Sociale
in c h ie s te s o c ia li
s e r v iz io s o c ia le di gru p p o
e d u ca zio n e d e g li adulti
sv ilu p p o d e lla com u n ità
Centro Sociale
inchieste sociali - servizio sociale di gruppo
educazione degli adulti - sviluppo della comunità a. IV — n. 18, 1957 — un numero con tav. alleg. L. 400 — abbonamento a 6 fascicoli e 6 tavole 7 0 X 1 0 0 allegate L. 2.200 — estero L. 4.000 abbonamento alle sole 6 tavole L. 900 — spedizione in abbonamento postale gruppo IV — c. c. postale n. 1/20100 — Direzione Redazione Amministrazione: piazza Cavalieri di Malta, 2 — Roma — telefono 593.455
S o m m a r i o 1 Corrado Böhm 2 Roberto Vacca 5 Giorgio Sacerdoti 11 Callisto Cosulich 16 23 27 33
Limiti della fantasia
La fantascienza può essere formativa? Tentativo di classificazione della letteratura contemporanea di fantasia scientifica Finalità di un automa
Breve storia del cinema di fantascienza
Documenti
Notizie
Estratti e segnalazioni
Tempo libero e dinamica socioculturale - Civi smo e democrazia - Elogio alle scuole di servizio sociale - La situazione attuale dei Centri sociali francesi.
39 Indici delle annate 1954-1957
Allegati
Recensioni: A. Meister, Coopération d'habita tion et sociologie du voisinage (D. Carazzolo); L. Cavalli, Inchiesta sugli abituri (M. Calogero Comandini).
Periodico bimestrale redatto a cura del Centro Educazione Professionale Assistenti Sociali sotto gli auspici dell’ UNRRA CASAS Prima Giunta Comitato di direzione: Achille Ardigò, Vanna Casara, Giorgio Molino, Ludovico Quaroni, Giorgio Ceriani Sebregondi, Giovanni Spagnolli, Angela Zucconi - Direttore responsabile: Paolo Volponi - Redattore: Anna Maria Levi
Limiti della fantasia
« ...Che nella Luna o in altro pianeta si generino o erbe o piante o
animali simili a i nostri, o vi si facciano, pioggie, venti, tuoni, come intorno
alla Terra, io non lo so e non lo credo, e molto meno che ella sia abitata
da uomini : ma non intendo già come tuttavolta che non vi si generino
cose simili alle nostre, si deva di necessità concludere che ninna altera
zione vi si faccia, né vi possano essere altre cose che si mutino, si gene
rino e si dissolvano, non solamente diverse dalle nostre, ma lontanissime
dalla nostra immaginazione, ed in somma del tutto a noi inescogitabili.
E sì come io son sicuro che a uno nato e nutrito in una selva immensa,
tra fiere ed uccelli, e che non avesse cognizione alcuna dell’elemento del
l’acqua, mai non gli potrebbe cadere nell’immaginazione essere in natura
un altro mondo diverso dalla terra, pieno di animali li quali senza gambe
e senza ale velocemente camminano, e non sopra la superficie solamente,
come le fiere sopra la terra, ma per entro tutta la profondità, e non
solamente camminano, ma dovunque piace loro immobilmente si fermano,
cosa che non posson fare gli uccelli per aria, e che quivi di più abitano
ancora uomini e vi fabbricano palazzi e città, ed hanno tanta comodità
nel viaggiare, che senza ninna fatica vanno con tutta la famiglia e con
la casa e con le città intere in lontanissimi paesi; sì come, dico, io son
sicuro che un tale, ancorché di perspicacissima immaginazione, non si
potrebbe già mai figurare i pesci, l’oceano, le navi, le flotte e le armate
di m are; così, e molto più, può accadere che nella Luna, per tanto inter
vallo remota da noi e di materia per avventura molto diversa dalla Terra,
sieno sostanze e si facciano operazioni non solamente lontane, ma del
tutto fuori d’ogni nostra immaginazione, come quelle che non abbiano simi
litudine alcuna con le nostre, e per ciò del tutto inescogitabili, avvengaché
quello che noi ci immaginiamo bisogna che sia o una delle cose già vedute,
o un composto di cose o di parti delle cose altra volta vedute; ché tali
sono le sfingi, le sirene, le chimere, i centauri, etc. ».
(Galileo Galilei, Dialogo sopra i due -massimi sistemi del mondo, 1632)
La fantascienza può essere form ativa ?
dì Corrado Böhm
Leggere cose ignote scritte in una
lingua che appena si conosce è fati
coso e deprimente. E’ purtroppo quel
lo che succede a ciascuno di noi che,
privo di particolare preparazione,
legge a caso qualche pagina di un’ope
ra scientifica o di un articolo pretta
mente tecnico. Eppure la nostra vita
è ogni giorno più condizionata dalle
scoperte scientifiche. Appare impor
tante per ognuno di noi arrivare al
meno sulla soglia di tali scoperte;
capirne i motivi contingenti che le
hanno causate e rendersi conto degli
effetti più immediati. Ci rivolgiamo
allora alle opere di divulgazione scien
tifica. Esistono diversi periodici in
Italia che assolvono brillantemente il
compito di ruminatori o digeritori
(da Digest) delle conquiste scientifi
che ed illustrano la storia di tale sco
perta o le recenti applicazioni di tale
altra invenzione.
Se diventiamo degli abituali di que
ste letture rischiamo di trasformarci
in freddi ed eclettici ammiratori della
scienza, perché non tutti gli autori
riescono a rendere efficacemente, co
me per esempio Paul de Kruif, lo stato
d’animo e la poesia dello sforzo umano
teso verso nuove conquiste dello spi
rito.
La divulgazione scientifica può
quindi appagare qualche nostra cu
riosità, tuttavia talvolta soddisfacen
dola la neutralizza o la svitalizza in
quanto noi spesso rinunciamo volon
tariamente a saperne di più.
V ’è un modo più immaginoso e più
emotivo di avvicinare il mondo della
scienza e rendersi conto di alcuni suoi
effetti nella vita dell’uomo. Consiste
nel leggere delle buone opere di fan
tascienza. Alla parola buono voglia
mo qui attribuire un significato più
morale che estetico.
Scartiamo anzitutto i romanzi in
cui l’umanità viene a contatto con
mostri extraterreni spaventosi per la
loro mole e la loro forma degenerata.
Si direbbe che l’unico scopo di questi
mostri è di affascinare l’attenzione del
lettore mediante visioni da incubo
addormentando in lui (vecchio espe
diente) ogni facoltà critica e riflessiva.
Si tratta di una nuova forma di gran-
ghignolismo.
Scartiamo i romanzi che della fan
tascienza prendono a prestito il tito
lo, il glossario e qualche personaggio
stereotipato. L’autore, con uguale
sforzo, avrebbe potuto somministrarci
un « giallo » di pessima fattura op
pure un « western » fumettistico.
