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Come è noto, la R ivoluzione fran cese sfo c iò ben presto nella dittatura g ia co ­ bina, prim a, ed in quella di N apoleone p o i: e quando questi cadde a W aterloo si ebbe la restaurazione dei p rin cip ii assolutistici. Ma gli ideali della rivoluzione fran cese erano penetrati troppo profondam ente nello sp irito dei popoli perché questa restaurazione potesse durare. N uovi m oti popolari — e le esigenze dei ceti

medi che chiedevano garanzie con tro il dispotism o — con sigliaron o le m onarchie alla concessione degli Statuti, riconoscendosi così dalle stesse che la sovranità non derivava loro soltanto da D io, ma anche dal popolo : i re costituzionali governarono, in fatti, « per grazia di D io e volontà della N azione ».

In Italia, lo Stato piem ontese che doveva prendere l’ iniziativa dell'unifica­ zione nazionale ricevette da Carlo A lberto, in data 4 marzo 1848, lo Statuto di Piem onte e Sardegna, esteso, poi, a tutto il regno d’ Italia. Si trattò di una «carta ottriata » ( o ctro y ée), e cioè elargita graziosam ente dal monarca, e non g ià elaborata dal popolo per mezzo dei suoi rappresentanti. Ciò nonostante essa potè soddisfare, per lungo tempo, alle esigenze di libertà degli italiani, che seppero continuam ente adattarla alle varie realtà sociali nei p rim i cinquant’ anni di vita unitaria.

Quella garanzia fondam entale di libertà che abbiam o già indicata — e che è rappresentata dalla separazione dei poteri — vi era sostanzialmente rispettata. Si ebbero due Camere incaricate della form azione delle leggi ; un corpo giu diziario di cui fu garantita, sia pure tardivam ente, la indipendenza ; e un potere esecutivo, distinto dagli altri due, con precipue funzioni am m inistrative. La persona del monarca, tuttavia, partecipava di tutti e tre i poteri : del legislativo, attraverso la sanzione e la prom ulgazione delle leggi ; del giudiziario, attraverso la nomina dei g iu d ici; dell’ esecutivo, quale capo nominale, e, in taluni campi, effettivo di esso.

Il solo garante della osservanza dello Statuto, e dei d iritti di libertà in esso contenuti, fu il re ; e perciò non sentì la necessità di predisporre rim edi né per l’ ipotesi di conflitti tra i due poteri, né per quella di reciproch e usurpazioni, o violazioni, dello Statuto. V errà l’ora in cui si dovranno sentire duramente le conseguenze di queste lacune.

Quando, in fatti, com inciò a m anifestarsi l’ im ponente moto delle rivendica­ zioni proletarie — tra la fine dell’ 800 e i prim i del ’ 900 — l’organizzazione statale creata dalla costituzione albertina cadde facilm ente in crisi. Il Senato, di nomina regia, era stato concepito quale Camera Alta dei vescovi, dei prin cipi e dei p ossid en ti: e pur non avendo conservato questo esclusivo carattere, era troppo distaccato dal paese per intendere appieno le nuove esigenze sociali. A sua volta, la Camera dei Deputati, pur essendo di origin e elettiva, nasceva da un elettorato rim asto p riv ileg io delle m inoranze fino al 1911 : troppo ristretto perché il popolo considerasse i deputati com e prop ri rappresentanti, e non se ne sentisse distaccato.

Com inciò così a m an ifestarsi quella fra ttu ra tra paese reale e paese legale che sta alla base di ogni situazione rivoluzionaria.

Quando, poi, nel 1915, il paese fu condotto alla terribile prova di una guerra m ondiale — e i governi fu ron o più tardi incapaci di provvedere adegua­ tamente ai gravissim i problem i della sm obilitazione — la fra ttu ra si rese evi­ dente, e si tradusse, nell’ im m ediato dopoguerra, in un grave fenom eno di scontento e di ostilità verso il parlam ento ( anti-parlam entarism o, e cioè sfiducia nell’ orga­ nizzazione dem ocratica dello Stato).

LA DITTATURA

In questa situazione di scontentezza e sfiducia generale — e nelle preoccu­ pazioni dei ceti possidenti, in tim oriti dalle rivendicazioni proletarie e contadine — ; trovò presa il m oto rivoluzion ario delle cam icie nere guidate da Mussolini.

