1.2 Apprendimento e Argomentazione
1.2.2 Palestra di Botta e Risposta (A Cattani, M De Conti)
davvero a cuore risolvere i problemi - io aspetterò con ansia le tue alternative e le tue critiche e tu sarai grato delle mie alternative alla tua proposta e delle mie critiche. Insomma discuteremo. E la discussione è l’anima della democrazia27. (Antiseri, 2003, p. 19)
Con questa citazione dal testo di Antiseri Principi liberali all’inizio del proprio lavoro Argomentare le proprie ragioni. Organizzare, condurre e valutare un dibat- tito (Cattani, 2011b) - frutto di un convegno-laboratorio a più voci con a tema la formazione al dibattito - Adelino Cattani, ideatore e promotore dei Tornei patavini di botta e risposta, sintetizza in poche righe uno dei motivi principali per cui si dovrebbe imparare, e quindi, insegnare, formare, a dibattere, ossia il legame essen- ziale che intercorre fra pratica del discutere, del dibattere, e vita democratica, nella sua forma tanto di confronto nella politica attiva, fra membri eletti nei principali organi dello Stato allo scopo appunto di "risolvere i problemi" dei loro concittadini, quanto di quella rispettosa e pacifica convivenza che dovrebbe caratterizzare la vita quotidiana di ognuno28.
La pratica del dibattere come pratica formativa è in realtà molto antica. Come spiegato in De Conti (2015), Dibattito regolamentato. Manuale per docenti e stu- denti, principianti e oratori - che seguiremo da vicino in questa breve introduzione al progetto Palestra di botta e risposta, in quanto fornisce un’esaustiva panoramica sulle radici, l’utilizzo e la diffusione di queste attività in Italia - "il dibattito regola- mentato è genericamente un confronto argomentativo su temi controversi di fronte a una giuria29" (De Conti, 2015, p. 7), che si distingue da un dibattito qualsiasi per-
27Corsivi nel testo.
28Risulta, in questa prospettiva, interessante notare che, sempre in Cattani (2011b), De Conti (De Conti, 2011) parla di educare a dibattere per educare a gestire il disaccordo, una capacità sociale che lo porta a parlare di educazione al dibattito come educazione civile.
ché segue regole ben precise, il cosiddetto protocollo, e viene promosso da istituzioni educative consapevoli del suo alto valore formativo.
Come De Conti (2015) sottolinea, il dibattere secondo regole viene riconosciuto fin dall’antichità come un’importante opportunità di apprendimento e come tale incoraggiata come vero e proprio metodo formativo, che mira a promuovere fra i partecipanti le capacità di esporre e articolare in maniera logica e convincente le proprie ragioni, di saper esaminare e valutare la ragionevolezza e la forza delle ragioni altrui, argomentare criticamente delle repliche ed eventualmente delle contro- repliche, nonché ci si attende che essa incoraggi atteggiamenti di rispetto verso punti di vista differenti, anche opposti al proprio, e verso chi li sostiene.
La pratica dell’attività dibattimentale condotta a scopi di formazione può essere fatta risalire, secondo De Conti (2015), almeno alle riunioni dialettiche menziona- te da Aristotele nei Topici al capitolo ottavo, che il filosofo antico presenta come momenti di dibattito fra interlocutori che sostenevano posizioni opposte e che at- traverso un continuo scambio di domande e risposte esercitavano le loro capacità dialettiche. Un esercizio dalla grande utilità tecnica, perché promuoveva la padro- nanza tecnica di quest’arte, ma anche sociale, dato che permetteva di conoscere le opinioni, il sentire, dei diversi uomini dalla loro stessa voce, e gnoseologico, perché si impara a conoscere meglio le cose quando di ogni questione si possono osservare tanto le ragioni a favore quanto quelle contrarie.