Mediante questi scarti siamo riu
sciti ad eliminare circa il 90% della
produzione che appare attualmente
in Italia di racconti di fantascienza.
In ultima analisi abbiamo scartato
opere create esclusivamente in fun
zione del loro valore commerciale. Le
opere che prenderemo ora in conside
razione non saranno forse dei capola
vori letterari però si baseranno su
uno almeno dei seguenti motivi posi
tivi :
a) Presentazione di una società
avveniristica in cui i maggiori pro
blemi di oggi (confederazione mon
diale, pace, equipartizione dei beni)
sono risolti, ma altri più gravi suben
trano a causa di nuove condizioni
esterne da un lato e della perenne
psicologia umana dall’altro.
b) La conquista dello spazio in
terplanetario da parte di esseri intel
ligenti ha reso possibile il confronto
diretto dell’odierna civiltà terrestre
con civiltà d’altri pianeti. Nasce da
ciò un monito (specialmente se l’al
tra civiltà è più progredita e potente)
per l’umanità : « Non distruggetevi a
vicenda finché siete ancora in tempo »
e segue uno sviluppo coerente di
eventi che porta alla soluzione di
molti problemi di convivenza pacifica
sul nostro pianeta.
c) Una certa scoperta scientifica
rende alcuni uomini padroni di certe
nuove forme di energia o di porzioni
di spazio o di tempo. Questa scoperta
è sorretta da teorie parascientifiche
che differiscono* apparentemente poco
o niente da quelle oggi universalmente
accettate. Nasce una situazione di
fatto paradossale che consente però
uno sviluppo logicamente corretto il
quale brillantemente risolve problemi
insolubili secondo le attuali cono
scenze.
d) Un fenomeno di natura fisica
o astrofisica ovvero i postumi di esplo
sioni nucleari portano dei sovverti
menti biologici (p. es. mutazioni nei
geni) nella specie umana. Hanno da
ciò origine lotte e contrasti nuovi, ed
in sostanza un’umanità più compren
siva.
I quattro tipi di intreccio presen
tati non sono naturalmente i soli ed
i migliori. Servono a dare un’idea
dello sviluppo più o meno interessante
che può acquistare un racconto seria
mente impostato su temi simili. E’
facile intuire l’importanza sociale di
tali romanzi. Citeremo soltanto :
La possibilità di agganciamento ad
una critica dell’odierna società (« Il
mondo nuovo » di Huxley, « 1984 »
di Orwell ed « Il pianeta dei nasci
turi » di Werfel ne sono i più seri
e tipici esempi).
L’indicazione della urgenza della
soluzione dei più gravi problemi della
società contemporanea mediante la
esemplificazione dell’assurdo a cui
possono portare decisioni politiche
sbagliate o semplicemente la mancan
za di decisioni adeguate.
Infine il carattere di parabola as
sunto da alcuni racconti, anche se a
sfondo surrealista, può raggiungere
lo scopo di fare riflettere a situazioni
analoghe della vita odierna al di là
di ogni convenzionalismo e censura.
E l’educazione scientifica?
Un metodo efficace per mostrare la
solida compattezza delle premesse
sulle quali riposa l’intera costruzione
scientifica mi sembra quello ispirato
al Sansone biblico. Cosa succede se
togliamo qualche pilastro di base?
L’intera costruzione crolla. Vale la
pena di illustrare ciò con un esempio.
Supponiamo costruibile una Mac
china del Tempo che permetta a chi
la manovra di spostarsi nelle due dire
zioni Tempo. Ecco alcune concatena
zioni logiche per lo più già sfruttate
dagli scrittori di fantascienza da
Wells in poi.
Chi possedesse una tale macchina
potrebbe fare a meno di una Dupli-
catrice (altra macchina sfruttata in
alcuni romanzi, dotata del potere di
fornire copia di qualsiasi essere vi
vente o no in essa immesso). Infatti
per duplicare, per esempio, se stessi
basterebbe imbarcarsi su tale mac
china e rendere'visita al se stesso di
qualche tempo prima; e similmente
per qualsiasi altro oggetto. Ciò impli
ca naturalmente la coesistenza di due
tempi : quello fìsico entro il quale si
spazierebbe e quello fisiologico del
viaggiatore nel tempo. La duplica
zione dell’essere vivente in conse
guenza non sarebbe perfetta ; una vi
sita al se stesso del passato metter
rebbe a confronto due persone di età
diversa con diversa esperienza. In
definitiva come conseguenza della sco
perta di una Macchina del Tempo
l’uomo potrebbe :
— moltiplicare gli oggetti a sua
volontà ;
— essere ubiquo;
— conoscere il futuro ed even
tualmente modificarlo entro certi li
miti.
Poiché tutte queste facoltà appar
tengono al mondo dei sogni, pur es
sendo delle logiche (o quasi) conse
guenze della premessa Macchina del
Tempo, appare evidente così a chiun
que che pure la premessa appartiene
allo stesso regno. E ciò è educativo.
In ogni caso è sempre molto più
didattico mostrare dei ragionamenti
corretti su delle premesse irrealizza
bili che arrivare agli stessi risultati
partendo da premesse effettuabili me
diante degli svolgimenti irrazionali
ed inverosimili.
Il benessere dell’umanità dipende
sempre di più dalla soluzione di pro
blemi che trascendono l’esistenza del
singolo e quindi assumono un carat
tere impersonale. D’altra parte è ti
pica ed antica nell’uomo la passione
per gli enigmi forse perché essa tra
spone in un passatempo l’assillo dei
problemi contingenti.
La fantascienza, lettura di evasio
ne, può tuttavia diventare una forma
abbastanza nobile di evasione se l’ac
cento viene posto sulla problematica
delle azioni umane. Basterebbe che
gli autori adottassero regole simili a
quelle che reggono la concezione di
un problema di scacchi :
Correttezza. Lo sviluppo del racconto deve avere un carattere di plausibili tà. Al lettore deve riuscire impossibile immaginare, partendo dalla conoscen za dei fatti a lui descritti, situazioni che demoliscano la verosimiglianza del racconto o che addirittura lo ren dano ridicolo.
Originalità. La novità dello spunto presentato od almeno, se lo spunto è già noto, una migliore realizzazione.
Economia e difficoltà. La riduzione al l ’essenziale dei personaggi e fatti raccontati. Sia negato all’autore ag giungere (come succede nei romanzi polizieschi) dei personaggi e compli cazioni varie allo scopo di rendere l ’epilogo più difficile da scoprire. La difficoltà deve piuttosto dipendere dalla sottigliezza della soluzione.
