La strada, dunque, è usata sempre meno per viaggiare e sempre più per svagarsi. (Marshall McLuhan 2001, p. 104) Questo saggio esamina alcuni aspetti di Forza Horizon 2, un videogioco di corsa realizzato dallo studio britannico Play- ground Games1 in collaborazione con lo sviluppatore statuni-
tense Turn 10 Studios e pubblicato nel 2014 da Microsoft Game Studios per le piattaforme Xbox. Seguendo l’esempio di Kiri Miller (2008) che ha esaminato Grand Theft Auto: San Andre- as attraverso un approccio auto etnografico, ho intrapreso una ricerca sul campo per decostruire le meccaniche e le logiche sottese al gameplay2.
Forza Horizon è una variazione sul tema di Forza Motorsport, una serie di successo che ha debuttato nel 2005. A tutt’oggi sono stati pubblicati quattro capitoli, ambientati rispettivamente nello stato americano del Colorado, in Italia e Francia, Australia e In- ghilterra. Ciò che li accomuna è la natura aperta del gameplay, che consente agli utenti di percorrere a piacimento un immenso ter- ritorio, anziché competere esclusivamente sui circuiti e tracciati progettati dal designer. Il pretesto è partecipare all’Horizon Festi- 1 Il team include programmatori che hanno lavorato allo sviluppo di Project
Gotham Racing, Driver, Colin McRae: Dirt, Colin McRae Rally, Race Driver: Grid e Burnout, provenienti da studi come Black Rock, Slightly Mad, Bizar-
re Creations e Criterion Games.
2 Per un’analisi più approfondita, cfr. Bittanti (2015a; 2015b). Una precedente iterazione di questo saggio è stato presentato nel corso della conferenza accademica DiGRA Italia: Made in Italy, nel 2017. Ringrazio Marco Benoît Carbone, Riccardo Fassone e Paolo Ruffino per i suggerimenti in fase di stesura.
val, una fittizia competizione che celebra “l’automobile, la cultura giovanile e la musica”, come afferma il Direttore Creativo di Play- ground Games, Ralph Fulton (Vg247.com, 2012).
In uno dei numerosi filmati promozionali, il Community Ma- nager di Turn 10 Studios, Brian Ekberg, ha descritto Forza Horizon 2 come una “celebrazione della cultura motoristica”. Le sue parole trovano un’eco nelle affermazioni di vari producer che esaltano la “libertà di movimento” e “l’amore per l’automobile” (Ivi).
Horizon riprende molte caratteristiche di Motorsport, tra cui un enorme catalogo di vetture disponibili; un proliferare di marchi e modelli; una colonna sonora pop, rock ed elettronica e un’enfasi quasi ossessiva per il “realismo”. Ma se nel contesto del game de- sign e del giornalismo videoludico questo termine si riferisce, nella maggior parte dei casi, al grado di affinità estetica tra la rappre- sentazione e la cosa rappresentata, nell’ambito dei game studies la situazione è molto più complessa. A questo proposito, è utile ri- chiamare la distinzione proposta da Alexander Galloway (2006) tra realismo3, ivi definito come “un’attenzione documentaristica alle
lotte quotidiane degli emarginati, che conduce a una critica diretta alla politica sociale vigente” (p. 72) e realisticness, traducibile come realisticità. Sviluppando un’intuizione di Fredric Jameson, Gallo- way (2006, p. 73) definisce realisticness “la concezione ingenua, non-mediata o meramente riflettente di una costruzione e ricezione estetica”. Per Galloway, il concetto di realismo è indissolubilmente legato alla sfera politica e ideologica, laddove quello di realisticità all’estetica. Il realismo di Forza Horizon 2 – celebrato tanto dagli sviluppatori quanto dai giornalisti della stampa specializzata – è, in realtà, realisticness. Consiste infatti nell’accurata riproposizione in forma digitale delle caratteristiche tecniche (potenza, accelerazio- ne, cilindrata, velocità massima, etc.) delle vetture in commercio che circolano sulle strade (e fuori strada) di un’Italia da cartolina4.