Questo valore di esercitazione viene riconosciuto alla pratica dibattimentale an- che più tardi, in epoca medievale: la disputatio era un momento obbligatorio di disputa che faceva parte dei percorsi universitari degli studenti medievali di arte, medicina, legge e teologia, con cui si voleva fornire a chi si fronteggiava nel dibat- tito l’opportunità di sviluppare le proprie abilità logiche e la propria capacità di sostenere, giustificare e difendere una tesi, nonché di imparare a fare domande. Al- la disputatio medievale seguirebbe poi, per De Conti (De Conti, 2012, p. 14, in Cattani & De Conti, 2012) un periodo di "quiescenza" delle attività dibattimentali organizzate a fini formativi30 che ha poi termine nel XIX secolo, che vede una rina- scita di interesse da parte di club e associazioni per l’organizzazione e diffusione di queste pratiche, una rinascita che trae stimolo e vigore dal lavoro di riabilitazione della argomentazione operata da Toulmin e da Perelman e Olbrects-Tyteca a metà ’900, restituendo dignità conoscitiva all’ambito del probabile, del non dimostrabile e necessario, del non evidente, e restituendo questo alla dialettica.
Ma qual’è l’effettivo vantaggio apportato da queste pratiche in termini di ap- prendimento? Quali le competenze che verrebbero acquisite e sviluppate?
Assumendo una concezione di competenza come "costrutto complesso" (De Con- ti, 2015, p. 36) che si compone di conoscenze, abilità e atteggiamenti come suoi elementi costitutivi (Pellerey, 2004), dove "colui che è competente è colui che di fronte ad un compito o problema è capace di mobilitare le proprie conoscenze ed eseguire le attività necessarie a realizzarlo o risolverlo" (De Conti, 2015, pag. 36), De Conti, basandosi su un’amplissima rassegna di studi, sostiene che il dibattito 30Come spiegato in Cattani (2009) a pagina 10, in epoca moderna il fascino per la dimostrazione e il ricorso all’evidenza si sostituisce a quello per l’argomentazione, che perde di credibilità, così come in generale il metodo scolastico medievale.
regolamentato è stato riconosciuto come utile ai fini del raggiungimento dei seguenti obiettivi d’apprendimento (De Conti, 2015, pp. 36 - 37):
• l’acquisizione, lo sviluppo, l’organizzazione e l’applicazione delle conoscenze e delle idee intorno a problemi antichi e attuali promuovendo inoltre l’interdisciplinarietà;
• l’acquisizione o sviluppo delle abilità logiche e critiche; • l’acquisizione o sviluppo delle abilità argomentative; • l’acquisizione o sviluppo delle abilità d’ascolto;
• l’acquisizione o sviluppo delle abilità di scrittura e lettura;
• l’acquisizione o sviluppo delle abilità oratorie o comunicative, verbali e non verbali; • l’acquisizione o sviluppo delle abilità di ricerca e dell’attitudine alla ricerca; • l’acquisizione o sviluppo dell’abilità di gestire il tempo costruttivamente; • l’acquisizione o sviluppo della prontezza mentale;
• l’acquisizione o sviluppo di atteggiamenti e abilità cooperative e di risoluzione dei problemi stimolando i cooperative e active learning;
• l’acquisizione o sviluppo di un atteggiamento mentale aperto, flessibile;
• l’acqusizione o sviluppo delle capacità di risoluzione dei conflitti e dei disaccordi; • l’acquisizione o sviluppo delle capacità decisionali e di leadership;
• l’acquisizione o sviluppo della capacità di controllare l’aggressività; • promuovere un’istruzione interattiva;
• promuovere indipendenza e maturità sociale e di giudizio; • promuovere l’autocritica;
• promuovere l’autostima;
• promuovere l’attitudine al dialogo democratico, alla partecipazione e alla tolleranza; • promuove chiarezza interiore;
• rafforza il rapporto studente - professore;
• promuove il coraggio; offre un’eccellente preparazione pre-professionale; • ha un impatto positivo sulla salute.
