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Come è stato precedentemente osservato, la formulazione originaria dell’art. 275 c.p.p. rimetteva alla valutazione discrezionale del giudice la scelta della misura cautelare più adeguata al caso concreto, escludendo meccanismi automatici nell’adozione di misure limitative della libertà personale226.

A più riprese l’impianto originario del codice è stato modificato dal legislatore: a fronte delle emergenze legate al fenomeno mafioso, con il decreto legge n. 152 del 1991 – discostandosi parzialmente dal modello iniziale – è stata introdotta la presunzione legale di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere per una considerevole serie di delitti lato sensu riconducibili alla criminalità organizzata227. In seguito, il decreto legge n. 292 del 1991 ha eliminato tale residuo potere valutativo del giudice, instaurando per taluni reati una duplice presunzione, radicata nel solo accertamento dei gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p.: relativa, di sussistenza delle esigenze cautelari e assoluta di adeguatezza della sola misura custodiale. Con la legge n. 332 del 1995 è stato, poi, drasticamente ridotto l’elenco dei reati per cui è esclusa la possibilità di applicare una misura de libertate diversa dalla custodia carceraria: la praesumptio

iuris tantum di esistenza dei pericula libertatis e iuris et de iure di

adeguatezza della custodia cautelare in carcere viene mantenuta solo per i delitti di cui all’art. 416 bis c.p., quelli commessi avvalendosi delle condizioni ivi previste o al fine di agevolare l’attività di quelle associazioni228. Infine, in tale contesto si è inserito il decreto legge n. 11 del 2009 che ha ampliato l’elenco dei delitti in ordine ai quali operano le presunzioni di pericolosità ed adeguatezza. Ne è risultato un

226

G. Tabasco, Illegittima l’obbligatorietà della custodia carceraria anche per il

traffico di sostanze stupefacenti, op. cit., p. 173

227 P. Balducci, Custodia cautelare in carcere e omicidio volontario: la Consulta

elimina l’obbligatorietà, op. cit., p. 1219

228

quadro composito a causa della forte eterogeneità delle fattispecie di reato progressivamente racchiuse nella “clausola derogatoria”229

. La novella del 2009 ha suscitato numerosi dubbi da parte dei giudici rimettenti che hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale in relazione a singole fattispecie di reato230.

Quindi, la Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare la ragionevolezza di un meccanismo presuntivo destinato ad operare con riferimento a fattispecie di reato che, sebbene connotate da un’elevata gravità e dal fatto di suscitare allarme sociale, «sono suscettibili di trovare traduzione concreta in realtà criminose multiformi»231.

Così, l’art. 275 comma 3 c.p.p. è stato oggetto di plurime dichiarazioni di illegittimità costituzionale da parte della Consulta, nella parte in cui prefigura una presunzione assoluta – anziché soltanto relativa – di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere a soddisfare le esigenze cautelari nei confronti della persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza per una serie di delitti232.

In particolare, ciò è avvenuto con riferimento ai delitti a sfondo sessuale di cui agli artt. 600 bis comma 1 , 609 bis e 609 quater c.p. (sentenza n. 265 del 2010); all’omicidio volontario (sentenza n. 164 del 2011); alla fattispecie associativa di cui all’art. 74 del d.p.r. n. 309 del 1990 (sentenza n. 231 del 2011); all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti previsti dagli artt. 473 e 474 c.p. (sentenza n. 110 del 2012); ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dal medesimo articolo (sentenza n. 57 del 2013); al sequestro di persona a scopo di

229 S. Quattrocolo, Fattispecie criminose e regime cautelare: la Corte Costituzionale

si riappropria di spazi decisori “sottratti” dalla Corte di Cassazione, op. cit., p. 440

230 A. Gasparre, Presunzione di adeguatezza della misura cautelare in carcere e reati

associativi, da www.personaedanno.it

231 L. Bongiorno, La presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere

e l’opera demolitrice della giurisprudenza delle Supreme Corti, op. cit., p. 2136

232

T. E. Epidendio, Proposte metodologiche in merito al dibattito sulle misure

estorsione di cui all’art. 630 c.p. (sentenza n. 213 del 2013); alla violenza sessuale di gruppo (sentenza n. 232 del 2013).

I giudici di Palazzo della Consulta hanno ribadito che «le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie ed irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’id quod plerumque accidit». In particolare, l’irragionevolezza della presunzione iuris et de iure «si coglie tutte le volte in cui sia agevole formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta alla base della presunzione stessa».

In altri termini, posto che alle figure delittuose di cui sopra non può estendersi la ratio giustificativa del regime derogatorio in precedenza ravvisata in rapporto ai delitti riconducibili alla criminalità organizzata di stampo mafioso233 – la Corte Costituzionale ha “recuperato” la soluzione intermedia (accolta dal legislatore con il decreto legge n. 152 del 1991) dichiarando l’illegittimità dell’art. 275 comma 3 c.p.p. laddove non consente che la presunzione stabilita in via legislativa possa essere concretamente superata in forza di elementi probatori che indichino la possibilità di soddisfare l’esigenza cautelare del caso di specie attraverso una misura de libertate diversa dalla custodia in carcere234.

