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“Le persone rappresentano la risorsa chiave di ogni azienda: esse, con le loro competenze e capacità, determinano il successo o l’insuccesso delle aziende.108

Anche il legislatore pare consapevole che il processo di aziendalizzazione può avvenire solo con un cambiamento nella modalità di operare e di agire dei manager sanitari e dell’intero personale 109

. La riforma della sanità introduce una forte rottura con il

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ACHARD P.,Economia e organizzazione delle imprese sanitarie, FrancoAngeli, 1999, pag.243 107

BERGAMASCHI M.,L’organizzazione nelle aziende sanitarie, McGraw-Hill, 2000, pag. 201 108

DONNA G., NIEDDU S., BIANCO M., Management sanitario: modelli e strumenti per gli operatori delle aziende sanitarie, Centro Scientifico Editore, 2001, pag.26. A tal proposito Borgonovi scrive vi è “più ampio riconoscimento del fatto che sono le persone “a fare la differenza” nelle organizzazioni” BORGONOVI E., Prefazione inBERGAMASCHI M.,L’organizzazione nelle aziende sanitarie, McGraw-Hill, 2000, pag. XII 109“Così, il carattere personale del lavoro umano condiziona lo svolgimento della gestione sia sotto il profilo strettamente economico aziendale sia sotto quello, più ampio, dell’etica aziendale”ARDEMANI E.,L’impresa, Giuffrè, 1993, pag.269 e ancora Zappa sosteneva che “Lo stato di subordinazione del lavoro nell’impresa è ampliamente ricongiunto oltre che a fattori economici a elementi sociali e morali concernenti la stessa esistenza del lavoratore come uomo e come cittadino.” ZAPPA G., Le produzioni nelle economia delle imprese, Tomo II, Giuffrè, 1957, pag.7

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passato: l’area di competenza e responsabilità politica (funzione di indirizzo,

programmazione e controllo) deve essere separata e distinta da quella di competenza e responsabilità tecnica (gestione professionale dei servizi).

L’azienda sanitaria è stata concepita “come una struttura esclusivamente

tecnocratica”110

dove i tre principali organi apicali (Direttore Generale, Direttore Sanitario, Direttore Amministrativo) sono manager assunti a tempo determinato rinnovabile con contratto di natura privata. Ciò ha portato a scegliere gli organi sanitari con un’attenzione differente, seguendo logiche meritocratiche e identificando competenze nella gestione111 per favorire il raggiungimento degli obiettivi.

La nomina e revoca del direttore generale delle ASL e delle AO è assegnata alle Regioni che definiscono i principi generali e gli obiettivi a cui devono attenersi le organizzazioni sanitarie. Le Regioni valutano l’operato del direttore generale, rappresentante legale dell’azienda sanitaria, che gode di ampi spazi di autonomia nella formulazione della strategia, nell’attuazione della programmazione locale e nell’organizzazione e gestione della disponibilità delle risorse umane e materiali proprie delle strutture sanitarie.

Il legislatore prevede anche un controllo esterno dell’attività aziendale ad opera del collegio sindacale, che vigila sull’osservanza della legge, la regolare tenuta della contabilità e l’amministrazione sotto il profilo economico e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili.

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MAGGI D.,Sistemi di controllo di gestione nelle aziende sanitarie, Giuffrè, 2003, pag.21 111

A tal riferimento il D.LGS 502/92 ART.3-BIS, CC.3–4–5-6definisce i requisiti necessari per poter ottenere l’incarico di direttore e identifica momenti di formazione e di valutazione dell’operato basato sui risultati ottenuti rispetto agli obiettivi fissati alla nomina.

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A seguito della riforma il ruolo tradizionale del direttore generale (DG), precedentemente concentrato sulla gestione interna dell’azienda, “ha assunto sempre più

la funzione di gestore di reti di relazioni con i vari soggetti del mondo sanitario e sociosanitario al fine di generare le condizioni interne ed esterne per la realizzazione degli obiettivi assegnati dalla Regione”.112

Svolge un ruolo di collegamento e relazione tra le priorità assegnate dalla Regione e l’adozione della strategia aziendale e il suo sviluppo nell’articolazione territoriale.

L’applicazione di un contratto a tempo determinato delle figura apicali doveva facilitare la mobilità dei DG favorendo l’avvicendamento dei direttori più capaci nelle regioni in difficoltà economico finanziaria. L’obiettivo era generare managerialità nelle aziende sanitarie più ingessate grazie all’inserimento di soggetti carismatici e competenti in grado di creare un modus operandi manageriale.

