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Un'altra importante testimonianza sullo statuto delle piante nel pensiero antico è costituita da alcune sezioni botaniche presenti all'interno dei trattati del Corpus Hippocraticum De semine, de natura

pueri, de morbiis IV e da un breve riferimento alle piante presente nell'opera De octimestri partu73.

In entrambi gli scritti l'excursus sulla vita dei vegetali non è legato a specifici interessi botanici dell'autore, ma è subordinato ad un principio basilare dell'indagine medica ippocratica, il ragionamento analogico74. Infatti, dal momento che al medico greco era preclusa la possibilità di

osservare direttamente l'anatomia umana tramite dissezione del cadavere, il ricorso all'analogia tra il funzionamento del corpo animale o vegetale e del corpo umano era considerato un ottimo strumento per sopperire a tale mancanza75. In particolare, nel trattato De octimestri partu e nel De

natura pueri il riferimento alla vita dei vegetali è finalizzato alla comprensione dello sviluppo degli

embrioni nell'utero materno, mentre nel De morbis IV serve a spiegare il modo in cui fegato e milza traggono succhi e sostanze nutritive dal cibo, in maniera simile alle radici di una pianta.

Cominciamo dal De octimestri partu. In quest'opera troviamo un'unica analogia tra lo sviluppo del frutto della pianta e lo sviluppo dell'embrione. Si tratta di una similitudine tra la separazione dei frutti maturati dalla pianta, e la separazione del feto dal grembo materno mediante distacco dal cordone ombelicale: “Come per quelle [piante] che crescono da terra i frutti maturi si staccano dal picciolo e cadono, così anche ai bambini sviluppati e giunti a pieno compimento, il cordone ombelicale si stacca.”76.

L'osservazione dell'autore del trattato risulta molto simile a quanto messo in luce da Democrito: in entrambi i casi il picciolo e il cordone ombelicale sono considerati come strutture di ancoraggio del nascituro, necessarie fino al completamento dello sviluppo. Da quest'unica osservazione non possiamo tuttavia dedurre molto circa la considerazione del suo autore sulla vita delle piante.

Maggiormente significativi risultano invece le analisi botaniche all'interno del De semine, de

natura pueri, de morbiis IV, che costituiscono una delle più preziose fonti di informazioni sullo

studio dei vegetali prima di Aristotele e Teofrasto77. Iniziamo dalla sezione intitolata De natura

pueri, finalizzata allo studio della natura del seme maschile e femminile e alla descrizione dei

processi di formazione dell'embrione nell'utero78. L'opera si compone di trentuno capitoli, sei dei

quali, ossia i capitoli 22-27, sono impiegati per un excursus botanico. Come si è detto, la digressione sulla vita delle piante non è legata a interessi botanici, ma è invece funzionale 73 Cfr. Lonie [1969: 391-411], Giorgianni [2012: 65-72].

74 Cfr. Giorgianni [2012: 14-17 e 65-72]. 75 Cfr. Giorgianni [2012: 15-16].

76 De octimestri partu 12, 3-4. Cfr. Repici [2000: 55 e 274 n. 37]. 77 Cfr. Lonie [1969: 391-411], Giorgianni [2012: 65-72].

all'argomentazione dell'opera, in quanto instaura un paragone tra pianta ed embrione. La possibilità di creare un'analogia tra i vegetali e l'embrione in formazione è esplicitata nei capitoli estremi dell'excursus, 22 e 27:

C'è anche da considerare quanto segue. Il nutrimento e la crescita dei bambini hanno luogo allorché giungono nell'utero le sostanze del nutrimento provenienti dalla madre, e a seconda di quale sia la condizione, di salute ovvero di malattia, di cui gode la madre, tale è anche la condizione del bambino. Allo stesso modo, anche le piante che crescono nella terra traggono il nutrimento dalla terra, e quale sia la condizione della terra, tale è anche la condizione delle piante che crescono in essa.79

Tra l'embrione che cresce nel ventre materno e il seme che cresce nel terreno l'autore del trattato ravvisa quindi un totale isomorfismo. Il feto è un organismo passivo, del tutto dipendente dalle condizioni esterne in cui si sviluppa, ossia dall'utero materno da cui trae il nutrimento; allo stesso modo, anche la pianta è un organismo passivo che dipende in toto dalle condizioni del terreno da cui prende il nutrimento. L'analogia tra pianta ed embrione è fortemente ribadita nel capitolo 27, in chiusura dell'excursus botanico:

