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La Direzione Strategica dell’Istituto, sulla scorta del riassetto organizzativo definito dalla legislazione Regionale richiamata e degli obiettivi di salute annualmente assegnati, nonché sulla base delle esperienze di gestione maturate nella struttura, ha definito ed approvato il proprio atto aziendale giusta delibera del D.G. n. 378 del 15 giugno 2018, ed approvato con D.G.R. n. 631 del 5 luglio 2018.

Sono organi dell'Istituto ai sensi del D. Lgs. n. 288 del 16.10.2003 della L. R. n.12 dell’1 luglio 2008, della L. R. n.20 del 6 agosto 2008 e della L. R. n. 2 del 12 gennaio 2017:

· Il Direttore Generale, coadiuvato dal Direttore Amministrativo e dal Direttore Sanitario;

· Il Collegio Sindacale;

· Il Consiglio di Indirizzo e Verifica;

· Il Direttore Scientifico.

L’Istituto ha una organizzazione di tipo Dipartimentale. I Dipartimenti sono la sede in cui si esercita il governo clinico e hanno la caratteristica di gestire le risorse ad essi attribuite sia di personale che di beni e servizi, perseguendo finalità di integrazione professionale, organizzativa e logistica. La gestione del Dipartimento, ai sensi dell’art. 17 bis del D. Lgs. 502/92, e ss.mm.ii. è affidata al Direttore di Dipartimento. Il Direttore di Dipartimento garantisce il coordinamento delle attività di programmazione, realizzazione e monitoraggio delle attività dipartimentali ed è responsabile dell’appropriato utilizzo delle risorse assegnate al Dipartimento stesso.

Il Direttore di Dipartimento è nominato dal Direttore Generale tra i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa del Dipartimento e mantiene di norma la direzione della Unità Operativa di origine. I responsabili di unità complessa e di unità semplice a valenza dipartimentale rispondono direttamente al Direttore di Dipartimento e sono nominati dal Direttore Generale.

La Regione Basilicata con D.G.R. n. 779 del 26/07/2017 ha aggiornato l'Accordo Programmatico Interaziendale per la redazione dell'Atto Aziendale, già definito con D.G.R. n. 624 del 14/05/2015, che costituisce atto di indirizzo uniforme per tutte le Aziende Sanitarie e Ospedaliere Regionali per

la definizione degli assetti organizzativi – operativi interaziendali da recepire nei rispettivi Atti Aziendali, al fine di garantire una più efficiente ed al contempo efficace risposta ai bisogni di salute della popolazione.

Pertanto presso l’Istituto sono attive Strutture Complesse Interaziendali, per brevità chiamate SIC, e Dipartimenti Interaziendali.

Le SIC sono strutture complesse caratterizzate da autonomia professionale e gestionale di più strutture ospedaliere o territoriali omogenee per la tipologia di prestazioni erogate. Il titolare della SIC svolge, nelle diverse sedi di competenza, attività di diagnosi e cura, in considerazione delle sue specifiche competenze nella branca specialistica di riferimento, nonché attività di gestione delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie. La struttura complessa interaziendale deve possedere i seguenti requisiti:

· dimensioni rilevanti in quanto ubicata su più sedi;

· dotazione di personale specialistico dedicato;

· attrezzature dedicate;

· budget assegnato nell’ambito del Dipartimento di appartenenza.

Il Direttore della Struttura Complessa Interaziendale esercita, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e di organizzazione, da attuarsi nell’ambito degli indirizzi emanati dagli organi e dalle strutture sovra ordinate.

Il Dipartimento Interaziendale è un'aggregazione funzionale di Strutture Complesse appartenenti a più Aziende Sanitarie, istituito per il perseguimento di finalità ed obiettivi comuni. Esso rappresenta il luogo principe dove realizzare l’integrazione ospedale-territorio e/o la realizzazione di reti interaziendali di patologia e, in tale contesto, il FSE (fascicolo sanitario elettronico) rappresenta lo strumento indispensabile intorno a cui costruire l’integrazione.