Per quanto concerne nello specifico le abilità argomentative, dall’esame di trenta testi tra i più rilevanti sul tema dell’educazione all’argomentazione - quali The Skills of Argument di Kuhn, Education and Learning to Think di Resnick, il Trattato dell’argomentazione: la nuova retorica di Perelman e Olbrechts-Tyteca e Gli usi dell’argomentazione di Toulmin - De Conti (De Conti, 2012) giunge a comporne un elenco:
2. Riconoscimento e valutazione dei diversi tipi di argomenti. 3. Sviluppo di ragionamenti consequenziali.
4. Identificazione delle premesse implicite. 5. Abilità definitorie.
6. Comprensione del problema o tesi da sostenere. 7. Identificazione degli indicatori di argomentazione.
8. Ricerca e selezione delle premesse e degli argomenti adatti. 9. Selezione e uso di dati e prove.
10. Uso di esempi e figure retoriche. 11. Interpretazione di dati e fatti.
12. Organizzazione di argomenti e prove in funzione della tesi da sostenere. 13. Comprensione e rispetto delle regole.
14. Anticipazione e comprensione della tesi avversaria.
15. Difesa dei propri argomenti e critica degli argomenti della controparte. 16. Valutazione degli argomenti secondo criteri pragmatici.
17. Uso delle domande per ottenere concessioni.
Ma in cosa consiste esattamente un dibattito regolamentato? Il dibattito rego- lamentato consiste in uno scambio dialogico, scandito in diversi momenti che poi analizzeremo, in cui due gruppi di dibattenti cercano di convincere una giuria della posizione da loro sostenuta. Come avviene questo scambio? Utilizzando principal- mente il metodo dell’argomentazione: gli studenti coinvolti supportano la propria tesi e la difendono per mezzo di argomenti, attaccano e indeboliscono quella altrui, opposta alla loro, tramite argomenti, in un gioco di obiezioni e contro-obiezioni che stimola un continuo approfondimento ed articolazione delle posizioni stesse (si veda Pontecorvo, Ajello e Zucchermaglio, 1999). Questi argomenti vengono preparati - se non completamente, dato che non è mai possibile prevedere con certezza cosa un avversario potrebbe rispondere a quanto da noi sostenuto, almeno a grandi linee - in una fase precedente al torneo, e quindi al momento di dibattito vero e proprio: gli studenti partecipanti e i loro docenti vengono informati già all’inizio dell’anno scolastico di quali saranno le questioni che saranno oggetto del dibattito e di quale posizione, tesi, essi dovranno sostenere di fronte alla squadra avversaria e alla giuria, così che loro possano iniziare ad approfondire da subito il topic proposto loro. Quel- lo della collaborazione ai fini della preparazione e un momento molto importante, perché se è vero che il momento del dibattito regolato dal protocollo che fra poco esamineremo in realtà dura molto poco, all’incirca un’ora, un’ora e mezza, la prepa- razione può durare anche settimane o mesi, a seconda del grado di coinvolgimento e impegno di studenti ed insegnanti partecipanti, ed essa immerge gli studenti in
un ambiente educativo che incoraggia e offre l’opportunità di attivare processi di apprendimento collaborativo/cooperativo.
Il Manuale di De Conti (De Conti, 2015) fornisce diverse indicazioni orientative su quali aspetti toccare durante questo importante periodo di preparazione. Per cominciare la questione su cui le due squadre, pro e contro, dovranno dibattere ha la forma di un interrogativo e tale interrogativo va analizzato per capire bene in che cosa consista la questione controversa. Bisogna cioè fare un lavoro di interpre- tazione della questione: 1) esaminare i termini e le espressioni di cui si compone, perché il linguaggio utilizzato potrebbe essere vago o ambiguo; 2) stabilire i signifi- cati secondo criteri di contestualità (che i significati cosi stabiliti siano ricollegabili ad una questione effettivamente controversa), quello letterale (il rispetto del senso comune di quei termini) e quello di ragionevolezza (che le scelte fatte sui significati, in termini di limitazioni o sfumature, siano ragionevoli); 3) cercare di definire espres- sioni e termini in maniera precisa, tentando di determinarne i significati in maniera quanto più possibile chiara e semplice; 4) avere chiaro che tipologia di questione si andrà a dibattere, se politica (le questioni sociali o individuali, a livello nazionale o internazionale), sui valori (valutazioni su giusto e sbagliato, corretto o immorale), di definizione (il definiendum ha effettivamente le caratteristiche attribuitagli? Quali caratteristiche effettivamente possiede?), sui fatti (eventi passati, contemporanei o futuri) o comparativa (confronto su cosa, ad esempio, ha più valore, o è più utile, o più giusto, fra due valori, piani d’azione, ecc.)31.
