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La piattaforma di Arano e i siti megalitici dell’Italia settentrionale e dell’Europa centro-meridionale.

In Italia settentrionale durante l’età del Rame sono molto numerose le evidenze di tipo megalitico e, grazie ai nuovi ritrovamenti, è possibile osservare come queste si distribuiscano all’interno di un areale sempre più vasto. Siti megalitici sono presenti lungo tutto l’arco alpino: dalla Val d’Aosta ad ovest, alle vallate lombarde della Valtellina e della Val Camonica fino alle provincie nord-orientali del Trentino Alto Adige. Il sito di Arano (insieme a quello di Sovizzo) rappresenta, all’interno di questo areale, la testimonianza più meridionale delle manifestazioni cultuali a carattere megalitico del periodo Eneolitico. La piattaforma cultuale del sito di Arano inoltre rappresenta un

unicum nel suo genere in quanto, differentemente dalle altre strutture

megalitiche, non ha restituito evidenze di rituali funerari o di elementi cultuali direttamente ad essa associati. La forma triangolare dell’acciottolato di Arano rimanda ai complessi monumentali di Aosta e di Sion.

Il sito di Saint Martin de Corléans, situato alla periferia di Aosta e venuto alla luce in seguito a lavori a fine edilizio nel 1969, costituisce uno dei complessi megalitici meglio noti in cui si può trovare la compresenza fra area di culto ed area funeraria. Mezzena (1997) ha riconosciuto cinque fasi strutturali riferibili all’età del Rame. La prima fase, datata dal 3000 al 2900 a.C. (date non calibrate), era caratterizzata da un allineamento di pali di grosso spessore in direzione NE-SO. Sul fondo di alcune buche vennero alla luce crani di bue e di ariete interpretati da Mezzena come elementi di un rito di fondazione. Al 2750- 2700 a.C. è datata la seconda fase. La vasta area venne arata regolarmente sempre in direzione NE-SO e, a SE della stessa, vennero “seminati” numerosi denti umani, per la maggior parte incisivi. Sempre in tale periodo vennero realizzati anche due allineamenti di stele associate a tre piattaforme litiche (una a pianta quadrata e due a pianta romboidale). Alla terza fase (2700-2400 a.C.) sono attribuibili alcuni menhir di piccole dimensioni e oltre quaranta stele antropomorfe. Probabilmente ad un secondo momento è da attribuire lo scavo di alcuni pozzetti circolari all'interno dei quali sono stati rinvenuti macine e semi

31 di frumento che testimoniano, presumibilmente, la presenza di riti che si basavano su cicli agrari e pastorali. Dal 2400/2300 al 2100 a.C. si ha la quarta fase dove si svilupparono nuovi elementi monumentali con funzione sepolcrale. Per la costruzione di parti di un dolmen con entrata laterale (tb. II), eretto su una piattaforma di pietrame a base triangolare (8x15 m), furono utilizzati frammenti di stele antropomorfe di età precedente. La struttura è stata datata dalla presenza di un vaso campaniforme con decorazione a cordicella utilizzato nel rituale di fondazione. Nello stesso periodo furono innalzati altri dolmen, un allée couverte e una grande tomba circolare (tbb. IV, V, VI, VII), i quali vennero utilizzati per sepolture collettive. Anche nell'ultima fase, datata al 2100-1900 a.C., per la costruzione di due delle tre nuove tombe a cista rettangolare (tbb. I, III, II SE) furono riutilizzate stele intere o frammentarie. All’interno della tb. II SE sono stati ritrovate più sepolture semicombuste e dai materiali qui rinvenuti, ovvero lama di pugnale a base semplice arcuata e resti di uno spillone, si possono osservare contatti con aree transalpine. Gli spilloni del tipo con capocchia a remo non sono riscontrabili in Italia, ma sono caratteristici di un area che va dal medio corso del Danubio, alla Svizzera fino alla Francia orientale. Anche i pendagli semilunati in lamina bronzea qui ritrovati, sono presenti oltre che in Italia settentrionale anche nella Germania meridionale e nel Vallese, il cantone sudoccidentale della Svizzera. La loro origine deriva con ogni probabilità dai pendagli semilunati in osso della cultura campaniforme. La piattaforma triangolare qui presente è associata ad una struttura funeraria e non sembra avere quindi una funzione esclusivamente cultuale che invece potrebbero avere le tre piattaforme litiche a pianta rettangolare e romboidale erette nella II fase in associazione ai due allineamenti di stele antropomorfe (Mezzena, 1997).