Di seguito si riporta il nuovo Organigramma Aziendale.

POSTI LETTO

La DGR n. 1201 del 07/11/2017 assegna all’IRCSS CROB 104 posti letto per acuti oltre 8 posti letto per cure palliative/hospice giusta deliberazione n. 658/2002. L’Istituto è integrato nella rete ospedaliera regionale, con 95 posti letto attivati (di cui 87 per acuti e 8 posti letto per Hospice), giusta Deliberazione del Direttore Generale n. 190 del 28/03/2018. I posti letto sono tutti dedicati ad attività di tipo oncologico. La tabella seguente riporta il dettaglio dei posti letto attivi e suddivisi per U.O. e tipologia.

RISORSE UMANE

Il personale dell’Istituto ha sviluppato una forte attenzione al paziente sia negli aspetti dell’accoglienza che negli aspetti clinici; le attività svolte sono improntate alle buone pratiche cliniche e orientate agli aspetti della ricerca più avanzata. I buoni risultati ottenuti dall’Istituto in termini di rapporto operatore-paziente sono imputabili all’impegno profuso quotidianamente dal personale che agisce con entusiasmo e passione ed all’attenzione posta dal management sulla gestione dell’operatività quotidiana.

Il personale strutturato al 31/03/2019 presso l’Istituto era pari a 354 unità. La maggior parte delle unità di personale in forza, sia dirigenziali che di comparto, è collocata nel ruolo sanitario. Inoltre, l’Istituto per le attività di ricerca e di supporto si avvale della collaborazione di 37 ricercatori. La grafica che segue riporta la composizione del personale.

PERSONALE STRUTTURATO AL 31.12.2019

DIRIGENZA

DIRIGENZA SANITARIA 20

DIRIGENZA MEDICA 74

DIRIGENZA AMMINISTRATIVA 2

DIRIGENZA PROFESSIONALE 2

TOTALE PERSONALE DELLA DIRIGENZA 98

COMPARTO

RUOLO TECNICO 87

RUOLO AMMINISTRATIVO 48

RUOLO SANITARIO 182

RICERCATORI ED ALTRO PERSONALE DI SUPPORTO ALLA RICERCA 21

TOTALE PERSONALE DEL COMPARTO 338

RICERCATORI ED ALTRO PERSONALE DI SUPPORTO ALLA RICERCA 16

TOTALE COMPLESSIVO 354

RISORSE, EFFICIENZA ED ECONOMICITÀ Le risorse economiche

Per lo svolgimento delle attività, l’Istituto utilizza diverse fonti di finanziamento.

Tali fonti di finanziamento sono destinate alle attività di ricerca e provengono sia da finanziamenti pubblici (Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Programma Operativo Nazionale, Unione Europea, Agenzia Italiana del Farmaco, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) sia da finanziamenti privati (aziende farmaceutiche, donazioni ed erogazioni liberali).

Inoltre, si svolgono sia sperimentazioni cliniche sia studi osservazionali promossi dall’Istituto, ma anche da altri soggetti pubblici (studi “no-profit”) o da Aziende Farmaceutiche (studi “profit”).

Infine l’Istituto, in quanto ente di ricerca sanitaria, si avvale anche del finanziamento derivante dalla destinazione del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno di enti che svolgono attività socialmente rilevanti

IL CONTESTO ESTERNO

ANALISI DEL FENOMENO LUCANO E PROFILI EVOLUTIVI

Dalla relazione del primo semestre 2019 del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia si legge che la configurazione geografica della Regione ha preservato per lungo tempo la Basilicata dagli interessi delle mafie.

Tuttavia, in tempi più recenti, si è registrata una sempre maggiore interferenza degli aggregati criminali confinanti – pugliesi, campani e calabresi – disposti ad interagire con le consorterie criminali locali per espandere i propri affari illeciti.