Una volta compresa più precisamente la questione (significato, rilevanza, tipolo- gia, ecc.) su cui verterà il dibattito, De Conti suggerisce che le squadre si focalizzino su quali elementi sono necessari per la costruzione del loro argomento, sul compren- dere di quali parti è composto. Rifacendosi a Toulmin (1975) e semplificandone l’analisi ai fini di facilitare il lavoro degli studenti, De Conti individua le seguenti parti, e ne suggerisce l’approfondimento. L’elemento fondamentale sono certamente le ragioni: "una ragione è un enunciato avanzato a supporto della verità, probabilità o plausibilità della conclusione da sostenere" (De Conti, 2015, p. 71), ed un altro elemento molto importante per sostenere efficacemente il proprio punto di vista sono le prove, ossia quei fatti, dati, fonti, informazioni, esempi, documenti, ragionamenti etc... che permettono di sostenere tali ragioni con maggior forza, le rendono più solide, perché atte a mostrarne la consistenza (cfr., De Conti, 2015, p.72).
Inoltre, gli studenti dovrebbero diventare consapevoli del fatto che le ragioni dipendono da principi spesso sottesi al loro utilizzo, impliciti. Un esempio molto chiaro fatto da De Conti di cosa si intenda per principio in questo contesto - un po’ astrattamente definito dallo stesso come "il valore, la nozione, la regola o il criterio che sta alla base delle ragioni addotte e che contribuisce a renderle rilevanti per la conclusione da sostenere nel dibattito" (De Conti, 2015, p. 72) - e di quale sia la sua funziona è il seguente: se si dice che in certi casi è giusto porre dei limiti alla provocarietà dell’arte (tesi) perché a volte gli artisti, per essere provocatori, violano i diritti degli animali (ragione 1) e feriscono la sensibilità di alcuni gruppi culturali (ragione 2), implicitamente si assume che violare i diritti degli animali e sbagliato 31Come giustamente osserva De Conti (p. 65), il rischio è che queste indicazioni risultino un po’ astratte rispetto al reale andamento del lavoro di preparazione, dato che i processi di definizione e contestualizzazione vanno approfondendosi con il procedere di questo.
(principio 1) cosi come ferire la suddetta sensibilità (principio 2). Questi principi sono a loro modo altre ragioni, che potremmo dire di secondo livello, e come tali hanno anch’essi bisogno di prove a loro sostegno perché potrebbero essere attaccati da degli avversari che li ritenessero frangili o infondati.
A rendere più precisi e dettagliati questi elementi contribuisce l’utilizzo dei quan- tificatori (espressioni quali "sempre", "in alcuni casi", "spesso", "qualche volta", etc...), dei qualificatori (espressioni quali "probabilmente", "è possibile che", "è cer- to che", "è necessario che", etc...) e dell’esplicitazione delle eccezioni (casi in cui quello che si sta dicendo non vale).
Tutti gli elementi parte degli argomenti che ognuna delle due squadre vorrà por- tare nella propria argomentazione a sostegno della posizione assegnatele dovranno essere oggetto di una ricerca, ed il materiale reperito tramite tale ricerca De Conti (cfr, De Conti, 2015, p. 83) raccomanda che venga valutato in base a: 1) quanto possa essere considerata attendibile la fonte di tali informazioni, attendibilità che dovrebbe essere per quanto possibile verificata tenendo conto, ad esempio, del fatto che fonti "controllate" difficilmente presentano errori grammaticali o un eccesso di espressioni cariche emotivamente, mentre indicano spesso una bibliografia e riferi- menti a ricerche o ricercatori contemporanei, rintracciabili, esaminabili; 2) l’attualità delle informazioni reperite; 3) la coerenza di quanto reperito con materiale più ac- cessibile. Tali processi di ricerca, che potrebbero svilupparsi via internet ma anche nelle biblioteche comunali o universitarie, non devono per forza cominciare da questi luoghi, chiarisce De Conti, per poi andare via via affinandosi, possono iniziare anche con un ragionamento, partecipando un momento di brain-storming o mettendo in campo strategie acronimiche, per iniziare a mettere sul tavolo idee e punti di vista anche molto diversi fra loro.
