III. Cinquant’anni di attività attraverso i bilanc
6. Il personale del banco »
In quanto a consistenza numerica del personale, il nostro banco fu ben distante dagli organici affollati delle aziende del ’300, in cui grosse compagnie fiorentine potevano contare su decine e a volte centinaia di dipendenti277. Il banco Salviati è nel pieno solco di quella che pare essere
stata una consuetudine già in atto nel Quattrocento e per la quale il personale di una filiale contava in media non più di 4-5 elementi278. A
questi si univano due o tre giovani, ovvero elementi che potevano avere vari compiti, non specificati dalle fonti, ma che potevano essere molto differenti fra loro, a giudicare soprattutto dal salario. Anche per questa ragione fra il personale d’azienda dei Salviati risulta difficile stabilire con certezza una divisione del lavoro al suo interno.
Per quanto attiene i quadri alti, il banco era un’impresa a conduzione familiare, nella quale i maggiori svolgevano all’occorrenza funzione di
276
“Avanzi di nostra ragione, che si riserbano degli avanzi fatti in questo libro allo inchontro di più chattivi debitori, e quali ci trovamo per nostro chonto, deono avere f. mille secento cinquanta cinque s. XIII d. II a oro. Posto avanzi nostri debbino dare, che tanti se ne riserbano per detti debitori. Per quello stimano che possano, montano e detti tristi debitori quasi perduti.”: N. 282 (1465-1469), c. 226b.
277
Le compagnie trecentesche dei Bardi e dei Peruzzi arrivavano a contare, rispettivamente, anche 346 e 133 elementi: A. Sapori, Il personale delle compagnie mercantili del Medioevo, in Studi di storia economica (Secoli XIII-XIV-XV), 3 voll., Firenze, Sansoni, 1955, p. 698.
278
Così come avveniva per le aziende Medici: R. De Roover, Il banco Medici, cit., pp. 64-67. La situazione interna del banco Salviati può essere accostata a quella della compagnia Della Casa-Guadagni di Ginevra: Cassandro Michele, Il Libro Giallo di Ginevra della compagnia fiorentina di Antonio della Casa e Simone Guadagni. 1453-1454, Prato, Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini”, 1976, pp. 39-43.
contabile e cassiere279. In molti altri casi, per i giovani membri della
famiglia, svolgere mansioni nella ditta aveva per lo più valore di apprendistato, e, in tal caso, nella documentazione non si trova traccia di salari o compensi di qualche tipo. Nello specifico, è istruttivo anche il caso del diciannovenne Giovanni di Alamanno, che ricoprì l’incarico di cassiere, retribuito con regolare salario, a partire dal 1438. Il compenso, a ragione di 30 fiorini di suggello annui, gli fu corrisposto fino al suo ingresso come socio nell’azienda, che avvenne alla morte del fratello Piero di Alamanno, fin ad allora l’uomo di maggiore esperienza del banco e socio con Francesco di Alamanno: da quel momento Giovanni non avrebbe più percepito un salario, ma avrebbe partecipato alla distribuzione degli utili. I qualche caso il compito del giovane presso il banco poteva essere invece simile a quello del cassiere: ai termini “recò” e “portò”, che indicavano rispettivamente i versamenti e i prelievi di cassa, seguiva spesso, indistintamente, il nome del giovane o quello del cassiere che eseguiva l’operazione. Per alcuni di questi subalterni il salario non si allontanava da quello di un cassiere, come nel caso documentato di Bernardo di Jacopo Machiavelli a cui, per due anni di lavoro, nel periodo 1440-42, gli fu versata una cifra complessiva di 40 fiorini di suggello, non molto distante dal compenso medio di un cassiere, che si aggirava sui 30 fiorini annui. In molte altre circostanze, con il termine giovane venivano indicati semplici garzoni, che, effettivamente molto giovani, venivano impiegati in maniera saltuaria e per svariate incombenze. Dall’altra parte, la qualifica di cassiere poteva includere anche una vasta gamma di impegni, come lascia intendere la compresenza, in singoli periodi d’esercizio, di più dipendenti, che le fonti ci riportano come cassieri e che svolgevano la funzione di mandatari fuori piazza.
