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Strumenti di mitigazione dei problemi di agenzia

1.4 Il governo dell’impresa e le problematiche di agenzia

1.4.3 Strumenti di mitigazione dei problemi di agenzia

Individuata la definizione di relazione di agenzia e i costi ad essa connessi, valutiamo le possibili soluzioni proposte in letteratura a limitazione dei conflitti. I principali approcci sviluppati, nell’ottica di minimizzazione dei costi di agenzia sono tre: Indipendenza dei soggetti che compongono il Consiglio di Amministrazione; Approccio equity – based che sostiene il coinvolgimento patrimoniale personale nel patrimonio dell’impresa da parte dei manager; Il mercato del controllo aziendale (Dalton et al., 2007).

La prima soluzione proposta in letteratura, si riferisce al Consiglio di Amministrazione, l’organo ha il dovere di controllare l’operato dei manager, nello sviluppo e implementazione del disegno strategico aziendale, per cui il primo deve possedere il requisito di “indipendenza” dal secondo.

Il concetto di indipendenza del Consiglio di Amministrazione è un punto di difficile definizione nella letteratura economica, tuttavia, con riferimento al nostro contesto di analisi che pone l’obbiettivo di valutare aziende non quotate9, ci riferiamo al

diritto civile italiano. Il codice civile in merito:

“Lo statuto può subordinare l’assunzione della carica di amministrazione al possesso di speciali requisiti di onorabilità,

professionalità e indipendenza […]”

Art. 2387 c.c. Dall’inciso della norma notiamo che non vengono individuati criteri validi per ogni tipologia di impresa, la valutazione è rinviata alla singola autonomia statutaria

9 Non ci addentriamo maggiormente nella discussione di indipendenza degli amministratori proposta nella letteratura, di difficile individuazione, poniamo invece un’analisi più pratica nel contesto di analisi, con riferimento all’ordinamento italiano. Per un confronto con il modello delle società quotate americane si veda Sarbanes-Oxley Act (2002) alla sezione 103.

privata. Capiamo quindi la difficoltà della definizione dell’attributo di indipendenza, in astratto, e la caratteristica soggettiva legata ad ogni singolo individuo, poiché l’amministratore valutato indipendente per una particolare fattispecie aziendale potrebbe non esserlo per un'altra.

Una seconda soluzione proposta riguarda il coinvolgimento patrimoniale del management dell’impresa nel patrimonio della stessa. La letteratura sostiene che il legame pecuniario tra i detentori del potere di indirizzare l’attività economica e il complesso aziendale, favorisce l’allineamento degli interessi tra i manager e gli azionisti (Jensen & Meckling, 1976).

Diverse sono le possibilità per allineare la ricchezza personale all’andamento dell’impresa. In tal senso, si propone di collegare le remunerazioni dei manager (c.d. executive compensation) alle performance ottenute dall’impresa, un esempio è l’utilizzo di stock option (Hall et al., 2004).

Altri autori argomentano che la presenza di un gruppo azionario di maggioranza potrebbe limitare i conflitti di agenzia, grazie all’incentivo nel monitorare e controllare l’attività aziendale di quest’ultimi, è questo il caso delle aziende familiari (Villalonga & Amit, 2006). Anche la presenza di investitori professionali (c.d. Investitori istituzionali) è individuata come un deterrente ai conflitti, poiché essendo investitori maggiormente qualificati e con grande esperienza, riescono a monitorare in modo più efficiente e meno costoso, l’operato del management (Dalton et al., 2007).

Ultima soluzione individuata, riguarda il meccanismo del mercato per il controllo aziendale. La teoria indica che se nell’attuazione del piano strategico di impresa i manager, prendono decisioni mosse dai propri interessi e non con lo scopo di massimizzare il valore del complesso economico, il mercato potrebbe sottovalutare il valore dell’azienda, rendendola oggetto di possibili attività di incorporazione da parte di imprese concorrenti. Conseguentemente alla rilevazione dell’impresa da parte della nuova proprietà, i dirigenti potrebbero perdere il posto di lavoro. Come risultato questo meccanismo, che implica la razionalità economica dei dirigenti, riduce l’incentivo manageriale nell’attuare decisioni di interesse personale (Dalton et al., 2007).

1.4.4 “Dual agency problems” e incentivazione manageriale nelle imprese familiari

I costi di agenzia sono maggiori quando si assiste alla separazione tra proprietà e management, la particolare fattispecie delle imprese familiare è il caso di studio dove la naturale intuizione è la minimizzazione dei costi di agenzia, poiché la caratterizzante forma societaria favorisce l’allineamento degli interessi tra impresa e famiglia. Le aziende family business possono optare per la scelta di figure direzionali apicali interne al gruppo parentale che tendono ad applicare meccanismi di monitoraggio e controllo informali, vocati ad evitare problemi disciplinari che potrebbero avere ripercussioni nelle relazioni interne e sull’impresa.

