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L’ordinanza cautelare nei confronti della persona fisica autrice del reato presupposto e la

influenza a carico della societas.

L’ordinanza restrittiva, emessa nei confronti della persona fisica autrice del reato presupposto, potrà esplicare un’efficacia preclusiva rispetto alla rivalutabilità del fumus commissi delicti anche per il giudice chiamato a decidere sulla cautela da applicare all’ente?

Per fornire una risposta esaustiva bisogna, innanzi tutto, richiamare le norme introdotte dagli artt. 8 e 38 del Decreto

174 Sul punto D. Negri, Fumus commissi delicti. La prova per le fattispecie cautelari, Giappichelli, 2004, p. 122. 175 Così S. Renzetti, Il diritto di difesa [..], op. cit., pp. 232 ss.

che prevedono, nel primo caso, le condizioni in cui la responsabilità dell’ente persiste in modo autonomo alle vicende del reato presupposto, e il secondo che stabilisce la regola generale della riunione dei procedimenti instauratisi nei confronti della persona fisica e a carico dell’ente, elencando poi i casi tassativi nei quali si debba procedere alla separazione, infine analizzare la giurisprudenza che si è creata in merito all’argomento; la Suprema Corte, infatti, in una sua sentenza176 ha affermato che la pronuncia assolutoria della persona fisica ‘per non aver commesso il fatto’ non comporta alcun automatismo nell’escludere la responsabilità amministrativa dell’ente, dato che quest’ultima non presuppone necessariamente l’individuazione dell’autore del reato, purché si accerti che un illecito sia stato compiuto da parte di un soggetto riconducibile all’ente stesso e che questo ne abbia tratto un interesse o un vantaggio.

Per cui, ad un primo esame sembrerebbe che non ci siano forti connessioni tra i due procedimenti, ma la dottrina si è soffermata, soprattutto, sugli effetti che l’ordinanza ex art. 292 c.p.p., passata in giudicato, dovrebbe produrre sulla richiesta cautelare a carico dell’ente collettivo; d’altronde il primo elemento che fonda la prognosi di responsabilità della persona giuridica coincide totalmente con quello che è già stato valutato nell’ordinanza de libertate emessa per l’imputato del reato presupposto e, di conseguenza, il giudice non riconsidererà la sussistenza di tale elemento anche in sede di decisione sulla cautela applicabile all’ente,

a meno che non si chiarisca precisamente la nozione di giudicato cautelare e la sua attuabilità al caso concreto. Ora, per la giurisprudenza risulta abbastanza controverso il momento in cui si forma tale giudicato; ovviamente, una volta esauriti i mezzi di impugnazione previsti dal sistema cautelare si potrà avere una situazione di giudicato, mentre forti dubbi nascono quando l’ordinanza di prima istanza non venga impugnata.

La dottrina, al contrario, si è soffermata sulle varie declinazioni che il concetto di giudicato cautelare ha assunto, in particolare sul principio di preclusione177 per il giudice, con la conseguente impossibilità di discostarsi da una precedente decisione sul medesimo punto; il giudicato cautelare, in effetti, non assolve tanto il compito di evitare inutili duplicazioni o le svariate iniziative delle parti sul medesimo oggetto, quanto quello di rappresentare un vero e proprio vincolo decisorio per il giudice e che allontana, così, il rischio di pronunce contraddittorie sullo stesso caso178, garantendo la certezza del diritto.

Anche riconoscendo al giudicato cautelare questo peculiare significato, possono presentarsi però, nel corso dello svolgimento dell’udienza camerale, situazioni che, senza dubbio, potrebbero complicare la difesa dell’ente stesso dal momento che il contraddittorio anticipato potrebbe subire una brusca frenata, inibendo alla difesa un contributo fattivo rispetto alla valutazione della prima e fondamentale condizione per l’esercizio della potestà cautelare a suo carico, ovvero la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza

177 Sulla funzione del giudicato penale: G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, XII ed., Giappichelli, 2017.