In queste pagine vorrei soffermarmi su alcuni aspetti della com- plessa relazione tra la realtà e la sua simulazione. Il videogame si colloca all’intersezione tra differenti estetiche e regimi visuali: da un lato rimedia5 alcune marche di stile del cinema e della televisio-
3 In originale, realism.
4 Sull’Italia “da cartolina” cfr. il saggio di Castronuovo in questo volume. 5 Sul concetto di rimediazione, cfr. Grusin/Bolter (2000). In questo conte-
M. Bittanti - Siete in un paese meraviglioso 131 ne, dall’altro propone un peculiare ordinamento topografico attra- verso una modellizzazione sintetica del reale, che a sua volta pre- suppone specifiche regole di funzionamento ed interazione. Nei racing game in particolare, la contemplazione del paesaggio è del tutto secondaria rispetto alla destrezza del giocatore nell’imporsi sugli avversari attraverso sfide basate sulla velocità e la destrezza. Detto altrimenti, l’imperativo del dinamismo subordina ogni altra attività, specie quelle che privilegiano momenti di stasi. Sul piano squisitamente ludico, il panorama è una distrazione che può con- durre alla distruzione. Per apprezzare gli scenari dell’Italia digitale occorre pertanto assumere il ruolo del passeggero, ovvero dell’os- servatore, affiancare virtualmente il pilota e godersi saliscendi e declivi, curve e rettilinei, vallate e colline, osservando quei dettagli che l’uomo al volante deve giocoforza ignorare. In breve, laddove il passeggero apprezza la geografia, il pilota si concentra sulla to- pografia. Il territorio che si dispiega di fronte all’occhio dello spet- tatore è essenzialmente simulacrale: è una copia priva di referente, un caleidoscopio vettoriale, un amalgama dinamico. Il pilota che vuole catturare un frammento di quel paesaggio che scorre via ve- loce deve ricorrere all’espediente del freeze-frame e dedicarsi alla fotoludica6, abdicare al proprio ruolo di guidatore ed assumere
quello di fotografo7.
Il racing game simula la guida nel mondo reale, e, nel con- tempo, la falsifica. Rappresenta un’espressione egemonica che legittima e promuove l’ideologia dell’automobilità – in inglese, automobility – che il sociologo britannico John Urry (2004, 2006) ha definito così:
sto, per rimediazione intendo la deliberata e consapevole appropriazione di convenzioni iconografiche, narrative e ideologiche di determinati me- dia da parte del videogioco.
6 Il gioco include un sofisticato editor di in-game photography il cui utilizzo da parte degli appassionati ha dato vita a un’affascinante pratica metaludi- ca, cfr. Bittanti (2015a).
7 Si noti che la pausa attivata dall’utente per “scattare” un’istantanea congela temporaneamente la realtà della simulazione nonché i pressanti e correla- ti imperativi della competizione motoristica, vanificando ogni pretesa di verosimiglianza e rammentandoci la natura artificiale della simulazione. Nel mondo concreto, infatti, il gesto fotografico non congela il mondo, ma reifica un istante del flusso spazio-temporale. Sul gesto fotografico, cfr. Flusser (2014, pp. 72-84).
