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TUTELA DEL DIPENDENTE CHE EFFETTUA SEGNALAZIONI DI ILLECITO (C.D. WHISTEBLOWER)

WHISTEBLOWER)

L'art. 1, comma 51 della Legge n. 190/2012 ha introdotto, nell'ambito del D.lgs. n. 165/2001, l'art.

54 bis, rubricato “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. Whistleblower). Si tratta di una disciplina che introduce una misura di tutela già in uso presso altri ordinamenti, finalizzata a consentire l'emersione di fattispecie di illecito e, più in generale, di condotte riprorevoli nell'ambito delle amministrazioni pubbliche. Con il termine “Whistleblowing” (letteralmente

“soffiare nel fischietto”) si intende la segnalazione da parte di un lavoratore, ovvero di un soggetto interno dell'Istituto, di una irregolarità o di un reato di cui egli venga a conoscenza durante la propria attività lavorativa.

Il Whistleblowing nasce come strumento di prevenzione e di correzione di degenerazioni e malfunzionamenti del sistema interno all'Amministrazione e trova la propria forma di realizzazione attraverso il comportamento positivo del lavoratore che venuto direttamente, o indirettamente, a conoscenza di violazioni o irregolarità commesse ai danni dell'interesse pubblico da parte di altro soggetto interno alla stessa amministrazione, decide di denunciare tali fatti agli organi preposti.

L'attività del segnalante non deve essere considerata in senso negativo e non deve essere assolutamente assimilata ad un comportamento come delazione.

La segnalazione deve essere attivamente orientata ad eliminare ogni forma di “malpractice” nonché di ogni possibile fattore di corruzione. Devono, pertanto, essere considerate rilevanti le segnalazioni che riguardano comportamenti, rischi, reati o irregolarità a danno dell'interesse pubblico.

Le situazioni rilevanti non si esauriscono nella violazione degli articoli del Codice Penale tali da comprendere l'intera gamma dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, ma anche le situazioni in cui, a prescindere dal rilievo penale, venga in evidenza un malfunzionamento dell'attività a causa dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite.

La segnalazione non deve riguardare lagnanze o rivendicazioni/istanze di carattere personale del segnalante, che rientrano nella sfera del rapporto di lavoro o nel rapporto personale con il

superiore gerarchico o con i colleghi, per i quali occorre riferirsi alla disciplina e alle procedure di competenza di altri organismi o uffici.

Per “Whistleblowing Policy” si intende una procedura volta ad incentivare le segnalazioni e a tutelare proprio in ragione della sua funzione civica e sociale, il whistleblower. Infatti, coloro che decidono di portare alla luce e denunciare fenomeni di corruzione sul posto di lavoro sono

“sentinelle civiche” che aiutano a migliorare il sistema, a liberarlo da possibili illegalità e frodi e per questo vanno incoraggiate e l'art. 1, comma 51, della Legge 190/2012 ha previsto l'inserimento dell'articolo 54 bis al D.lgs. 165/2001, così come modificato ed integrato dalla legge 30 novembre 2017 n. 179, in merito alla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti e che integralmente si richiama:

1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui e' venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L'adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.

2. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.

3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di

procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà' utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

4. La segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

5. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni. Le linee guida prevedono l'utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell'identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.

6. Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

L'ANAC determina l'entità della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell'amministrazione o dell'ente cui si riferisce la segnalazione.

7. E' a carico dell'amministrazione pubblica o dell'ente di cui al comma 2 dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente sono nulli.

8. Il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.

9. Le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave».

L'IRCCS CROB, in considerazione dell'importanza della misura ai fini della prevenzione dell'illegalità, ha adottato con delibera del D.G. n. 279 del 28/05/2015, aggiornata con delibera n.

682 del 16/10/2018 alle disposizioni contenute nella legge 30 novembre 2017, n. 179, la

“Procedura per le segnalazioni di illeciti e irregolarità”, nella quale sono disciplinate le modalità per effettuare la segnalazione, i soggetti destinatari, le forme di tutela e le responsabilità del whistleblower.

16. LA FORMAZIONE

La formazione riveste un’importanza cruciale nell’ambito dell’azione di prevenzione della corruzione.