Affermo, infatti, che tutte le piante che crescono nella terra vivono dell'umore attinto dalla terra, e che, quali sono le condizioni per cui la terra dispone di umore al proprio interno, tali sono anche le condizioni delle piante. Così, anche il bambino vive, nell'utero, della madre, e quali sono le condizioni di salute della madre, tali sono anche le condizioni del bambino. Del resto, se qualcuno volesse passare mentalmente in rassegna quanto è stato detto a questo proposito, si renderà conto che, dal principio alla fine, l'intero processo di crescita naturale delle piante dalla terra è pressocché identico a quello dell'essere umano.80

Il forte isomorfismo tra sviluppo della pianta e sviluppo dell'embrione consente di instaurare l'analogia tra i due organismi. Lo studio delle piante può quindi essere d'aiuto per comprendere come crescono e come si nutrono gli embrioni e, in maniera complementare, lo studio dell'embrione è il fine ultimo a cui è indirizzata l'indagine botanica. Il mondo dei vegetali non viene quindi analizzato con un interesse rivolto alla pianta, ma per analogia con il feto in formazione. Il processo di crescita del seme nel terreno è analizzato nello specifico nel capitolo 22. Si tratta di un fenomeno basato sull'interazione meccanica tra l'umore [ἰκμάς] presente nel terreno e la potenza [δύναμις] contenuta all'interno del seme. Tale processo non prevede un ruolo attivo del seme e della sua potenza generativa: al contrario, la δύναμις della pianta in formazione sembra essere una sostanza inerte che subisce passivamente l'effetto dell'ἰκμάς contenuto nella terra81. Il processo ha il

suo avvio nel momento in cui il seme entra in contatto con la terra e comincia a riempirsi dell'ἰκμάς di cui la terra abbonda. Una volta che il seme si è gonfiato riempendosi di ἰκμάς e πνεῦμα, la sua δύναμις viene costretta [ἀναγκάζεται] dall'ἰκμάς a condensarsi. Il primo effetto del processo di 79 De natura pueri 22.1, 1-6 (traduzione di Franco Giorgianni). Cfr. Giorgianni [2012: 65-72].

80 De natura pueri 27.1, 2-9 (traduzione di Franco Giorgianni). Cfr. Giorgianni [2012: 65-72].

81 Una simile concezione del termine δύναμις come sostanza materiale non trova ulteriori esempi nel corpus

condensazione è la formazione delle foglie, che erompono dal seme e che inizialmente si nutrono dell'umore che il seme ha assorbito. Quando tale umore non è più sufficiente a nutrire le foglie, la δύναμις residua, spinta in basso dalle foglie, erompe, dando luogo alle radici. A questo punto, del seme non rimane più nulla, tranne la scorza, che successivamente imputridisce nel terreno e scompare. La pianta che si è così formata continua ad alimentarsi traendo nutrimento con le radici e si sviluppa contemporaneamente verso l'alto e verso il basso. Quando essa è sufficientemente sviluppata, inizia ad assorbire ἰκμάς più denso e corposo, che viene diffuso lungo tutto il fusto fino alle foglie. Per effetto del calore solare tale umore si condensa e produce il frutto, che si espande e si ingrandisce per effetto del nutrimento tratto dalla terra e del calore solare. Questo è il processo di crescita delle piante dal seme secondo l'autore del trattato82.

Il capitolo 23 tratta invece delle piante che si originano da talea. Il processo è inverso rispetto a quello delle piante da seme: infatti, come abbiamo visto, la pianta da seme sviluppa dapprima le foglie e in seguito le radici, mentre la pianta che si riproduce per talea sviluppa le radici e in un secondo momento le foglie. Il processo avviene nel momento in cui la pianta spezzata, entrando in contatto con la terra, attinge ἰκμάς dalla terra e πνεῦμα dall'esterno, provocando la condensazione della δύναμις collocata in basso e generando così le radici. A questo punto, le radici attirano l'umore dal terreno verso la parte alta della pianta, favorendo la condensazione anche della δύναμις collocata in alto, e generando in tal modo le foglie e i germogli. Una volta che sia le radici sia le foglie sono formate, la pianta può crescere in entrambe le direzioni, come avviene nel caso delle piante nate da seme83.

