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Le periferie, messe in rete, si fanno capitali: due esempi

Studi delle donne e studi di genere: niente salto senza rete

2. Le periferie, messe in rete, si fanno capitali: due esempi

La mia prima operazione di condivisione in rete di un sapere spe-cialistico risale ormai a quindici anni fa, in connessione a un progetto di studio nell’ambito della critica letteraria sulle scritture delle donne sfociato nell’allestimento di un banca dati denominata Donne in Arcadia

(1690-1800)7. Qui ho raccolto, inizialmente grazie a un finanziamento del Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica e in forma di ri-cerca individuale, i dati d’archivio relativi alla presenza delle donne in seno alla celebre accademia italiana (essenzialmente: dati biografici e bibliografici, trascrizione di testi pubblicati dall’Arcadia). Nella banca dati ho riunito, per mezzo di ricerche su documentazione manoscritta e a stampa, oltre 450 nominativi di donne socie dell’Arcadia che, per quantità e non di rado anche per qualità, nel loro insieme modifica-no l’idea vulgata di una partecipazione puramente accessoria e mar-ginale delle donne alle attività culturali della prestigiosa Accademia8. Un analogo cambio di prospettiva si può dedurre, sulla base di questi dati, anche in relazione ai generi letterari praticati dalle donne arcadi: il censimento dei testi delle poetesse mostra, al di là di ogni dubbio, come la loro produzione vada ben oltre la pratica salottiera del sonetto d’occasione. La cosa davvero interessante ai fini del nostro discorso è però un’altra, ovvero che, una volta pubblicata in rete, questa banca dati, dedicata a un tema chiaramente circoscritto e a un’esperienza let-teraria periferica rispetto al canone letterario, invece di trasformarsi in un deposito di dati più o meno inerte, come spesso accade agli archivi eruditi riservati agli studi specialistici, non ha mai smesso di ‘fare ac-cademia’, e di generare saperi. Così la poesia delle socie dell’Arcadia

7 La banca dati è accessibile al seguente indirizzo: www.arcadia.uzh.ch, ultima consultazione 7 febbraio 2017.

8 Ho sostenuto questa tesi con convinzione, in varie sedi, da ultimo nel mio studio sull’argomento (Crivelli 2014). Ma si vedano anche Crivelli 2010, ora scaricabile da: http://www.zora.uzh.ch/35318/, ultima consultazione 7 febbraio 2017, e, in precedenza, almeno Crivelli 2007.

italiana del XVIII secolo ha suscitato interesse in luoghi e occasioni che, senza la presenza sul web, sarebbero stati impensabili. Con la mia ban-ca dati ho ad esempio preso parte a un gruppo di ricerban-ca sostenuto dal-la Comunità Europea in seno al progetto COST Women Writers in

Histo-ry, conclusosi nel 2013 con un incontro delle delegazioni accademiche

di trenta paesi europei presso l’Università di Zurigo9. La dimensione di confronto internazionale sviluppatasi nel corso dell’azione COST mi ha del resto a sua volta portato a valutare in prospettiva nuova il la-voro già svolto, ad esempio individuando un avvincente potenziale di ricerca nello studio della circolazione e della ricezione delle opere di donne in Europa. Nel 2014, poi, a seguito dell’esperienza precedente, il database ha partecipato, insieme ad altri cinque gruppi di ricerca con sede in Olanda, Spagna, Serbia, Svezia e Norvegia, alla rete europea CLARIN, con un progetto denominato COBWWWEB: una ‘ragnatela’ che è acronimo di Connections Between Women and Writings Within

Eu-ropean Borders10. L’obiettivo era di costruire e testare una nuova solu-zione tecnica di coordinamento parallelo di banche dati, sviluppata in collaborazione con lo Huygens Instituut di Amsterdam, specializzato nel campo delle Digital Humanities, che desse luogo a un Virtual

Re-search Environment (VRE) atto a ripensare, sulla base dell’interazione

standardizzata fra progetti diversi, le strutture del precedente data-base NEWW Women Writers11. Riassumendo: il caso dell’Arcadia mo-stra come una ricerca individuale, operata per di più in un campo di indagine molto settoriale, abbia trovato in rete affinità elettive che si sono sviluppate in un crescendo davvero interessante non solo di atti-vità virtuali, ma anche di connessioni personali e di progetti comuni: questo networked criticism ha stimolato saggi, convegni, formazione di dottorande, allestimento di mostre, nuovi progetti di ricerca, scambi didattici, e altro ancora. Le mie Arcadi hanno continuato a fare rete, passando dal salotto dell’accademia agli spazi virtuali, e trovandovi

9 Per ulteriori informazioni sul progetto cfr. il sito https://sites.google.com/a/costwwih. net/www/ e la pagina descrittiva COST http://www.cost.eu/COST_Actions/isch/ IS0901, ultima consultazione 7 febbraio 2017.

