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Le questioni interpretative nascenti dalla sovrapposizione tra interdizione-sanzione e

interdizione–cautela.

All’interno del Decreto 231, che già di per sé assume i contorni di un sistema normativo compiuto, si può evidenziare un ulteriore ‘sottosistema’ che risulta avere un carattere autonomo: trattasi della Sezione IV del Capo III intitolata ‘Misure cautelari’, nella quale si tratteggiano, agli artt. 45 ss., le cautele volte, come ribadito nella Relazione governativa, da una parte ad “evitare la dispersione delle garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato” ( il sequestro conservativo) e dall’altra a “paralizzare o ridurre l’attività dell’ente quando la prosecuzione dell’attività stessa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato e agevolarne la commissione di altri”78 (sequestro preventivo e misure interdittive), e, già poco tempo dopo l’entrata in vigore del Decreto, alcuni giuristi79 hanno più volte sottolineato come la parentesi cautelare potesse diventare un momento determinante per il processo alla persona giuridica, perchè, come si vedrà nel prosieguo della trattazione, proprio in questa sede ci si imbatte in molteplici occasioni riparatorie offerte all’ente, valutazione che, infatti, non è stata smentita dalla prassi giurisprudenziale, dato che sono davvero numerose le pronunce riguardanti le misure cautelari e la loro applicazione.

78 Relazione, cit., p. 170.

79 In questo senso: G. Paolozzi, Vademecum per gli enti sotto processo. Addebiti “amministrativi” da reato, Giappichelli Editore, 2006, p. 145.

Il primo aspetto sicuramente particolare, che risalta semplicemente leggendo il testo del Decreto, è la totale coincidenza delle misure interdittive con le sanzioni irrogabili in via definitiva, previsione contenuta nell’art. 11 comma 1 lett. o) della legge delega che ha trovato, poi, una precisa attuazione nel Decreto dove, quindi, non troveremo misure ad hoc, strumentali a finalità processuali e contraddistinte da una mera prognosi sulla colpevolezza dell’ente tipiche della funzione cautelare, ma le stesse sanzioni interdittive applicabili al termine del processo; questo perfetto parallelismo è un segno evidente del carattere general/specialpreventivo che permea l’intero sistema punitivo de societate, il cui fine ultimo è quello di prevenire il rischio-reato e riportare l’ente sulla strada della legalità, affidando al processo, piuttosto che alla pena, la funzione rieducativa80 e avvicinando notevolmente le misure cautelari interdittive alle misure di sicurezza81.

Invece di ideare figure specifiche per le misure cautelari o di denominarle, per lo meno, in modo diverso, l’art. 45 richiama, quindi, per intero le sanzioni interdittive elencate all’art. 982, apponendo soltanto la formale distinzione dei presupposti applicativi e facendo apparire, ancora una volta, come l’unica necessità valorizzata da questo sistema sia quella di determinare una sorta di anticipazione della pena;

80 C. Franzoni, Il sistema sanzionatorio e cautelare. Riflessioni sull’effettività, in AA. VV., Il processo penale de societate, a cura di A. Bernasconi, Giuffrè, 2006, p. 105.

81 G. Fidelbo, Le misure cautelari, in AA. VV., Reati e responsabilità degli enti. Guida al d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, a cura di G. Lattanzi, Giuffrè, 2010, p. 504.

82 L’art. 9 comma 2 elenca precisamente quali siano le sanzioni interdittive: a) l’interdizione dall’esercizio

dell’attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

in dottrina, d’altronde, c’è chi lamenta83 che l’aver ripristinato quella contiguità con le sanzioni applicate in via definitiva è un indizio di come il legislatore non abbia ancora preso coscienza della specificità della materia cautelare interdittiva e del reale valore delle posizioni soggettive ivi implicate, e chi84, al contrario, ritiene che la sovrapposizione tra il contenuto delle sanzioni interdittive e quello delle misure cautelari interdittive non sia una scelta normativa criticabile, proprio perché una sanzione può prestarsi anche ad un tale utilizzo visto che l’unica esigenza cautelare avvalorata dal Decreto 231 è proprio quella del pericolo di reiterazione del reato, un’esigenza che può essere soddisfatta tranquillamente da quella particolare funzione della pena connessa a finalità di prevenzione speciale o generale.