La purezza di scopo. Questo è il pun to che avvicina maggiormente una buona opera di fantascienza ad una opera basata sulla disciplina intel lettuale propria delle scienze speri mentali. Se si vuol mostrare che un fenomeno è la causa di un altro non basta mostrare che l’apparire del primo fenomeno precede sempre quel lo del secondo; ma occorre mostrare che se il primo fenomeno è soppresso il secondo non apparirà più. L ’azione risolutiva del racconto sarà quindi pura di scopo se tale azione per il solo fatto di essere dilazionata o po sposta ad altre rende impossibile l’epilogo in quanto mancherebbe lo scopo speciale che si è proposta.
Qualcuno potrebbe osservare che
l’insistere su tali regole di composi
zione logica (che fanno venire in
mente i tempi « ingenui » del positi
vismo) è anacronistico in questo se
colo che ha dato, tra l’altro, il sur
realismo neH’arte e l’affievolimento
del principio di causalità nella fìsica.
L’unica risposta è che il comporta
mento dell’uomo è sempre sufficiente-
mente irrazionale, oggi così come ieri,
perché egli possa trarre profitto « per
molto tempo ancora » da principi che
inducano a ragionare.
Corrado Bohm
Tentativo di classificazione della letteratura
contemporanea di fantasia scientifica
di Roberto Vacca
Qualche mese fa scrissi un racconto, nel quale era descritta la costru
zione di una macchina raziocinante e parlante, cui venivano sottoposte
alcune questioni di metafìsica da dirimere ad iniziativa di certe Autorità,
dubbiose che l’esistenza della macchina stessa non fosse immorale. Rac
contai la storia a qualche amico ed uno di loro mi chiese :
« Ma i Marziani ce li Hai messi? ».
Alla mia risposta negativa rimase piuttosto male ed affermò che,
allora, il mio scritto non si poteva veramente definire un racconto di
fantascienza. Questo criterio appare un po’ troppo ingenuo per poter
basare su di esso un giudizio in merito alla appartenenza di una^ data
opera romanzesca alla categoria degli scritti di fantasia scientifica. D’altra
parte, non ritengo che sarebbe fruttuosa una disamina più accurata delle
caratteristiche comuni ai moderni racconti di fantascienza, né una ricerca
di quelle caratteristiche di essi, che potrebbero essere utilizzate per defi
nirli con una certa generalità.
Non credo neanche che una ricerca delle origini della letteratura di
fantasia scientifica risulterebbe più interessante. Lascio, quindi, ad altri
di decidere se il padre di questa letteratura sia da considerare Jules
Verne, oppure H. G. Wells, o se, invece, i primi esempi non siano da
ricercare molto più indietro, risalendo ai racconti di fate o forse anche
alla letteratura classica romana o greca.
Mi limiterò solo a delineare i temi, che sono trattati più frequente
mente dagli scrittori contemporanei di fantascienza e che, quindi, vero
similmente, più incontrano il favore del pubblico, ed i temi che, invece,
vengono ignorati o toccati solo raramente. E cercherò di fornire una
spiegazione ragionevole di tale stato di cose. Una classifica organizzata
in questo modo non consentirà distinzioni fra racconti scritti bene e rac
conti scritti male, fra racconti ben costruiti e racconti la cui trama è
mal condotta. Questo, infatti, non è un discorso di estetica : non vogliamo
cercare se i veri artisti siano più o meno frequenti fra gli autori di fan
tascienza. Alcuni sostengono, anzi, che la fantascienza, come i romanzi
gialli, è una sottospecie deteriore di letteratura e che a proposito di essa
non avrebbe significato alcuno parlare di arte.
Fra gli autori di racconti di fantascienza, alcuni sono scienziati veri,
altri no. I primi mettono nelle loro storie invenzioni e ritrovati in genere
abbastanza plausibili e li descrivono con una certa rigorosità. Spesso la
storia è costruita attorno ad una extrapolazione di teorie serie e ben
note : talora in essa viene data una soluzione più o meno cervellotica ed
improvvisata a problemi scientifici esistenti e tuttora insoluti, talora,
invece, la parte scientifica del racconto è tutt’altro che fantastica. Ven
gono, anzi, descritte macchine esistenti e vengono illustrati principi e
teorie fisiche, anche complicati, ma noti solo agli scienziati, che colti
vano una certa branca specializzata : al pubblico, che ignora questa cir
costanza, il racconto può sembrare frutto di pura fantasia. Questo trucco,
però, non è di impiego molto frequente. Gli esempi più interessanti di
racconti scritti da scienziati Veri hanno spesso una componente umori
stica, che può essere apprezzata e considerata divertentissima solo dal
pubblico ristrettissimo, costituito dagli altri scienziati che appartengono
allo stesso ramo dello scrittore. Questi esempi non possono certo essere
considerati tipici, ma costituiscono « scherzi di famiglia », derivati dal
gergo e dalle battute ricorrenti, che allignano nei clan dei laboratori e
degli istituti di ricerca.
La seconda categoria, quella degli scrittori che non sono scienziati
veri, è, ormai, la più numerosa. Questi, in genere, non sono molto ben
informati, né tengono molto al rigore scientifico delle loro esposizioni,
mantenute ad un livello piuttosto superficiale : la debolezza delle teorie è
bilanciata da un largo impiego di nomi e parole inventati a costituire
una nomenclatura tecnica di comodo. E’ abbastanza interessante la cir
costanza che il vocabolario degli scrittori non scienziati ha subito un
processo spontaneo di standardizzazione, per cui si è formato un patri
monio verbale, comune agli autori ed al pubblico e caratterizzato da una
corrispondenza più o meno univoca fra certe parole e certi oggetti inesi
stenti e vagamente definiti. Certo nessun autore si dilungherebbe oggi a
descrivere le funzioni e le caratteristiche di un disintegratore, di una
cuffia di platino psicoprotettiva o di un psicospecillo, ed è anche inter
venuto un tacito accordo in merito alle mutazioni, che si inseriranno
nella evoluzione della razza umana come conseguenza delle esplosioni
nucleari. Huxley con i suoi esseri deformi è in netta minoranza : i futuri
mutanti avranno sembianze umane, eventualmente modificabili a piacere
per mezzo di doti volontarie di plasticità, ma avranno capacità telepa
tiche, telecinetiche, televisive e potranno anche essere dotati di memoria
ereditaria.
Fra gli scrittori di questa seconda categoria non sempre i meglio
informati ed i più rigorosi sono anche i più bravi. E’ interessante notare
che la formazione di un lessico universale standardizzato fantascienti
fico rende particolarmente agevole a quegli scrittori, che perseguono fini
più strettamente commerciali, di « tradurre » le solite vecchie storie di
gangster e G.Men, di cow-boy e pellirosse in racconti di fantasia scien
tifica. Le storie così prodotte sono di bassa qualità e non varrebbe la
pena di occuparsene, se non nel quadro di uno studio sulle applicazioni
della automazione alla produzione letteraria.
