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C o m m e n to alla tav. n . 1 7 , su p p lem en to al n. 1 4 di « C e n t r o S o c i a l e »

a cura di Achille Battaglia e Marcello Capurso

I. GLI ORGANI DELLO STATO E LA LORO REGOLAMENTAZIONE

La parte-seconda della Costituzione concerne l ’ordinam ento della Repubblica e, com e si può im m aginare, è la più im portante perché stabilisce in che modo il potere è organizzato nel nostro Stato e in che modo gli organi, che lo detengono, possono o debbono farn e uso nei loro reciproci rapporti e nei rapporti con i cittadini.

E ’ da osservare, però, che essa com prende anche le norm e relative alla fo r ­ m azione delle leg g i e che sono queste, in realtà, che fanno della C ostituzione la vera e propria norm a foìidam entale del nostro Stato. D ifa tti, soltanto in virtù sua, e con la rigorosa osservanza di tali norme, le nostre leggi sono validamente costituite nella Repubblica e devono essere applicate dagli organ i statuali ed osservate dai cittadin i (salvo il diritto di im pugnarle dinnanzi alla C orte C osti­ tuzionale per violazione di altre norm e costituzionali). Ed ugualmente, solo da essa discende la legittim ità di tutti gli atti degli organ i dello Stato, in una serie di gradini successivi che va dalle leg g i ordin arie generali fino a quelle norme individuali che sono rappresentate dalle sentenze dei giudici.

Questa seconda parte della C ostituzione determ ina, dunque, quali sono gli organ i dello Stato repubblicano e quali i loro recip roci rapporti, strutture, poteri e facoltà. Essa è divisa in T itoli e suddivisa in Sezioni, e tratta al T itolo I del Parlam ento, al II del Presidente della Repubblica, al III del Governo, al IV della M agistratura, al V delle R egioni, P rovin cie e C o m u n ica i V I delle Garanzie costituzionali.

L 'aver collocato in prim o luogo il Parlam ento non significa però che i nostri costituenti abbiano voluto fissare una qualche gerarchia tra i v a ri organi dello Stato e attribu ire ad esso il prim o posto. Ciò sarebbe in contrasto non solo con il p rin cip io della divisione dei poteri, sul quale è sostanzialm ente articolato il nostro Stato, e la notevole autonom ia e indipendenza che la C ostituzione garan­ tisce a ciascuno di essi, ma anche col fa tto che la Corte Costituzionale, che pure ha il potere di sindacare la legittim ità costituzionale delle leg g i emanate dal Parlamento e, nel caso, di annullarle, trova posto soltanto nel T itolo V I della Carta e cioè dopo tutti gli altri organi.

Se mai, poi trattare in prim o luogo del Parlam ento, i costituenti hanno voluto accentuare il carattere di repubblica parlam entare che ha il nostro Stato, ed escludere che essa possa costitu ire una repubblica presidenziale del tip o di quella che vige, ad esempio, n egli Stati U niti d’A m erica. Comunque, l’ordine seguito ha una sua logica interiore, staccata anche dalle intenzioni dei co sti­ tuenti, e sta nella considerazione che, essendo lo Stato un ordinam ento giuridico, è bene che siano determ inate innanzi tutto le funzioni dell’ organo incaricato di form are le leggi e la procedura che si deve seguire per il corretto esercizio di esse.

II. DIVISIONE DI POTERI E MECCANISMO DI CONTROPOTERI

In effetti, la preoccupazione principale dell’ Assem blea Costituente è stata quella di costruire l’ordinam ento della R epubblica in modo da conseguire, nello stesso tempo, due sco p i: da una parte, che gli organi dello Stato potessero eser­ citare le proprie fu n zion i con efficienza, dall’ altra che i cittadini fo sse ro garantiti da ogni ritorn o di regim i dittatoriali. P er questo secondo scopo, si sa, le risorse offerte dal diritto e dagli accorgim enti riv olti a mantenere ogni organ o nei limiti delle proprie potestà non sono definitive; ma sono m olto im portanti se esiste una volontà politica disposta ad avvalersene seriam ente.