Il sito monumentale megalitico di Saint Martin de Corléans è indubbiamente legato al gruppo di Sion-Petit Chasseur del Vallese dove è stata ritrovato un complesso funerario nel quale sono comparse numerose statue stele antropomorfe (Favre et al., 1986; Gallay, 1995). La necropoli, il cui utilizzo è compreso tra il 3300/2900 e il 2200/2100 a.C., ha restituito quattro dolmen e nove tombe a cista. Il sito, scavato sistematicamente dal 1961 al 1992, presenta una frequentazione che va dall’inizio del Neolitico (primi secoli del IV millennio a.C.) fino all’età del Ferro (500 a.C.) (Besse, 2004). Su una piattaforma triangolare lunga 16 m, sotto la quale è possibile osservare tracce di un primo insediamento (cultura di Cortaillod), venne costruito un dolmen (M VI) a entrata laterale con una stele antropomorfa utilizzata come lastra. Al suo interno sono state ritrovate numerose sepolture dovute al costante utilizzo della tomba anche in epoche più tarde. Durante l’orizzonte campaniforme la tomba venne riaperta per far posto a nuove deposizioni; i resti furono gettati in maniera caotica all’esterno della struttura, mentre i crani sono stati ritrovati allineati ai piedi del muretto che delimita la piattaforma. Durante il Campaniforme furono inoltre realizzati altri dolmen a entrata laterale per la cui costruzione furono utilizzate stele antropomorfe (MI, MV, MXI). Tra le fine dell’età del Rame e

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l’inizio dell’età del Bronzo furono erette alcune piccole tombe a cista litica sempre utilizzando stele antropomorfe (MII, MIII, MVII, MVIII, MIX, MX). A partire dal Bronzo Antico l’area viene utilizzata per la deposizione di cumuli di pietre, ossa animali e grandi giare per offerte. Il sito non sembra quindi più essere frequentato per scopi sepolcrali che riprenderanno solo alla fine dell’antica età del Bronzo con la deposizione di individui in tombe a fossa semplici.

I siti cultuali lombardi, definiti santuari megalitici, sono caratterizzati dalla presenza di stele e massi quasi sempre istoriati a cui si associano altre strutture quali allineamenti di pietre e muri, piattaforme e tumuli. Questi siti, distribuiti in Val Camonica e Valtellina, sono indice di un occupazione capillare del territorio da parte delle comunità dell’Italia settentrionale i cui spostamenti erano legati alla ricerca delle materie prime da sfruttare (come il metallo) e ad esigenze di carattere agro-pastorale. Questi complessi luoghi simbolici sono stati occupati dalla fine del Neolitico/inizio età del Rame fino all’antica età del Bronzo. Fra questi si ricorda Ossimo-Pat, Ossimo-Anvòia, Cemmo Capo di Monte e Caven di Teglio (Fedele, 2004; Poggiani Keller, 2006). Nei siti in questione, all’impianto delle statue stele non sembra corrispondere un utilizzo funerario. L’unico complesso fra quelli sovra citati in cui sono state ritrovate ossa umane al di sotto di una piattaforma di pietre di forma sub-circolare è quello di Ossimo-Anvòia. Qui sono stati ritrovati elementi scheletrici selezionati appartenenti a due individui, un adulto e un subadulto di circa 5-6 anni di età. Secondo gli studiosi quindi questi resti potrebbero essere associati ad un rito di fondazione (Fedele, 2004, 2013).

In Veneto è da segnalare l’area funeraria di Sovizzo, località San Daniele, in provincia di Vicenza. Il sito risulta essere di particolare importanza per il ritrovamento di strutture monumentali utilizzate in contesti funerari e cultuali (Bianchin Citton & Balista, 2004; Bianchin Citton, 2013). Le indagini effettuate dal 1990 dimostrarono che la località era già occupata a partire dal Neolitico medio (cultura dei VBQ) e che una nuova occupazione iniziò con l’età del Rame nella metà del IV millennio a.C.. In Via Alfieri venne alla luce un tumulo funerario realizzato a copertura di un’unica sepoltura che conteneva un inumato di giovane età deposto lateralmente sul fianco destro con arti leggermente flessi e orientamento N-S; a questo erano associate due punte di freccia peduncolate. I due strumenti litici erano realizzati con selce proveniente dai Monti Lessini indice probabilmente dello scambio di materie prime tra la comunità di appartenenza del defunto e quelle del territorio veronese. La datazione radiometrica colloca la sepoltura tra il IV e il III millennio a.C. (pieno Eneolitico). All’età del Rame si attribuisce anche la realizzazione del complesso megalitico con carattere cultuale e funerario di Viale degli Alpini. L’area si elevava sopra una piattaforma di pietrame la cui estensione, da ovest ad est, era delimitata da un fossato. Bianchin Citton divide l’area in tre settori che si distinguono per le caratteristiche monumentali e cronologiche. Nel settore

