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Riflessioni sul giornalismo videoludico in Italia

Premessa

Il presente contributo ha lo scopo di avviare un percorso di ri- flessione e di ricerca sullo sviluppo della stampa e della critica dei videogame in Italia, alla luce di alcune trasformazioni delle ecolo- gie dei media nel corso degli ultimi decenni e ponendo enfasi sulle dinamiche di professionalizzazione dei giornalisti videoludici nel nostro paese.

Il saggio propone una sintetica ricognizione storica dell’edito- ria videoludica in Italia e l’illustrazione dei risultati di una ricer- ca empirica, svolta con un approccio qualitativo, che ha previsto una serie di interviste originali con un gruppo di giornalisti e re- dattori provenienti dal settore dell’informazione videoludica nel nostro Paese.

La review della letteratura sul ruolo del giornalismo videoludico (cfr. tra gli altri: Consalvo 2007; Newman 2008; Bogost 2015; Hei- neman 2015; Kirkpatrick 2015; Thabet 2015; Swalwell et al. 2017) mostra come questo abbia assolto, nel corso del tempo, tre funzio- ni: informativa, ovvero presentare agli appassionati novità e pro- dotti; valutativa, vale a dire indicare ai propri pubblici i prodotti rivenuti maggiormente validi e meritevoli; formativa, ossia coin- volgere il pubblico in un discorso sul medium che predisponeva il riconoscimento delle potenzialità espressive di quest’ultimo. Questa triplice funzione era assolta in pieno dalle riviste di vide- ogiochi che hanno prosperato nelle edicole degli anni Ottanta e Novanta: nell’epoca precedente a Internet, infatti, tali mezzi erano l’unico modo con cui i videogiocatori potevano informarsi. Ed è così che, in modo lento ma progressivo, si è avviato un processo di riconoscimento di un ambito del giornalismo specializzato e

delle professionalità ad esso connesso, di un’audience, quella dei videogiocatori, e di una coscienza, sia sociale che culturale, ad essa connessa: “Da un punto di vista storico, l’identità del videogioca- tore è stata costruita dalle riviste dei videogiochi degli anni ‘80” (Swalwell et al. 2017, p. 5)1.

Con l’avvento di YouTube e dello streaming online, nuove dina- miche informative, conseguenza di mutate ecologie dei media, si sono affiancate a quelle consolidatesi nel corso degli anni nell’am- bito dell’editoria videoludica. L’introduzione di nuove e più veloci modalità di fruizione dei contenuti, grazie a piattaforme come Go- ogle e YouTube e ai social media, fa sì che il giocatore nativo digita- le rivolga la sua attenzione più ai canali online che alle riviste car- tacee, che compartecipano di un più ampio ridimensionamento del settore della stampa cartacea. La cultura videoludica delle più recenti generazioni, quelle dell’epoca dei social network, sembra plasmata soprattutto da YouTuber e influencer, figure che spesso provengono da mondi non sempre strettamente attigui a quello dei videogiochi, secondo processi di intermedialità, e perlopiù le- gati a un più ampio proliferare di contenuti amatoriali, prodotti da utenti non associabili a precedenti caratterizzazioni in senso professionale del giornalismo su stampa2.

Il prevalere del digitale sulla stampa e quello degli utenti dei social sui giornalisti tradizionali sono fenomeni lampanti e cor- relati: come illustrato da Mike Rose (2014) sulle pagine di Gama- sutra, il successo di un prodotto videoludico sembra andare di pari passo con la sua diffusione all’interno di canali dedicati allo streaming, decretando in questo modo una riduzione della rile- vanza della carta stampata. In Italia, lo studio di settore condotto da AESVI nel 2018 offre risultati in linea con le riflessioni di Rose: solo il 7% del campione usato dall’indagine usa le riviste cartacee 1 Le traduzioni delle citazioni provenienti da testi pubblicati solo in lingua

inglese sono tutte ad opera degli autori.

2 Escludendo i Pro Gamers e i Let’s Players, profili che nascono e si formano all’interno del panorama videoludico online, un numero ingente di fol-

lowers segue assiduamente i canali streaming a tema video games gestiti

da celebrità provenienti dal mondo del cinema, della tv, della musica etc. https://www.ranker.com/list/best-celebrity-twitch-streamers/ranker- games?ref=also_ranked&pos=2&a=0&l=1155685&ltype=n&g=2. Su questi temi Cfr. il contributo di Toniolo in questo volume.