Per quanto riguarda ancora l’entità dei salari, su media annua, si può constatare che quello di un cassiere del banco Salviati si aggirò fra i 18 e i
279
Come Francesco e Giovanni di Alamanno che titolarei della società, svolsero occasionalmente funzione di cassiere nel periodo 1448-1451: N. 276 (1448-1451), cc. 4, 43, 326, 336.
40 fiorini d’oro di suggello, con una media, per tutti i 50 anni presi in esame, di 37 fiorini all’anno. Quello di un contabile, invece, desunto purtroppo dal solo caso di Francesco di Berto di Marchionne, per gli anni
1446-49, era di 35 fiorini circa280. Per gli avventizi, infine, la paga oscillò
fra i 14 e i 25 fiorini annui, somme tutt’altro che trascurabili e che fanno pensare a questi impiegati temporanei come a veri e propri fattori, assunti anche per incarichi fuori Pisa.
In un caso il compenso ad un salariato del banco fu corrisposto anche in forma non monetaria. Fra il settembre 1450 e l’aprile del 1451, le prestazioni di Piero di Nanni di Piglio furono ricompensate con “chalze e scharpe”281.
Poteva accadere di sovente che lo scoppio di un’epidemia rallentasse o interrompesse, nella peggiore delle ipotesi, i traffici con l’estero. Per evitare qualsiasi rischio di contagio, sia i ‘maggiori’ che i loro subalterni decidevano di allontanarsi per un certo intervallo di tempo da Pisa, vivendo anche a spese del banco. Al loro ritorno, i superiori avrebbero tranquillamente provveduto ad alleggerire eventualmente il compenso del dipendente, sottraendo la quota relativa al periodo di assenza. Questo è ciò che avvenne a Niccolò di Domenico Giugni e a Simone di Niccolò Popoleschi, che, dipendenti dell’azienda fra il 1463 e il 1465, si videro
defalcare il salario dei sei mesi in cui furono assenti da Pisa per la morìa282.
Nel corso di quello stesso periodo fu un certo Berto Guidi ad occuparsi di mantenere in vita una parte delle attività del banco, prendendo in consegna le merci che giungevano a Pisa. A lui furono pagati un contributo per il
“travaglio” e una provvigione283. Analogamente, e per lo scoppio
280
Dalle medie possiamo senz’altro escludere Giovanni del maestro Antonio Falcucci, che risulta essere stato cassiere salariato del banco per quasi tre anni e mezzo, fra il 1451 e il 1455, con uno stipendio di 60 fiorini annui. Come abbiamo visto, negli stessi anni Giovanni era socio d’opera del banco, e svolgeva anche altre mansioni sia come agente che come mandatario fuori piazza.
281
N. 276 (1448-1451), c. 253b.
282
“Isbattutine 6 mesi che stette fuori per la morìa e in detto tempo ebe le spese da noi”: N. 282 (1465- 1469), cc. 7b, 43b. Dopo la morte di Simone Popoleschi, i Salviati dovettero corrispondere ai suoi eredi ancora altri 24 fiorini larghi: ibidem, c. 70b.
283
dell’ennesima epidemia in città, e questa volta nel 1480, avvenne a Domenico di Zanobi Frasca di vedersi corrispondere uno stipendio dal
quale era stata sottratta una quota per il “tempo non ci ste’ della morìa”284.
In un altro caso i Salviati avevano addebitato, fra il gennaio 1473 e il marzo 1474, un periodo di malattia di 3 mesi sul salario di un altro loro
dipendente, Filippo di Niccolò da Castiglionchio285.
Chiudiamo infine con un’annotazione a margine. Fra i salariati particolari del banco risulta anche la presenza di alcune domestiche e un famiglio, in una curiosa commistione fra sfera privata e pubblica, rappresentata dal banco e che doveva essere allora abbastanza usuale. Dal 1438 e almeno fino al 1451, il banco registrò nella sua contabilità anche i compensi di donne libere che lavoravano nella casa di Pisa, affiancando il lavoro domestico delle schiave. Con annotazioni brevi, costituite dal nome e la professione, troviamo, in ordine di tempo, pagamenti a varie fanti: Betta, Caterina, Agnese e Antonia. A queste si aggiunge, per il 1440-41, un
Antonio di Leonardo Ferrucci, nostro famiglio286.
