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Organizzazione e amministrazione

Nel documento al servizio di Venezia (pagine 24-32)

Per tutto il XV secolo l’organizzazione dell’esercito veneziano con-tinuò a basarsi sulle condotte concordate tra i singoli capitani e lo stato. Le scadenze d’ingaggio si allungarono e i condottieri si adat-tarono al servizio permanente, imponendosi così un’amministra-zione permanente che annullava progressivamente l’autosufficien-za delle compagnie. Crescente era l’esigenl’autosufficien-za di controllare ufficial-mente i condottieri, per rinnovare le condotte sul campo, stabilire la paga, impedire le diserzioni, soprattutto con il continuo allun-garsi delle campagne militari.27

Presso l’esercito, agli ordini di un collaterale (patrizio venezia-no), vi erano quattro funzionari: provveditore, ufficiale pagatore (che attenendosi alle istruzioni dei collaterali provvedeva al paga-mento delle truppe, ma amministrava solo il denaro proveniente dai fondi centrali dello stato; erano giovani patrizi ai primi passi della carriera politica), due funzionari dei servizi logistici (ufficiali subalterni che si occupavano dell’approvvigionamento delle muni-zioni: erano patrizi e cittadini veneziani eletti dal Collegio).28

I provveditori avevano invece il compito di registrare tutti i con-tratti, di verificare attraverso minute ispezioni il rispetto delle nor-mative d’ingaggio e il servizio dei vari condottieri.

La crescita delle loro prerogative causò però una rapida caduta

27 Ibid. cfr. pp. 134-5

28 Ibid. Un esempio chiave, che però esula dall’analisi in corso, è quanto ci riporta Mallet su Belpetro Manelmi, dal 1429 primo collaterale distaccato presso l’esercito del capitano generale (allora il Carmagnola), carica che ricoprirà per trent’anni. pp.

138-141.

della carica di collaterale, sempre più rifiutata dai patrizi e affidata a nullità ritenute responsabili di tutti i fallimenti militari di Venezia.

Si decise allora, sul finire del secolo XV, di affidare l’amministrazio-ne dell’esercito a un provveditore (Lorenzo Loredan, 1477) con po-teri quasi plenari, affiancato da un collaterale generale non patrizio.

Base dell’organizzazione militare veneziana erano comunque gli ordines a banca, cioè i regolamenti che definivano l’ingaggio e la di-sciplina dei soldati. In questi erano evidenziate le procedure di in-gaggio e rassegna delle truppe, i regolamenti delle ispezioni, i giura-menti di fedeltà e obbedienza (osservare i regolagiura-menti, non trattare con il nemico, non provocare disordini fra i civili, consegnare i pri-gionieri più importanti, non attraversare le città senza autorizzazio-ni, rispettare i collaterali), le sanzioautorizzazio-ni, le norme sul soldo, i divieti (di commerciare con la popolazione locale, accettare altri ingaggi, abbandonare il posto senza licenza), le pene per la diserzione.29

Dal 1431 fu disposto di registrare ogni condotta e transizione economica su un libro custodito a Venezia. Il Senato si avocò l’ap-provazione o meno di ogni contratto, mentre nel primo ‘400 si oc-cupava solo dei contratti più importanti, lasciando che le trattative coi condottieri fossero svolte da emissari precisamente istruiti.

I rinnovi erano solitamente concordati dai capitani coi collate-rali, ma sempre più spesso si diffondevano nei contratti clausole segrete e generiche promesse che sostituivano i dettagliati dettami precedenti; ciò era dato dalla necessità di doversi ingraziare un par-ticolare capitano senza suscitare eventuali gelosie e risentimenti ne-gli altri condottieri.30

La “monstra”

Aveva un’importanza fondamentale per Venezia: si dovevano in-dicare nel dettaglio uomini, equipaggiamenti e cavalli. La monstra

29 Ibid., si faccia riferimento a quanto riportato alle pp. 148-9.

30 Ibid., p.151.

iniziale si svolgeva appena la compagnia entrava in territorio vene-ziano, se veniva da lontano o presso Mestre, comunque mai nella Città. A questa seguivano una serie di ispezioni periodiche a sca-denze mensili, non solo finalizzate ad eseguire un pagamento cor-retto, ma anche per controllare armi ed equipaggiamenti, nonché la condizione fisica di uomini e cavalli e il loro grado di prepara-zione (provocando proteste e risentimenti dei capitani che richie-devano, almeno in tempo di guerra, la sospensione delle ispezioni).

Obiettivo principale delle rassegne di massa era impedire ai capita-ni di prestarsi truppe e cavalli a vicenda, mentre la parata semestrale consentiva agli ispettori di sfoltire le truppe inutili e conferire mul-te per uomini e cavalli mancanti, misure consideramul-te da Venezia come l’elemento basilare per mantenere la disciplina nell’esercito.31 Ma all’interno di esso il comportamento delle truppe era esclusiva competenza dei condottieri e la disciplina era regolata dai regola-menti emessi dal Capitano Generale. I condottieri stessi dovevano impedire le diserzioni, rilasciare lasciapassare e punire i loro uomi-ni (con pene che andavano dalla mutilazione all’impiccagione).32 Altro caso erano invece le diserzioni dei capitani: quando accadeva-no, il Senato cercava di darne la massima pubblicità possibile, per rovinare la loro reputazione, guastarne le prospettive di guadagno, impedire il loro ritorno al servizio veneziano, offrire taglie per la cattura, confiscarne beni e terre, addirittura arrestarne la famiglia.