Analizzando l’elenco ex art. 9 è evidente che vi siano fattispecie inidonee per un’applicazione provvisoria in funzione cautelare, e non è astruso accogliere l’analisi di chi vede in alcune di queste misure quali la revoca di autorizzazioni, concessioni o licenze (lett. b), nonché la revoca di finanziamenti (lett. d), un’impronta strutturale incompatibile con il carattere temporaneo dell’intervento cautelare, e se la dottrina85, fondamentalmente, boccia l’applicazione delle misure aventi una vocazione revocatoria, la giurisprudenza, invece, ha fornito interpretazioni tese a risparmiarne l’operatività; già nel 2003, attraverso un incidente di costituzionalità sollevato in relazione agli artt. 3-

83 F. Peroni, op. cit., p. 244.

84 T.E. Epidendio, Le misure cautelari, in A. Bassi-T.E. Epidendio, Enti e responsabilità da reato. Accertamento, sanzioni e misure cautelari, Giuffrè, 2006, p. 388.

13-27 comma 2 Cost. perché la misura sembrava essere priva dei requisiti di provvisorietà e strumentalità richiesti alle sanzioni cautelari, e poi in relazione all’art. 76 Cost. per un presunto eccesso di delega, è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione dato che il giudice di merito86 ha considerato la revoca a fini cautelari come una sospensione, “una parentesi che determina, per il periodo stabilito dal giudice, la sospensione dell’efficacia del finanziamento in vista della revoca da adottarsi esclusivamente con la sentenza di condanna”.

Ma attribuire un connotato di temporaneità ad un provvedimento come quello della revoca, che si distingue proprio per la risoluzione dei suoi effetti, sembra davvero una contraddizione in termini, cioè, una sorta di “revoca revocabile”87; la restituzione di benefici economici già percepiti presuppone un accertamento di responsabilità che non si può avere in fase cautelare.

Pian piano, però, anche la giurisprudenza si sta allineando alla dottrina e sta sposando un’interpretazione che tende ad escludere la revoca dei finanziamenti già concessi dal novero delle misure cautelari de societate; infatti, siccome il legislatore all’art. 9 lett. d) parla di ‘eventualità’ della revoca, allora l’esclusione dai finanziamenti opera come incapacità temporanea a beneficiare di tali contributi e può avere senso solo per gli emolumenti deliberati e non ancora materialmente erogati, non certo per i finanziamenti già

86 Trib. Salerno, sez. g.i.p./g.u.p., 28 maggio 2003, Soc. Ivam e Monteverde, in Cass. pen., 2004, p. 266.

87 Definizione usata da P. Maggio, La revoca dei finanziamenti concessi all’ente nel processo a carico delle persone giuridiche, in Giur. merito, 2006, p. 2309.

percepiti88, escludendo, per cui, la restituzione di quanto già ottenuto.

D’altronde, l’ipotesi di revoca prevista all’art. 9 lett. b) per le autorizzazioni, licenze e concessioni è stata completamente respinta dalla categoria delle misure cautelari in virtù del suo effetto irreversibile, e ne è rimasta la sola sospensione, mentre, per quanto attiene alla più grave delle sanzioni previste, ossia l’interdizione dall’esercizio dell’attività, non sembra che ci siano particolari ostacoli a riconoscere l’applicazione del criterio guida di cui all’art. 14 comma 1, in combinato disposto con l’art. 46 comma 3, anche in fase cautelare e limitare l’intervento sanzionatorio alla specifica attività cui si riferisce l’illecito dell’ente e non, dunque, all’attività nel suo complesso89; allora, visti gli sforzi interpretativi dovuti all’infelice scelta fatta dal legislatore di equiparare le cautele alle sanzioni, si sarebbe potuto semplicemente prevedere, per la sede cautelare, i soli strumenti di sospensione o, al massimo, congegnare misure adatte alla peculiare figura della persona giuridica.

3. I presupposti applicativi: il richiamo all’art. 287