Il gruppo più numeroso di storie può essere caratterizzato dalla cir
costanza che il pretesto, sul quale è imperniata la narrazione, è costituito
da una singola trovata fantascientifica. Non si tratta, quindi, di racconti
a tesi. In essi i problemi psicologici o morali sono solo sfiorati rara
mente. Il racconto è costruito intorno alla trovata e le sue parti, i carat
teri, le situazioni, i dialoghi, sono modellati a dare risalto ad una certa
idea fantastica su basi scientifiche, alla quale è affidata la maggior parte
dell’effetto.
Il nerbo del racconto è spesso fornito dall’idea di un nuovo ritrovato
tecnico. Si tratterà della scoperta di una nuova fonte di energia o di
nuovi mezzi di comunicazione o di distruzione o di costruzione. Si trat
terà di una macchina, che serve a fare andare indietro il tempo, o di
una macchina dotata di poteri psichici. La scelta dell’invenzione nuova,
alla quale appendere un racconto, richiama alla mente la scelta di nuovi
modi, nei quali far uccidere la vittima, che costituisce una delle essen
ziali preoccupazioni di un certo tipo di autore di romanzi gialli. Non
c ’è dubbio, però, che, al confronto, gli autori di fantascienza si livelino
molto più ingegnosi dei loro colleghi narratori di delitti. In effetti, nella
notevolissima mole di letteratura di questo tipo pubblicata specialmente
in America, sono state ipotizzate e descritte invenzioni di ogni tipo, esplo
rando ogni campo della scienza e della tecnica, tanto che oggi è estrema-
mente arduo scrivere un pezzo basato su di una trovata non ancora sfrut
tata. E citerò rapidamente qualche esempio.
I viaggi interplanetari, interstellari ed intergalattici sono stati
descritti minutamente nelle loro realizzazioni, nelle loro difficoltà tecniche
e nelle loro conseguenze, anche economiche e psicologiche. Si noti, per
inciso, che la descrizione dello stato di cose, che si realizza entro una
nave spaziale non soggetta ad alcuna forza di gravità, ha forse conti
1-
buito a divulgare presso vaste categorie di persone alcuni dei principi
fondamentali della meccanica. Infatti la situazione dei viaggiatori spa
ziali, che si trovano ad essere senza peso, viene in genere lumeggiata abba
stanza ragionevolmente e precisamente.
Le utilizzazioni della energia atomica, eventualmente usata come
mezzo di propulsione nello spazio, e la diffusione di, essa nel cosmo hanno
fornito anche esse temi frequenti a molti racconti.
La costruzione di calcolatrici elettroniche e di macchine automatiche,
vicarianti alcune delle funzioni usualmente adempite dall’uomo, ha au
mentato il filone di storie relative a robot. Questo è uno dei temi che
si trovano trattati più spesso. Dei robot sono state descritte : la psicolo
gia normale e patologica, le capacità tecniche e le passioni, le perver
sioni ed i peccati ed in qualche caso perfino la vita ormonica, se non le
avventure sessuali.
.
..
In generale le storie meno elaborate, di questo tipo, introducono n
nuovo ritrovato tecnico, descritto più o meno vagamente, come qualche
cosa di genericamente desiderabile e si esauriscono in una relazione del
modo seguito dai protagonisti per giungere alla realizzazione di esso. Gli
autori più evoluti, invece, utilizzano la trovata per risolvere una situa
zione presentata inizialmente o per fornire la spiegazione di fatti inespli
cabili, e possibilmente interessanti, che culminano in essa.
Un’altra categoria di storie potrebbe essere definita come quella dei
racconti d’ambiente, in cui l’elemento fantascientifico è costituito dalla
eccezionalità dell’ambiente stesso. Questo è spesso rappresentato da^ un
altro mondo abitato, lontano nello spazio ed eventualmente raggiunto dopo
un viaggio nello spazio, o lontano nel tempo. Frequentemente vengono
descritti mondi, appartenenti ad un altro sistema solare, tecnicamente
molto evoluti e che il racconto trova in epoca imprecisata. Si trovano
anche esempi di interpretazioni insolite del mondo in cui viviamo, che
non sarebbe quello che sembra : per la presenza fra noi di individui, che
esternamente sembrano uomini, ma che in effetti vengono da un altro
mondo o sono affetti da qualche strana particolarità, oppure per la pos
sibilità di comunicazione metapsichica fra gli uomini e gli abitanti di
altri pianeti o fra i contemporanei e gli uomini antichi o futuri, che
sarebbe possibile a certe persone, e così via. Derivano da questo gruppo
le storie, che col pretesto di una trama più o meno esile, espongono certe
superficiali cosmogonie e che, talora giocosamente, illustrano in un qua
dro unico la creazione della terra e dell’universo ed i rapporti fra gli
esseri intelligenti del creato (in questo ed in altri mondi) con il Crea
tore. C. S. Lewis ne è uno dei migliori esempi : ha scritto una serie di
libri, che cominciano con un viaggio su Marte e finiscono con una storia
del creato, nella quale figurano anche il Diavolo ed il peccato originale.
Una terza categoria è quella dei racconti imperniati sulla acquisi
zione da parte di un uomo di capacità soprannaturali oppure tecniche
talmente evolute da differenziarlo nettamente dal resto della umanità.
Entrano in scena qui il mutante, che ha doti di preveggenza, il vecchio
pensionato, che si accorge improvvisamente di poter creare gli oggetti
che immagina, il medico, che trova il sistema per ridurre l’altezza dei
suoi simili a pochi centimetri o per trasformarli in piante, lo studente,
che trova un trucco per assimilare rapidamente tutto lo scibile, e simili :
mi si consenta di lasciar fuori i tipi vari e deteriori di superman, che
per ora non sembra abbiano una vitalità sufficiente ad avventurarsi fuori
dai fumetti.