Infatti, una formazione adeguata consente di raggiungere i seguenti obiettivi:

· l’attività amministrativa è svolta da soggetti consapevoli: la discrezionalità è esercitata sulla base di valutazioni fondate sulla conoscenza e le decisioni sono assunte “con cognizione di causa”; ciò comporta la riduzione del rischio che l’azione illecita sia compiuta inconsapevolmente;

· la conoscenza e la condivisione degli strumenti di prevenzione (politiche, programmi, misure) da parte dei diversi soggetti che a vario titolo operano nell’ambito del processo di prevenzione;

· la creazione di una base omogenea minima di conoscenza, che rappresenta l’indispensabile presupposto per programmare la rotazione del personale;

· la creazione della competenza specifica necessaria per il dipendente per svolgere la nuova funzione da esercitare a seguito della rotazione; la creazione di competenza specifica per lo svolgimento dell’attività nelle aree a più elevato rischio di corruzione;

· l’occasione di un confronto tra esperienze diverse e prassi amministrative distinte da ufficio ad ufficio, reso possibile dalla compresenza di personale “in formazione”

proveniente da esperienze professionali e culturali diversificate; ciò rappresenta un’opportunità significativa per coordinare ed omogeneizzare all’interno dell’ente le modalità di conduzione dei processi da parte degli uffici, garantendo la costruzione di

“buone pratiche amministrative” a prova di impugnazione e con sensibile riduzione del rischio di corruzione;

· la diffusione degli orientamenti giurisprudenziali sui vari aspetti dell’esercizio della funzione amministrativa, indispensabili per orientare il percorso degli uffici, orientamenti spesso non conosciuti dai dipendenti e dai dirigenti anche per ridotta disponibilità di tempo da dedicare all’approfondimento;

· evitare l’insorgere di prassi contrarie alla corretta interpretazione della norma di volta in volta applicabile;

· la diffusione di valori etici, mediante l’insegnamento di principi di comportamento eticamente e giuridicamente adeguati”.

A tale fine, l’IRCCS CROB programma adeguati percorsi di formazione. L’attività formativa è strutturata su due livelli:

· un livello generale, rivolto a tutti i dipendenti, che riguarda l’aggiornamento delle competenze (approccio contenutistico) e le tematiche dell’etica e della legalità (approccio valoriale);

· un livello specifico, rivolto al Responsabile della prevenzione della corruzione, ai Referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a rischio; il livello specifico riguarda le politiche, i programmi e i vari strumenti utilizzati per la prevenzione e tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto nell’Istituto.

I fabbisogni formativi sono individuati dal Responsabile della prevenzione della corruzione.

Le iniziative formative sono inserite anche nel Piano triennale della Formazione di cui all’art. 7 bis del D. lgs. n. 165/2001.

L’adozione delle iniziative finalizzate alla realizzazione degli interventi formativi è programmata nell’ambito del P.T.P.C.T. e del P.T.F..

L’IRCCS CROB, nel piano triennale di formazione del personale, approvato con delibera n. 697 del 31.10.2019, inserisce corsi di formazione specificatamente incentrati sui temi dell'etica pubblica e della legalità, prioritariamente dedicati ai dipendenti addetti alle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione individuate ai sensi del presente piano.

La individuazione del personale da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica pubblica e della legalità è effettuata dal Responsabile della prevenzione della corruzione.

Tutti i dipendenti che, direttamente o indirettamente, svolgono una attività, nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione individuate ai sensi del P.T.P.C.T. devono, ogni anno, partecipare ai corsi di formazione di cui al P.T.P.C.T. medesimo.

L’individuazione dei contenuti formativi, l'elaborazione delle relative linee strategiche e programmatiche e la rilevazione del c.d. fabbisogno formativo attraverso l’analisi dei bisogni formativi è effettuata dal Responsabile della prevenzione della corruzione anche sulla base delle indicazioni fornite dai Referenti.

La individuazione dei contenuti formativi dovrà assicurare la descrizione dell'attività, con l'indicazione degli obiettivi e delle metodologie utilizzate.

L’Istituto, inoltre, in aggiunta alle attività formative dinanzi descritte, inserisce, ove possibile, specifici interventi formativi sui temi dell’etica pubblica, dell’integrità pubblica e della legalità in tutti i restanti corsi organizzati per la formazione e l’aggiornamento del proprio personale di qualunque profilo ed area di appartenenza (comparto, dirigenza medica e veterinaria, dirigenza sanitaria, tecnica, amministrativa e professionale), di modo da garantire piena e massima efficacia e continuità alla strategica azione di formazione, quale ineludibile misura di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità.

L’Istituto programma, altresì, adeguati percorsi di formazione di livello specifico – con riferimento alle politiche, ai programmi ed ai vari strumenti utilizzati per la prevenzione – per l’aggiornamento del Responsabile della prevenzione della corruzione, dei Referenti, dei componenti degli organismi di controllo, dei dirigenti e dei funzionari addetti alle aree a rischio, tenuto conto del ruolo svolto da ciascun soggetto nell’Istituto e della necessità di approfondire tematiche settoriali. A tal fine, si avvale prioritariamente del sistema di offerta formativa delle scuole pubbliche di formazione.