F. Addeo, M. Barra, F. Di Giuseppe - Da Zzap! alle app 105 come fonte di informazione mentre, ad esempio, l’82% preferisce i social media, i siti di informazione, generica o specializzata, i forum online, e infine le piattaforme streaming come Twitch, Dailymotion e YouTube.

Sulla base di queste considerazioni, sarebbe lecito pensare che l’idea di editoria dei videogame tradizionalmente intesa e le pro- fessioni del giornalismo videoludico siano destinate a lasciare il campo a modalità di fruizione e di produzione dell’informazione videoludica maggiormente in linea con l’avvento del prosumeri- sm e dello user generated content. Tuttavia, nel mare magnum dei contenuti proposti, è possibile ravvisare l’esistenza di varie espe- rienze editoriali che operando tramite siti, blog e riviste cartacee, completano un panorama dell’informazione videoludica più tra- dizionalmente inquadrabile nelle logiche di professionalità. Nel complesso, questo panorama si rivela dunque vivace, composito e difficile da fissare in coordinate precise. Una tale varietà nel pano- rama informativo videoludico è probabilmente il riflesso dell’at- tuale ecologia mediale. Allo stesso tempo, la crescita esponenziale del mercato dei giochi (dovuta in parte alla maggiore accessibilità di dispositivi come smartphone e dunque a una diffusione capilla- re di potenziali macchine da gioco) e al proliferare dei testi ludici nelle culture pop (l’immaginario dei giochi è ormai in una relazio- ne di sostanziale reciprocità di influenze con quello di altri media e delle altre arti), consentono di affermare che esistano molteplici declinazioni e sfaccettature di quelle che oggi vengono definite ga- ming cultures (Hjort/Chan 2009; Fromme/Unger 2012; Swalwell et al. 2017) e, di conseguenza, molteplici modalità di informare e di narrare l’esperienza videoludica.

Nel discutere le riviste cartacee e digitali a tema videoludico, questo studio vuole porre enfasi sulle relazioni tra il medium giornalistico, le nuove forme mediali che coinvolgono pubblici e spettatori e la formazione e il riconoscimento di specifiche au- dience. Il paradigma di spectacle/performance di Abercombie e Longhurst (1998) teorizza l’identità delle audience e il loro sta- tuto all’interno della società, immaginando che tale identità non si costruisca internamente al testo mediale preso in oggetto, ma del cosiddetto mediascape: il mondo globale dei media ad esso legato. In tal senso, le gaming culture non possono essere com- prese senza considerare il ruolo degli addetti ai lavori. Parafra-

sando Bourdieu (1993), la stampa ha giocato un ruolo importan- te nel trasmettere le competenze e i valori che erano essenziali allo sviluppo delle arti moderne (nel caso specifico il sociologo si riferisce alla pittura e alla letteratura). I pubblici di riferimento dovevano forgiarsi attraverso essa come pratica creativa in grado di distaccarsi gradualmente dalle “istituzioni autorevoli” premo- derne, al fine di stabilire una propria autonomia di pensiero cri- tico. Spostando questa riflessione nell’ambito dei game studies, Mia Consalvo mette in risalto l’importanza del giornalismo vi- deoludico nel processo di formazione e riconoscimento di una gaming culture:

Essere membro di una game culture significa molto più che giocare ai videogame, magari facendolo anche molto bene. È conoscere le date di uscita dei videogame e i loro segreti, e trasmettere queste in- formazioni agli altri. Si tratta di avere opinioni su quali riviste di vi- deogame siano le migliori e quali siano i migliori siti per i walkthrou-

gh (2007, p. 18).

Su questa falsariga anche Kirkpatrick (2015) che, attraverso l’a- nalisi di alcuni magazine diffusi nel Regno Unito dal 1981 al 1995, ha mostrato come la stampa videoludica di quegli anni abbia con- tribuito in maniera decisiva a formare e consolidare il medium nella cultura di massa di quel paese e, in senso più ampio, tra le comunità transnazionali dei giocatori:

Quando si parla della nascita del gaming, gli anni ‘80 potrebbero sembrare un riferimento temporale troppo tardivo per fissare l’ini- zio di questa pratica, ma in realtà […] non è così. Sicuramente, la gente giocava con dispositivi di vario tipo prima del 1985, ma questo non significa che fossero impegnati in quella pratica culturale che ora riconosciamo come gaming. La gaming culture, che ha definito l’idea di videogioco come lo intendiamo è stata prodotta negli anni ottanta. Le riviste videoludiche dell’epoca costituiscono un impor- tante punto di vista sullo sviluppo della gaming culture (Kirkpatrick 2015, p.2).