10 Cfr. http://www.womenwriters.nl/index.php/COBWWWEB, ultima consultazione 7 febbraio 2017.

11 La nuova versione del database è ora consultabile qui: http://resources.huygens. knaw.nl/womenwriters ultima consultazione 7 febbraio 2017, e il suo aggiornamento avrà luogo all’interno di una nuova cooperazione a livello europeo, sostenuta dal gruppo DARIAH (http://www.dariah.eu/).

Studi delle donne e studi di genere: niente salto senza rete 41 nuova e interessantissima compagnia (come del resto è successo anche alla sottoscritta, nel corso di questi anni in rete).

Un secondo esempio di potenzialità della rete, stavolta applicabile alla prospettiva degli studi di genere, è quello della rivista «altrelette-re», che è stata la prima rivista, e a tutt’oggi è l’unica, a occuparsi in modo specifico degli studi di genere nel settore disciplinare dell’italia-nistica. La rivista è nata nel 2012 e opera secondo la strategia del lavoro in rete gratuitamente condiviso (open access regolato da una licenza

cre-ative common), utilizzando il web per proporre un formato di

interazio-ne a tutto tondo. Il sito www.altrelettere.uzh.ch si contraddistingue infat-ti, da un punto di vista strutturale, per il fatto di organizzare i materiali secondo percorsi flessibili (si possono individuare gli articoli, ciascuno dotato di un identificativo digitale permanente DOI, seguendo percor-si cronologici, tematici e autoriali, in un’architettura molto più duttile di quella per fascicoli a cui obbliga la stampa cartacea); nel suo comi-tato scientifico sono coinvolte colleghe di diversi paesi europei, che interagiscono di norma in modo virtuale e che garantiscono, tramite le loro competenze specifiche, la compresenza di un’ampia gamma di metodi critici (dalla critica filologica e storica delle scritture delle don-ne, agli studi di genere e ai queer studies); i saggi vengono pubblicati nelle maggiori lingue europee e la rivista, che seleziona i contributi da pubblicare sulla base di una doppia revisione paritaria anonima, coinvolge sia firme rilevanti che giovani esordienti. «altrelettere» pro-pone dunque un’interazione aperta, gratuita e totalmente affidata alla rete virtuale, ma incentrata su un soggetto di analisi molto puntuale, le cui due componenti disciplinari di base, gli studi di genere e l’ita-lianistica, non potrebbero del resto essere collocate senza forzature nel

mainstream della ricerca letteraria internazionale. Eppure, ancora una

volta, il risultato è stato sorprendente, come confermano i numeri: la recensione di un libro di Dacia Maraini scritta nell’autunno del 2013 da una giovane studiosa è stata scaricata (…e forse persino letta?) da 2796 persone12, raggiungendo potenzialmente circa 3 lettori o lettrici ogni giorno, festività incluse. E questo non vale soltanto per i contributi che possono sfoggiare nomi di richiamo internazionale o per i saggi scrit-ti in inglese (tra i quali il rascrit-ting è comprensibilmente più alto): anche un’autrice come la trevigiana Luigia Codemo, scrittrice del secondo Ottocento ignota ai repertori canonici, ha interessato, dall’autunno del

2012 a oggi, ogni giorno almeno una persona diversa e l’articolo che la riguarda, scritto in italiano, è stato scaricato finora 1209 volte. Questi pochi dati statistici dicono dunque che abbiamo trovato una formula molto efficiente per condividere i frutti delle nostre ricerche: oltre a corrispondere alle linee direttive delle università europee di maggior prestigio, facenti parte della League of European Research Universi-ties13, la pratica dell’open access facilita la condivisione del sapere dei giovani ricercatori e delle giovani ricercatrici, che non soltanto hanno grande familiarità con gli strumenti di pubblicazione scientifica online ma che si vedono in tal modo garantito, in ogni fase, un accesso parita-rio e immediato alla possibilità di pubblicazione. Inoltre, «altrelettere» opera tenendo conto di tutti i criteri richiesti per le riviste d’eccellenza (da qualche mese è, ad esempio, censita nell’indice MLA dei periodici) ma si è nel contempo svincolata dalla schiavitù dei tempi gestazionali connessi alle riviste a stampa. E se la logica dell’identificativo digita-le ci permette di operare in termini più dinamici, essa ha anche due ulteriori e significativi vantaggi: non solo ogni singolo articolo risulta maggiormente visibile (può infatti essere indicizzato in modo indi-pendente e immediato dai motori di ricerca e dai repertori di riviste online), ma, nel loro insieme, è come se i saggi, permanentemente in orbita nello spazio virtuale, beneficiassero di un magico effetto di ral-lentamento del tempo, restando, almeno apparentemente, più giovani. Il che spiega la costanza dell’interesse con cui vengono consultati i te-sti pubblicati sul nostro sito: il materiale emergente che galleggia nel mare del web lì rimane, deteriorandosi solo molto lentamente e senza mai perdere la sua visibilità.