Il soldo

Durante il XV secolo due furono i metodi utilizzati da Venezia per pagare le truppe:

- Ordines a banca e ispezioni: i collaterali versavano mensil-mente il soldo in base al numero effettivo di uomini presen-tati alle ispezioni; il condottiero percepiva un caposoldo per

31 Ibid., p. 155.

32 Ibid., cfr. pp. 157.8.

le proprie spese, per pagare gli ufficiali e per garantire una provisione al suo seguito personale; tutti i pagamenti erano effettuati dal collaterale tramite bolletta;

- L’altro era un contratto che stabiliva una somma annua tota-le per un certo numero di soldati, cioè una provisione versa-ta in diverse rate al condottiero, che poi si occupava dei pa-gamenti.33

Quest’ultimo era il pagamento preferito dai condottieri (il Car-magnola sosteneva che se i condottieri avessero potuto avere la re-sponsabilità completa delle proprie compagnie, essendo in gioco la loro reputazione, avrebbero fatto il possibile per mantenerle al meglio).34

Venezia però si riservava di utilizzarlo solo per personaggi parti-colarmente prestigiosi, come il Piccinino nel 1450, la cui provisio-ne divenprovisio-ne un vero e proprio stipendio quando gli fu consentito di non completare la pattuglia, lasciando un certo numero di “paghe morte” che andarono a rimpinguare il proprio credito personale, a sostituzione del caposoldo.

Contemporanea a questo tipo di condotta si diffuse la prestan-za; l’anticipo cioè di diversi mesi di paga al momento della sigla del contratto per consentire al capitano di pagare le sue truppe, opzio-ne utilizzata soprattutto in primavera o dopo operazioni militari particolarmente gravose.

I pagamenti delle truppe erano soggetti alla “Onoranza di San Marco”, ovvero una ritenuta fiscale di ¼ di ducato al mese per lan-cia. I condottieri dovevano inoltre a Venezia una tassa sui cavalli, ovvero per i diritti di foraggio e pascolo, e spesso la Dominante so-leva pagare gli arretrati in natura, con stoffe e dai primi anni del XV secolo, tramite assegnazione di terreni.

33 Ibid., p.159

34 Ibid., p. 160, riportato anche nella delibera del Senato datata 10 febbraio 1427.

Mediamente la paga per lancia si aggirava tra gli 8 e i 15 ducati, ma frequentemente giungevano al Senato suppliche riguardanti gli abusi dei capitani sui pagamenti in denaro falso e la compravendi-ta di bollette.

Nella seconda metà del ‘400, risulta dagli archivi come le trup-pe fossero creditrici di anni e anni di paghe arretrate, a cui Venezia non aveva saputo far fronte per l’eccessivo sforzo bellico.35

Alla Dominante poco servì ricorrere a prestiti forzosi, a tributi collettivi basati sull’estimo (corrosi dalle esenzioni per chi acquista-va terreni in terraferma) e assegnare le compagnie a diverse tesorerie del Dominio, che riuscivano solo in tempo di pace a corrisponde-re le paghe (si calcola che solo nel 1448 l’esercito costasse 75.000 ducati al mese).36

Gli alloggi

Normalmente, durante le campagne, l’esercito era acquartiera-to presso la popolazione. Gli ordini di campo venivano emessi dal capitano generale e comprendevano la costituzione di una squadra addetta agli alloggi, che doveva assegnare ogni notte i quartieri ai reparti. Nonostante questo, i danni provocati dai soldati e le diffi-coltà a risarcire la popolazione erano altissimi.

In tempo di pace l’esercito era invece sparso in diversi quartieri di terraferma, nelle quattro zone del Bresciano, Veronese, Vicenti-no, Trevigiano e le riserve a Mestre. Si preferivano escludere le zone vicine a Venezia per non danneggiarne i rifornimenti. Nonostante la responsabilità degli alloggi fosse però, da contratto, chiaramen-te della Dominanchiaramen-te, solo gli uomini del capitano generale riusciva-no a godere di questo trattamento privilegiato, mentre il resto della milizia esercitava frequenti estorsioni nelle città dove era acquartie-rata, tanto da costringere la Serenissima a ricorrere al sistema delle

35 Ibid., pp.164-6.

36 Ibid., p.166.

cittadelle, soprattutto dopo il 1420. Questo perché le truppe ten-devano a integrarsi troppo con le comunità locali, acquistando pro-prietà (che era loro espressamente proibito) ed entrando nella vita economica e politica della zona.37

Dai contratti risulta anche come la cavalleria dovesse avere il di-ritto ad assegnazioni gratuite di paglia da lettiera o legna da arde-re, a cui dovevano contribuire le comunità presso cui era alloggiata, alle quali rimaneva lo stallatico.38 Non erano invece previste asse-gnazioni di foraggio, poiché i cavalieri erano autorizzati a far pasco-lare i cavalli su terreni non agricoli, paludosi o boschivi.

