvero dalle cantine cooperative - in quanto l’elevata qualità consente ad essi di spuntare prezzi elevati e tutta la produzione viene venduta, garantendo una buona remunerazione anche per le uve conferite (fino a 2 euro per kg, secondo quanto riferito dal Presidente di una Cave intervista- to nel corso dell’indagine).
Vi sono, naturalmente, margini per migliorare ulteriormente le performan- ce commerciali, per esempio col far conoscere i vini valdostani in Italia e all’estero, coinvolgendo nell’attività di promozione i produttori locali. A parere degli inter- vistati, acquirenti privilegiati devono essere ristoratori ed enoteche; con la GDO, invece, è più difficile fare buoni affari perché con essa occorre fare sconti troppo elevati.