Così la-C ostitu en te ha ribad ito la validità del p rin cipio della divisione dei poteri e vi ha m odellato l’ordinam ento della Repubblica attribuendo al Parlamente la potestà di fa re le leggi, al Governo la potestà di d irig ere la vita dello Stato in con form ità di esse, alla M agistratura la potestà di applicarle. Come si è già detto nella seconda trattazione, il punto fondam entale di questo p rin cip io sta nel fa tto che esso im pedisce ad uno qualsiasi dei tre organ i di raccog liere tanto potere da sopraffare gli altri e quindi distruggere la libertà dei cittadini. Ma ora bisogna aggiu n gere che esso consente anche di stabilire i rapporti fr a i tre organi in m odo tale che nessuno di essi può u scire dai propri lim iti senza che gli altri reagiscano e lo ricaccin o indietro. La C ostituente si è avvalsa anche di questo m eccanism o e, per quanto non lo abbia applicato nella m aniera integrale della C ostituzione americana, vi ha in form ato alcune delle norme più rilevanti della nostra Costituzione.

P er esse, d ifa tti, il Parlam ento non può abusare della propria potestà legi­ slativa sènza che altri organi intervengano a contrastarlo. Contro un eventuale suo abuso v ’è innanzi tutto il potere, di cui gode il Presidente della Repubblica in virtù dell’art. 74, di rin viare alle Camere, per una nuova deliberazione, una legge che egli giu dich i costituzionalm ente illegittim a o non con form e alla volontà popolare. V ero che qui si tratta di un potere soltanto sospensivo, perché « se le Camere approvano nuevam ente la legge, questa deve essere prom ulgata ». Ma, se la legge è costituzionalm ente illegittim a, v ’è sempre luogo all’ intervento della

Corte Costituzionale che la dichiara nulla con un giudizio definitivo. P eraltro, il Presidente della Repubblica ha ancora un secondo e più im portante potere per contrastare l’attività del Parlam ento, ed è quello con feritog li dall’art. 88 di « sciogliere le Camere o anche una sola di esse » quando le giudichi non più corrispondenti alle effettive fo rz e politiche che sono nel paese.

N é lo stesso potere del Presidente della R epubblica è senza contrappesi, perché, a parte l’art. 89 che stabilisce che « nessun atto del P residente della R epubblica è valido se non è controfirm ato dai m inistri proponenti », l’art. 90 prevede il potere del Parlam ento di p orre in stato di accusa il P residente che si renda colpevole di alto tradim ento o di attentato alla C ostituzione. Il che significa che ai poteri del P residente della R epubblica sul Parlam ento fan n o da con trap­ peso i poteri di questo su di lui.

Quanto al Governo, tu tti sanno che non può reggersi senza godere della fiducia delle due Camere (art. 94) e che sia il P residente del C onsiglio che i m inistri possono essere m essi in stato di accusa dal Parlam ento per qualsiasi reato comm esso nell’ esercizio delle loro fu n zion i (art. 96).

Ove la nostra C ostituzione si è allontanata da quella americana, nell’avvalersi di questo m eccanism o di contropoteri, è neH’ordinam ento della M agistratu ra alla quale non ha riconosciuto la potestà, che invece l’altra le riconosce, di sindacare la legittim ità costituzionale delle leg g i e di non applicare quelle ritenute illegit­ time. Le d ifferenti tradizioni storiche del nostro paese, il fa tto che la giustizia sia stata am m inistrata per lungo tem po in nome del re, che era anche il capo del potere esecutivo, hanno determ inato questo orientam ento. T uttavia la potestà in questione esiste ed è, com e è noto, affidata alla C orte Costituzionale.

III. IL PARLAMENTO

N ei secoli passati si è discusso m olto sui sistem i più idonei ad assicurare una p erfetta corrispondenza delle leg g i alla volontà popolare, e gli scrittori p olitici si sono divisi in due corren ti, delle quali l’una ha sostenuto che non si potesse avere autentica dem ocrazia se non dove il popolo fosse chiam ato direttam ente a decretare sulle p rop rie leggi, l’ altra che il solo sistema p ossibile di dem ocrazia fo sse quello di p orre il popolo nelle condizioni di scegliere i prop ri rappresen­ tanti, ma di lasciare a questi soltanto il com pito di decidere sulle le g g i più opportune al paese.