Veniamo ora al protocollo che regola il momento di dibattito vero e proprio. Il protocollo seguito nei Tornei di botta e risposta ideati da A. Cattani dell’Università di Padova seguono il protocollo chiamato Patavina Libertas, un esplicito riferimento al motto dell’università stessa, Universa Universis Patavina Libertas, e alla libertà di pensiero che in essa da sempre si vorrebbe vivere e promuovere. Esso prevede che le due squadre che si affrontano siano ognuna composta di sette studenti, cinque incaricati di portare avanti i discorsi che sono previsti dalle varie fasi del protocollo, e due che invece non vengano coinvolti direttamente ma fungano bensì da osservatori esterni, che possono aiutare i loro compagni riportando loro quanto osservato32. I vari momenti in cui è scandito il protocollo patavino richiamano volutamente alla mente l’impostazione classica del discorso oratorio: il momento dedicato al prologo, quello dedicato all’argomentazione, quello per la replica ed infine l’epilogo. Più precisamente il dibattito deve essere impostato nelle tre seguenti fasi (De Conti, 2015, p. 90):
• Fase di argomentazione: 1. Prologo (2 minuti)
32Sebbene le classi coinvolte siano chiaramente composte da più di sette alunni, dato che esistono protocolli che prevedono anche due o tre soli componenti per squadra, quali il Karl Popper Format ed il British Parliamentary, questo protocollo viene considerato dall’autore come atto ad assicurare la partecipazione di un buon numero di studenti (cfr., De Conti, 2015, p. 89).
2. Prima argomentazione (3 minuti) - dialogo socratico (2 minuti) 3. Seconda argomentazione (3 minuti) - dialogo socratico (2 minuti) • Fase di Pausa (10 minuti)
• Fase di replica
1. Replica (2 minuti) - difesa della controparte (2 minuti) 2. Epilogo (2 minuti)
Ognuno dei passi menzionati viene svolto ordinatamente da entrambe le squadre, così che lo sviluppo del dibattito assumerà in realtà questa forma (De Conti, 2015, p. 91):
1. Prologo squadra pro (2 minuti) 2. Prologo squadra contro (2 minuti)
3. Prima argomentazione squadra pro (3 minuti) Dialogo socratico contro (2 minuti)
4. Prima argomentazione squadra contro (3 minuti) Dialogo socratico pro (2 minuti)
5. Seconda argomentazione squadra pro (3 minuti) Dialogo socratico contro (2 minuti)
6. Seconda argomentazione squadra contro (3 minuti) Dialogo socratico pro (2 minuti)
7. Pausa a preparazione repliche (10 minuti) 8. Replica squadra pro (2 minuti)
Difesa squadra contro (2 minuti) 9. Replica squadra contro (2 minuti)
Difesa squadra pro (2 minuti) 10. Epilogo squadra pro (2 minuti) 11. Epilogo squadra contro (2 minuti)
De Conti (2015) spiega che, in occasione del prologo, lo studente che se ne assume il compito dovrebbe 1) provvedere alla presentazione della questione evidenziandone la problematicità, possibilmente attraverso una sua contestualizzazione nel dibatti- to attuale o attraverso una ricostruzione storica; 2) enunciare la posizione assunta rispetto alla questione presentata dalla propria squadra, cercando di far sì che essa sembri una logica conseguenza di quanto esposto al punto precedente, una sua coe- rente derivazione; 3) fornire una definizione dei termini e delle espressioni essenziali a capire la propria presa di posizione sulla questione; 4) dare una breve anticipazione di quali saranno i punti toccati, ossia gli argomenti portati nell’argomentazione che seguirà.