Tab. XXIII. Personale del banco Salviati287
Dipendente Mansione Salario Periodo di attività Esercizio di riferimento Giovanni di Alamanno Salviati Cassiere 23. 19. 1 18 mesi. [9.VII.1438 – 9.I.1440] A (1438-1440) Antonio di Leonardo Ferrucci di Firenze Giovane 10. 15. 8 --- B (1440-1442) Bernardo di Jacopo Machiavelli
Giovane 40. 0. 0 2 anni circa B (1440-1442)
284 N. 301 (1478-1489), c. 114b. 285 N. 286 (1471-1475), c. 354b. 286 N. 266 (1438-1440), cc. 46, 74; N. 267 (1440-1442), cc. 57, 66, 71; N. 269 (1442-1444), c. 180; N. 274 (1444-1448), c. 158; N. 276 (1448-1451), c. 286. 287 Fonti: N. 266 (1438-1440), c. 102b; N. 267 (1440-1442), cc. 9b, 70b, 192b; N. 274 (1444-1448), cc. 39b, 99b, 162b; N. 275 (1446-1449), cc. 143b, 279b, 281b; N. 276 (1448-1451), cc. 101b, 137b, 253b; N. 277 (1451-1455), cc. 52b, 125b, 161b, 224b; N. 278 (1455-1462), cc. 114a, 145b, 277b; N. 279 (1459- 1462), cc. 74b, 285b; N. 280 (1462-1463), cc. 82b, 83b, 244b; N. 281 (1463-1465), c. 63b; N. 282 (1465- 1469), cc. 7b, 43b, 113b; N. 283 (1469-1471), c. 10b; N. 286 (1471-1475), cc. 181b, 354b, 359b, 367b; N. 294 (1475-1477), cc. 353b, 361b, 389b; N. 301 (1478-1489), cc. 70b, 114b, 434b, 324.
Jacopo di Bernardo di messer Jacopo Salviati
Giovane 2. 2. 7 --- B (1440-1442)
Francesco di Berto di Marchionne
--- 17. 5. 7 --- D (1444-1448)
Jacopo di Bernardo di messer Jacopo Salviati
Cassiere 32. 19. 1 --- D (1444-1448)
Giovanni di Alamanno Salviati
Cassiere 28. 4. 1 --- D (1444-1448)
Bartolomeo di Antonio Cassiere --- --- D (1444-1448) Jacopo di Bernardo di
messer Jacopo Salviati
Cassiere 29. 5. 3 1 anno A (1446-1449) Francesco di Berto di Marchionne Contabile 52. 10. 0 18 mesi [1.V.1446 – 1.XI.1447] A (1446-1449)
Bartolomeo di Antonio Cassiere 10. 0. 0 --- A (1446-1449) Bartolomeo di Antonio Giovane 18. 6. 8 --- AA (1448-1451) Piero di Nanni di Piglio --- 4. 1. 4 --- AA (1448-1451)
Francesco di Berto di Marchionne
Cassiere 133. 6. 8 3 anni e 4 mesi [30.X.1447 – 1.III.1451] AA (1448-1451) Francesco di Berto di Marchionne Cassiere 20. 0. 0 6 mesi [Aprile – Settembre 1451] AA (1448-1451)
Giovanni del maestro Antonio Falcucci
Cassiere 60. 0. 0 1 anno [24.VIII.1451 –
24.VIII.1452]
BB (1451-1455)
Giovanni del maestro Antonio Falcucci
Cassiere 60. 0. 0 1 anno [24.VIII.1452 –
24.VIII.1453]
BB (1451-1455)
Giovanni del maestro Antonio Falcucci Cassiere 35. 0. 0 7 mesi [27.VIII.1453 – 27.III.1454] BB (1451-1455) Pellegrino di Francesco Casavecchia --- 35. 0. 0 21 mesi BB (1451-1455)
Giovanni del maestro Antonio Falcucci Cassiere 60. 0. 0 1 anno [24.III.1454 – 24.III.1455] BB (1451-1455) Bernardo di Antonio Castellani --- 140. 0. 0 4 anni [Marzo 1454 – Marzo 1458] CC (1455-1462) Filippo di Diego Popoleschi Cassiere? 30. 0. 0 --- CC (1455-1462)