Queste due tesi sono state note col nome di democrazia, diretta, l’una, e di dem ocrazia indiretta, l’altra. A i n ostri giorni, però, questa discussione ha perso gran parte del suo peso perché il sistema della rappresentanza, o della dem ocrazia indiretta, ha finito per tr io n fa r e decisam ente sull’altro, e non v ’è più nessuno che pensi che il popolo possa essere chiam ato direttam ente a fa r e quel gran num ero di leg g i che occorron o a uno Stato m oderno.

Secondo la nostra C ostituzione, l’organo legislativo è il Parlam ento. L ’ ini­ ziativa delle leg g i spetta a m olti, m olti sono gli organi cui è ricon osciuta la fa coltà di elaborare p rog etti di leg g e e presentarli alle Camere, ma sono sem pre queste che devono discuterli, m odificarli, approvarli o respingerli. A lla R egion e è ricon osciuta la potestà di emanare norm e legislative per le m aterie elencate

nell’ art. 117, ma « nei lim iti dei prin cìpi fondam entali stabiliti dalle le g g i dello Stato » e « sempreché le norm e stesse non siano' in contrasto con l ’ interesse nazionale e con quello di altre R egion i ». L a pienezza e compiutezza della fu n ­ zione legislativa del Parlam ento è stata, anzi, accentuata dalla C ostituzione repubblicana, che non ha ricon osciuto al Capo dello Stato quella- com partecipa­ zione alla elaborazione della leg g e che lo Statuto sabaudo ricon osceva al Re. Secondo questo Statuto, d ifa tti, la legge diventava p erfetta con la sanzione del Re, e quindi veniva dal R e stesso prom ulgata. In virtù deH’ art. 73 della nostra Costituzione, invece, al P residen te della Repubblica spetta soltanto di prom ulgare le leggi e non più anche di sanzionarle : la legge è com piuta e p erfetta con l’ approvazione delle Camere.

Ugualm ente l’A ssem bla Costituente si è preoccupata di definire bene i lim iti entro i quali la funzione legislativa possa essere esercitata dal Governo e vi ha dedicato due articoli di grande im portanza. N ell’ art. 76 ha stabilito che « l’ eser­ cizio della fu n zion e legislativa non può essere delegato al Governo se non con determ inazione di prin cìp i e crite ri d irettivi e soltanto per tem po lim itato e per og getti definiti ». Questo articolo è riv olto alle Cam ere e costituisce, sostanzial­ mente, una lim itazione della discrezionalità del potere legislativo. P er esso le nostre Camere non p otrebbero ripetere quel che fecero le Cam ere del 1926 che, con la ben nota legge del 31 gennaio, n. 100, consentirono al p otere esecutivo di esercitare la fu n zion e legislativa ampiamente e per lungo periodo di tem po : ora, qualsiasi legge-delega non sarebbe costituzionalm ente legittim a, e quindi sarebbe im pugnabile dinnanzi alla C orte Costituzionale, se non rispettasse le condizioni previste nell’art. 76.

N ell’ art. 77, quindi, la Costituente, dopo aver precisato che « il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria », ha stabilito che « quando, in casi straordinari di necessità e d’ urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedim enti p rovvisori con fo rz a di legge, deve il g iorn o stesso presentarli per la conversione alle Camere », e che « i decreti perdono efficacia sin dall’ inizio, se non sono conver­ titi in legge entro sessanta g io rn i dalla loro p u b b lica zio n e ». A nch e questo articolo fissa condizioni speciali e assai restrittiv e per l’ emanazione di decreti- legge e ribadisce che, in sostanza, il solo organ o legislativo è il Parlam ento. IV.

