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Pecking Order Theory

In letteratura si presenta un modello alternativo alla static trade-off theory, che sostiene l’esistenza di un ordine di scelta delle fonti di finanziamento, nei lavori di Myers (1984) e Myers & Majluf (1984), la teoria fonda le sue basi sui problemi connessi alle asimmetrie informative e selezione avversa, da parte dei manager nei confronti degli investitori esterni.

Il punto può esser interpretato con un esempio. Ipotizziamo, che l’impresa decida di emettere dividendi, gli azionisti, raccoglieranno questa informazione come segnale di buon andamento, con questo meccanismo le informazioni interne, possedute da parte dei manager, sono acquisite dai soggetti esterni all’impresa. Capiremo meglio in seguito, come questo meccanismo possa esser affetto dai problemi suddetti.

Iniziamo analizzando la definizione di Myers (1984):

“Nella teoria dell’ordine di scelta, un’impresa preferisce il finanziamento interno al finanziamento esterno, e il debito al capitale

proprio se è necessario un finanziamento esterno.”25

Dobbiamo tuttavia interpretare la definizione, il termine “preferisce” potrebbe trarre in inganno, l’interpretazione in senso stretto rende la teoria di più facile applicazione, tuttavia, nella pratica tutte le aziende detengono parte di fondi interni (es. liquidità, investimenti a breve termine e prontamente smobilizzabili) anche nel momento in cui decidono di raccogliere risorse esternamente, da utilizzare durante l’ordinaria gestione dell’attività. Sarebbe quindi fuorviante dire che l’impresa utilizza ogni tipologia di risorsa finanziaria interna, prima di ricorrere al capitale esterno. L’interpretazione della teoria indica che l’impresa utilizza maggiormente risorse interne, sebbene con i limiti di liquidità legati alla gestione, prima di rivolgersi a finanziatori esterni (Frank & Goyal, 2007).

Il secondo problema valuta la scelta del ricorso al finanziamento esterno, nella dicotomia tra capitale di debito e mezzi propri, anche in questo caso l’utilizzo di una interpretazione stringente, favorisce il ricorso ai fondi propri, quando ottenere debito non è realizzabile. Il punto è individuato in letteratura con il concetto di

capacità di indebitamento, momento oltre il quale l’impresa risulterebbe eccessivamente indebitata e l’emissione di azioni sembra essere più conveniente (Frank & Goyal, 2007).

2.5.1 Implicazioni della teoria

Valutiamo adesso le implicazioni della teoria, con riferimento alla proposta di Myers (1984).

1. Le imprese preferiscono le forme di finanziamento interne.

2. Adeguano gli obbiettivi di distribuzione dei dividendi alle loro opportunità di investimento, cercando di evitarne cambiamenti improvvisi.

3. Le risorse internamente generate dall’impresa possono essere maggiori o minori delle fuoriuscite monetarie, soggette a continue fluttuazioni. Se maggiori, viene pagato il debito o si investe in strumenti finanziari prontamente liquidabili, viceversa, se minori, l’impresa riduce i propri fondi interni, o vende gli investimenti prontamente smobilizzabili.

4. Se è necessario il ricorso al capitale di finanziamento esterno, l’impresa raccoglie per prima, gli strumenti finanziari più sicuri. Iniziando con il debito, poi gli strumenti ibridi26, e come ultima soluzione, il ricorso al

capitale proprio.

Ponendo un parallelismo con la trade-off theory questa teoria nulla dice, in riferimento ad un livello ottimale di indebitamento, nell’ottica di massimizzare il valore dell’impresa.

Il modello esprime il motivo per cui le imprese più profittevoli in generale raccolgono meno debito, non perché caratterizzate da un livello di leverage ottimo minore, ma perché non hanno bisogno di mezzi finanziari esterni. Quelle meno profittevoli risultano più indebitate, perché non possiedono mezzi sufficienti per far fronte al fabbisogno finanziario necessario per le attività di investimento.

26 Il riferimento è a quelle categorie di mezzi combinanti le caratteristiche degli strumenti di debito e di capitale proprio. Un esempio, come riportato da Myers (1984) sono le obbligazioni convertibili.

2.5.2 Asimmetrie informative e problemi di selezione avversa

Il fondamento teoretico del modello proposto da Myers (1984), è radicato nel concetto di asimmetrie informative. Per facilitare la trattazione, assumiamo l’esistenza di un progetto di investimento caratterizzato da valore attuale netto (c.d. VAN) positivo, generatore di valore per l’impresa, tuttavia, i fondi interni non sono in grado di finanziarne la realizzazione, i manager devono fronteggiare un problema di scelte di finanziamento. L’impresa decide di raccogliere capitale azionario, il beneficio è legato alla realizzazione del progetto, quindi l’ottenimento del suo valore. Dal lato dei possibili costi, l’impresa potrebbe dover raccogliere capitale a un prezzo minore di quello reale, in questo caso, le azioni sono sottovalutate. La dirigenza aziendale possiede maggiori informazioni, rispetto agli investitori esterni, per cui ponendo una valutazione sul valore delle azioni, deciderà di raccogliere capitale quando il valore di mercato è maggiore del valore nominale, anche se non vi sono progetti da attuare, viceversa, nonostante la presenza di un investimento a valore positivo per l’impresa, il management deciderà di non raccogliere capitale, quando le azioni sono sottovalutate sul mercato (Frank & Goyal, 2007). Ciò sarà interpretato come un cattivo segnale da parte dei soggetti esterni (Myers, 1984).