Giovanni di Tommaso Jacopi Cassiere 38. 6. 9 23 mesi CC (1455-1462) Filippo di Diego Popoleschi Cassiere? 8. 0. 0 --- A (1459-1462) Bernardo di Antonio Castellani --- 32. 0. 7 --- A (1459-1462) Francesco di Piero Panciatichi
Cassiere? 93. 0. 0 2 anni e 3 mesi [25.XII.1460 – 25.III.1463]
B (1462-1463)
Niccolò di Domenico Giugni
Giovane 102. 0. 0 4 anni circa […1458 – 25.III.1463] B (1462-1463) Simone di Niccolò Popoleschi Cassiere 63. 0. 0 3½ anni [25.IX. 1459 – 25.III.1463] B (1462-1463) Francesco di Piero Panciatichi Cassiere? 30. 0. 0 9 mesi C (1463-1465) Niccolò di Domenico Giugni --- 80. 0. 0 2 anni D (1465-1469) Niccolò di Domenico Giugni --- 7. 4. 5 2½ mesi circa [25.IX.1465 – 30.XI.1465] D (1465-1469) Simone di Niccolò Popoleschi Cassiere 50. 0. 0 2 anni [25.IX.1463 – 25.IX.1465] D (1465-1469) Simone di Niccolò Popoleschi Cassiere 37. 10. 0 18 mesi [25.IX.1465 – 24.III.1467] D (1465-1469) Simone di Niccolò Popoleschi Cassiere 80. 0. 0 2 anni [25.III.1467 – 25.III.1469] D (1465-1469) Simone di Niccolò Popoleschi Cassiere 40. 0. 0 1 anno [24.III.1469 – 24.III.1470] E (1469-1471) Jacopo di Bernardo Salviati Cassiere E (1469-1471) Filippo di Bartolomeo Valori --- 25. 0. 0 2 anni G (1471-1475) Filippo di Niccolò da Castellonchio --- 36. 13. 4 11 mesi [24.I.1474 – 24.III.1475] G (1471-1475) Domenico di Zanobi Frasca Cassiere 80. 0. 0 3 anni [1.IX.1471 – 24.III.1474] G (1471-1475) Antonio di Jacopo Giacomini
Domenico di Zanobi Frasca Cassiere 72. 0. 0 2 anni [25.III.1475 – 24.III.1477] H (1475-1477) Luca di Francesco di Rinaldo Cavalcanti Cassiere 60. 0. 0 2 anni [25.III.1475 – 24.III.1477] H (1475-1477) Antonio di Jacopo Giacomini Giovane 36. 0. 0 2 anni [25.III.1475 – 24.III.1477] H (1475-1477) Domenico di Zanobi Frasca Cassiere 72. 0. 0 2 anni [1478-1480] K (1478-1489) Simone di Niccolò Popoleschi Cassiere 29. 4.11 --- K (1478-1489) Girolamo di Jacopo da Colle Cassiere --- --- K (1478-1489) Simone di Zanobi Torelli --- --- --- K (1478-1489)
Parte Seconda.
Mercatura fiorentina, infrastrutture pisane,
strategie internazionali
I. Gli esordi e le imprese marittime:
modalità di partecipazione.
0. Premessa
Nei primi anni di attività del banco, come già accennato, gli investimenti risultarono piuttosto contenuti, con una condotta degli affari cauta. Nonostante questo, fin dall’inizio Alamanno e figli seppero sfruttare al meglio le opportunità derivanti dalla maggiore vicinanza al mare e al sistema di porti nei pressi di Pisa.
Porto Pisano e Livorno continuavano a fare di Pisa, indebolita demograficamente e sempre più priva di una buona porzione del suo ceto mercantile, uno degli scali più importanti e vitali per questo settore del Tirreno, vero e proprio emporio per le merci in transito.