IV. LA FORMAZIONE DELLE LEGGI

Naturalmente, il P arlam ento è sog g etto a segu ire una particolare procedura nella discussione ed approvazione delle leg g i, ed è quella prevista p er l’appunto dall’ art. 72. Nella procedura norm ale ogn i disegno di leg g e è presentato ad una Camera, esaminato da una com m issione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. E sistono però anche procedim enti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’ urgenza, e p ossibilità di esame e di approvazione da parte di com m issioni.

In sostanza, ogn i legge deve innanzi tu tto assum ere la form a di un progetto, quindi essere presentata, discussa e approvata dalle due Camere. E n tro un mese dall’approvazione essa viene prom ulgata dal Presidente della R epubblica e, subito dopo, pubblicata nella Gazzetta U fficiale p e r entrare in vigore, di norm a, il quin­ dicesim o giorn o successivo.

Poiché le leg g i interessano tutti i cittadini, la Costituente ha voluto anche estendere al m assim o la fa coltà di p rop orre alle Camere disegni di legge. Così o g g i possono servirsi di questa fa coltà num erosi o rg a n i: il Governo, ciascun m em bro delle Camere, il popolo (alm eno cinquantam ila ele tto ri: art. 71), i Con­ sigli regionali (art. 121); e potrà servirsene il C onsiglio nazionale dell’ econom ia e del lavoro (art. 99), non appena sarà costituito. In un regim e dem ocratico tanta larghezza non può che essere approvata, anche perché si vede bene come, a ttra ­ verso di essa, possano fa r s i sentire al Parlam ento sia le esigenze di settori im portanti della vita nazionale — quali quelli dell’ economia e del lavoro — sia le esigenze p eriferich e della vita regionale, sia ancora le esigenze di base del popolo stesso.

Quel che sem bra non essere soddisfacente è l’ adozione, da parte della nostra Costituzione, del sistema di elezione di ambedue le Camere « a su ffra gio u niver­ sale e diretto » (artt. 56 e 58). Che le Camere debbano essere due non si discute ragionevolm ente : la necessità che ogni legge sia esaminata e approvata prim a da una e poi da un’altra assemblea, se rallenta il lavoro legislativo e crea qualche inconveniente, è tuttavia garanzia di ponderatezza ed elim ina i grossi pericoli rappresentati, e già storicam ente sperim entati, dal sistema unicamerale. Ma m olti orm ai lamentano, e con buone ragion i, che, eleggendo anche il Senato a su ffragio universale e diretto, se ne sia fa tto un doppione della Camera dei* deputati, ove le situazioni si ripetono inutilm ente e ove gli esecutivi dei p a rtiti hanno la stessa pratica p ossibilità che nell’ altra Camera di in te rfe rire nelle decisioni. Durante l’attuale legislatura è stata, anzi, nom inata una com m issione p er esam inare il problem a e non è escluso che, prim a della sua fine o agli inizi della prossim a, si discuta un p rog etto di rifo rm a g ià pronto. T utta la questione sta natural­ mente nella designazione dei m em bri del Senato e nel sapere quale sistem a si debba usare per la loro scelta senza incorrere n egli inconvenienti lam entati. La rifo rm a potrebbe essere, ad esempio, una buona occasione per fa r sì che le com ­ petenze e gli interessi region ali rifluiscano al cen tro con m a g g io re continuità di quanto non accada adesso. V.

