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L’ ORGANIZZAZIONE E IL RISCHIO CULTURALE

CAP 2. ORGANIZZAZIONE DEL PROJECT MANAGEMENT

2.2 L’ ORGANIZZAZIONE E IL RISCHIO CULTURALE

L’ introduzione del PM management in un’azienda con una struttura organizzativa già consolidata non è di facile attuazione e per avere successo abbisogna di due componenti :

• La componente culturale, evitando che ci siano delle resistenze da parte del personale all’ attuazione delle nuove metodologie gestionali successive all’istituzionalizzazione e al ricorso formale del PM,

• Componente strutturale, apportando le necessarie variazioni al processo di attribuzione di responsabilità, attraverso una serie di interventi atti a modificare la struttura organizzativa iniziale.

Come ha giustamente evidenziato Kerzner(2) il tasso di cambiamento delle innovazioni sia tecniche che metodologiche, dovute all’ introduzione del PM, comporta un sensibile ritardo dell’organizzazione nel processo di metabolizzazione delle nuove innovazioni e un più lento processo di adeguamento delle persone alla nuova realtà tecnico-organizzativa.

Secondo Nepi (3) per ovviare a questa lentezza nel processo di adeguamento della struttura organizzativa alle nuove metodologie del PM, “è indispensabile che la sua introduzione non avvenga in modo a se stante e in modo impositivo , ma che sia inquadrata, e trovi la sua giustificazione , in un processo di innovazione di più ampio respiro che vede il top management impegnato a fornire il proprio esplicito appoggio al nuovo ruolo conferendogli visibilità e promuovendo la diffusione della nuova filosofia organizzativa con adeguate attività formative rivolte ai diversi livelli della struttura.”

Ogni processo di trasformazione organizzativa di una azienda, in stretta dipendenza con il grado di importanza che l’ attuazione dei nuovi programmi riveste per la strategia aziendale, deve fare i conti con la cultura aziendale esistente ; infatti Schwartz e Davis hanno proposto l’utilizzo di una matrice a due dimensioni nella quale sulle ascisse viene posizionata la compatibilità culturale all’attuazione del PM, sulle ordinate l’importanza strategica dell’attuazione dello stesso.

Fig. 1.5 Modello di Schwartz e Davis.

Schawartz e Davis individuano tre tipi di quadranti rispetto alla diagonale :

Quadranti superiori: è la parte della matrice nella quale si evidenzia una compatibilità culturale medio-alta per l ‘azienda, nella quale l’ introduzione del PM non rappresenta un fattore di elevata importanza strategica. In questo contesto il PM potrà essere attuato facilmente ricorrendo solamente alla formazione tecnica del personale necessaria ad acquisire le nuove tecnologie.

Quadranti situati lungo la diagonale: vi sono tre posizioni due delle quali contrapposte tra loro e una media: in questi casi il rischio di insuccesso derivante dalla fase di introduzione del PM è contenuto e se gestita opportunamente, presenta buone probabilità di concludersi in maniera positiva.

Quadranti inferiori: in questa zona la compatibilità culturale è molto importante ed il rischio della fase di attuazione del PM è molto elevato.

Da questa matrice si evidenzia che il successo nell’ introduzione di un sistema di PM è strettamente legato a quello che viene definito “livello culturale” che caratterizza l’azienda nella sua globalità.

In ogni azienda, accanto alle regole istituzionalizzate, come le prescrizioni organizzative, le procedure in atto, i sistemi di coordinamento e controllo ecc.., esistono anche regole non

scritte, ma non per questo meno importanti, che riguardano i valori, gli atteggiamenti, i sistemi di riferimento, lo stile di pensiero e così via. La cultura aziendale è costituita sia dalle regole istituzionalizzate sia dalle regole non scritte, di tutte queste variabili si deve tener conto nel caso in cui si decida di introdurre un sistema di PM . Secondo Nepi (4) la scelta di una sua introduzione esclusivamente imposta dall’alto, attuata mediante l ‘emissione di “editti” da parte del top management, si rivela quasi sempre perdente in quanto trascura le regole non scritte. Ci sono molti motivi che inducono gli organi direttivi dell’azienda ad un atteggiamento ostile nei confronti del PM: uno di questi è rappresentato dall’ elevata trasparenza che presentano i progetti controllati con la metodologia e le tecniche previste dalla sua applicazione: infatti la completa visibilità dello stato di avanzamento raggiunto dal progetto e dei costi effettivamente sostenuti, secondo Nepi (5)“disturba il personale coinvolto nel ciclo realizzativo in quanto gli impedisce, da una parte di addomesticare i dati reali e, dall’altra, di usufruire delle informazioni da sottoporre ai livelli gerarchici, con un malcelato intento speculativo e utilitaristico che mal si concilia con le esigenze generali”.

Il PM, abbisogna per la sua realizzazione della disponibilità alla cooperazione e dell’orientamento alla soluzione di gruppo dei problemi, piuttosto che al mantenimento e alla difesa del proprio status .In molti casi l’ introduzione del PM viene vista, secondo Nepi, (6) come “ una perdita di potere da parte del management , soprattutto in quelle realtà nelle quali i responsabili delle diverse unità funzionali sono abituati a organizzare gran parte del proprio lavoro in modo del tutto autonomo, nella pervicace (e,per certo verso, anche lodevole) ricerca della massima efficienza. Tale ricerca, però, viene spesso condotta in un’ottica marcatamente settoriale, senza mai considerare (o dando, comunque, uno scarso peso) le possibili conseguenze e le eventuali ricadute negative che determinate politiche operative possono indurre sulle altre unità organizzative.” Tali consuetudini portano alla creazione di “sistemi di potere chiusi”(le cosiddette “parrocchie aziendali” ), che si caratterizzano per una scarsa propensione alla creatività, per una quasi assoluta “impermeabilizzazione a ogni tipo di innovazione che non sia originata al loro interno”e per la decisa opposizione ad ogni tentativo di reinserimento nel processo collettivo.

A questo punto per ovviare ad un fallimento dell’ introduzione di un sistema di Project Management , bisogna intervenire sulla cultura aziendale, intervenendo su tre direttrici:

• Comportamento del management,

• Meccanismi di comunicazione,