• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 3. GLI STUDI SUL PENSIERO ANTICO: ŠESTOV E PLOTINO

3.2. Da Plotino

Nel suo Sulla bilancia di Giobbe Šestov dedica un importante saggio a Plotino, dal titolo Discorsi esasperati. Sulle estasi di Plotino3 . Il saggio si apre proprio con una citazione dalle Enneadi, parole –dice Šestov – che sono la chiave della filosofia dell’autore delle Enneadi. Secondo l’espressione plotiniana citata da Šestov, finché è nel corpo, l’anima dorme di un sonno profondo.

Ecco, questo è sempre stato l’obiettivo principale del pensiero di Šestov, della sua ricerca filosofica: il risveglio dell’anima. Plotino infatti studia la riflessione del mondo antico sull’anima, e la rielabora in una forma particolarmente originale. Portare l’anima al risveglio è il senso della ricerca di Šestov.

Il discorso di Plotino non è semplice. La sua opera principale, le Enneadi, è costruita in modo molto raffinato. Scopo della ricerca filosofica e del percorso umano, secondo Plotino, –dice Šestov–, è il raggiungimento dell’unità. La natura esprime il molteplice da un principio unitario, un principio vitale da cui prendono forma le piante, gli animali, e gli esseri umani, che Plotino chiama Anima del

mondo. E’ a partire da questo principio universale che è possibile comprendere i

gradi inferiori della natura. La vita, secondo Plotino, non opera assemblando singoli elementi fino ad arrivare agli organismi più evoluti e intelligenti, ma al contrario, da un principio unitario che sviluppa poi i diversi aspetti dell’essere, dell’essente, dell’ente. La realtà è interpretata come un unico e unitario processo di successive articolazioni (divisioni dialettiche) mediante le quali si passa dalla pura unità alla molteplicità del mondo sensibile attraverso un processo

discensivo. E’ necessario, secondo Plotino, raggiungere di nuovo quell’unità e

recuperarla. Ritornare a quel principio unitario. Questo è possibile grazie alla filosofia. Plotino riprende dal pensiero platonico anzitutto la definizione di filosofia come dialettica:

48

La scienza che rende capaci di affermare col discorso ciò che è un oggetto dato, in che differisce dagli altri, che cosa ha in comune con essi, e tra quali oggetti e in quale classe si trova[…]. Essa adopera il metodo platonico della divisione per discernere le specie di un genere, per definire e per arrivare ai generi primi, per far poi di questi generi, mediante il pensiero, delle combinazioni complesse finché abbia percorso tutto l’intellegibile, per ritornare poi, mediante l’ analisi, al principio (Enneadi I, 3,4).

L’Anima , infatti, secondo l’autore delle Enneadi, discende a sua volta da una superiore unità basata sulle Idee, ed è proprio grazie alle Idee che è legata alle forme visibili.

Le Idee restano trascendenti rispetto alla materia, poiché sono espressione di un

Intelletto che si rende oggettivo attraverso il pensiero. A questo livello, dunque,

pensiero ed essere, ente, essente formano una unità. Secondo Plotino l’Uno assoluto rappresenta la fusione di questi due aspetti, il pensiero e l’essere.

Coesistono insieme e non si lasciano l’un l’altro ma questa unità che è insieme Intelletto ed essere, in quanto pensa è Intelletto; in quanto è pensato è essere (Enneadi V, 1,4).

E’questo lo stesso punto di vista di Šestov, che il filosofo russo ha ritrovato anche nel racconto della Genesi: l’uomo e la donna si sono fatti imprigionare dalle idee del serpente, e grazie a quelle sono caduti in un mondo da cui l’Anima del mondo e la loro stessa anima devono emergere di nuovo.

Plotino vede l’essere diviso in diversi livelli, che chiama ipostasi. L’Uno è la prima ipostasi, la prima realtà sussistente. Non può contenere alcuna divisione, molteplicità o distinzione; per questo è al di sopra perfino di qualsiasi categoria di essere. Il concetto di essere deriva infatti dagli oggetti dell’ esperienza umana, ed è un attributo di questi, ma l’infinito trascendente Uno è al di là di tali oggetti.

Anche altri pensatori greci, come Parmenide, a cui Plotino si richiama, avevano individuato nell’unità l’attributo primario dell’essere. Plotino, inoltre, si considera allievo ed erede di Platone, e basa il suo pensiero sull’idea platonica di filosofia come eros e come dialogo, dialettica. Platone aveva posto al principio di tutto non

49 l’Uno, ma una dualità, tentando così di fornire una spiegazione razionale al molteplice. Secondo Plotino invece la dualità è un principio contraddittorio, dicotomico, che egli collocherà piuttosto nell’Intelletto. Plotino così pone l’Uno al di sopra dell’essere a differenza non solo di Parmenide, ma anche di Aristotele e Platone. Questa concezione rappresenta quella che poi Šestov chiamerà l’eredità

fatale di Plotino.

4

L’Uno, non può essere alcuna realtà esistente e non può essere la semplice somma di tutte queste realtà, ma è prima di tutto ciò che esiste.

All’Uno quindi non si possono assegnare attributi. Ad esempio, non gli si possono attribuire pensieri perché il pensiero implica distinzione tra il pensante e l’oggetto pensato. Allo stesso modo, non gli si può attribuire una volontà cosciente, né attività alcuna. Plotino acconsente di chiamarlo Bene, ma con tutte le cautele del caso5:

L’Uno non può essere una di quelle cose alle quali è anteriore: perciò non potrai chiamarlo Intelligenza. E nemmeno lo chiamerai Bene, se Bene voglia significare una tra le cose. Ma se Bene indica Colui che è prima di tutte le cose, lo si chiami pure così.