I capitoli 24, 25 e 26 trattano della temperatura del sottosuolo ed esterna in cui cresce la pianta. I processi sono nuovamente descritti in termini meccanicistici. Nel capitolo 24 si afferma infatti che la pianta ramifica per effetto di necessità [ὑπ'ἀνάγκης] quando l'ἰκμάς attinto dalla terra è eccessivo e, facendo breccia nei punti in cui è maggiormente accumulato, provoca la formazione dei rami. La pianta non si sviluppa soltanto verso l'alto, ma anche dal basso, tramite le radici, che si fanno strada attraverso la terra nel sottosuolo, che è freddo in estate e caldo in inverno84. Dal momento che la

temperatura del sottosuolo è opposta rispetto a quella esterna, l'ἰκμάς che le radici attraggono e che dalle radici si distribuisce lungo tutto il fusto della pianta serve a controbilanciare termicamente la temperatura della pianta, raffreddandola in estate e scaldandola in inverno. Quando il sole è forte, esso provoca un ribollimento dell'umore leggero e un addensamento dell'umore pesante che, 82 Cfr. De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 22. Cfr. Lonie [1969: 392-393], Repici [2000: 55-56 e 274 nn. 40 e 41], Giorgianni [2012: 65-72].

83 Cfr. De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 23. Cfr. Lonie [1969: 393 e 401-403], Repici [2000: 55-56], Giorgianni [2012: 65-72].

84 Cfr. De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 24-25. I due capitoli offrono una ricca eziologia del perché il sottosuolo è più caldo in inverno e più freddo in estate. Cfr. Lonie [1969: 393-394 e 403-409].

rapprendendosi, si raddolcisce. Questo provoca la formazione dei frutti. Se un albero non contiene sostanze grasse a sufficienza, non potrà produrre frutti. Il capitolo 26 termina con un'analisi del modo in cui si sviluppano le gemme trapiantate da un albero all'altro. Prima di germogliare, la gemma trae nutrimento dall'albero in cui si trova: inizialmente, dall'albero da cui è stata trapiantata, in un secondo momento dall'albero in cui è innestata. Dopo aver germogliato, mette delle radici che giungono fino al terreno da cui essa trae l'ἰκμάς. Per tale ragione, una gemma innestata in un albero differente da quello di partenza genera frutti di una specie diversa85.

Il procedimento di sviluppo del seme descritto in quest'opera risulta meccanicisticamente determinato dall'ἰκμάς presente nel terreno86. La δύναμις della pianta ha esclusivamente la funzione

passiva di essere condensata per effetto dell'umore e di generare conseguentemente foglie, radici, rami e frutti. In questo senso la pianta è un perfetto parallelo dell'embrione: entrambi sono organismi passivi del tutto dipendenti dalle condizioni esterne in cui si sviluppano, come si dice nei capitoli 22 e 27.

Vediamo adesso come funzionano i processi di suzione dell'ἰκμάς dal terreno da parte della pianta, analizzando il terzo capitolo della sezione successiva, intitolata De morbiis IV. In questo caso, l'analisi che viene portata avanti non instaura un paragone tra pianta ed embrione, ma tra il processo di assorbimento delle sostanze nutritive dal cibo contenuto nello stomaco da parte di fegato e milza e l'assorbimento del nutrimento dalla terra da parte delle piante. Qui, dunque, il parallelo non è tra la pianta e un organismo vivente, per quanto incompleto, ma tra la pianta e un organo, ossia una sola parte di un organismo vivente:

Quando l'uomo mangia e beve, il corpo drena verso sé i cosiddetti umori, e i flussi li drenano attraverso le vene dal ventre: l'umore simile drena il simile e lo distribuisce al corpo, come per le piante l'umore simile drena dalla terra il simile.87

Il processo di suzione delle sostanze nutritive è basato sul principio secondo cui il simile attrae il simile, secondo un procedimento puramente meccanico in cui la pianta non esercita un ruolo attivo, ma è totalmente dipendente dal terreno. Infatti, nel terreno è contenuta una immensa quantità di potenzialità [δυνάμιας] che provocano la crescita delle piante affini88. Ogni pianta assorbe [ἕλκει]

dal terreno l'ἰκμάς a lei maggiormente congenere [συγγενές] e così può nutrirsi e crescere:

Infatti la rosa assorbe dalla terra l'umore nella terra che è simile ad essa, e l'aglio assorbe dalla terra l'umore simile ad esso, che sia specifico per la sua potenza, e tutte le altre piante assorbono dalla terra ognuna secondo la sua potenza.89

85 Cfr. De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 26. Cfr. Repici [2000: 55-56], Giorgianni [2012: 65-72]. 86 Cfr. Lonie [1969: 395-399].