Piero, Giovanni e Francesco di Alamanno sfruttarono al meglio la vocazione marinara della città, mai venuta meno, utilizzando quella predisposizione secolare al commercio marittimo come volano per le proprie iniziative armatoriali e commerciali. Vedremo che si trattò di imprese molto varie e per molti versi occasionali, subordinate a condizioni favorevoli a breve termine o alle scelte indirizzate di operatori e aziende, di volta in volta differenti. In generale non sempre si trattò di iniziative fortunate. Ciò però non vuol dire che il banco ricercò essenzialmente il profitto con iniziative a brevissimo termine, che avevano il merito di diversificare estremamente i rischi, ma che non creavano di certo le premesse per strategie a più lungo termine, con i guadagni futuri più promettenti288.
288
Questa, del resto, era la strategia dei banchi ‘grossi’ fiorentini (Medici, Pazzi, Serristori, Guicciardini, Cambini) che diversificavano i rischi, ma che, stando alle indicazioni reperite direttamente o di riflesso in altri studi (come nel caso dei Pazzi, di cui non esiste documentazione contabile), creavano comunque i presupposti di una specializzazione, aprendo filiali e agenzie in centri nevralgici, connessi con l’attività finanziaria (come Ginevra e poi Lione, Roma e Venezia) o con il reperimento di materie prime (come Valencia, Bruges, Lisbona e altre).
D’altra parte il ruolo che il mercato interno ricoprì, per questi primi anni, nei piani dell’azienda, fu invece piuttosto ridotto, in sottordine rispetto agli affari più lucrosi che i porti potevano invece garantire: senza dimenticare quanto fosse questa prossimità ai luoghi di approdo e di partenza di navi fosse decisiva per la riduzione dei costi di transazione, essa comportò sui conti dell’azienda l’incremento progressivo delle provvigioni, dovuto alla funzione di agenzia di spedizione e ricezione per conto di altre aziende; oltre ad una preventivabile accelerazione del giro di affari, in relazione soprattutto al network di aziende Salviati di Firenze, Londra e Bruges289. Il nostro banco seppe servirsi al meglio di un altro carattere
tradizionale di Pisa, che era quello di essere un centro re-distributore delle merci in arrivo dal mare290. I prodotti potevano spesso riprendere le vie
marittime, ma, in molti casi, erano consegnati ad operatori del Nord Italia, distaccati temporaneamente a Pisa e che rifornivano i centri di quell’area e in particolare della pianura padana. Questo è ciò che accadeva per la lana spagnola di San Matteo e la lana inglese (francesca), ma anche per le pelli e il cuoio provenienti da vari settori del Mediterraneo (Spagna, Francia e, in posizione secondaria, Sardegna, Sicilia e Barberia).
Si può tranquillamente affermare che, dinanzi a lucrose iniziative commerciali marittime, l’azienda operò in molti casi, e fin dall’inizio, in maniera competente ed eclettica.
L’impegno della compagnia fu molto forte nella partecipazione diretta ai viaggi marittimi. Gli stessi ‘maggiori’ fra i Salviati non disdegnarono di imbarcarsi come capitani di galee fiorentine o semplici mercanti su imbarcazioni straniere – viaggiatori al seguito di merci, proprie e altrui. Ciò, tuttavia, avvenne nei primi anni di vita dell’azienda,
289
In questo periodo, tra le maggiori aziende della penisola, in affari regolari con i Salviati, vi erano: a Firenze, Giovanni Rucellai e co., Antonio da Rabatta e co., Alberigo Miraballi e fratelli, Nicola Capponi e co., Tanai de’ Nerli e Carlo Carnesecchi e co.; a Bologna, Rigo degli Orsi e co.; a Roma, Antonio de’ Pazzi e co., Niccolò Cambini e co.; a Siena, Jacopo e Marco Benzi e co., Mariano e Niccolò Tommasi, Piero di Gaspare Verdelli e co.; a Venezia, Cosimo de’ Medici e co., Cecco di Tommaso e co.
290
Così come avveniva nel Trecento, ed evidentemente nei secoli precedenti, M. Tangheroni, Politica, commercio, agricoltura a Pisa nel Trecento, Pisa, Plus, 2002, pp. 82 e sgg.
quasi a indicare uno status internazionale di mercanti non ancora pienamente raggiunto e, quindi, ancora da collaudare sul piano concreto delle imprese commerciali in Italia e soprattutto all’estero, cosa che poteva
avvenire anche prendendo parte in prima persona ai viaggi marittimi291.