Le interviste condotte nel corso di questa ricerca lasciano tra- sparire alcune similitudini tra il contesto inglese e quello italiano per quanto concerne il modo in cui il giornalismo videoludico si

F. Addeo, M. Barra, F. Di Giuseppe - Da Zzap! alle app 107 è fatto portatore di una cultura del gaming. Rispetto allo studio condotto da Kirkpatrick (2015), l’obiettivo di questo lavoro è stato più circoscritto, pur prefiggendosi di gettare le basi per ulteriori indagini sul contesto italiano. Allo stesso tempo, questo studio si propone come una riflessione su come i cambiamenti degli ecosi- stemi mediali abbiano avuto un ruolo determinante, dagli albori del medium al giorno d’oggi, sui processi di professionalizzazio- ne dell’editoria videoludica nostrana e delle professioni ad essa legate.

L’editoria videoludica in Italia

Agli albori del medium, ovvero nei primi anni Settanta, in USA e in Europa non esisteva ancora un giornalismo videoludico pro- priamente inteso: le prime riviste a discutere di videogiochi erano quelle di informatica o di altri settori più o meno affini3, oppure si

trattava di pubblicazioni dedicate ai distributori di cabinet arcade4,

ed erano di fatto cataloghi, il più delle volte di importazione, in cui venivano solo presentate macchine pensate per le sale giochi. Una pubblicazione capace di distinguersi dai semplici cataloghi è stata l’americana Play Meter ideata nel 1974 da Ralph Lally (Wolf 2012, p. 493); la rivista offriva recensioni dei coin-op e indagini sul mer- 3 Francesco Carlà, uno dei pionieri del giornalismo videoludico italiano, in

una intervista rilasciata a Retrogaming Planet, afferma: “scrivevo di vide- ogiochi molto prima di McMicrocomputer. Dal 1981 per Rockstar ed in seguito su Panorama e molte altre riviste. Insieme a Riccardo Albini siamo stati i primi a scrivere di videogiochi in Italia; a quei tempi nessuno li vede- va come un nuovo medium di comunicazione da studiare ed approfondire” (Grechi 2012).

4 Come scrive Alinovi (2011, p. 12), “la prima manifestazione di intratteni- mento elettronico interattivo capace di catalizzare l’interesse dell’opinione pubblica è quella dei cabinati da sala, conosciuti come coin-op[erated] (che devono il nome alla necessità di inserire un gettone, coin, per poter esse- re giocati)”; i coin-op sono pubblici, tentano di attirare i potenziali utenti con cabinati colorati e abbinati ai giochi (un “coinvolgimento sensoriale”) con il fine di indurli “a pagare – spesso d’impulso – la cifra necessaria per una o più partite (della durata media che varia dai due ai dieci minuti)”, di solito “in piedi, circondati da altri giocatori in attesa del proprio turno”. Come continua Alinovi (ibid.), dopo i giochi “infiniti” degli albori (Space

cato e sull’industria videoludica.

La vera spinta propulsiva nel settore editoriale fu data dalla com- mercializzazione dei primi home computer, calcolatori elettroni- ci versatili in grado di svolgere i più svariati compiti. Potenziali piattaforme di sperimentazione tecnologica (Turkle 1995), questi dispositivi si presentavano ai consumatori come dei prodotti dalle finalità plurime e al contempo indeterminate. Se da un lato veni- vano proposti come macchine utili per la contabilità e la logistica d’ufficio, d’altro canto, come puntualizzato da Haddon, non po- tevano risolversi interamente in una immagine utilitaristica, e al contempo “avevano una forte carica simbolica” (Haddon 1988, 17) come strumenti di esplorazione creativa. Questa “indeterminatez- za” nel chiarire cosa fosse e a cosa potesse servire un home com- puter si riflette nella eterogenea stampa di settore del tempo, che spaziava da semplice manualistica sull’uso dei calcolatori a piccole guide su come scrivere autonomamente dei semplici programmi, videogiochi compresi (Kirkpatrick 2015).5