I racconti a tesi che svolgono le implicazioni di qualche problema
etico o sociale sono piuttosto rari. Si trovano trattati sopra tutto i temi
più ovvi. L’integrità morale dello scienziato viene lumeggiata per mezzo
di confronti con espressioni1 elementari di conflitto fra i doveri. Ad esem
pio : gli scienziati hanno il diritto di condurre esperienze importanti ma
pericolose per tutta l’umanità o per una sua parte? Se pensiamo alle
odierne! polemiche in merito ai pericoli delle esperienze nucleari, vediamo
che tale questione è viva ed attuale. Ad esempio A. Bester, nella sua
novella Adamo senza Èva, vi ha risposto raccontando la storia di un
astronauta, che sperimenta un nuovo combustibile atomico riuscendo a
compiere un breve viaggio nello spazio : quando torna sulla Terra, si
accorge di aver distrutto su di essa ogni forma di vita iniziando, durante
il decollo, una reazione a catena, innescata dai prodotti di scarico del suo
razzo atomico. L’istinto lo conduce a morire in mare e dalle cellule del
suo corpo si rigenereranno microrganismi, che diffonderanno di nuovo
la vita nel mondo. Questa allusione ad un eterno ritorno serve probabil
mente a non dare un’impressione di eccessivo pessimismo. La morale,
che si può trarre da questo tipo di storie, è vagamente prudenziale e
scaramantica e si riduce ad un incitamento a non seguire cattivi esempi :
tipico, fra questi, quello della antichissima popolazione della Luna, che,
secondo un autore, avrebbe scoperto l’energia atomica in epoca preisto
rica, con la conseguenza che un esperimento troppo arrischiato avrebbe
prodotto un’esplosione, che ha distrutto tutti i lunari ed ha lasciato sulla
superficie del nostro satellite i segni dei noti crateri.
Le questioni umanitarie e sociali vengono trattate spesso sotto la
forma di satire più o meno trasparenti. Volendo fare una storia delle
trasposizioni di situazioni attuali e scottanti in mondi immaginari, biso
gnerebbe andare indietro almeno fino a Voltaire e Swift. Ed ecco alcune
di tali questioni : la validità del quinto comandamento si estende o no
fino agli altri ipotetici esseri viventi, che forse popolano l’universo ? Quali
sono le caratteristiche in base alle quali si può giudicare se un essere
è vivente o no? Quale sarebbe la posizione morale e metafisica di even
tuali esseri viventi prodotti sinteticamente dall’uomo in laboratorio?
Ma lasciamo pure da parte Frankestein. Una situazione, che è stata
usata da più di un autore americano, è quella della segregazione razziale :
molti racconti sulla separazione forzosa fra marziani e terrestri non
sono che una critica delle attuali condizioni di vita dei negri negli Stati
Uniti.
Per quanto riguarda, infine, le indagini psicologiche, è abbastanza
raro che esse tocchino punti molto profondi. La situazione tipica trattata
è quella dello scienziato o del tecnico, che fa un lavoro così complicato
ed impegnativo da compromettere la stabilità della sua mente. I com
plessi dello scienziato vengono descritti sempre più frequentemente in
termini psicanalitici, anche abbastanza corretti. Gli autori di questo tipo
di storie sono probabilmente quegli scienziati che amano far pesare la
importanza e la difficoltà del proprio lavoro e che dicono spesso : « Ad
occuparsi di queste cose c’è da diventare matti in poche settimane ».
Prima di indagare quali siano i temi ignorati o trattati molto rara
mente nella letteratura di fantasia scientifica, vediamo quali sono le
ragioni per le quali le opere, classificate nelle pagine precedenti, si sono
diffuse ed hanno avuto successo.
Occorre notare, anzitutto, che le reazioni del pubblico anglosassone
sono abbastanza diverse da quelle del pubblico italiano. In effetti in
Inghilterra ed in America il tifoso (fan) dei libri di fantascienza, che
li legge tutti, ne possiede una biblioteca di qualche centinaio e qualche
migliaio di volumi, è una figura abbastanza diffusa. Senza abbandonarci
a indebite generalizzazioni sui caratteri dei vari popoli, limitiamoci a
constatare il fatto. Da noi i patiti di questo genere non sono molto fre
quenti, al pari dei lettori appassionati dei romanzi gialli, che, ad esempio,
in Inghilterra sono legione. Essi vanno cercati, per lo più, fra gli stessi
scienziati, che sono ovviamente in grado di apprezzare più profondamente
le trovate più elaborate e che, probabilmente, derivano da queste letture
un confortante senso di superiorità, poiché sono proprio loro i protago
nisti del processo « che avvicina il domani all’oggi », per dirla con
1rotocalchi
Genericamente si può affermare, del resto, che gli scienziati, come
i non scienziati, apprezzano questo genere di letteratura perché è diver
tente. E il discorso potrebbe anche finire qui, forse un po’ troppo sempli-
cisticamente.
Ritengo, però, che a voler indagare ancora, si troverebbe che uno
dei fattori più potenti della diffusione e del successo della letteratura fan
tascientifica è costituito dalla tendenza alla identificazione.
Il progresso scientifico e tecnico ha,
in fa t t i,conseguenze, sia concrete
che pubblicitarie, ogni giorno più clamorose e coloro che non partecipano
ad esso direttamente amano potervi partecipare in qualche altro modo.
Ora è abbastanza faticoso, e spesso noioso, lavorare per farsi una compe
tenza nelle questioni scientifiche. Così molti sono spinti a prendere la scor
ciatoia delle opere di divulgazione scientifica, semplificate al massimo e
che possibilmente « si leggano come un romanzo ». Ed è, allora, ancora
più agevole leggere addirittura un romanzo. La soddisfazione che ne
deriva è quella di formarsi una competenza con poca fatica ed, in conse
guenza, di potersi identificare con gli « esperti veri » o di potersi rite
nere superiori ad essi, in quanto ci si occupa di realizzazioni che essi
non hanno ancora raggiunto. Si tratta, quindi, di un sogno ad occhi
aperti, che soddisfa desideri di evasione tanto più efficientemente in quanto
le componenti di esso sono prese dai campi più concreti, oggi coltivati
dall’uomo.
Un’altra molla, che spinge il pubblico verso questi libri, è costituita
dalla ricerca di nuovi argomenti di conversazione, nei quali poter brillare
senza fatica eccessiva. Perciò la fantascienza si avvia, forse, a prendere
un suo posto come terreno comune sul quale si potranno incontrare gli
uomini medi. Ciò non è ancora avvenuto: fino ad oggi l’uomo medio
porge a chi lo avvicina la sua competenza calcistica ed i suoi discorsi
sulle automobili.
Come ho già accennato, sarebbe disagevole inserire giudizi di merito
in questo quadro. E’ per questo che non ho voluto introdurre un’altra
categoria, nella quale Huxley ed Orwell sarebbero stati probabilmente
soli. Un discorso, che volesse tener conto anche dei loro scritti, sarebbe
ineluttabilmente molto più lungo. Basti dire che, volendo considerare anche
loro come scrittori di fantascienza, non si può più parlare) di temi ignorati
dagli autori di questo genere, ma solo di temi raramente trattati.
Abbiamo già notato la scarsa diffusione delle narrazioni che vertono
su questioni morali e psicologiche : possiamo aggiungere che le contro
versie religiose e filosofiche sono praticamente tabù. Non c’è da meravi
gliarsi che sia così. La merce di questo tipo avrebbe senza dubbio un
mercato molto ristretto e, oltre al resto, sarebbe abbastanza difficile scri
vere racconti, nei quali vengono dibattute più o meno velatamente tesi
speculative senza che il risultato1
sia molto noioso. E vengono in mente a
questo proposito certi drammi filosofici del secolo scorso, in cui figuravano
fra i personaggi il Libero Arbitrio ed il Principio di Ragion Sufficiente,
che probabilmente non sono mai stati rappresentati altro che una volta
dalla filodrammatica della scuola diretta dall’autore.
