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La salvaguardia della libertà personale

Ai sensi dell’art. 5 comma 1 C.e.d.u. «ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza». Si tratta di un diritto avente rilevanza primaria in una società democratica178 ed al quale va riconosciuto – al pari di quelli proclamati dagli artt. 2, 3 e 4 – il rango di diritti fondamentali che tutelano la sicurezza fisica dell’individuo179.

Il riferimento alla libertà, infatti, va inteso nell’accezione classica del termine come riguardante la libertà fisica180.

Più problematico risulta il richiamo alla sicurezza della persona. In proposito, è possibile distinguere un primo filone di pronunce nel quale la locuzione «security of person» è stata interpretata in stretta connessione con il richiamo alla libertà fisica della persona piuttosto che come sicurezza fisica181, ed una seconda serie di pronunce in cui la Corte europea sembra attribuire alla sicurezza un significato autonomo182.

In realtà, il diritto alla libertà e alla sicurezza deve essere concepito come una «notion monolithique»183, quindi, come due aspetti di uno stesso diritto: in particolare, l’espressione «libertà della persona» concerne la situazione di colui che non è soggetto ad arresto o detenzione, mentre «sicurezza della persona» significa protezione contro qualsiasi ingerenza arbitraria in questa libertà184.

178

Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 29 marzo 2010, Medvedyev c. Francia; sentenza 27 luglio 2006, Bazorkina c. Russia

179 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 3 ottobre 2006, McKay c. Regno

Unito; sentenza 13 luglio 2007, Castravet c. Moldavia

180 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 27 novembre 2003, Shamsa c.

Polonia; sentenza 8 giugno 1976, Engel e altri c. Paesi Bassi

181 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 18 aprile 2002, Zilli e Bonardo c.

Italia

182 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 12 maggio 2005, Ocalan c. Turchia 183

J. Murdoch, L’article 5 de la Convention européenne des droits de l’homme

184 AA. VV., Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo,

Padova, Cedam, 2012, p. 109. Si osservi che questa impostazione è stata ribadita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 13 gennaio 2009, Giorgi Nikolaishvilii c. Georgia

Ora, non tutte le condotte che incidono sulla libertà individuale integrano una violazione della norma convenzionale: l’art. 5 comma 1 C.e.d.u., infatti, fa espresso riferimento solo alle misure che comportano una privazione della libertà e non riguarda le semplici restrizioni delle libertà di circolazione che, viceversa, ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 2 Protocollo n. 4 C.e.d.u.185

Quindi, la norma in commento si riferisce soltanto alla privazione della libertà che – richiamando la sentenza Storck c. Germania del 2005 – si concreta, sotto il profilo oggettivo, nell’ipotesi di restrizione della persona, in un luogo determinato e delimitato, per un tempo definito, contro la sua volontà o senza il suo consenso; sotto il profilo soggettivo è necessario che la persona non abbia acconsentito alla sua detenzione186.

La norma non trova, invece, applicazione in ordine alla semplice limitazione della libertà. La giurisprudenza di Strasburgo evidenzia che tra la nozione di privazione e quella di restrizione non è possibile tracciare un confine netto: si tratterebbe, infatti, di una differenza di grado o di intensità e non di natura o di contenuto187.

Di conseguenza, per ricondurre una singola fattispecie nell’una o nell’altra nozione si dovrà procedere ad un accertamento di estrema complessità di numerosi fattori come la modalità, la durata e gli effetti dell’intervento coercitivo188

.

L’art. 5 comma 1 C.e.d.u. prescrive che eventuali privazioni della libertà personale debbano rispondere alla duplice condizione di

185 L. Beduschi, La giurisprudenza di Strasburgo 2008 – 2010: il diritto alla libertà

personale (art. 5 C.e.d.u. e Prot. n. 4 C.e.d.u.), da www.penalecontemporaneo.it

186 In proposito la Corte di Strasburgo ha precisato che il diritto alla protezione della

libertà personale non viene meno qualora una persona abbia inizialmente accettato di essere reclusa, in quanto il consenso alla detenzione è sempre revocabile

187

Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 12 febbraio 2009, Nolan c. Russia; sentenza 6 novembre 1980, Guzzardi c. Italia

188 S. Ruggeri, Tutela cautelare e salvaguardia dei diritti della persona. Profili

comparatistica e garanzie sovranazionali in Europa, in AA. VV., Libertà dal carcere, libertà nel carcere, Torino, Giappichelli, 2013, p. 157

essere disciplinate dalla legislazione interna e riconducibili ai casi espressamente elencati dalla stessa norma convenzionale.