Agli albori dell’editoria videoludica italiana, il panorama delle riviste nelle edicole era un riflesso di quanto avveniva nel mondo anglosassone: i videogiochi erano trattati come un prodotto elet- tronico e i giornalisti che se ne occupavano erano esperti di infor- matica e di tecnologia, per cui la narrazione attorno al medium era largamente di natura tecnica e manualistica. In Italia, tra le riviste più diffuse, spiccavano quelle edite dalla Jackson, le prime in grado di distinguersi dal calderone multi-tematico dettato dal trend del momento. Si deve proprio alla Jackson, e in particolare allo Studio Vit che ne curò la redazione, la pubblicazione della prima rivista italiana del settore, Videogiochi, uscita nelle edicole alla fine del 1982. Fino a quel momento era possibile informarsi sui videogame attraverso riviste dedicate all’elettronica, come Radiorama, BIT, MC MicroComputer, Micro & Personal Computer, oppure con- sultando brochure promozionali rinvenibili nelle confezioni dei PC, delle console o sui banchi dei negozi specializzati. Il modello Jackson, ispirato ai paradigmi editoriali statunitensi come Elec-

iniziano a offrire “schermate e filmati di congratulazioni, attivati in seguito al superamento di un determinato numero di livelli”, per consentire l’avvi- cendarsi degli utenti o l’inserimento di nuovi gettoni. Sui coin-op in Italia cfr. il capitolo di Fassone in questo volume.

F. Addeo, M. Barra, F. Di Giuseppe - Da Zzap! alle app 109 tronic Games, trattava hardware e software con una impostazione prettamente tecnica, in larga parte ispirata ai manuali a corredo dei videogiochi. Tuttavia, la rivista non trascurava i giovani lettori, che potevano veder pubblicate domande, disegni e foto dei loro record nella rubrica Il posto della posta.

A determinare un cambio di registro comunicativo sono però le recensioni dei prodotti giocabili. Da asettiche descrizioni delle caratteristiche tecniche e dei semplici obiettivi di un gioco, queste diventano dei racconti infarciti di aneddoti con uno stile creativo e informale. Più strutturata, ma secondo queste linee, sarà a partire dal 1986 Zzap! [Fig. 12 e Fig. 13], la controparte italiana, realizzata su licenza, del magazine inglese Zzap!64. L’edizione italiana era dedicata prevalentemente agli 8bit, i primi home computer ad aver goduto di un successo di massa, come il Commodore 64, lo ZX Spectrum, l’MSX e l’Amstrad6. L’ampio parco macchine trattato da

Zzap! era un elemento originale e distintivo rispetto alla versione inglese, dedicata prevalentemente ai computer della Commodore. Con Zzap! il lettore usufruiva per la prima volta di una recensio- ne che, oltre ad una preponderante componente narrativa, la cor- redava di una dettagliata valutazione del gioco, espressa su una scala quantitativa da 0 a 100, usando parametri come Giocabilità, Grafica, Sonoro, Presentazione e Rapporto Qualità/Prezzo, il tutto corredato da un valore finale espresso in percentuale. Grazie anche a un tono spesso poco serioso e ad una marcata caratterizzazione dei redattori, che si presentano come dei personaggi di uno show a tema videoludico, Zzap! lasciava anche liberi i lettori di scatenare accese discussioni sulle pagine della rivista. Per tali motivi Zzap! potrebbe essere ritenuta come tra le prime riviste ad aver contri- buto alla creazione di una proto-community videoludica italiana.

Il modello editoriale diffuso da Zzap!, con uno stile studiato per essere accattivante per un pubblico giovanile, contenuti ba- sati perlopiù su news e recensioni con valutazioni numeriche e un forte punto di contatto con i lettori rappresentato dall’ango- lo della posta, ispirerà numerose altre pubblicazioni. Tra di esse in Italia va senza dubbio ricordata The Games Machine, nata nel 1988 ed ancora presente sul mercato, di fatto una delle riviste più longeve al mondo.

Superata una prima fase che ha luogo tra la metà degli anni Ot- tanta e l’inizio degli anni Novanta, il panorama editoriale delle riviste specializzate in videogiochi in Italia si espande e si compli- ca in conseguenza della crescita e della segmentazione del mer- cato dei videogiochi, che include quello degli home computer, i cui mercati di provenienza sono prevalentemente gli Stati Uniti e l’Europa, e delle console da gioco, che gravitano intorno a di- stributori di prodotti giapponesi e americani. Nel nostro Paese in quel preciso momento storico le edicole traboccano di riviste di videogame (si veda l’illustrazione a seguire), di qualità editoriale altalenante ma dai contenuti variegati, fondati sul rapporto con le aree merceologiche di riferimento, che vanno dai computer e alle console più diffusi in Italia, localizzate da distributori nostrani, ai mercati di importazione parallela.