E se si accetta il punto di vista, precedentemente esposto, secondo il
quale il successo della fantascienza è fondato sul desiderio di sognare ad
occhi aperti, non appare strano che i cultori del genere non prediligano
gli argomenti destinati a stimolare pensieri troppo profondi od originali.
Si riterrà, forse, che a chiusa di queste pagine manchi un giudizio
sul valore educativo o positivo della letteratura di fantasia scientifica.
Tale giudizio, d’altronde, può conseguire direttamente ad una enuncia
zione dei criteri in base ai quali deve essere emesso, ma chiederlo a chi
tenta una classificazione avrebbe lo stesso senso che domandare ad un ento
mologo se ritenga che l’esistenza delle zanzare sia un bene oppure
un male.
Roberto Vacca
Finalità di un autom a
di Giorgio Sacerdoti
Anziché una critica della fantascienza o una descrizione degli argomenti da essa trattati, con questo articolo si vuole fornire un esempio di come si possa attuare il passaggio da una premessa scientifica ad uno spunto adatto per una narrazione fantascientifica. È la via che potrebbe percorrere uno scienziato al quale venisse richiesto di scrivere uno di tali racconti: partendo infatti da una definizione di automa strettamente scien tifica, ma abbastanza larga per consentire la trattazione dell’ argomento da punti di vista non usuali, si giunge a considerare gli automi come esseri che possono entrare in concorrenza con lo stesso genere umano.
A che cosa serve un automa?
A questa domanda è necessario
premetterne un’ altra : che cos’è un
automa?
Gli automi non sono infatti ancora
inseriti nella nostra vita di ogni gior
no al punto che fa loro definizione sia
ovvia. Alla parola « automa » la fan
tasia corre di solito ad un ordigno
dall’aspetto umanoide capace di ese
guire alcune azioni molto semplici
in campi utili all’uomo. Ma l’automa
non è questo. Il suo aspetto, oltre ad
essere scarsamente importante, può
essere qualsiasi e probabilmente non
sarà affatto simile a quello umano.
Le sue azioni invece possono essere
semplici o complicate, utili all’uomo
o meno in relazione al modo in cui
l’automa è asservito all’uomo stesso.
L’asservimento potrebbe mancare del
tutto e in tal caso l’utilità delle azioni
di un automa dipenderebbe soltanto
dal modo in cui fu originariamente
costruito.
Che cosa è dunque un automa?
Un automa è un ordigno artificiale
destinato ad uno scopo e capace di
mutuo adattamento verso l’ambiente
entro limiti determinati all’atto della
sua costruzione.
Essenziale a chi volesse progettare
un automa è la determinazione dei
seguenti elementi :
1) Lo scopo.
2) L’ambiente e il tipo di asser
vimento all’ambiente stesso.
3) Il mezzo tecnico adoperato.
Negli automi più semplici, quelli
fra i quali già stiamo vivendo, la
determinazione dello scopo è di gran
lunga la più semplice. Per esempio,
nel caso di un condizionamento d’aria
in un locale di abitazione, lo scopo è
evidente : mantenere la temperatura
ad un livello confortevole.
Di poco più diffìcile la determina
zione dell’ambiente: in questo caso è
il campo di variabilità della tempe
ratura esterna. Un progettista di
apparecchi da costruire in serie per
esser spediti in zone molto diverse
dovrà essere in grado di valutare le
caratteristiche climatiche di una città
siberiana o di un bungalow del Congo.
Dovrà naturalmente fornire il suo
apparecchio di uno strumento capace
di rivelare le particolari condizioni
deH’ambiente esterno in cui dovrà
funzionare. Nel caso attuale un sem
plice termometro è sufficiente. La
legge deirasservimento è : se il ter
mometro scende al disotto di un cer
to livello prefissato occorre irradiare
calore verso l’ambiente, se sale sopra
un altro livello occorre assorbire ca
lore dall’ambiente.
Più difficile è lo studio del mezzo.
Per questa parte del progetto sarà
necessario ricorrere ad un ingegnere
esperto di termodinamica, capace di
definire le caratteristiche costruttive
di motori elettrici, compressori, ra
diatori, ecc.
Ma questa graduatoria di difficoltà
non è affatto assoluta. La graduatoria
citata è strettamente legata all’esem
pio considerato il quale è volutamente
semplice.
Un caso più complesso può dimo
strare come si possa arrivare ad inver
tire almeno gli ultimi due gradini
della graduatoria.
Scopo: abbattere aerei nemici.
Ambiente : spazio a tre dimensioni
in cui l’aereo può muoversi, a cui va
aggiunto il tempo ignoto in cui l’in
cursione verrà effettuata, la velocità
dell’aereo, anch’essa in tre dimensio
ni, le sue accelerazioni, le condizioni
atmosferiche in cui lo strumento di
difesa si dovrà muovere, e in fine la
azione imprevedibile del pilota del
l’aereo nemico che farà di tutto per
comportarsi in maniera non predeter
minabile.
Mezzo : un cannone antiaereo.
Qui il mezzo è uno strumento quasi
antico, mentre estremamente difficile
è la determinazione dell’ambiente. Ri
mane invece semplice lo scopo.
A questo punto può essere inte
ressante un’osservazione. Il cannone
non ha 1’« intelligenza » per capire
lo scopo così come l’abbiamo enun
ciato. Lo scopo a cui esso risponde è
un altro, semplificato, e cioè quello
di lanciare un oggetto in una certa
direzione e con una determinata velo
cità, supponendo, implicitamente, che
direzione e velocità siano precisa-
mente quelle che porteranno il proiet
tile a intersecare la rotta dell’aereo.
Ma, data la difficoltà di definire con
precisione, in un dato istante, l’am
biente, risulta la difficoltà, a tutti no
ta, di assegnare, con buone probabi
lità di colpire, i dati di tiro, cioè lo
scopo semplificato, al cannone.
Questo problema è tipico. Lo scopo
ultimo è -semplice : colpire l’aereo
nemico. Lo scopo ridotto è di difficile
determinazione. La soluzione sta ov
viamente nel costruire un apparecchio
dotato di abbastanza « intelligenza »
per « capire » lo scopo ultimo. I mis
sili che automaticamente si dirigono
sull’obbiettivo e in qualunque momen
to possono correggere la propria rot
ta sono un esempio di questo genere
di soluzione.
