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Soggette a se stesse. Le donne e il divenire soggetto nello spazio autobiografico

La critica femminista si è avvicinata agli scritti personali e auto-biografici prodotti nel corso della storia per mano femminile come chi si accosta a un tesoro, ovvero al luogo per eccellenza dell’auto-rap-presentazione del soggetto femminile. Nella sua varietà e ricchezza, la scrittura autobiografica è stata infatti storicamente il luogo letterario dove è emersa e attraverso cui si è costruita la soggettività femmini-le: il percorso di scrittura dove si è compiuta quell’auto-riflessione sul farsi soggetto delle donne che il femminismo ha poi chiamato ‘autoco-scienza’. Questo movimento di auto-riflessione ha fatto sì che la sin-gola esperienza concreta fosse ricollocata in un nuovo spazio grazie

16 Jay 1982, p. 1045. 17 Baccolini 2005, p. 28.

alla significazione della narrazione. È dunque su un terreno culturale, storico, sociale e simbolico, dunque politico, e non solo su quello pret-tamente letterario, che a partire dagli anni Settanta l’autobiografia è considerata un genere cruciale per l’indagine letteraria e per il pensie-ro politico delle donne con l’obiettivo di indagare le modalità attraver-so cui le donne si attraver-sono rappresentate.

Come le donne si rappresentano e parlano di sé costituisce infatti una delle questioni principali su cui si interroga il femminismo della seconda ondata, che ha avuto il merito di denunciare come, nelle pa-role di Luce Irigaray in Speculum (1974), il soggetto femminile fosse stato storicamente e simbolicamente concettualizzato come l’Alterità a partire da parametri fallologocentrici: “la teoria del ‘soggetto’ si trova sempre a essere appropriata al ‘maschile’”18. Per questo la donna incar-na un destino di soggetto margiincar-nale, o per dirla con Simone de Beau-voir, è stata condannata ad essere il secondo sesso. Non è dunque un caso se all’inizio della seconda ondata del femminismo, la questione della ‘rappresentazione’ della donna in testi di scrittori uomini sia di-ventata il bersaglio principale di saggi significativi: Thinking About

Wo-men di Mary Ellmann (1968), Sexual Politics di Kate Millet (1970), The Female Eunuch di Germaine Greer (1970) e Patriarchal Attitudes. Women in Society (1970) di Eva Figes denunciano gli stereotipi in letteratura

così come nella cultura patriarcale attraverso cui sono state raccontate le donne, condannate da forme di socializzazione inadeguate a vivere in una condizione di inferiorità.

Ma se si vuole combattere l’estraneità di vedersi rappresentate solo attraverso immagini pensate da uomini, allora è necessario farsi sog-getto della parola con un atto di auto-creazione,decostruendo il lin-guaggio patriarcale, riappropriandosi dei testi del passato, adottando nuove strategie di lettura, come auspicano Adrienne Rich in When We

Dead Awaken: Writing as Re-Vision (1975) e Judith Fetterley The Resisting Reader (1978), dove si pongono le basi per nuove metodologie

oppo-sitive: l’atto della re-vision, entrare in un vecchio testo da una nuova direzione critica, non è per le donne solo un capitolo di storia culturale, ma diventa un atto di sopravvivenza19. È dunque all’interno di que-sta cornice, che va tematizzata la (ri)scoperta degli scritti del sé, testi che permettono alle donne la possibilità di raccontarsi e rappresentarsi

18 Luce Irigaray 1998, p. 129. 19 Adrienne Rich 1972, pp. 18-30.

Riflessioni sulle scritture dell’Io fra studi di genere e post-coloniali 113 come soggetti sul piano reale e simbolico (e non più come meri oggetti della narrazione altrui) a partire da una identità individuale e collet-tiva incentrata sul vissuto e l’esperienza delle donne nella loro unici-tà. Per sottolineare questo momento fondativo del racconto di sé nel-la creazione dell’identità femminile, Domna Stanton conia il termine

autogynography: “l’ Autogynography ha avuto un risultato terapeutico

globale di primaria importanza: ha creato il soggetto femminile. In un sistema patriarcale che la definisce come oggetto, come l’altro inessen-ziale al soggetto maschile uguale a se stesso – come ha dimostrato con estrema chiarezza Il secondo sesso – la scrittura del sé è stata un atto di auto-affermazione che ha negato e ribaltato la condizione della donna. Ha rappresentato la conquista dell’identità attraverso la scrittura. Cre-ando il soggetto, l’autografo ha consentito all’Io femminile di prendere sostanza attraverso l’iscrizione di uno spazio interiore e anteriore”20.

All’auto-creazione si affianca anche la riflessione che postula l’iden-tità femminile come il frutto di un processo di socializzazione costru-ito a partire dalla relazione con l’Altro: l’intersoggettività21.È proprio la natura intersoggettiva dell’Io narrante a essere uno degli aspetti caratterizzanti la tradizione autobiografica femminile diventando la chiave di comprensione della narrazione autobiografica e del divenire soggetti: la narrazione della parabola esistenziale non è mai confinata alla pura singolarità, ma gli altri diventano parte integrante della con-sapevolezza, degli eventi vissuti e della narratività stessa del reale22, sebbenein apparente contraddizione con il canone dell’autobiografia. Si tratta tuttavia di un paradosso fruttuoso in cui l’Altro assume mol-teplici declinazioni – dalla scrittura-ponte dell’io-tu fino ad arrivare alla comunità di appartenenza e all’ambito pubblico, dove la sfera pri-vata si intreccia con la dimensione politica. In altri termini, la narra-zione del sé è sempre intesa in una relanarra-zione costituiva con l’altro in una ridefinizione continua delle categorie classiche di privato/intimo

20 Stanton 1987, p.14: “Autogynography had a global and essential therapeutic purpose: to constitute the female subject. In a phallocentric system, which defines her as the object, the inessential other to the same male subject – that The Second Sex had proven beyond a doubt – the graphing of the auto was an act of self-assertion that denied and reversed woman’s status. It represented the conquest of identity through writing. Creating the subject, an autograph gave the female “I” substance through the inscription of an interior and an anterior”.

21 Chodorov 1978.

22 Cosslett, Lury, Summerfield 2000, p. 6; cfr. Cavarero 2001; Passerini 2003; Butler 2006.

e pubblico/politico.Non si tratta dunque solo di autobiografie di don-ne, ma anche di racconti biografici delle vite di coloro che le hanno influenzate, in primis le figure materne e genitoriali, le amiche, le com-pagne e le spose/sposi, ma anche le comunità all’interno delle quali sono cresciute. Il percorso di riappropriazione del sé ci parla dunque di una poetica di auto-creazione che passa attraverso la presa di parola e il riconoscimento dell’altro/a, come sembra succedere nella pulsio-ne all’auto-narraziopulsio-ne del femminismo italiano, in cui, parafrasando Adriana Cavarero, il narrare una storia di vita diventa sorprendente-mente una azione politica23.