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orientale, di forma ellittica (22x9,5 m), sono stati ritrovati materiali neolitici

attribuibili alla prima frequentazione e tombe dell’età del Rame rinvenute sconvolte; il corredo di una di queste sepolture era costituito da due punte di freccia peduncolate in selce. Nel settore centrale sono stati rinvenuti tre tumuli funerari di grandezze diverse caratterizzati però da una stessa modalità costruttiva con pietre e ciottoli poste di piatto intorno alla fossa sepolcrale e copertura a calotta realizzata con elementi litici di varia natura e grandezza. In tutti e tre i casi sono stati rinvenuti resti di un solo inumato e pochi elementi di corredo. Nel tumulo di dimensioni maggiori è stato ritrovato un individuo adulto; dal tumulo medio proviene un individuo giovanile con corredo costituito da una lama a ritocco laterale; il terzo tumulo, di dimensioni minori rispetto ai precedenti, ha restituito un individuo molto giovane in connessione anatomica con una perlina subcilindrica in calcite. La datazione radiometrica ottenuta da campioni prelevati dall’individuo adulto del tumulo grande colloca la sepoltura nella seconda metà del IV millennio a.C. (3343-3085 BC cal 2 sigma). L’ultimo settore, il settore occidentale, era formato da tre file di ciottoli e pietre, in posizione parallela fra di loro, così da creare due corsie all’inizio delle quali, nella parte ovest, si trovavano tre pietre di grandi dimensioni infisse verticalmente nel suolo. Questa area è stata identificata come esclusivamente cultuale.

Questa struttura, formata da fossato, piattaforma, stele, massi e tumuli funerari non trova precisi confronti con gli altri siti megalitici finora documentati ma per l’utilizzo pressoché esclusivo di pietrame e ciottoli di grandezza medio-piccola, l’area di Sovizzo-San Daniele presenta analogie con quella ritrovata a Velturno-Tanzgasse in Trentino Alto Adige. Qui sono documentate varie strutture di pietrame e al di sotto del tumulo principale sono state rinvenute ossa umane cremate attribuibili ad almeno quattro individui di sesso ed età diversa: due giovani adulti, un maschio e una femmina e due individui di sesso non determinabile. Il rituale funerario prevedeva forse una prima deposizione dei defunti all’interno di semplici fosse, la successiva riesumazione dei resti scarnificati ed infine la loro cremazione e sepoltura definitiva al di sotto della struttura monumentale. Gli studiosi hanno ipotizzato che questo complesso fosse destinato ad un cerimoniale funerario per membri di una stessa “famiglia”, probabilmente di status sociale elevato ipotizzabile non solo per la monumentalità dell’area sepolcrale ma anche per il ritrovamento di una statua stele. Il sito è datato all’età Campaniforme (2500-2250 cal BC). (Tecchiati, 2006, 2013).

In questo territorio sono emersi negli ultimi anni nuovi siti cultuali quali Cles-Campi Neri e la Vela IX (Endrizzi et al., 2011). Qui sono venute alla luce strutture circolari costituite da pietre selezionate.

Il sito di Cles-Campi Neri è caratterizzato da più fasi costruttive. La prima fase era costituita da un recinto di pietre al cui interno si trovava una struttura circolare di dimensioni minori in posizione decentrata, alla quale erano

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associati frammenti di ossa cremate e strumenti litici. Successivamente la struttura fu colmata con pietre per la realizzazione di una piattaforma, nella quale furono deposte ossa umane cremate. A questa si susseguono altre fasi durante le quali si verificò un ulteriore crescita della struttura, con la deposizione di pietre e l’utilizzo del complesso per l’accensione di fuochi cultuali.

Il sito di La Vela IX è un sito cultuale a carattere monumentale costituito da più circoli di pietre al cui interno sono state trovate ossa umane e animali cremate estremamente selezionate. Negli anelli e nelle piattaforme in pietra che sono state realizzate a seguito dell’ampliamento della struttura sono state ritrovate altre ossa combuste, manufatti in rame, frammenti ceramici e tracce dell’accensione di fuochi. Questa fase è datata radiometricamente al 3340-3000 cal BC. La fase finale vede la creazione di un'altra piattaforma; la presenza di ossa cremate è ridotta ma continua l’accensione di fuochi rituali. La data ottenuta su carboni indica che la struttura venne utilizzata fino alla fine dell’antica età del Bronzo (1735-1630 BC).

In quasi tutti i siti sopra esaminati si può notare la compresenza fra aerea di culto e area funeraria funzione che, allo stato attuale delle ricerche, non è stata documentata ad Arano dove l’unica manifestazione cultuale è da riferirsi alla realizzazione della piattaforma triangolare in ciottoli. L’orientamento (NE- SO) e la forma di questa struttura rimandano alle piattaforme triangolari di Saint Martin de Corléans e di Sion. Secondo alcuni studiosi l’orientamento potrebbe essere legato al corso del sole che durante la giornata illuminava i monumenti megalitici (Heyd & Harrison, 2004).

I.8 La necropoli di Arano all’interno del quadro culturale del rito funerario