Un quadro generale confermato all’esito della Conferenza regionale delle Autorità di Pubblica Sicurezza, tenutasi 27 giugno 2019 presso la Prefettura di Potenza a cui hanno partecipato i Procuratori distrettuali e i vertici delle Forze di Polizia. Il consesso ha analizzato le condizioni dell’ordine e sicurezza pubblica nel territorio regionale, avuto specifico riguardo all’incidenza della criminalità organizzata. Le risultanze dei lavori hanno mostrato come “il territorio della Regione Basilicata, ancorché lontano dai livelli di pericolo in atto in altre regioni, presenta tuttavia temibili formazioni autoctone in fase di ricompattamento e riorganizzazione oltre che evidenze di permeabilità da parte delle consorterie criminali delle regioni confinanti.”

Quanto descritto dalla Conferenza Regionale emerge in modo chiaro dai più recenti esiti investigativi, che danno conto di un’evoluzione della criminalità organizzata lucana che, in modo sempre più strutturato, tenta di infiltrare l’economia locale attraverso condotte di corruttela verso politici, funzionari pubblici e imprenditori compiacenti ovvero mediante il compimento di azioni intimidatorie.

Emblematiche in tal senso appaiono l’inchiesta “Vladimir”, dello scorso semestre, e la più recente operazione “Centouno”, che hanno mostrato come i gruppi criminali lucani riescano a condizionare l’economia legale con metodi tipicamente mafiosi, assoggettando gli operatori presenti sul mercato attraverso pratiche estorsive ed intimidatorie.

Emerge anche una spiccata capacità di reinvestimento dei proventi illeciti, mediante il controllo di settori economico-produttivi con intestazioni fittizie di beni. Risultano altrettanto significative le interdittive prefettizie emesse a Potenza, nei confronti di un’impresa operante

nel settore delle costruzioni (il cui amministratore unico rivestiva la medesima carica anche in altre due imprese destinatarie di analoghi provvedimenti antimafia) ed a Matera, nei confronti di un imprenditore in rapporti con esponenti di primissimo piano della criminalità organizzata di tipo mafioso del Vulture-Melfese.

Il recente sviluppo del settore turistico e di quello estrattivo, nonché dell’intera filiera agroalimentare, può rappresentare un interesse da parte della criminalità autoctona ma anche delle mafie extraregionali. Proprio con riguardo all’agroalimentare, il 13 maggio 2019, nell’ambito dell’operazione “Oro giallo”, a Foggia, Potenza e in Germania, i Carabinieri hanno dato esecuzione ad una misura cautelare, nei confronti di 24 soggetti, componenti di un’associazione per delinquere dedita alla produzione, al confezionamento ed alla vendita di olio extravergine di oliva sofisticato, nonché alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il sodalizio, con base operativa all’interno di un oleificio di Cerignola (FG) ed attivo in varie regioni del territorio nazionale, aveva delle proiezioni in Germania dove due soggetti, un lucano ed un casertano, provvedevano agli aspetti organizzativi, fornendo supporto logistico e curando gli aspetti distributivi nel territorio tedesco del prodotto oleario sofisticato in Italia. Gli scenari criminali restano, quindi, particolarmente complessi, anche per le cointeressenze tra gruppi di diversa origine geografica, compresa quella straniera. Rileva, in tale quadro, la questione delle “giovani leve” emergenti che trovano il modo di ritagliarsi autonomi spazi di operatività in territori nei quali convivono con storici gruppi criminali. D’altro canto, l’omicidio avvenuto a Montescaglioso (MT) il 27 maggio 2019, sembrerebbe indicativo di come questi ultimi siano strategicamente intenzionati a ripristinare i tradizionali assetti della criminalità e ad arginare l’ambizione dei più giovani criminali, specie nella gestione del mercato degli stupefacenti. Per quanto attiene al settore degli stupefacenti, la Basilicata, oltre a costituire terra di transito per i traffici delle cosche calabresi e pugliesi, si conferma un’importante piazza di spaccio.