Una ricerca113 ha messo in luce che solo parzialmente l’intento è stato raggiunto. Infatti il turnover dei DG avviene solitamente tra le regioni limitrofe e il periodo in carica nella media nazionale è minore (3 anni e 9 mesi) della durata del contratto stipulato (in genere 5 anni) a dimostrazione che spesso fattori di turbolenza politica, più che valutazioni sull’operato dei direttori, incidono pesantemente sull’avvicendamento della posizione.

In ambito di direzione aziendale, l’attività del DG è coadiuvata dal direttore sanitario e amministrativo, direttamente da lui nominati. La riforma sanitaria stabilisce un governo di direzione aziendale a tre soggetti in cui il direttore sanitario e amministrativo svolgono un

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RICCI A., FERRÈ F.,La Struttura del SSN in AA.VV., L’aziendalizzazione della sanità in Italia: Rapporto OASI 2011, EGEA, 2011, pag. 39

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RICCI A., FERRÈ F.,La Struttura del SSN in AA.VV., L’aziendalizzazione della sanità in Italia: Rapporto OASI 2011, EGEA, 2011, pag. 41

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ruolo decisivo nel concorrere alle decisioni direzionali e condividono la responsabilità gestionale con il DG nelle funzioni attribuite alle loro competenze.

Il direttore sanitario organizza i servizi sanitari, il suo compito è particolarmente delicato per la gestione tecnica dell’attività sanitaria, il coordinamento clinico e per l’organizzazione della tecnostruttura.

Il direttore amministrativo, rispetto al direttore sanitario, ha livelli di autonomia, delle articolazione che è chiamato a dirigere, più contenuti. 114

Il DG è tenuto a motivare eventuali provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, amministrativo e dal collegio dei sanitari115. E’ un importante momento di condivisione delle decisioni e di democrazia della gestione a garanzia della tutela della salute dei cittadini.

Nella riforma della sanità ha particolare importanza il Consiglio dei Sanitari, organismo elettivo, composto anche da componenti non mediche e che formula al DG pareri obbligatori per le attività tecnico sanitarie in materia di investimenti, di assistenza sanitaria e di organizzazione. E’ un’apertura gestionale importante che facilita la partecipazione del personale alle scelte aziendali e, al contempo, sensibilizza il vertice aziendale alle problematiche operative.

La riforma sanitaria, nell’articolazione degli organi aziendali, ha anche riconosciuto che l’organizzazione delle strutture sanitarie ha specificità e complessità di servizio tali da

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CICCHETTI A., La progettazione organizzativa: principi, strumenti e applicazioni nelle organizzazioni sanitari, FrancoAngeli, 2004, pag.206

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richiedere una partecipazione più stretta e sinergica tra tutti gli operatori (medici e sanitari).

Il servizio sanitario è strettamente connesso con l’esito della cura e l’assistenza erogata ed è un servizio da contestualizzare con le situazioni complessive di salute del paziente. Pur con una corretta diagnosi, una cura può risultare appropriata e ottimale per un paziente, mentre può presentare lacune per un altro. Quindi il servizio non è facilmente standardizzabile (sebbene esistano dei protocolli di cura), non è correttamente misurabile in sé stesso (output – cioè attività erogata), ma è preferibile misurarne gli effetti sul paziente (outcome) e non permette di esprimere una valutazione in toto oggettiva sulla qualità offerta, in quanto anch’essa dipende dalle condizioni complessive in cui versa il paziente.

Tutto ciò produce come effetto, che una organizzazione attenta al paziente, ha come punto di partenza un forte coinvolgimento e responsabilizzazione del medico curante. E’ l’unico, con l’esperienza, la continua ricerca e competenza professionale, in grado di cogliere le differenze minime tra i diversi pazienti determinanti per la scelta della cura appropriata.

Il DG, ruolo politico e manageriale, deve mediare rispetto alle funzioni e attività dei professionisti medici, garantendone discrezionalità e autonomia all’interno degli obiettivi istituzionali.