Sotto il primo profilo, il rinvio «ai modi previsti dalla legge» comporta che tutte le decisioni prese dall’autorità giudiziaria in tema di libertà personale debbano risultare conformi a disposizioni procedurali o di diritto sostanziale contenute in una legge preesistente.

Tuttavia, non è sufficiente che la privazione della libertà personale abbia una base legale nell’ordinamento interno. Infatti, è necessario, altresì, che tale base legale sia configurata in maniera da proteggere l’individuo da privazioni arbitrarie della libertà personale.

Ciò significa che la Corte di Strasburgo non si limita a verificare l’osservanza della normativa interna da parte delle autorità che intervengono nel procedimento de libertate, ma rivendica a sé anche il potere di sindacare la conformità della stessa legislazione nazionale allo scopo primario della Convenzione, rappresentato dalla protezione dell’individuo contro l’arbitrio189

.

In estrema sintesi, «per applicare una misura privativa della libertà personale non basta che siano soddisfatte le condizioni generali previste dal diritto interno, né che tali condizioni siano, nell’ambito nazionale, chiaramente definite in modo da permettere ad ogni cittadino di conoscerle, posto che ai fini della legittimità (lawful) convenzionale della privazione della libertà è necessario, in ogni caso, accertare che la detenzione sia compatibile con la disciplina pattizia e con gli scopi dell’art. 5 comma 1 C.e.d.u., che sono quelli di evitare una privazione arbitraria della libertà personale e di ponderare la congruenza alla Convenzione della legge nazionale, compresi i principi generali»190.

189

O. Mazza, La libertà personale nella costituzione europea, in AA. VV., Profili

del processo penale nella costituzione europea, a cura di M. G. Coppola, Torino,

Giappichelli, 2005, p. 48

190

Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 23 giugno 2002, Butkevicius c. Lituania

Quindi, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il requisito della legalità postula un triplice vaglio: in

primis, sulla conformità della detenzione al diritto nazionale; in

secondo luogo, sulla qualità del diritto nazionale191; ed infine sulla eventuale arbitrarietà della detenzione192.

Come anticipato, le deroghe al diritto alla libertà personale devono anche corrispondere ai casi tassativamente previsti dall’art. 5 comma 1 C.e.d.u. A tale proposito, la Corte europea ha chiarito che l’elenco deve reputarsi esaustivo193

e che le singole eccezioni non hanno carattere esclusivo194, quindi, la detenzione di una persona può trovare giustificazione contemporanea in diverse fattispecie.

Quando non è possibile sussumere la fattispecie concreta nell’ambito di una delle ipotesi di privazione consentita della libertà personale, la Corte di Strasburgo sancisce la violazione dell’art. 5 comma 1 C.e.d.u.

La Convenzione europea enumera sei possibili ragioni che possono fondare la legittima privazione della libertà personale di un individuo ed ammette: la detenzione a seguito di condanna da parte di un tribunale competente (lett. a); la privazione della libertà per violazione di un provvedimento giudiziario o per garantire l’esecuzione di un obbligo prescritto dalla legge195

(lett. b); la

191 Dal punto di vista della qualità del diritto, secondo i giudici di Strasburgo è

necessario che la legge che costituisce la base per la privazione della libertà sia accessibile e sufficientemente precisa da permettere ai cittadini di prevedere le conseguenze che una determinata azione può produrre. In questi termini Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 25 giugno 1996, Amuur c. Francia

192 Sebbene manchi una definizione di «arbitrarietà», dalla giurisprudenza della Corte

europea sono desumibili alcuni principi chiave: ad esempio la detenzione va ritenuta arbitraria quando, nonostante il formale rispetto del diritto nazionale, si riscontra un elemento di malafede o di inganno da parte delle autorità (così Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 5 febbraio 2002, Conka c. Belgio)

193 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 22 marzo 1995, Quinn c. Francia 194

Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 11 luglio 2006, Harkmann c. Estonia

195 La giurisprudenza di Strasburgo è costante nel sottolineare che l’espressione

«garantire l’esecuzione di un obbligo imposto dalla legge» si riferisce ai soli casi in cui la legge autorizza a detenere qualcuno per costringerlo ad eseguire un obbligo specifico e concreto che egli ha negligentemente e ostinatamente omesso di

detenzione preventiva nel procedimento penale (lett. c); la privazione della libertà di un minore «decisa per sorvegliare la sua educazione» oppure «al fine di tradurlo dinnanzi all’autorità competente» (lett. d); l’applicazione di misure di sicurezza detentive nei confronti di soggetti non imputabili socialmente pericolosi196 (lett. e); il trattenimento dello straniero diretto a prevenire l’ingresso irregolare nel territorio dello Stato oppure nelle more del procedimento di espulsione o di estradizione (lett. f).