La Relazione Annuale della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, relativa al 2018, rileva un aumento dei sequestri di droga operati nella Regione, anche a carico di soggetti incensurati e di cittadini extracomunitari, indice di una espansione del consumo delle droghe anche tra i più giovani. Altri ambiti nei quali resta alta l’attenzione per le costanti violazioni amministrative e penali riscontrate dalle Forze di Polizia, attengono alla gestione del ciclo dei rifiuti, ai reati di

natura ambientale, all’illecita raccolta di scommesse su eventi sportivi e al gioco d’azzardo, alla sicurezza alimentare e nei luoghi di lavoro e al “lavoro nero”.

Si segnalano, infine, diversi sequestri, spesso a carico di cittadini stranieri (cinesi e del Bangladesh) di capi contraffatti, nonché di articoli di bigiotteria, elettronici, casalinghi, prodotti in violazione delle norme in materia di sicurezza .

Presenza criminale in Basilicata Provincia di Potenza

Gli esiti delle attività info-investigative svolte nel semestre nella provincia di Potenza non forniscono segnali di particolari cambiamenti negli assetti delle consorterie potentine, che appaiono sostanzialmente immutati rispetto a quanto registrato in precedenza. Continuano, tuttavia, a registrarsi tentativi delle “nuove leve” di affermarsi nei contesti criminali locali. In tutta la provincia, l’attività illecita prevalente resta quella connessa allo spaccio di sostanze stupefacenti, su cui incide la vicinanza con le organizzazioni criminali calabresi, campane e pugliesi e con le quali la criminalità locale mantiene rapporti costanti.

Potrebbe essere indicativo di questa osmosi criminale anche l’arresto, eseguito a Potenza, il 5 maggio 2019 di un boss napoletano, appartenente al clan camorristico FORMICOLA. A livello locale, nel commercio della droga, specie nel capoluogo, risultano spesso coinvolti anche cittadini extracomunitari, soprattutto di nazionalità nigeriana e gambiana. Il fenomeno, già emerso lo scorso semestre con l’operazione “Level” del 27 novembre 2018, ha trovato ulteriore e più recente riscontro nell’inchiesta denominata “CAS”. Il nome dell’indagine, eseguita dalla Polizia di Stato l’11 gennaio 2019, deriva dall’acronimo di “Case Accoglienza Stranieri”, con riferimento agli appartamenti, adibiti a strutture d’accoglienza, utilizzati dagli indagati per confezionare e nascondere la droga. Per quanto attiene alle estorsioni, invece, sembrerebbe che elementi appartenenti alle diverse consorterie in qualche caso decidano di cooperare al fine di sottoporre al racket le attività economiche, commerciali e imprenditoriali presenti sul territorio. Uno dei settori preferiti resta quello agroalimentare, ove si riscontrano costanti furti di mezzi agricoli (ma anche di attrezzature per il movimento terra e di macchine industriali). Mezzi spesso utilizzati per praticare le tecniche estorsive note come “cavallo di ritorno”. E possono essere ricondotti a forme di estorsione anche gli episodi di danneggiamento a seguito di incendio e di intimidazioni denunciati in provincia Tra le attività di contrasto poste in essere per arginare i reati predatori vale la pena di richiamare la misura

cautelare, eseguita dai Carabinieri il 4 febbraio 2019 a Melfi, nei confronti di 3 indagati ritenuti responsabili, in concorso tra loro e con un quarto soggetto (arrestato in flagranza di reato), della rapina consumata il 27 gennaio 2018 ai danni di un esercizio commerciale. Un salto di qualità da parte della criminalità locale è stato messo in evidenza dall’operazione “Replay”, che ha fatto emergere dei casi di infiltrazione della Pubblica Amministrazione, nonché reati in materia elettorale e contro il patrimonio. L’inchiesta era stata avviata, nel gennaio 2017, a seguito della denuncia presentata dall’amministratore di un’impresa edile, il quale aveva contestato una serie di anomalie in una gara, indetta dal Comune di Melfi (PZ), di affidamento dei lavori di manutenzione ed adeguamento di alcune strade urbane. Per tale ragione, il denunciante era divenuto vittima, di un funzionario pubblico, di una serie di minacce ed intimidazioni finalizzate a farlo desistere da ulteriori iniziative giudiziarie. Gli accertamenti hanno poi in effetti chiarito come dietro l’affidamento di diversi lavori pubblici si celassero ipotesi di corruzione elettorale, che avrebbero visti coinvolti anche altri Amministratori Pubblici.