In che modo seppero rea gire gli organ i della m onarchia costituzionale?

Il re, che avrebbe dovuto essere il custode della costituzione, usò dei poteri che questa gli aveva riservato per fa v orire la m arcia su Roma, anche in conflitto con il fiacco governo dell’ epoca. Il Parlam ento, m inacciato di essere ridotto a un bivacco di manipoli, non ebbe la fo rz a di ribellarsi al]a minaccia, e di appellarsi al popolo per la difesa delle libertà statutarie ; più tard i rinuncerà addirittura alla sua funzione costituzionale, concedendo al Governo il potere di fa re le leggi, e particolarm ente quelle leg g i speciali che instaurarono nel paese una vera ditta­ tura. La M agistratura tentò di resistere più a lungo, ma fu anch’ essa travolta quando ai tribunali ordinari subentrò il regim e dei tribunali speciali.

Così la libertà personale dei cittadin i fu ben presto alla m ercé dell’ E secutivo ; la polizia, rafforzata dall’ O .V .R .A . (1), fu trasform ata in uno strum ento di perse­ cuzione politica ai fini della difesa del re g im e ; il d iritto fondam entale di voto fu soppresso e tra sform a to in una farsesca cerim onia di accettazione della volontà del Governo, attraverso i p leb isciti ; la Camera dei Deputati divenne la Camera dei fa sci e delle corporazioni, e la designazione dei suoi com ponenti dipese dal d itta tore; la pluralità dei p a rtiti fu soppressa e subentrò il regim e illiberale del partito unico ; e, infine, la stampa fu asservita ad un apposito m inistero e perdette la sua funzione di libera m anifestazione della opinione pubblica.

In questa p rofon da trasform azion e dell’ ordinam ento costituzionale venne il giorno in cui persino il più geloso interesse della m onarchia, e cioè l’ordine di successione al trono, fu sottoposto al beneplacito di un nuovo organo costituzionale, il Gran con siglio del fascism o : e la stessa m onarchia com inciò a m ordere il freno. Ma sebbene il nuovo ordinam ento costituzionale fosse del tutto diverso da quello creato con lo Statuto albertino, non si provvide mai alla sua form ale abrogazione. Non lo volle il re che vi scorgeva una p rop ria d ifesa contro le invadenze del dittatore ; e non lo volle neppure M ussolini, che non poteva aspirare a una nuova incarnazione dello stato assoluto. Se si considera che durante la dit­ tatura il principio della separazione dei poteri venne sostanzialm ente soppresso — e le leggi fu ron o, in verità, dettate, applicate ed eseguite sulle direttive di una sola persona — si è tratti a concludere che il nuovo Stato som igliasse molto, in una delle sue note fondam entali, a quello dei re assoluti. Ma, in realtà, le dittature m oderne non si sorreggon o sui p rin cip ii della legittim ità e della inve­ stitura d iv in a ; e intervenendo dopo la secolare accettazione di quello della sovra­ nità popolare, sono costrette a rich iam arsi a questa fo n te di legittim ità, che è 1

(1) O.V.R.A. : Opera Volontaria Repressione Antifascismo.

l’ unica riconosciuta valida nei tem pi moderni, anche quando fanno leva sul m ito del condottiero. R icercano perciò, con ogni mezzo, il consenso delle m aggioranze, e lo fingono ove esso manchi, e costringon o i cittadini a m an ifestarsi consenzienti con il Governo, anche quando non lo siano. P erciò la loro violenza si esercita anche nell’ intim o delle private coscienze, e i cittadini ne escono avviliti e infiac­ chiti : ma appunto perché esse debbono conservare in piedi almeno la fa ccia ta di un ordinam ento costituzionale dem ocratico, non si attentano a distruggern e radicalm ente le istituzioni, e si contentano di falsificarle.

Ciò fu raggiu n to facilm ente in Italia — e le nuove leg g i fondam entali della dittatura, per quanto liberticide, poterono inserirsi nel vecchio ordinam ento libe­ rale creato dallo Statuto albertino, senza bisogno di grandi trasform azion i isti­ tuzionali — per due ra gion i : per la natura flessibile (1) della costituzione albertina, e per la posizione di prem inenza che vi aveva il re.

IL CROLLO DELLA DITTATURA E IL REGIME DELLA COSTITUZIONALITÀ

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