Un sistema non-lineare, autoformante e autopoietico, che si è svi- luppato a livello planetario e che include, automobili, automobilisti, strade, fornitori di petrolio e molti oggetti, tecnologie e simboli ine- diti [...], e che pur non essendo socialmente necessario o inevitabile, pare imprescindibile. (Urry 2004, p. 27)
Detto altrimenti, l’automobilità è un reticolo di relazioni che si sviluppano attorno all’automobile. Quest’ultima determina gli aspetti fondamentali dell’esperienza quotidiana: dalla struttura del territorio all’organizzazione sociale, dal sistema economico alla dimensione ecologica. In questo senso, l’automobilità è un dispositivo (Agamben 2005)8. Il sistema dell’automobilità descrit-
to da Urry prevede sei componenti fondamentali che attraverso la loro combinazione, generano e riproducono il carattere spe- cifico di dominazione che essa esercita. Una prima componente di questo sistema è l’automobile in quanto oggetto del complesso manifatturiero nonché l’industria che la produce, a cui sono asso- ciati i relativi concetti di Fordismo e Post-Fordismo. In secondo luogo, l’automobile in quanto oggetto di consumo accompagna- to da un elaborato repertorio di segni e simboli, tra cui successo, carriera, velocità, sicurezza, desiderio sessuale, libertà, mascoli- nità. Il terzo aspetto concerne l’automobile considerata in quanto nesso significativo di relazioni tecniche e sociali, infrastrutturali e logistiche, architettoniche e urbanistiche, dalle stazioni di servi- zio ai motel, dalla costruzione delle strade ai servizi di assistenza. In quarto luogo, l’automobile in quanto forma predominante di mobilità semi-privata che subordina ogni altra forma di movimen- to10, condizionando la vita sociale e lavorativa degli individui. Il quinto aspetto concerne l’automobile in quanto espressione della cultura dominante che legittima i discorsi sulla cosiddetta bella vita, indicando i requisiti necessari per la cittadinanza mobile e fornendo un archivio di narrazioni che spaziano da E.M. Forster a Scott Fitzgerald, da John Steinbeck a Daphne du Maurier fino a J.G. Ballard9. Infine, l’automobile in quanto strumento tecnolo-
8 Sul tema della rappresentazione del racer cfr. anche il saggio di Carbone su Simulmondo in questo volume.
9 Giorgio Agamben definisce il dispositivo come “letteralmente qualunque cosa che abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, deter- minare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condot-
M. Bittanti - Siete in un paese meraviglioso 133 gico il cui impatto ambientale, industriale ed energetico prevede enormi costi a livello planetario: il trasporto motorizzato è diret- tamente responsabile per oltre un terzo delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera e indirettamente responsabile per un nu- mero significativo di conflitti armati per l’approvvigionamento del greggio, diversi dei quali tutt’ora in corso10.
Forza Horizon contribuisce alla costruzione dell’immaginario tecno-culturale della bella vita, legittimando l’ideologia dell’auto- mobilità: è parte integrante della retorica che supporta, promuove e celebra il veicolo a motore. Nello specifico, il videogioco fami- liarizza il giocatore con la logica del trasporto privato, ne sostie- ne i sottesi valori (individualismo, rigetto della collettività, auto- affermazione del singolo attraverso beni materiali, consumismo, competizione), rimuove oppure attenua le conseguenze negative nonché elimina – a livello dell’immaginario, del possibile, del vir- tuale – ogni alternativa, per esempio, un sistema di trasporti pub- blico efficiente, accessibile e sostenibile. L’automobilità rappre- senta dunque un’ideologia totalizzante, una grande narrazione, nell’accezione di Lyotard (1979). Il videogioco spettacolarizza quel gesto monotono, ripetitivo, ottundente che è la guida: in questo senso, è una forma di spettacolo diffuso, espressione utilizzata da Guy Debord (1967) per definire la pubblicità nelle società tecnolo- gicamente più avanzate11.
Non a caso, il modello iconografico di riferimento del racing game non è tanto il cinema – declinato come road movie – né la televisione quanto quella “forma autodistruttiva di pubblico diver- timento” (McLuhan, 2001, p. 214) altrimenti nota come pubblicità. I giochi di corsa, Horizon incluso, sono spot pubblicitari interatti- vi12 che celebrano alcuni aspetti della guida – la spettacolarità, l’eb-
te, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi.” (2005, pp. 21-22) 10 Per esempio, lo spostamento a piedi, in bicicletta, in treno. 11 Urry (2004, pp. 25-26; 2005, pp. 17-18).