Provincia di Matera

In provincia di Matera continuano ad operare gli storici clan SCARCIA e MITIDIERI-LOPATRIELLO, in “forzata convivenza” con reduci del clan SCHETTINO (ex SCHETTINO-PUCE-LO FRANCO), cui si aggiungono il gruppo RUSSO (ex RUSSO-VENA) ed altre aggregazioni minori (come il gruppo DONADIO), comunque contigui ai predetti più autorevoli clan. Nel semestre in esame un grave fatto di sangue è risultato indicativo di un certo fermento che serpeggia tra le locali consorterie. Il 28 maggio 2019, la Polizia di Stato, coadiuvata dai Vigili del Fuoco, ha recuperato in un dirupo nelle campagne di Montescaglioso (MT) il cadavere di un pregiudicato, ucciso con un colpo di pistola alla nuca. La vittima è stata immediatamente identificata in un soggetto ben inserito nei contesti criminali locali e punto di riferimento per le nuove leve criminali, in particolare per quanto attiene ai traffici di stupefacenti. Alla ricostruzione dell’evento ha contribuito un soggetto vicino alla vittima che, presente all’agguato e scampato miracolosamente ai colpi d’arma da fuoco, si è spontaneamente presentato alle Forze di Polizia, temendo per la propria incolumità. Le indagini, esperite anche sulla base delle dichiarazioni di quest’ultimo, hanno portato, il successivo 29 maggio 2019, al fermo di indiziato di delitto, eseguito a Rionero in Vulture (PZ), di un pluripregiudicato, noto esponente del clan ZITO-D’ELIA, ritornato da circa un anno in libertà dopo un periodo di detenzione. I riscontri

investigativi hanno portato all’individuazione degli altri due componenti del gruppo che avevano pianificato e realizzato l’agguato, attirando la vittima nel bosco, dove è stata poi ritrovata cadavere, con il pretesto di definire una compravendita di armi. Gli esiti dell’indagine sembrano confermare come il movente del delitto sia da connettere all’esigenza di arginare l’ambizione del pregiudicato ucciso, intenzionato ad assumere il controllo delle attività illecite sul territorio, prima fra tutte, come accennato, quella connessa allo spaccio di droga. La dinamicità dei clan ed il pericolo che, per riciclare i proventi derivanti dalle attività illecite, i gruppi criminali, mediante società di comodo, stiano tentando di infiltrarsi nell’economia legale o addirittura di acquisire il controllo di alcuni settori economici, ha trovato conferma negli esiti dell’inchiesta “Centouno”. L’indagine è stata conclusa dai Carabinieri, il 4 febbraio 2019, con l’arresto di 21 soggetti ritenuti responsabili di aver fatto parte, a vario titolo, di una associazione di tipo mafioso, rappresentata dal clan SCHETTINO, con base a Scanzano Jonico (MT) e dedita principalmente alle estorsioni in danno di imprenditori del Metapontino e allo spaccio di stupefacenti. Le investigazioni, coordinate dalla DDA di Potenza, rappresentano il prosieguo dell’operazione “Vladimir”, che aveva già portato, il 4 ottobre 2018, all’esecuzione di altre 25 misure cautelari nei confronti degli appartenenti a ben tre gruppi criminali, tutti operanti in Basilicata e attivi lungo la fascia costiera compresa tra Metaponto e Nova Siri. Il provvedimento di febbraio ricostruisce, in particolare, la progressiva crescita criminale del clan SCHETTINO, che utilizza “metodi e strutture organizzative presumibilmente riprodotte da quelle dei gruppi calabresi della ‘ndrangheta” e che può contare su una grande disponibilità di armi e di risorse economiche. Un clan che ha manifestato una forte attitudine a reinvestire i proventi illeciti in attività economiche gestite anche indirettamente, e a controllare il territorio con atti di forza, anche eclatanti, manifestando, peraltro, attraverso i social network la propria forza e coesione. La particolare capacità d’intimidazione del sodalizio ha trovato conferma anche nelle minacce rivolte ad un giornalista che si era occupato del progressivo espandersi dell’organizzazione mafiosa sul territorio. L’inchiesta ha, infine, ricostruito le fasi di diverse contese insorte fra il gruppo degli SCHETTINO ed altre organizzazioni criminali operanti sullo stesso territorio, sfociate in tentati omicidi, aggressioni e sparatorie. Tra i destinatari del provvedimento figura anche il capo della cosca, nei cui confronti, il 5 aprile 2019, la Guardia di finanza ha eseguito il sequestro di numerosi fabbricati, attività economiche, terreni, autovetture, motocicli e rapporti bancari/postali, per un valore complessivo di circa1,5 milioni