Nella fase dell’argomentazione dovranno essere esposti quelli argomenti in cui dovrebbero essere stati articolati quanto più fluidamente e consequenzialmente pos- sibile gli elementi prima esposti, oggetto del lavoro di ricerca nella fase di prepara- zione, ossia ragioni, dati, esempi, in generale prove a sostegno della plausibilità della propria posizione e atti a convincerne la giuria.
Il momento socratico è il momento più "movimentato" previsto dal protocollo perché, ricalcando il metodo di interrogazione da cui prende il nome, corrisponde ad uno scambio vivace di domande e risposte, attraverso cui si cerca di: 1) cercare di comprendere meglio, più nel dettaglio, la posizione e gli argomenti dell’altra squadra; 2) far sì che l’altra squadra, nella persona del proprio interlocutore, l’interrogato, si impegni rispetto a determinate asserzioni e rifarsi a questi vincoli, questi impe- gni, commitments conversazionali per farli contraddire o mostrare la fragilità della loro argomentazione; 3) appunto cercare di far cadere in contraddizione la squadra avversaria, conducendola con una serie efficace di domande mirate a riconoscere la presenza di una contraddizione interna alla propria argomentazione.
A seguito del momento di dialogo socratico vi è la fase di pausa, che è in realtà una fase in cui si cerca di attrezzarsi per il momento delle repliche. Come? Suggerisce De Conti (2015) che: 1) avendo ormai conosciuto gli argomenti principali della squadra avversaria, si cerca a questo punto di elaborare delle contro-argomentazioni volte ad evidenziarne le debolezze e a minarne la solidità; 2) tra le contro-argomentazioni elaborate (le obiezioni) si cerca di individuare quelle più forti, dato che il tempo è poco; 3) cercare di immaginarsi come gli avversari potrebbero contro-argomentare alla propria posizione.
Dopo questi intensi 10 minuti di preparazione inizia la fase di replica, dove si han- no 2 minuti per squadra per presentare le obiezioni alla posizione altrui individuate come più rilevanti. Tra le varie forme che tali obiezioni possono prendere, spiega De Conti (2015), vi sono: contestare le premesse, oppure contestare che da esse seguano effettivamente le conseguenze che gli avversari vorrebbero trarne; contestare che da dei casi singoli si possano trarre quelle "leggi universali"; mostrare le conseguenze negative della posizione altrui o proporre alternative considerate migliori, ecc. A pagina 100, De Conti riassume le possibili azioni di replica in tre gruppi: "Contesta- re l’accettabilità delle premesse; contestare la rilevanza dei principi, delle ragioni o delle prove; contestare la sufficienza delle prove o dei dati" (De Conti, 2015, p. 100). Ognuna di esse si distingue al suo interno in delle sotto-azioni contro-argomentative quali: 1) negare che le premesse in questione possano essere considerate accetta- bili, oppure accettarle ma mostrandole meno categoriche di quanto l’altra squadra vorrebbe o mostrando che se ne possono trarre conseguenze contraddittorie o anche semplicemente non positive; 2) negare che tali elementi (ragioni, prove, ecc.) siano rilevanti ai fini di difendere la posizione sostenuta o accettandole ma riconoscendo loro una rilevanza assai minore di quanto l’altra squadra pretenderebbe; 3) negare che le evidenze portate dall’altra squadra siano sufficienti per mostrare che la loro posizione sia quella migliore oppure negarne la consistenza. Queste sono, in realtà, solo alcune delle mosse possibili, altre richiederebbero il saper individuare nell’argo- mentazione avversaria le cosiddette fallacie33, ossia saper individuare quelle mosse argomentative che di una mossa valida, corretta, hanno solo l’apparenza, mentre in
realtà si basano su ragionamenti scorretti e bisogna stare attenti a non lasciarsi in-