Da parte loro, gli investitori valutano l’incentivo all’emissione di azioni per l’azienda, come un segnale di un sovraprezzo di mercato, incorporandolo nelle loro preferenze e correggendo al ribasso il quantitativo monetario che sono disposti a pagare per i titoli. Conseguentemente, anche le aziende caratterizzate da buoni andamenti finanziari, vengono colpite da questo atteggiamento, quindi disincentivate dal voler raccogliere capitale a un prezzo minore del loro reale valore. Diretta conseguenza, quest’ultime sono motivate ad uscire dal mercato, nel quale rimangono solo quelle che “non sono un buon affare”, si crea un fenomeno simile alla teoria “The Market for Lemons” proposta da Akerlof (1970)27.

27 L’esempio di Akerlof in “The Market for “Lemons” quality uncertainty and the market

mechanism” riferisce al mercato americano delle automobili, suddividendolo in auto nuove e usate,

buoni o cattivi affari. L’autore sostiene come, l’acquirente di un’auto usata, per effetto delle asimmetrie informative, non conosca lo stato del mezzo, quindi rivede il suo prezzo al ribasso. Conseguentemente, i proprietari di auto di buona qualità non sono disposti a venderle ad un prezzo minore del loro reale valore ed escono dal mercato, in cui rimangono solo i cattivi affari.

Emerge un meccanismo di selezione avversa, conseguentemente ad un comportamento opportunistico del management, l’emissione di capitale azionario valutato maggiormente del reale valore nominale, gli investitori correggono al ribasso il prezzo che sono disposti a pagare.

Con questo sistema di asimmetrie informative, trova per cui, fondamento teorico la pecking order theory. Possiamo riassumere per punti:

1. Il problema delle asimmetrie informative può rendere non conveniente l’emissione di capitale per l’impresa, creando costi dal mancato investimento in progetti a valore positivo. Costi coperti, se l’impresa ha un elevato ammontare di fondi interni (Myers, 1984).

2. Se necessario il ricorso al capitale esterno è preferibile raccogliere prima quello più sicuro, quindi il debito prima del capitale azionario (Myers, 1984; Myers & Majluf, 1984).

3. Se l’impresa emette dividendi, nel momento in cui necessita di una quantità aggiuntiva di risorse finanziarie, dovrebbe ridurne l’ammontare. Oppure, se la prima via non è sufficiente, decidere di ricorrere al finanziamento esterno, quando non vi sono vantaggi informativi da parte dei manager (Myers & Majluf, 1984).

2.5.3 Combinazione ottima o ordine di scelta: un confronto

Come sottolineato in apertura della sezione, la teoria dell’ordine di scelta è proposta dalla letteratura come modello alternativo alla teoria del trade-off.

Mentre quest’ultimo evidenzia i lati positivi connessi al finanziamento attraverso capitale di debito, identificati con la deducibilità degli interessi pagati su i titoli, controbilanciati dai potenziali costi della bancarotta, crescenti all’aumentare del valore del debito. La pecking order hypothesis fonda la propria logica sulleagenzie informative presenti tra management e investitori esterni, proponendo un vero e proprio ordine di scelta delle fonti finanziarie, sintetizzabile: 1. Ricorso ai mezzi interni all’impresa; 2. Ottenimento di capitale di debito; 3. Emissione di titoli rappresentativi di capitale proprio.

La tabella seguente descrive la relazione che si crea, nelle rispettive teorie, con le opportunità di crescita, la dimensione dell’impresa e la profittabilità.

Tabella 3: Confronto tra Trade-off e Pecking Order Theory

Trade-Off theory Pecking order theory

Rapporto di indebitamento

e

opportunità di crescita

Maggiori sono le opportunità di crescita, e minore sembra

essere il ricorso al debito.

Maggiore ricorso al debito, come conseguenza di investimenti elevati. Rapporto di indebitamento e dimensione dell’impresa Le aziende di grande dimensione, sono caratterizzate da una maggiore diversificazione di

investimento nelle attività, segue minore rischio, quindi un merito creditizio migliore

da parte dei finanziatori.

Le imprese di grandi dimensioni essendo quelle più conosciute al pubblico,

possono emettere capitale di rischio (es. azioni) con costi minori. Inoltre, si presume che le imprese di

maggiori dimensioni abbiano una capacità più elevata di generare risorse

di auto-finanziamento.

Rapporto di indebitamento

e profittabilità

Le imprese più profittevoli dovrebbero essere caratterizzate da un indebitamento maggiore,

rispetto a quelle meno profittevoli.

Le imprese più profittevoli sono quelle meno indebitate, perché utilizzano maggiormente

risorse interne.

Fonte: Rielaborato da Munari L., Caruso A., Corigliano R., 2007 in “Il finanziamento a titolo di capitale di debito e il rapporto banca impresa: un’indagine sulle micro e piccole-medie imprese italiane”