Numero di riviste prettamente videoludiche presenti nelle edicole italiane (1983-2019).

Fonte: elaborazione degli Autori sulla base di dati da database di riviste video- ludiche7.

7 Le informazioni sulle riviste di videogiochi sono state raccolte usando va- rie fonti, in particolare:

Dizionario videogiochi: http://www.dizionariovideogiochi.it/doku.php?id =riviste_di_settore; Retroedicola: http://www.retroedicola.com/; Wikipe- dia (https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Riviste_di_videogiochi_italiane). Nella costruzione del database su cui è stata effettuata l’analisi sono state considerate solo proposte editoriali professionali che trattavano pretta- mente di videogiochi. Pertanto, sono state escluse le riviste di elettronica, le riviste di informatica e quelle dedicate ad una specifica marca di home

AA.VV. - Da Zzap! alle App 111 Le riviste italiane potevano dunque essere classificate grosso- modo in base al tipo di piattaforma a cui erano dedicate (si veda la tabella a seguire).

Piattaforma di riferimento v.a.

Console 34

Home Computer / PC 19

Multipiattaforma 19

Totale 72

Piattaforma di riferimento delle riviste videoludiche italiane (1983-2019) Fonte: elaborazione degli Autori sulla base di dati da database di riviste videoludiche (cfr. nota 5).

Innanzitutto, c’erano pubblicazioni orientate quasi esclusiva- mente ai PC, come K, Zeta e Giochi per il mio Computer, nate di fatto come alternative alla già citata The Games Machine. Un’altra importante fetta del mercato era costituita dalle riviste che tratta- vano prettamente il mondo delle console, in primis ConsoleMa- nia, che riproponeva lo stile scanzonato di Zzap! adattandolo al mondo delle console ad 8 e 16 bit dell’epoca. Oltre ai periodici spe- cializzati in un’unica casa produttrice, come Nintendo – La Rivista Ufficiale o Playstation Magazine, sono da tenere in alta considera- zione anche le esperienze di MegaConsole e SuperConsole, dalle cui ceneri sorgeranno importanti riviste del settore. Infine, c’erano le riviste “multipiattaforma” che si occupavano indifferentemen- te di videogames per home computer e per console; tra queste, ci

computer. Inoltre, considerata la loro natura dubbia dal punto di vista legale e il loro scarso valore giornalistico, non sono state prese in conside- razione le riviste con giochi allegati su cassetta che popolavano le edicole negli anni Ottanta e Novanta. Inoltre, non sono state inserite le recenti pubblicazioni dedicate ad un singolo gioco, come Minecraft o Fortnite. Questi criteri di selezione hanno generato un database in cui attualmen- te sono presenti 72 riviste: un campione non esaustivo, ma che possiamo ritenere rappresentativo dell’evoluzione della stampa videoludica in Italia, considerando anche la presenza nel nostro database di tutte le riviste più autorevoli del settore. Desideriamo ringraziare i gestori dei siti da noi con- sultati per il meritorio ed insostituibile lavoro di conservazione e recupero della memoria videoludica.

sono alcuni lodevoli tentativi di riproporre in Italia progetti edito- riali vicini al mondo anglosassone: su tutte GameRepublic, ma so- prattutto Videogiochi e Game PRO, edizioni italiane di EDGE, una delle più autorevoli pubblicazioni di settore al mondo. Complice anche il boom economico e culturale della console Playstation, il periodo storico che va dalla metà degli anni ’90 alla prima metà dei 2000 può essere considerato un decennio di consolidamento dell’editoria e del giornalismo videoludico specializzato, in Italia come nel resto del mondo euro-americano8.

Tale panorama sarà però stravolto negli anni successivi da profonde trasformazioni tecnologiche e culturali a cui le riviste di videogiochi hanno faticato ad adeguarsi fino a giungere ad uno stato di crisi. In primis, la crisi è economica e legata alle trasformazioni del mercato legate alla diffusione di Internet e alla digitalizzazione dei contenuti, che costringono le riviste a approdare online, dove troveranno nuovi competitor. Matteo Bittanti, in un articolo del 2010 aggiunge anche ragioni di carat- tere editoriale, legate ad una visione del medium ancorata agli