Al proiettile obbligato a seguire
una traiettoria rigidamente prefissata
si sostituisce un vero « automa » ca
pace di scegliersi la rotta con una
certa libertà entro lo scopo asse
gnato.
Supponiamo ora che al dispositivo
elettronico di guida venga sostituito
un essere umano, che il pilota sia un
« Kamikaze » deciso a suicidarsi pur
di portare il suo veicolo contro l’ae
reo nemico e che gli sia stato appunto
impartito l’ordine « vai per la rotta
più breve a colpire l’aereo nemico ».
In che cosa differirebbe il comporta
mento del missile visto dall’esterno ?
In nulla, poiché lo scopo è stato per
entrambi definito con ugual rigidità.
D’altra parte è evidente che il pi
lota-uomo ha delle possibilità molto
maggiori del pilota-elettronico. Come
si può sfruttarle?
Allargando lo scopo.
Si vede immediatamente che, men
tre il pilota elettronico non può ca
pire altro che l’ordine « colpisci il
bersaglio », al pilota-uomo si potrebbe
dire « tuo compito è distruggere quan
ti più aerei nemici puoi ». La capa
cità di giudizio del pilota-uomo avreb
be fatto sì che egli, potendo, anziché
lanciarsi sul nemico e perire con lui,
avrebbe tentato di abbatterlo con le
armi di bordo e quindi sarebbe stato
disponibile per ripetere l’azione mol
te volte anziché una sola, risultando
in ultima analisi molto più efficace.
Ma nemmeno questo è il limite di
efficienza dell’uomo in un’ipotetica
battaglia. Supponiamo di allargare
ancora il suo scopo e di dargli il com
pito « vinci la battaglia » anziché
quello di abbattere aerei nemici.
Potrebbe darsi che egli trovi più
conveniente restare a terra e di là
dirigere altri piloti, meno esperti di
lui, ottenendo complessivamente una
efficienza d’insieme ancora più grande.
Allarghiamo ancora lo scopo.
Il nostro uomo potrebbe trovarsi
investito di tale autorità da dover
decidere addirittura se la battaglia è
utile o meno. In questo caso lo scopo
sarebbe stato « vinci la guerra ».
Ancora un ultimo passo :
Anche lo stato di guerra è il risul
tato di una decisione. Decisione presa
da un uomo a cui fosse stato asse
gnato lo scopo « fa il bene del tuo
paese ».
Nella gerarchia di decisioni che
siamo venuti percorrendo siamo par
titi dall’uomo automa e via via l’ab
biamo promosso pilota, caposquadra,
generale in capo, primo ministro.
Va osservato che le capacità del sog
getto erano potenzialmente sempre
quelle del primo ministro, solo l’as
segnazione degli scopi limitati ne
limitavano l’impiego.
A questo punto viene spontanea
una domanda : sono le decisioni a
livello di primo ministro le più alte
che si possano prendere?
La risposta è « no ».
L’uomo che è primo ministro ha
dovuto in precedenza decidere : « de
vo porre la mia candidatura o no? ».
E prima ancora : « devo intra
prendere la carriera politica? ».
E ancora prima deve aver deciso
sulle sue inclinazioni politiche, sugli
studi che voleva fare, sulle persone
a cui si sarebbe appoggiato.
Ora ci accorgiamo che dal livello
del primo ministro siamo passati al
livello delle decisioni che tutti noi
prendiamo ogni giorno. Siamo saliti
o discesi nella gerarchia delle deci
sioni?
Siamo saliti : infatti le decisioni
ora citate non sono condizionate
nemmeno ad uno scopo, sia pur va
sto, come quello di « fa il bene del
tuo paese », ma ad uno più elevato
ancora che è quello a cui obbediamo
nel vivere la nostra vita. Quale sia
questo scopo risulterà chiaro più
avanti.
Dall’esposizione che precede si
può concludere che, dato un organi
smo, come quello umano, dotato di
una certa intelligenza potenziale, la
sua azione dipende dallo scopo che
gli è stato assegnato.
Per intelligenza intendiamo la ca
pacità di un organismo di adattare
se stesso all’ambiente e di adattar
l’ambiente a se stesso. Di regola en
trambe queste azioni sussistono con
temporaneamente.
Macchine capaci di eseguire atti
intelligenti nel senso suddetto già
esistono. In via di ipotesi non è as
surdo pensare a macchine intelligenti
quanto un uomo. Che cosa faremo fare
a queste macchine? E’ qui che la de
terminazione dello scopo diviene es
senziale.
In un racconto di fantascienza fra
i migliori recentemente pubblicati,
« Il sole nudo » di Isaac Asimov, si
parla appunto di una società la quale
era riuscita a costruirsi automi dotati
di una capacità intellettuale del tutto
paragonabile a quella umana. Ad essi
erano state imposte tre leggi fonda-
mentali :
1) Non farai mai male ad un es
sere umano, né mediante l’inazione
permetterai che un essere umano su
bisca danno.
2) Obbedirai agli ordini dati da
gli esseri umani purché ciò non con
travvenga alla prima legge.
3) Cercherai in tutti i modi di
conservarti in buone condizioni di
funzionamento purché ciò non ti porti
a contravvenire alla prima e alla
seconda legge.
Le leggi assegnate sono un ottimo
esempio di scopi abbastanza vasti per
far sì che la « specie automi » si com
porti in maniera abbastanza libera
in modo da sfruttare bene le sue fa
coltà, ma, d’altra parte, risulti assolu
tamente impedita una qualsiasi « ri
volta » degli automi contro i loro co
struttori.
Tuttavia le leggi, in particolare la
prima, fondamentale, ha un difetto,
evidente anche a prima vista perché
espressa in forma negativa. E ’ l’au
tore stesso che lo mette in luce rac
contando come questa società umana,
avendo costruito automi così evoluti,
assegna loro anche l’educazione dei
propri figli. Gli automi fanno del loro
meglio, ma, non potendo sculacciare i
bambini per non contravvenire pro
prio alla prima legge, allevano una
generazione dopo l’altra di uomini vi
ziati che portano al fatale decadi
mento dell’intera società.
Come dovremmo procedere allora
nel progettare il « codice morale » di
una specie di automi?
Per prima cosa dovremmo sapere
esattamente che cosa vogliamo da
loro. Gli uomini del racconto avevano
costruito degli automi-servi e poi ave
vano richiesto loro un’attività di or
dine superiore come quella educativa.
Di qui il fallimento. Nemmeno un
uomo con ordini simili avrebbe fatto
di meglio.
Una « prima legge » più rispon
dente sarebbe stata : « Puoi far male
a un individuo umano solo se questo
risulterà per lui in seguito un bene
maggiore ». Un automa così condizio
nato avrebbe potuto essere un buon
pedagogo privato o anche un dentista
che per curare un dente deve far
male. Non avrebbe invece potuto pren
dere decisioni in cui per il bene di
un gruppo di individui fosse stato
necessario il male di un singolo.