nei confronti della persona fisica imputata del reato presupposto, non potendo, quindi, dedurre fatti o argomenti diversi da quelli addotti da quest’ultimo, nonostante non siano stati esaminati nel procedimento de libertate in quanto elementi nuovi e non siano, per cui, coperti dal giudicato179. Ecco allora che la risposta migliore alla domanda iniziale sembra essere quella di ritenere inesistente un vincolo e una preclusione che la legge non prevede espressamente; nulla vieta al giudice, sopratutto se diverso da quello che si è già espresso sul punto, di esaminare nuovamente la questione medesima, se le valutazioni si basano, poi, su fatti inediti che ancora non assurgano al rango di cosa giudicata, e ancor meno effetti contro l’ente potrebbe esplicare, poi, la sentenza irrevocabile, pronunciata nei confronti dell’imputato di reato presupposto, visto che ciò, altrimenti, significherebbe dare valore ad un accertamento nel quale quest’ultimo non ha potuto minimamente esercitare tutti i suoi diritti difensivi180.

A questo punto il giudicato cautelare si risolve soltanto in “un’agevolazione dell’obbligo di motivazione del giudice, che può limitarsi a richiamare le precedenti decisioni, senza escludere che possa, comunque, valutare diversamente i medesimi fatti e pervenire ad una diversa soluzione”181, perché, a prescindere dal riconoscimento formale del giudicato cautelare, risulta davvero difficile negare l’esistenza di un rapporto di dipendenza che lega la responsabilità dell’ente a quella della persona fisica, e questo spinge a

179 T.E. Epidendio, Il principio del giudicato cautelare, in A. Bassi-T.E. Epidendio, Guida alle impugnazioni dinanzi al Tribunale del riesame, Giuffrè, 2008, p. 892.

180 M.L. Di Bitonto, Studio sui fondamenti della procedura penale d’impresa, Editoriale scientifica, 2012, p. 154. 181 A. Nappi, Guida al codice di procedura penale, X ed., Giuffrè, 2007, p. 803.

ritenere la motivazione dell’ordinanza cautelare la sede migliore per risolvere il problema di suddetta influenza.

Richiamando i dettami fissati dalla Suprema Corte nella nota sentenza Primavera182 (secondo cui la motivazione per relationem è legittima quando faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un atto del procedimento, la cui motivazione sia logicamente attuabile anche nel provvedimento di destinazione, per cui il giudice, dopo aver preso visione delle ragioni dell’atto di riferimento e averle meditate e ritenute coerenti con la sua decisione, le abbia assunte nella sua ordinananza, a patto che il provvedimento citato, qualora non sia allegato nel procedimento da motivare, sia quanto meno conosciuto od ostensibile all’interessato per garantirgli tutte le facoltà di controllo previste dalla legge) possiamo affermare che il richiamo all’ordinanza cautelare può coprire l’onere motivazionale del provvedimento a carico dell’ente esclusivamente in relazione al primo presupposto della sua responsabilità, cioè la commissione di un reato tra quelli indicati nel Decreto, da parte di un soggetto avente un legame funzionale con l’ente stesso.

Ora, analizzando questi criteri per applicarli anche al procedimento a carico della societas, lo stesso giudice di legittimità ha stabilito183 che sia sufficiente l’allegazione, da parte del PM, dell’ordinanza cautelare personale, qualora questa venga impiegata come parte integrante di quella interdittiva emessa per l’ente collettivo, cosicchè la difesa di quest’ultimo possa esercitare pienamente il suo diritto di

182 Cass., SS. UU., 21 giugno 2000, in Cass. pen., 2001, p. 69. 183 Cass., sez. VI, 5 marzo 2013, n. 10903, in www.rivista231.it.

valutare e contestare anche questo provvedimento; resta il fatto, però, che una simile previsione può dirsi efficacemente realizzata soltanto nel momento in cui la responsabilità dell’ente e quella della persona fisica vengano accertate nell’ambito di un simultaneus processus, in modo tale da evitare che la facoltà di selezione degli atti da porre a base della domanda cautelare riconosciuta all’accusa possa fortemente ridurre il diritto al contraddittorio anticipato garantito in questa fase alla persona giuridica184.