In tal modo – posto che la Corte Costituzionale non ha ritenuto illegittima la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere ma il suo carattere insuperabile – con riferimento

233 Si ricordi che in riferimento ai soli reati associativi di mafia il regime cautelare

speciale ha superato il vaglio della Corte Costituzionale (ordinanza n. 450 del 1995) e della Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza 6 novembre 2003, Pantano c. Italia)233 le quali hanno valorizzato le peculiarità di tali reati che rendono la

praesumptio di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere ragionevole

perché rappresenta «la misura più idonea a neutralizzare il periculum libertatis legato al verosimili protrarsi di contatti tra l’indagato ed il sodalizio criminoso». In tal senso A. Gasparre, Presunzione di adeguatezza della misura cautelare in carcere e reati

associativi, op. cit.

234

S. Quattrocolo, Fattispecie criminose e regime cautelare: la Corte Costituzionale

a taluni dei reati attratti nell’orbita del regime derogatorio, la presunzione iuris et de iure ha ceduto il testimone ad una presunzione

iuris tantum.235

In proposito, una parte autorevole della dottrina ritiene che la Corte Costituzionale – lasciando in piedi (o meglio, inserendo ex novo) la praesumptio iuris tantum di adeguatezza – sarebbe andata oltre i propri limiti di intervento, addentrandosi in uno spazio riservato al legislatore.

Il travalicamento non sarebbe propriamente tale laddove la scelta della Consulta fosse obbligata dal punto di vista costituzionale. In altri termini, per evitare di attribuire alla Corte Costituzionale un compito che, a ben vedere, appartiene al legislatore bisognerebbe ritenere che la presunzione relativa di adeguatezza si imponga a livello costituzionale.

Ebbene, come si legge nella sentenza n. 265 del 2010, «ciò che rende costituzionalmente inaccettabile la presunzione è per certo il suo carattere assoluto, che si risolve in una indiscriminata e totale negazione di rilievo al principio del minor sacrificio necessario, anche quando sussistano […] specifici elementi da cui desumere, in positivo, la sufficienza di misure diverse e meno rigorose della custodia in carcere». Peraltro, «la previsione di una presunzione solo relativa di adeguatezza di quest’ultima, atta a realizzare una semplificazione del procedimento probatorio suggerita da taluni aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma comunque superabile da elementi probatori di segno contrario – non eccede, per contro, i limiti di compatibilità con i parametri evocati, rimanendo per tale verso non censurabile l’apprezzamento legislativo, in rapporto alle caratteristiche dei reati in questione, della ordinaria configurabilità di esigenze cautelari nel grado più intenso». In tale modo «si evita comunque

235 Adorno, L’inarrestabile irragionevolezza del carcere cautelare “obbligatorio”:

cade la presunzione assoluta anche per i reati di “contesto mafioso”, op. cit., p.

l’irrazionale equiparazione dei procedimenti relativi a tali reati a quelli concernenti la criminalità di tipo mafioso e si lascia spazio alla differenziazione delle varie fattispecie concrete riconducibili ai paradigmi punitivi astratti».

Ora, posto che la Consulta fa leva precipuamente su «taluni aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso», non sembra che l’inserimento della presunzione iuris tantum di adeguatezza della custodia cautelare in carcere possa integrare gli estremi di una soluzione costituzionalmente obbligata.

Da questo punto di vista, nelle motivazioni della Corte il regime semi-discrezionale236 della custodia in carcere poggia su di una valutazione tipicamente di politica legislativa. Peraltro, «il rango primario del bene coinvolto avrebbe imposto alla Corte di verificare la ragionevolezza anche della presunzione relativa; una presunzione che finisce per far gravare sull’imputato il peso di una prova contraria, tutt’altro che agevole»237

. A ben vedere, «il sin troppo rapido giudizio espresso dai giudici costituzionali di compatibilità con la Costituzione della presunzione relativa viene effettuato su un dato normativo inesistente»238.

Infatti, le ragioni di tale impostazione non sembra si possano rinvenire nel fatto che un accoglimento secco delle censure mosse dai giudici rimettenti avrebbe comportato la caducazione della presunzione

iuris tantum di sussistenza dei pericula libertatis – profilo,

quest’ultimo che, come esplicitamente asserito nella sentenza n. 265 del 2010, non è stato oggetto di accertamento diretto da parte dei giudici di Palazzo della Consulta.

236 M. Gialuz, Gli automatismi cautelari tra legalità costituzionale e garanzie

convenzionali, in Processo penale e giustizia, 2013, (6), p. 112

237 M. Gialuz, Gli automatismi cautelari tra legalità costituzionale e garanzie

convenzionali, op. cit., p. 119

238

E. Marzaduri, Continua la bonifica costituzionale nei confronti dei meccanismi

Peraltro, già nella logica della presunzione relativa di adeguatezza della custodia in carcere questa distinta presunzione è destinata a venir meno239. Per l’appunto, solo sulla base di un accertamento in concreto della presenza delle esigenze cautelari potrà essere condotta una verifica sull’adeguatezza delle soluzioni adottabili

de libertate, mentre un giudice che non è chiamato a svolgere tale

accertamento, risultando sufficiente che questi dia atto dell’inesistenza di elementi idonei a vincere la presunzione, non è evidentemente in grado di valutare il quomodo del pericolo al fine di modulare la risposta coercitiva240.

239

E. Marzaduri, Continua la bonifica costituzionale nei confronti dei meccanismi

presuntivi di accertamento della sussistenza delle esigenze cautelari, op. cit.

240 E. Marzaduri, Disciplina delle misure cautelari personali e presunzioni di

pericolosità: un passo avanti nella direzione di una soluzione costituzionalmente accettabile, op. cit., p. 506

Modifiche al codice di procedura penale in materia di