87 De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 33,18. Cfr. Lonie [1969: 397-399], Repici [2000: 56].

88 Interessante notare che in questa sezione dell'opera sia utilizzato un termine derivato da δύναμις anche per identificare le sostanze presenti nel terreno.

Ogni pianta ha dunque bisogno di drenare un ἰκμάς che sia specifico per la sua natura e nelle giuste quantità: se riceve troppo ἰκμάς, si ammala, se ne riceve troppo poco si secca, se ne riceve di una natura differente dalla propria non può germogliare90. Qua può essere ravvisato il limite

dell'analogia tra pianta e organi del corpo umano. Da un punto di vista funzionale, i processi nutritivi tra piante e uomini sono non solo analoghi, ma identici e interamente basati su cause necessarie e meccaniche, per le quali l'umore simile attira a sé il simile91. Nel ventre dell'uomo si

accumulano umori dopo aver mangiato e bevuto, e questi vengono drenati e distribuiti in tutto il corpo tramite le vene dagli umori simili: allo stesso modo, gli umori presenti nella pianta drenano gli umori simili dalla terra, che funge da ventre, e li distribuiscono per tutto il corpo. Tuttavia, mentre l'uomo può riempire di umori il ventre mangiando e bevendo, la pianta è totalmente dipendente dal terreno su cui vive, e non può riempirlo di umori, se esso ne è carente. Questo significa che la pianta, che non può decidere dove attecchire, ha bisogno di un terreno adatto alla sua natura e ricco di umori simili ai suoi per essere nutrita. Infatti, secondo l'autore, “se [la terra] da principio non infondesse alla pianta l'umore, che essa assorbe perché è congenere, essa non potrebbe germogliare.”92.

A riprova di ciò, l'autore cita il caso del silfio, una pianta che non riesce ad attecchire in Ionia e nel Peloponneso, nonostante queste regioni abbiano un ottimo clima e un'ottima esposizione al sole, mentre cresce spontaneamente in Libia: “infatti non è né in Ionia, né nel Peloponneso esiste un umore tale che essa se ne nutra.”93.

Le piante, dunque, hanno bisogno non di un generico terreno che fornisca loro nutrimento, ma del terreno, ricco di umori congeneri alla loro natura:

Infatti alcuni umori sono per loro troppo acidi, altri troppo umidi, altri troppo dolci, altri troppo secchi, altri troppo densi, altri in altre innumerevoli maniere: infatti le potenzialità nella terra sono innumerevoli, e per queste ragioni nessuna pianta cresce dapprima dalla terra simile a un'altra, che non sia congenere.94

La pianta è dunque un organismo interamente dipendente dall'esterno, che realizza i propri processi di nutrizione per cause necessarie: i processi di drenaggio hanno luogo nel momento in cui l'umore attira il suo simile in maniera meccanica95. Per queste ragioni il trattato De semine, de natura pueri,

de morbiis IV offre una descrizione della vita delle piante simile a quella di Democrito. Le piante

vengono considerate esseri viventi, in quanto simili da tutti i punti di vista agli embrioni, e in grado di nutrirsi in una maniera analoga a quanto avviene nell'uomo, sulla base di processi meccanici e 90 Cfr. De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 34, 7-12.

91 Cfr. Repici [2000: 57].

92 De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 33,18. Cfr. Repici [2000: 57]. 93 De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 34,19- 20. Cfr. Repici [2000: 57]. 94 De semine, de natura pueri, de morbiis IV, 34, 33-36.

necessari, regolati interamente dall'azione del caldo e del freddo96.

La necessità meccanica che regola le attività biologiche delle piante e dell'organismo animale e umano viene definita all'inizio del trattato “legge”, in quanto principio di ordine del funzionamento del corpo: “La legge governa ogni cosa.”97.

In conclusione, il trattato considera le piante dei viventi simili ad embrioni o ad organi del corpo, in quanto non autosufficienti e dipendenti dall'esterno. La visione meccanicista dell'opera porta l'autore a non prendere in considerazione la questione dell'anima, superflua di fronte al ruolo onnicomprensivo della legge98.

Questa problematica verrà invece affrontata esplicitamente da Platone nel suo Timeo. Passiamo dunque all'analisi di quest'opera.