12 Cfr. tesi 65: “Lo spettacolare diffuso accompagna l’abbondanza delle mer- ci, lo sviluppo non perturbato del capitalismo moderno. Qui ogni merce presa a sé è giustificata in nome della grandezza della produzione della to- talità degli oggetti, dei quali lo spettacolo è un catalogo apologetico. Sulla scena dello spettacolo unificato dell’economia abbondante si fanno avanti affermazioni inconciliabili; così come differenti merci-vedettes sostengo- no simultaneamente i loro progetti contraddittori di ordinamento della società, dove lo spettacolo delle automobili vuole una perfetta circolazione
brezza della velocità, il senso di onnipotenza – ignorandone deli- beratamente gli output, tra cui il traffico e il congestionamento, l’inquinamento, gli incidenti, i danni ambientali. Detto altrimenti, l’advertising e il racing game concorrono a promuovere l’ideologia dell’automobilità attraverso strategie retoriche di rappresentazio- ne selettiva. L’automobile virtuale, come quella pubblicitaria, non si usura. Monta gomme che non si forano mai. È equipaggiata con un motore indistruttibile. Soprattutto, non consuma benzina: non a caso, l’Italia di Forza Horizon 2 è completamente scevra di sta- zioni di rifornimento. I costi di manutenzione dell’infrastruttura stradale – che nel mondo reale sono sostenuti dalla collettività, attraverso tasse e pedaggi – qui sono omessi. Non ci sono ponti che crollano improvvisamente. Le strade videoludiche sono linde e ordinate, a differenza di quelle reali, i cui bordi sono guarniti di rifiuti, sacchetti e bottiglie di plastica13, lattine vuote, mozziconi di
sigarette. Sulle strade videoludiche non ci s’imbatte nelle carcasse martoriate di incauti animali – cervi e procioni, cani e gatti, ratti e nutrie – stritolati dalle ruote possenti di un SUV. Le auto dei vide- ogiochi non richiedono il pagamento di un’assicurazione e di tasse di immatricolazione, ma sono tutte, de facto, fruibili in leasing14.
che distrugge i vecchi centri urbani, mentre lo spettacolo della città stessa ha bisogno dei quartieri-museo. Dunque il supposto appagamento, già problematico, che dovrebbe essere la prerogativa del consumo dell’insie- me viene immediatamente falsificato per il fatto che il consumatore reale può toccare direttamente solo una successione di frammenti di questa feli- cità mercantile, frammenti dai quali ogni volta è evidentemente assente la qualità attribuita all’insieme.” (Debord 2002, p. 67).
13 Prodotte dai medesimi soggetti industriali che operano nel settore del petrolio e, dunque, dell’automobilità. Un dato significativo è che l’Italia rappresenta il secondo mercato mondiale per il consumo di acqua imbot- tigliata dopo il Messico. Gli italiani consumano oltre otto miliardi di bot- tiglie di plastica all’anno e solo il 7% sono riciclate. Le altre finiscono nelle discariche abusive, nei campi, nei fossi o sono bruciate negli inceneritori. Fonte: Legambiente (2018).
14 Da oltre un decennio, le case automobilistiche usano i videogame come veicolo di marketing avanzato. Il caso paradigmatico è Toyota, che in col- laborazione con lo studio nipponico Polyphony Digital Inc. ha utilizzato
Gran Turismo 6 come piattaforma di lancio – o meglio, vetrina – dei suoi
nuovi modelli. Nel 2014, la casa nipponica ha presentato l’FT-1, una serie di concept car fruibili esclusivamente nella simulazione di corsa prodotta da Sony. Scaricabile via internet, L’FT-1 rappresenta un’anticipazione del rilancio della Supra, un veicolo la cui produzione si è interrotta nel 2002.
M. Bittanti - Siete in un paese meraviglioso 135 La strada è appannaggio esclusivo del mezzo a motore: non esisto- no pedoni o ciclisti.