Eventualmente anche la sua morte.
L’automa per esempio non avrebbe
potuto fare il generale in una guerra.
Supponiamo di assegnare lo scopo
« fa il bene del genere umano ».
Avremmo costruito una specie di au
tomi liberi, ma sempre soggetti alla
specie umana. Dovremmo natural
mente essere stati capaci di specifi
care che cosa è il bene del genere
umano. Da questo punto di vista, cioè
dal punto di vista dell’automa, il bene
del genere umano potrebbe essere :
« render la specie umana quanto più
numerosa possibile ».
Va notato che lo scopo di aumen
tare il numero della specie umana è
qui da intendersi come un fine ultimo
(a cui certamente non si perverrebbe
per esempio mediante campagne de
mografiche male intese, che portando
a una prolificazione superiore ai mezzi
di sussistenza condurrebbero ad uno
squilibrio, destinato in ultima analisi
a rallentare anziché accelerare il pro
cesso di allargamento della specie
umana). Lo scopo, cioè, non è imme
diato : è lo scopo ultimo che la uma
nità pare chiamata a realizzare attra
verso le ere.
Il passo per produrre una specie
di automi del tutto indipendenti è
molto semplice ; basta assegnare come
scopo quello di « rendere la specie
automi quanto più numerosa possibi
le ». Avremmo così creato una specie
nuova, che entrerebbe con le altre
nella lotta per l’esistenza. Niente ci
garantirebbe che una simile specie
non possa combattere e sopraffare
quella umana.
Da quanto precede si può dedurre
che per un essere intelligente qual
siasi la massima vastità dello scopo
che gli può venir assegnato dipende
dal suo grado di intelligenza. Entro
questa vastità massima potenziale la
sua attività può essere ulteriormente
limitata dall’assegnazione di scopi
inferiori alle sue possibilità. Viceversa
l’assegnazione di uno scopo superiore
alle possibilità avrebbe come conse
guenza la non comprensione di questo
e quindi l’assenza di qualsiasi azione
da parte dell’essere interpellato. Co
me esempio basti pensare a come
reagirebbe un missile al comando di
mettersi la maglia pesante o un con
tadino alla richiesta di scrivere una
equazione di secondo grado.
La conclusione, valida per qualsiasi
essere, uomo o automa, è la seguente :
— da un organismo intelligente si
può ottenere la massima efficienza
lasciandogli la massima libertà nel
l’ambito del massimo scopo che esso
può comprendere.
Giorgio Sacerdoti I m m i n e n t e :INTRODUZIONE ALLA
RICERCA SOCIOLOGICA
di A. C A RB O N A RO e A. PAGAN ICon appendice statistica di
F. BRAMBILLA
PROBLEM I D I SOCIOLOGIA n. 2
I l presente volume intende soddisfare le esi genze di coloro che vogliono impadronirsi dei con cetti strumentali e delle tecniche fondamentali della ricerca sociologica.
La trattazione, che ha carattere manualistico, è centrata su 2 metodi particolari : il metodo mo nografico e quello dell indagine sociale per inchiesta, illustrandoli con una serie di esempi e di schemi operativi.
Una parte del volume p iù specializzata riguarda lo studio della stratificazione e della mobilità sociale. Anche in questo caso, accanto alle impostazioni di fondo, vi è un capitolo illustrativo basato sul reso conto commentato da un’ indagine sulla stratificazione e mobilità sociale nel mondo contadino, svoltasi alcuni anni fa a Grassano.
In appendice si danno alcune nozioni elemen tari sul metodo statistico, e cioè sulle norme più opportune per la raccolta e la classificazione dei dati, sulle misure della variabilità statistica e sulle tecniche per la stratificazione dei campioni statistici. LA N U O V A IT A L IA E D IT R IC E - Piazza Indipendenza, 29 - F IR E N Z E
Breve storia del cinem a
di fantascienza
di Callisto Cosulich
Quasi
contemporaneamente,
nel
1901, uno a Londra, l’altro a Parigi,
appaiono due film, i cui titoli prean
nunciano, almeno per quell’epoca, un
contenuto di anticipazione. La pelli
cola londinese (iscritta al n. 3518 dei
cataloghi di Charles Urban), realiz
zata da George Albert Smith di Brigh-
ton, s’intitola Ciò che si vede al tele
scopio-, quella parigina (numero 366
della serie Pathé), diretta e interpre
tata dal còrso Ferdinand Zecca, si
chiama, invece, Conquista dell’aria.
In realtà il filmetto inglese — 25
metri di lunghezza — tradisce le in
tenzioni anticipatrici del titolo : al
telescopio si vedono le coscie di una
donna che sta allacciandosi le giarret
tiere. Siamo ancora alla preistoria
del cinema : i film non hanno prati
cato una divisione netta tra il lato
sentimentale e quello puramente ses
suale delle passioni, e sono quindi in
certi se imboccare la strada della
pornografia o quella dell’amore.
Ben diverso il caso di Zecca. L’au
tore ha diviso in due lo schermo, nel
senso orizzontale. Di sotto appaiono
i tetti della città, di sopra Zecca sem
bra sorvolare i tetti cavalcando una
curiosa sagoma di sottomarino vo
lante. La terra non scompare mai dal
la parte inferiore dello schermo, ma
non dobbiamo dimenticare che siamo
nel 1901, un anno dopo la grande
Esposizione Universale di Parigi,
ove si sono celebrati il treno espres
so, la telegrafìa senza fili e la radio
grafia, ma si è soltanto accennato agli
sforzi « per conquistare la via del
l’aria » (1). La conquista deH’aria
aveva, allora, lo stesso valore che
ha oggi, per noi, la conquista dello
spazio. Zecca può a buon diritto chia
marsi il precursore della fantascienza
cinematografica.
Già nell’anno successivo, però, con
Le voyage dans la lune di Georges
Meliès, siamo' di fronte ad un docu
mento di più alto significato. In
trenta immagini, lunghe complessiva
mente 260 metri, Meliès condensa gli
episodi salienti di due romanzi famo
si : Dalla terra alla luna di Jules
Veme e I primi uomini sulla luna di
H. G. Wells. Del Verne sono il cir
colo degli astronomi e il cannone gi
gante che scaraventa il proiettile sul
la luna; del Wells la maggior parte
degli episodi lunari : la tempesta di
neve, la discesa nel cratere, i seleniti.
Meliès chiama queste sue immagini
« visioni fantastiche », soprattutto
per distinguerle dagli altri metodi di
ripresa cinematografica. Sono imma
gini, però, che neppure a quel tempo
potevano apparire insolite, almeno
La preistoria : « Voyage à travers Vimpossible » di Georges Meliès