E’ questa una descrizione dell’Uno, di Dio, a cui Šestov guarda con particolare interesse e fascino. L’Uno, secondo Plotino, emana le ipostasi come un’irradiazione, come la luce del sole splendente intorno ad esso.

Tale generazione è dunque un’ emanazione, o irradiazione o processione ed ha questi caratteri: è necessaria, inconsapevole, e non implica una divisione o diminuzione della sua causa. La prima sostanza generata è, dunque, l’Intelletto in quanto è ciò che assomiglia di più all’Uno. E’ l’ auto– contemplazione dell’Uno. A sua volta, l’Intelletto, auto–contemplandosi fa sorgere l’Anima del mondo, che è manifestazione immediata dell’Intelletto e mediata dell’Uno. L’Anima è ciò che media il rapporto tra il mondo delle Idee e il molteplice finito. Essa è il principio

4

Enneadi, op. cit.

50 che regge la vita del mondo corporeo, in quanto sua unità interna, e costituisce così il mondo sensibile. In Enneadi IV, 5, 6, Plotino paragona 6l’Uno al sole, l’Intelletto alla luce, e infine l’Anima alla luna, la cui luce è solo un derivato

conglomerato della luce del sole. Come spiega poi in Enneadi V, 6, 3 e in altri

punti, 7è impossibile che l’Uno sia un Dio personale e creazionista come quello cristiano. Dell’Uno nulla si può dire, a meno di non cadere in contraddizione.

L’Uno può essere arguito solo per via negativa, dicendo ciò che esso non è: quella di Plotino è pertanto una teologia che non può dire nulla di Dio, ed è simile quindi alle religioni orientali come l’induismo, il buddhismo e il taoismo.

Uno è anch’esso un termine improprio, usato solo per distinguerlo dai molti. Nel

risalire a Lui, Plotino ricorre al principio logico secondo cui il meno perfetto deve

di necessità emanare dal più perfetto. Così tutta la creazione discende dall’Uno in

stadi successivi di sempre minore perfezione. L’Uno è una volontà che dona all’esterno di sé il risultato della sua natura e del suo volere. Questo donare però – e questo è un punto importantissimo per lo Šestov critico della ragione e della razionalità– esula chiaramente da qualunque esigenza razionale: secondo Plotino non ci sono ragioni logiche che costringano l’Uno a uscire da sé e generare il molteplice. Egli infatti è del tutto autosufficiente, essendo causa di sé. Assegnare ragioni all’Uno è peraltro impossibile, essendo l’Uno stesso la fonte di ogni ragione. Si può dire allora che la necessità del donare fa parte della sua natura, solo come libero atto assoluto che non discende da alcuna necessità. L’Uno genera in maniera assolutamente disinteressata gli stadi a sé inferiori, le ipostasi. Questi stadi non sono temporalmente isolati, ma si susseguono lungo un processo costante, in un ordine eterno. I filosofi neoplatonici successivi aggiunsero poi centinaia di esseri ed emanazioni intermedie tra l’Uno e l’umanità.

Il donare di cui parlavamo sopra, che genera i vari livelli di essere, avviene per una sorta di auto–contemplazione estatica dell’Uno: nel contemplarsi, l’Uno si sdoppia in un soggetto contemplante e un oggetto contemplato. Questa auto–

6

Ibidem

51

contemplazione non appartiene propriamente all’Uno, perché in Lui non c’è

dualismo alcuno. L’auto–contemplazione o autocoscienza è soltanto la conseguenza dell’emergere dell’Uno, che ne rimane al di sopra. Tale

autocoscienza, che tra l’altro è ancora piena identità di soggetto e oggetto, è

l’Intelletto.

Tutte le vere realtà derivano da una contemplazione e sono contemplazione; e quando esse contemplano, derivano altri oggetti da contemplare; difatti, produrre è produrre una forma, cioè riempire ogni cosa di contemplazione (Enneadi III, 8,7).

Nell’Intelletto il soggetto, cioè il pensiero, è identico immediatamente all’oggetto, cioè l’essere: sono infatti due termini complementari, che non possono logicamente sussistere senza l’altro. Si tratta dell’identità di essere e pensiero di cui già aveva detto Parmenide. Plotino però la chiama Nous, che è il nome dato da Aristotele al pensiero di pensiero. L’Intelletto è infatti auto–intuizione, ovvero

riflessività. Anche questo è un punto particolarmente interessante per Šestov, che

sottolinea spesso la differenza tra pensiero e razionalità, dato che la razionalità ha sempre uno scopo concreto che il pensiero, invece, non ha e non cerca.

In Plotino l’Intelletto è sempre rivolto verso l’Uno, ne contempla la bellezza, la pienezza originari, e non potendola più raggiungere, pensa sé stesso, all’interno di un circolo soggetto–oggetto, pensiero–essere. L’Intelletto non è più Uno, ma è un

Uno – molti, poiché ha un’unità solo nella diversità, un’unità nel senso di identità

dell’identico e del diverso. E’questa la prima forma di intuizione, il livello estremo a cui il nostro pensiero può arrivare. Plotino lo paragona alla luce, che si rende visibile nel far vedere: così l’Intelletto si rivela come condizione del nostro pensare.

52

Documenti correlati