Il videogame sottrae momentaneamente il giocatore al proprio contesto sociale, economico e culturale e lo proietta in spazi ine- diti ma consueti, alternativi eppure familiari. Detto altrimenti, il racing game offre illusorie vie d’uscita al cul-de-sac della quo- tidianità motorizzata fatta da lunghe code e congestione, aria irrespirabile, spese continue (carburante, manutenzione, imma- tricolazione, tasse, tagliandi e sanzioni di ogni tipo) ed effetti collaterali (per esempio, le migliaia di pedoni investiti annual- mente sulle strisce da guidatori distratti) e così via. Gli elementi iconografici, tematici e ludici che lo caratterizzano sono al tem- po stesso noti (strade, vetture, incroci, edifici) e stranianti (stra- de vuote, vetture indistruttibili, scontri senza vittime, benzina infinita, assenza di inquinamento, natura incontaminata). Il ra- cing game, più di altri generi, produce una realtà perturbante15.
La natura post-umana di questo videogioco è già ravvisabile a li- vello di copertina, che mostra una Lamborghini gialla in posa di fronte a una collina (toscana?): il mezzo è il messaggio. L’assenza di conducenti umani visibili anticipa l’era delle autovetture che si guidano da sole, ivi rappresentate dai fantasmatici drivatar16,
piloti virtuali controllati dall’intelligenza artificiale che fanno le veci dei giocatori in carne ed ossa.
15 Nessuno possiede davvero un’automobile virtuale di Forza Horizon 2 nella misura in cui nessuno possiede davvero un videogioco. Al pari di ogni tipo di software – la fruizione videoludica richiede infatti la stipula- zione di un EULA, acronimo di End-User License Agreement, accordo di licenza con l’utente finale, ovvero il contratto tra il fornitore di un pro- gramma software e l’utilizzatore. L’EULA assegna la licenza di utilizzo del programma al consumatore nei termini stabiliti dal contratto stesso, ovvero dal produttore. L’utente non acquista un videogame, ma si limita a consumarlo e, per la transitiva, a farsi consumare. Ne consegue che un giocatore non acquista le auto virtuali dei giochi della serie Forza, ma tutt’al più le noleggia e, così facendo, accetta di farsi noleggiare, ovvero monitorare, in tempo reale, giacché ogni videogioco, come la maggior parte delle tecnologie digitali, è un sofisticato sistema di controllo, mo- nitoraggio e governance.
16 Su questi temi si vedano anche i saggi in questo volume di Castronuovo e Girina.
Viaggio in Italia
Vorrei scrivere di questo viaggio, se ne fossi capace, solo per quel lettore che non si è mai mosso dal suo paese, dal- la sua cittadina se non per brevi viaggi nella sua provincia e sogna Capri, so- gna Ischia, come li ho sognati io, ragaz- zo. Ma mi occorrerebbe un libro perché non è successo niente. Sono successe solo quelle cose che appartengono solo alla vita, e muoiono dopo cinque minuti.
(Pier Paolo Pasolini 2017 [1959], p. 56)
Forza Horizon 2 è ambientato in una fittizia Europa meridionale i cui contorni non corrispondono a configurazioni cartografiche rico- noscibili. Questo pastiche include elementi ascrivibili alla Toscana, alla riviera ligure, alla costiera amalfitana così come alla Provenza e alla Costa Azzurra. [Fig. 14, 15, 16]17 Forza Horizon 2 può causare ef-
fetti di dissonanza cognitiva a un giocatore italiano. La commistione tra realtà e fantasia, vissuto e visto genera cortocircuiti a catena. Sotto la direzione di Seth Brown18, il team grafico di Playground Games ha
disegnato scenari ispirati a località reali (per esempio, Nizza o Siste- ron, in Francia), ma anche al mediascape contemporaneo (cinema, fotografia e televisione, pubblicità e rotocalchi)19. La sezione italiana
della mappa è un assemblage di pezzi del Piemonte, della Toscana, della Liguria e della Campania. La mappa prevede tre centri abitati principali – Castelletto, Montellino e San Giovanni – circondati da 17 Persino il continuum spazio-temporale è alterato: nel mondo di Horizon, una giornata ha una durata di quaranta minuti. Il sole sorge e tramonta in poco più di mezz’ora, lasciando spazio al bagliore della luna simulata. 18 A questo proposito, cfr. le riflessioni di Urry (2004, p. 30) sul fenomeno
del fantasma nella macchina (ghost in the machine) che contraddistingue l’anonimato disumanizzante della guida in automobile.
