• Non ci sono risultati.

SAN GIORGIO e AVIANO

Nel documento al servizio di Venezia (pagine 70-75)

Premessa

La prima metà del 1400, vide compiersi la costituzione di uno stato di terra veneziano stabile e duraturo, frutto di una espansione co-stante e graduale sulla terraferma100, realizzata attraverso l’assiduo uso dei capitani di ventura; condottieri che videro accrescere la loro fama sino a diventare “Capitano Generale dell’Esercito veneziano di Terraferma”, e feudatari della Dominante, di minore o maggiore importanza a seconda del loro grado in battaglia.

Per tutto il XV secolo l’organizzazione dell’esercito veneziano continuò infatti a basarsi sulle condotte concordate tra i singoli ca-pitani e lo stato, le cui scadenze d’ingaggio finirono con l’allungar-si sempre più, proporzionalmente alla stabilità dei domini venezia-ni, portando così i condottieri ad adattarsi al servizio permanente, imponendosi così un’amministrazione permanente che annullava progressivamente l’autosufficienza delle compagnie, e dando infine vita, per la prima volta, a un esercito stanziale vero e proprio. Ma poiché la stabilità dello stato veneto fu in questa fase direttamen-te proporzionale allo stato di guerra permanendirettamen-te con Milano, cre-scente era l’esigenza di controllare ufficialmente i condottieri, per rinnovare le condotte sul campo, stabilire la paga, impedire le di-serzioni, soprattutto con il continuo allungarsi delle campagne mi-litari101; in breve quindi, il Senato veneziano dovette presto

inge-100 La decisione definitiva fu presa soprattutto in seguito alle scorribande di Sigismon-do d’Ugheria nel Trevigiano, ma anche la temuta espansione dei Carraresi ebbe la sua notevole parte per convincere il Senato a cambiare decisamente politica nei confronti del suo “granaio”.

101 Michael E. Mallet, L’organizzazione militare di Venezia nel ‘400, Jouvence, Roma, 1989. cfr. pp. 134-5

gnarsi per offrire quanto più era appetibile ai propri Capitani per legare a sé i loro servigi: la soluzione fu la concessione di giurisdi-zioni feudali.

In questo periodo infatti, una delle preoccupazioni maggiori di Venezia era di poter disporre di milizie quanto possibile permanen-ti, e ciò si traduceva nel legare a sé condottieri abili e famosi, con le loro aderenze e seguiti; cosa che provocò un drastico cambia-mento nel modo in cui la Serenissima Repubblica era solita tratta-re con queste tipologie di mercenari: non furono più le condotte e le ricompense a costituire il fulcro dei contratti, com’era soprattut-to per quelli pre-quattrocenteschi e immediatamente seguenti, ma la creazione ex-novo di una propria feudalità composta da questi stessi condottieri, “il cui apporto qualificato apparivi indispensabi-le assicurarsi”102.

Questo perché nel continuo riprodursi dei conflitti, la Domi-nante dovette completamente accantonare la pratica principale cui aveva fatto ricorso al tempo dell’espansione territoriale del primo

‘400, di servirsi cioè dell’apporto di comandanti militari reclutati tra le fila di signori come i Gonzaga, i Malatesta o gli Este, che già erano dotati di propri stati signorili. A causa di queste situazioni Ve-nezia si era spesso trovata a dover affrontare sia il problema di vin-colare a sé questi condottieri, che di sottrarli al servizio degli altri.103 E poiché era sempre tardivo e incerto il pagamento da parte dei governi, era solo con l’allettante prospettiva de “lo Stato”, o per lo meno di un conveniente nidum, che si poteva sperare di far leva sulla proverbiale ambizione di uomini che, abituati al comando, mal si sarebbero abituati a dover obbedire.104 Le concessioni

terri-102 S. Zamperetti, I Piccoli Principi. Signorie locali, feudi e comunità soggette nello Stato re-gionale veneto dall’espansione territoriale ai primi decenni del ‘600, Venezia 1991, p. 55.

103 Ibid., pp. 64-66.

104 Ibid., pp. 67-70. Si noti soprattutto come se da una parte vi era ritrosia all’obbedire, dall’altra, come sottolinea anche Michael E. Mallet, vi fossero forti difficoltà ad ammetterne i meriti.

toriali ai condottieri diventavano così un passaggio obbligato: giu-risdizioni separate o concessioni di feudi nei territori del Dominio, in zone strategiche e di confine, creando feudalità ex-novo che an-davano però a sovrapporsi a signorie già presenti.

Solo nel Trevigiano infatti la Dominante poté rimodellare il quadro politico a proprio piacimento, poiché era l’unico territorio del Dominio di Terraferma ampiamente controllato, per mezzo dei podestà, da Venezia. In esso si approntarono solamente pochi nida per compiacere alcune richieste dei condottieri più famosi (anche se il da Camino si appropriò con la forza di Valmareno, che gli ver-rà quasi subito comunque riconosciuta dalla Dominante come do-minio in vita sua), ma sempre con una certa cautela. La Serenissima Signoria preferiva evitare l’insediamento di nuovi domini loci nel-le signorie rimaste prive del beneficiato, come avvenne proprio per Valmareno nel 1435, in quanto la Dominante riteneva maggior-mente vantaggioso venderle a privati, concedendo loro un cospi-cuo patrimonio di poteri pubblici. Nello specifico caso vi fu quindi una chiara preclusione statale all’insediamento di nuovi domini in quella giurisdizione amministrativa e si preferì conferire al privato infeudato in essa, il conte Brandolino Brandolini di Bagnocavallo e a Erasmo da Narni (il Gattamelata, che però vi rinunciò nel 1439 favorendo la riconferma del Brandolini), un cospicuo patrimonio di diritti pubblici.

In altre parole il feudo, come modo per rendere più stabili e ge-rarchicamente definiti i rapporti tra concedente e beneficiato, si traduceva nell’accettazione delle richieste dei comandanti di ven-tura, mediante concessione del merum et mixtum imperium, dell’e-reditarietà dei benefici e in alcuni casi dei diritti signorili, mante-nendo solo i vincoli del rifornimento del sale veneto, l’astensione dall’accogliere i banditi, l’obbligo degli abitanti del feudo a servire la Serenissima Signoria e la ricognizione annua dei condottieri a S.

Marco nel giorno del patrono.

Ma vediamo ora nel dettaglio le tappe che portarono Venezia a concedere le suddette infeudazioni ai suoi condottieri, con un’at-tenzione particolare alle province oggetto della ricerca, il Trevigia-no e il FriulaTrevigia-no.

Nel documento al servizio di Venezia (pagine 70-75)