V. UN ISTITUTO DI DEMOCRAZIA DIRETTA: IL REFERENDUM

L ’ A ssem blea Costituente, pur facen do convergere sostanzialmente l’attività legislativa nel Parlam ento, non ha voluto però escludere del tutto il popolo dal­ l’ esercizio diretto della funzione legislativa ; ed ha quindi accolto l’ istitu to del referen d u m di cui, com e è noto, si fa largo uso nella dem ocrazia svizzera. Così, m entre nell’art. 71 ha ricon osciu to al popolo il diritto di iniziativa delle leggi, nell’art. 75 ha stabilito che si dia lu ogo a referen d u m per deliberare l’abrogazione totale o parziale di una leg g e o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedano cinquecentom ila elettori o cinque C onsigli re g io n a li; nell’ art. 123 ha previsto il referen d u m per leg g i e provvedim enti am m inistrativi delle R e g io n i; nell’art. 132 ha rich iesto l’ approvazione della m aggioranza delle popolazioni inte­ ressate, sem pre m ediante referen d u m , p er la fu sion e di R egion i esistenti o la creazione di nuove, o per il tra sferim en to di P rov in cie e Com uni da una R egione all’ altra; nell’ art. 138, infine, ha posto l’approvazione del popolo, a m aggioranza di voti validi, com e condizione della prom ulgazione di leg g i di revisione costi­ tuzionale e di altre leggi costituzionali, purché « entro tre m esi dalla loro pub­ blicazione, ne fa ccia n o domanda un quinto dei m em bri di una Camera o cinque­ centom ila elettori o cinque C onsigli region ali ».

In tutti questi casi il popolo approva o respinge direttam ente, e non m ediante i suoi rappresentanti, le p rop rie leggi. E ’ da osservare, tuttavia, che questa p ro­ cedura è consentita per tutte le leg g i in generale, solo se si tratti della loro abrogazione. P er l’ emanazione di nuove leggi, invece, il referen d u m è lim itato soltanto alle m aterie speciali citate. .

VI. IL GOVERNO

Il Titolo II della P a rte Seconda della C ostituzione è riservato al Presidente della Repubblica, ma di esso si parlerà in seguito. A ccenniam o ora brevem ente al Governo e alle A utonom ie regionali.

L ’art, 92 stabilisce la com posizione del Governo, e il capoverso delTart. 95 vuole, a sua volta, che il num ero dei m inisteri, le loro attribuzioni ed organizza­ zioni, e l’ordinam ento della P residenza del C onsiglio siano stabiliti dalla legge. Questo secondo com ando è però rim asto inattuato e negli ultim i anni si è, quindi, dovuto deplorare più volte la fa cilità con cui si è proceduto alla m oltiplicazione del num ero dei m inistri e, soprattutto, dei sottosegretari.

Uno dei problem i che ha m aggiorm ente preoccupato l’Assem blea Costituente è stato quellq di assicurare al Governo la stabilità che gli è necessaria p er un efficace esercizio della sua funzione, che è insiem e am m inistrativa e di direzione politica del paese. Secondo la prassi parlam entare del passato, ad ogni disegno di legge presentato al Parlam ento poteva rich iedersi e porsi la cosiddetta « que­ stione di fiducia » : di guisa che, se il P arlam ento non avesse approvato la legge stessa, il Governo sarebbe stato costretto a dim ettersi. Da ciò le frequentissim e crisi del periodo p refa scista in Italia, e di tutto il più recente periodo della vita parlam entare francese. Ma il sistema non è rispondente ad una sana visione dei rapporti tra P arlam ento e Governo, come è dim ostrato dall’ esempio del parla­ m entarism o in glese: quando si pone la questione di fiducia su una legge partico­ lare, si esercita inevitabilm ente una costrizion e sul Parlam ento, im pegnando le m aggioranze a votarla, p e r evitare una crisi di governo, anche se non se ne

condivida la utilità o la opportunità.

A ppunto perciò la nostra C ostituente, all’art. 94, ha voluto stabilire che il Governo « deve avere la fiducia delle due Camere », ma questa viene accordata o revocata con una apposita m ozione indipendente da ogn i provvedim ento leg i­ slativo.

La C ostituzione ha innovato rispetto allo Statuto sabaudo anche in relazione alla figura del P residente del C onsiglio, tra sform a n do questi da « prim us inter pares » in Capo di un collegio con la fu n zion e di d irig e re « la politica generale del Governo », sotto la p rop ria responsabilità, e di m antenere « l’ unità di indi­ rizzo politico e am m inistrativo » (a rt. 95). Non si vedono bene i van taggi di questa trasform azione, che però risponde ad una tendenza di sistem azione gerar­ chica di organi e di concentrazione di p oteri che è ca ratteristica dei tem pi m oderni. VII

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