Solo dopo gli anni ’40 del XV secolo Venezia comincerà a rifor-nire le proprie truppe con scorte di fieno gratuite, che spesso però finivano con l’essere rivendute a prezzo maggiorato.

Il cavallo

Era l’elemento più prezioso nell’equipaggiamento di un uomo d’arme. Ne veniva registrato il valore ed era marchiato con l’emble-ma del condottiero della compagnia per evitare sostituzioni e a se-guito di ognuna, vi era anche un veterinario. L’armatura per il ca-vallo era molto costosa e i cavalli caduti dovevano essere sostituiti entro un certo periodo pena una salata multa (ma si cercava segre-tamente di aiutare i condottieri preferiti). Spesso erano concessi de-gli anticipi a chi aveva perduto il suo destriero in battade-glia, a patto che i condottieri ne portassero la pelle ai rettori per mostrare loro il marchio e il sostituto doveva corrispondere al valore del decedu-to. L’offerta di cavalcature era però limitata e, quando se ne proibì l’acquisto dai mercanti tedeschi (poiché i rettori erano soliti riven-dere alle truppe i cavalli a prezzo maggiorato), si ricorse più comu-nemente alla loro requisizione presso i civili, a cui era però

vieta-37 Ibid., pp. 174-5. Il Senato bocciò diverse volte, e perlopiù a larga maggioranza, le proposte volte a razionalizzare gli acquartieramenti.

38 Ibid., p. 175.

to avere destrieri da battaglia. Queste cavalcature risultavano così essere di poco valore, finalizzate al trasporto bagagli e artiglieria.39

I condottieri dovevano occuparsi di tutto: pagare le forniture alimentari alle loro truppe, provvedere al loro armamento acqui-standone l’equipaggiamento, ridistribuire le stoffe ricevute da Ve-nezia come saldo del pagamento, addestrare i loro armati attraverso i tornei ed esercitazioni, ingaggiare apprendisti.

Prigionieri e bottino

Appartenevano alle compagnie di condotta che se ne imposses-savano. Ribelli, principi nemici e loro famiglie, capitani di rango superiore, erano considerati invece prigionieri di stato, chi li cat-turava doveva consegnarli dietro riscatto. I beni mobili confiscati spettavano al capitano che li aveva presi e ai suoi uomini, quelli im-mobili andavano consegnati allo stato dietro ricompensa e quest’ul-timo imponeva inoltre un tributo del 10% sui bottini. Ai prigio-nieri erano sottratti armi e cavalli, solo quelli di rango superiore erano trattenuti per ottenerne il riscatto. A chi veniva catturato era inoltre imposto il giuramento di non combattere più contro Ve-nezia, che era solita non pagare riscatti per i propri prigionieri, ma piuttosto a organizzare scambi. In questo modo il condottiero libe-rato doveva versare alla Dominante l’ammontare del suo svincolo per compensare la perdita dello stato nel liberare quelli catturati.40 Certa era inoltre l’attitudine dei condottieri a rispettarsi dopo uno scontro, poiché la ruota delle vicende, dopo qualche mese, avreb-be potuto farli trovare fianco a fianco, pagati dallo stesso padrone.

Smobilitazione

Spesso le milizie smobilitate finivano col trasformarsi in bande

39 Ibid., p. 179. L’interdizione ai civili del possesso di cavalli da battaglia è prevista da una delibera del Senato.

40 Ibid., p. 185. Arretrati maturati durante prigionia compresi.

organizzate di fuorilegge che depredavano i civili. Per questo mo-tivo a Venezia si cercava di ridurre gradualmente le compagnie al-lontanando gli effettivi più vecchi e meno efficienti, registrati per evitare che fossero poi riarruolati. Più difficile era invece sciogliere quelle compagnie i cui condottieri erano stati catturati o caduti in disgrazia, o sul campo, specie se in mancanza di un successore na-turale o nominato dal capitano stesso. Era preferibile introdurre gli uomini migliori nelle lanze spezzate, oppure veniva fatta richiesta ad altri condottieri di assorbirli, allontanando gli elementi meno affidabili.

Più facilmente erano invece licenziati i condottieri minori, rim-piazzati da capitani assunti in base a provisioni personali, oppure ne venivano progressivamente limitate le compagnie.41

Ma si davano anche casi in cui era necessario sbarazzarsi con la forza di un condottiero insubordinato o che minacciava la diserzio-ne; solitamente si dava ordine al capitano generale di mobilitare le sue truppe di fedelissimi contro la compagnia sospetta per vincer-la in battaglia e distruggervincer-la (e fu proprio questo il provvedimento votato nel 1451 contro Bartolomeo Colleoni, scappato comunque alla furia dei senatori veneziani grazie alla sua dettagliata conoscen-za del campo di battaglia).42

41 Ibid., Si veda al riguardo p. 187 oltre a diverse disposizioni del Senato.

42 Ibid., p. 187.

Nel documento al servizio di Venezia (pagine 24-32)