Si consideri, inoltre, un’altra sentenza185 di rilevanza cardinale su tale argomento, dacché in essa la Suprema Corte affronta molteplici profili problematici presenti in tale disciplina, come quelli relativi ai presupposti applicativi delle cautele interdittive, o al ricorso per cassazione contro l’ordinanza che le disponga, o ancora alla motivazione di tale ordinanza: si tratta della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, sezione VI penale, in data 2 ottobre 2006, n. 32627, che vede in veste di parte ricorrente ‘La Fiorita’, società cooperativa a responsabilità limitata; in detto ricorso l’impresa in questione lamentava, tra le altre doglianze, che il G.i.p. del Tribunale di Bari, in veste di giudice cautelare, avesse dedotto automaticamente dai gravi indizi di colpevolezza a carico degli imputati persone fisiche, i gravi indizi a carico dell’ente, postulando una sorta di responsabilità automatica in capo a quest’ultimo.

La Corte, però, ha annullato la suddetta ordinanza per violazione di legge, rinviando gli atti al Tribunale per un

184 In proposito F. Nicolicchia, La motivazione per relationem dell’ordinanza cautelare a carico dell’ente in rapporto al contraddittorio anticipato e alla separazione dei procedimenti, in Cass. pen., 2014, p. 1359.

nuovo esame relativo ai gravi indizi, specificando che la valutazione di gravità indiziaria deve essere riferita alla fattispecie che integra l’illecito amministrativo nella sua complessità; nello specifico, ha chiarito il giudice di legittimità, per l’applicazione di misure interdittive in funzione cautelare, è necessario “l’accertamento della gravità indiziaria di ciascun elemento della fattispecie”, e quindi: il fatto di reato, la sussistenza dell’interesse o del vantaggio derivante all’ente, il ruolo dell’agente nell’apparato in ragione del differente regime probatorio che ne deriva, la colpa d’organizzazione, l’eventualità che il reo abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, oltre che, naturalmente, il pericolo di reiterazione.

Il G.i.p. di Bari, invece, nel caso in questione, si era limitato a dedurre meccanicamente i gravi indizi di colpevolezza dell’ente da quelli a carico degli imputati del reato presupposto, realizzando, così, una sovrapposizione di livelli di valutazione che ha finito per confondere il piano relativo alla responsabilità delle persone fisiche con quello riguardante la società; in questo modo, si è posto a fondamento dell’ordinanza cautelare nei confronti dell’impresa argomentazioni inerenti i reati perpetrati dagli amministratori, assimilando, erroneamente, l’accertamento dei gravi indizi di responsabilità dell’ente con quelli relativi ai reati presupposto.

In effetti, l’irrogazione di una cautela interdittiva nei confronti di un’impresa, richiede, come opportunamente evidenziato dalla stessa Corte, una valutazione molto più articolata e complessa di quella prevista dal codice di procedura penale

per le persone fisiche poiché molto più numerosi, e spesso di difficile accertamento, sono i parametri che il giudice è tenuto a verificare; basti pensare che, per l’applicazione della cautela interdittiva, occorre che il reato presupposto sia stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente, non essendo tuttavia sufficiente che quest’ultimo ne abbia tratto un vantaggio solo minimo, in ossequio all’art. 46 comma 2 del Decreto che prescrive proporzionalità tra misura cautelare e sanzione finale, e infatti, nel caso in cui si dimostri che il reo abbia agito nell’interesse prevalente proprio o di terzi, si potranno applicare all’impresa solo pene pecuniarie alla fine del giudizio.

Un altro aspetto di fondamentale rilevanza è, poi, l’accertamento del tipo di rapporto intercorrente tra il reo e l’ente, essendo esso suscettibile di influire notevolmente sul regime probatorio che si dovrà applicare nel processo; per tutti i motivi qui illustrati, la Suprema Corte ha negato categoricamente che il provvedimento applicativo di una misura cautelare interdittiva a carico di un ente possa essere motivato per relationem, dovendosi, invece, procedere sempre alla precisazione delle ragioni che lo rendano necessario, secondo i criteri previsti dalla legge.

Un discorso differente, invece, può essere intrapreso per quanto riguarda l’ordinanza a carico dell’ente e gli effetti che questa può sviluppare sull’eventuale azione cautelare mossa nei confronti della persona fisica; qualora si voglia perseguire la stessa finalità di prevenzione sociale ex art. 274 lett. c) c.p.p. ed evitare il pericolo di reiterazione dell’illecito, si potrebbe effettivamente escludere, di fronte all’avvenuta

adozione di cautele interdittive a carico dell’ente, la possibilità di incidere anche sulla libertà personale dell’imputato del reato presupposto, proprio perché la