19 Il team completo include, oltre a Brown, Gavin Bartlett, Derek Chapman, Gavin Clark, Grzegorz Wisniewski, Oliver Wright, Hayo Koekkoek, Ray Grinaway, Ole Groenbaek, Chris Trentham, Nic Millot, Ben Wilson, Has- san Abdallah, Nick Elliott, Luis Jimenez Garay, Drew Northcott, Jake Wo- odruff, Jon Morris, Nic Etheridge e Chris Downey. Fonte: Microsoft Corpo- ration (2014).
M. Bittanti - Siete in un paese meraviglioso 137 aree rurali e zone costiere. Si tratta di nonluoghi digitali, riconoscibi- li e irriconoscibili: Castelletto non corrisponde al quartiere residen- ziale di due chilometri quadrati situato sulle alture che sovrastano il centro storico di Genova e che s’incastra come un tetramino tra i quartieri Prè, Maddalena, Portoria e San Vincenzo a sud, Oregina a ovest e i quartieri della Val Bisagno San Fruttuoso, Marassi e Sta- glieno. Si tratta, semmai, di un’accurata replica di Amalfi, con tan- to di Duomo, che si lascia percorrere in lungo e in largo, dall’alto al basso, da destra a sinistra, anche contromano. Montagne scoscese incorniciano un insediamento di medie dimensioni che si affaccia baldanzoso sul mare, adornato da spiagge e ombrelloni, panchine e banchine, gelaterie e drogherie, tunnel e gallerie. Colpisce l’edili- zia fatiscente: s’incontrano infatti numerose palazzine abbandonate, monumenti al declino socio-architettonico dell’Italia del ventunesi- mo secolo, un paese che ha perso quasi cinque milioni di abitanti tra il 2006 e il 201620, emigrati all’estero in cerca di fortuna, esasperati per
la perdurante crisi economica e un perdurante regime di austerità. Proseguendo il viaggio verso nord ci s’imbatte in Montellino, un villaggio di finzione modello Potemkin21, caratterizzato da alcune
delle vedute più pittoresche di Forza Horizon 2, con mongolfiere che s’innalzano nel cielo ad intervalli regolari e fuochi d’artificio che illuminano la notte in cui tutte le vacche sono nere. Situato tra dolci colline e rigogliosi vigneti, Montellino esemplifica l’idilliaco campagnolo raffigurato dai pittori paesaggistici del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo, un paesaggio che culmina con una lussuo- sa tenuta ai bordi di un lago: un pastorale interattivo, accessibile esclusivamente a bordo di un’automobile.
Considerazioni analoghe valgono per San Giovanni, descritta dai designer di Playground Games come una cittadina “sospesa 20 Si potrebbe affermare che l’Italia videoludica di Forza Horizon 2 è frutto delle medesime strategie impiegate da Rockstar Games per creare la Mia- mi simulacrale di Grand Theft Auto: Vice City, Cfr. Bogost/Klainbaum, 2006, pp. 162-176).
21 Fonte: Fondazione Migrantes (2017). Il rapporto, accorpa, oltre ai dati dell’AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, anche quelli dell’ISTAT sui trasferimenti di residenza per l’estero e la migrazione interna, quelli dell’INPS sulle pensioni, della Banca d’Italia sulle rimesse Dal 2006 al 2017, gli italiani che si sono trasferiti all’estero sono aumentati del 60,1% passan- do da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni. Nell’ultimo anno, l’aumento