Calando l’applicazione della Teoria dell’Agenzia nella fattispecie del family business, possiamo delineare due tipologie di problematiche, principal to agent o problemi del primo tipo e principal to principal, o problemi del secondo tipo. La classificazione suddetta riferisce a Villalonga e Amit (2006).

Nell’ambito delle imprese familiari, la letteratura in merito si riferisce al punto definendolo dual agency problem.

Definiamo come conflitti del primo tipo i problemi che nascono tra la proprietà e il management con riferimento alla proposta di Jensen e Meckling (1976).

Con la nozione di problemi della seconda tipologia indichiamo i conflitti che possono nascere tra gli azionisti di maggioranza e di minoranza, quando i primi utilizzano il loro potere per l’estrazione di benefici privati, a danno dei secondi. Nella nostra analisi indentifichiamo il caso delle family business, dove gli azionisti di maggioranza sono rappresentati da una famiglia e sono incentivati nel monitoraggio del management e, tal volta, nell’estrazione dei benefici privati. L’ottica della proprietà familiare propone un’analisi più attenta poiché, dobbiamo valutare la reazione, in termini di problemi di agenzia, quando un membro della famiglia ricopre, o meno, una posizione manageriale.

Villalonga e Amit (2006) studiano quale di queste due tipologie di costi di agenzia, risulti essere più oneroso, valutandone la caratteristica proprietaria e la gestione (con riferimento alla posizione gerarchica di amministratore delegato), quindi la

loro interazione, comparandole poi con le imprese non familiari10. I risultati

dell’analisi evidenziano che, nelle family business in cui, il ruolo di CEO è ricoperto da un membro della famiglia e non vi sono problemi di estrazione di benefici privati a danno degli azionisti di minoranza, i costi di agenzia sono minori. Non si notano particolari differenze tra le imprese familiari in cui la posizione di direzione apicale non è ricoperta da un membro della famiglia, o vi sono meccanismi di espropriazione di benefici privati, e le no-family business.

Nella sezione precedente abbiamo illustrato i meccanismi di mitigazione dei problemi di agenzia, tra cui gli incentivi monetari corrisposti ai manager, cerchiamo di valutarne l’efficacia. Il lavoro di Mazur & Wu (2016) ne indaga l’effetto e il costo, nella comparazione tra imprese non familiari e familiari, segmentando quest’ultime in relazione alla posizione manageriale ricoperta (active family business) o meno (passive family business) da un membro del nucleo parentale. L’assunzione alla base della ricerca è che gli incentivi11 pagati ai manager,

racchiudono l’incidenza dei costi di agenzia. Gli autori mostrano12 che il valore

degli incentivi pagati risulta essere maggiore nelle imprese non familiari, mentre è simile in quelle familiari, inoltre, l’ammontare pagato risulta anche essere maggiore nelle imprese di età minore e in quelle di grande dimensione. Questi risultati suggeriscono che i conflitti di agenzia tra i proprietari e i manager (prima tipologia) nelle aziende non familiari sono più costosi dei conflitti tra azionisti di maggioranza e di minoranza (seconda tipologia) nelle aziende familiari.

L’estensione dell’analisi pone la valutazione del coinvolgimento patrimoniale dell’Amministratore Delegato nell’impresa che, nel caso sia elevata, riduce i problemi di agenzia della prima tipologia, conseguentemente non vi è necessità di

10 Analisi svolta su di un campione di 508 imprese americane quotate sul “Fortune 500” nel periodo 1994-2000. Nella definizione di imprese familiari includono, tutte quelle in cui almeno un membro della famiglia è impiegato nell’impresa, o la famiglia possiede almeno il 5% del capitale proprio. I costi di agenzia sono misurati in termini di performance legata all’indicatore Tobin’s Q. Per una interpretazione numerica si rinvia alla Tabella 5, pg.403, Villalonga e Amit (2006) in Journal of

Financial Economics.

11Gli incentivi riconosciuti ai manager sono calcolati option based, gli autori ritengono che nella prospettiva di paragone interna alle imprese familiari, con le imprese non familiari, se venisse utilizzata una misurazione equity based, i risultati potrebbe non essere comparabili dato il grande coinvolgimento patrimoniale del fondatore manager nelle active family business.

12 Per una interpretazione numerica si veda Tabella 3, pg 1111, Mazur e Wu (2016) in Journal of

pagare incentivi pecuniari al manager. Il risultato è verificabile sia nelle imprese familiari che in quelle non familiari, in misura minore (Mazur & Wu, 2016). Concludiamo, individuando che gli incentivi pagati ai manager sono un valido strumento nella riduzione delle problematiche di agenzia, il valore pagato nelle imprese familiari risulta essere minore, nella contrapposizione con le no-family business. Le prime sembrano esser meno colpite dal problema del dual agency problems. Inoltre, la partecipazione personale del dirigente nel patrimonio dell’impresa, crea un collegamento tra la ricchezza del soggetto e i risultati reddituali aziendali, conseguentemente ricopre il ruolo di deterrente nell’estrazione di benefici personali da parte del manager.