Ai direttori di dipartimento, nominati dal DG, è assegnata la responsabilità professionale in materia clinico organizzativa e gestionale per consentire una corretta e razionale programmazione e gestione del dipartimento. Il direttore di dipartimento ha il compito della formulazione annuale del programma delle attività dipartimentali e delle

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risorse necessarie al loro espletamento ed è grazie al lavoro sinergico tra direttore di dipartimento e direttore generale, da una parte, e direttore di dipartimento e personale ad esso preposto, dall’altra, che si responsabilizza l’intera organizzazione sulle prestazioni erogate e sui costi affrontati.

E’ un ruolo estremamente carismatico e decisivo per l’intera organizzazione per le professionalità richieste, per le capacità negoziali e gestionali, e per l’abilità di coinvolgere e persuadere i propri collaboratori. Il direttore di dipartimento è affiancato dal comitato di dipartimento, così come previsto da art. 17 bis D. Lgs 229, le cui funzioni e attribuzioni sono definite dalle singole regioni.

Spesso le AOU adottano oltre al comitato di dipartimento anche l’assemblea di dipartimento; quest’ultima, non richiesta da norme di legge, permette una rappresentanza più ampia da parte dei clinici nelle decisioni fondamentali del dipartimento. E’ una soluzione idonea “a dare voce alle problematiche di ogni docente clinico che può così

rappresentare problematiche relative alle singole sub specializzazioni difficilmente rappresentabili da altri colleghi.” 116

Altro organismo collegiale molto importante è il Collegio di Direzione, di cui si avvale il DG per il governo delle attività cliniche, la programmazione e valutazione delle attività tecnico sanitarie e di quelle ad alta integrazione sanitaria. Il Collegio di Direzione, la cui composizione e attività è disciplinata dalla Regione, è costituito dai direttori, sanitario, amministrativo, di distretto, di dipartimento e di presidio in risposta all’estrema articolazione e complessità dei servizi sanitari a livello territoriale.

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CICCHETTI A., La progettazione organizzativa: principi, strumenti e applicazioni nelle organizzazioni sanitari, FrancoAngeli, 2004, pag.234

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Non solo gli organi collegiali, sopra individuati, facilitano il collegamento e l’interazione tra soggetti con competenze differenti, ma l’attività di integrazione è svolta anche dalle unità di staff direzionali e dalle funzioni tecno strutturali. Entrambe stanno assumendo una rilevanza maggiore nell’ambito delle organizzazioni sanitarie per la presenza di molteplici fenomeni:

aumento dei livelli di differenziazione ambientale e dei task da presidiare per lo svolgimento di un corretto supporto ai processi di assistenza;

 necessità di possedere competenze sempre più specialistiche in ambito aziendale per poter operare con strumenti economici, quali la programmazione e la pianificazione, la valutazione dei risultati e i costi

standard ed effettivi per prestazioni;

 aumento della pressione alla innovazione organizzativa.

La complessità delle attività tecno strutturali è cresciuta. “Il modello che emerge è

quello di una funzione di corporate particolarmente complessa nell’ambito di una direzione strategica”. 117

Molte funzioni tradizionalmente assegnate o alla direzione sanitaria o a quella amministrativa, proprio per rispondere a questa maggiore complessità, si trovano ad essere condivise tra le due direzioni.

Tutti questi fattori di complessità, di differenziazione, di specializzazione clinica, di regolazione esterna all’azienda concorrono a favorire l’adozione di una progettazione organizzativa volta verso una “logica mediata”.

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CICCHETTI A., La progettazione organizzativa: principi, strumenti e applicazioni nelle organizzazioni sanitari, FrancoAngeli, 2004, pag.208

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Essa attiene ad una razionalità di tipo organizzativo in cui l’organizzazione è intesa come un sistema multiscopo dove attori sia interni che esterni contribuiscono a delineare i processi e i corsi d’azione.

La logica mediata si basa sull’assunzione della non perfetta plasticità dell’organizzazione dovuta alla regolamentazione del sistema in cui opera l’azienda. Ciò riduce i margini di manovra del management, che, pur mantenendo un ruolo di stimolo all’innovazione e di razionale gestione, si trova ad essere fortemente influenzato dalle norme e a dover mediare la sua autonomia gestionale con l’ampia discrezionalità che contraddistingue i comportamenti clinici. Al management è assegnato un ruolo di primo attore, attento ai vincoli legislativi e di indirizzo politico, e di positivo intermediario nei confronti dei professionisti interni, talvolta riducendo le sue opzioni di scelte manageriali e organizzative.