di euro. La pressione criminale manifestata insistentemente nel capoluogo e lungo la costa jonica, nonché la recrudescenza delle condotte di intimidazione e minaccia, anche nei confronti di Amministratori Pubblici, che hanno sollecitato l’attenzione da parte delle Autorità locali. A tali contesti sono, infatti, riferibili le ragioni che, il 22 febbraio 2019, hanno determinato il Prefetto di Matera a disporre, ai sensi dell’art. 143 del Decreto Legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, l’accesso presso il Comune di Scanzano Jonico (MT) per verificare gli eventuali tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nell’attività amministrativa.

Inoltre, nel semestre in esame, ha suscitano una particolare preoccupazione, l’inconsueto numero di furti di armi, tentati e consumati, presso diversi Comandi di Polizia Municipale della provincia di Matera. Sempre in materia di armi, al termine di un’indagine condotta a Potenza, è stata disposta con decreto del Questore, la chiusura di un’armeria e sono stati denunciati, oltre al titolare, altri 31 soggetti, residenti nella provincia in esame ed in quella di Salerno.

Nella provincia di Matera, sebbene in calo rispetto al passato, permane il fenomeno dei furti di rame, che hanno provocato dei blocchi della produzione e delle comunicazioni909. Un altro settore dell’illecito, verso il quale a livello locale è costante l’attenzione delle Forze di Polizia, attiene allo sfruttamento del “lavoro nero” ed al connesso fenomeno del “caporalato”. Il 16 gennaio 2019, nell’ambito dell’inchiesta denominata “Libertade”, sono state eseguite misure cautelari nei confronti di 16 indagati, romeni ed italiani, ritenuti componenti di un’associazione per delinquere dedita all’intermediazione ed allo sfruttamento illecito del lavoro, con carattere della transnazionalità, nelle province di Matera e Taranto, nonché dei reati di minaccia, estorsione e uso indebito di carte di credito. L’inchiesta, avviata nella primavera del 2018 a seguito della denuncia sporta da un lavoratore romeno, ha riguardato una serie di casi di sfruttamento del lavoro registrati in centri agricoli della fascia Jonico-Metapontina (Policoro, Scanzano Jonico, Tursi e Marconia di Pisticci) e nella limitrofa provincia di Taranto (Castellaneta, Laterza e Ginosa). In particolare, promotori, organizzatori e caporali erano romeni che reclutavano in Romania propri connazionali, impiegati poi in Italia, come braccianti agricoli, in estenuanti e degradate condizioni di lavoro. A seguito dell’indagine, il 19 giugno 2019, nei confronti di quattro imprenditori agricoli di Scanzano Jonico e Tursi, è stato operato il sequestro di beni per un valore complessivo di circa 7 milioni di euro.

SEZIONE TERZA

SOGGETTI FUNZIONI E RESPONSABILITA’

1. I SOGGETTI DELL'ISTITUTO COINVOLTI NEL PROCESSO DI PREVENZIONE E